Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 6855 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5   Num. 6855  Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 14/03/2025
AVVISO DI ACCERTAMENTO IRES-IRAP-IVA 2009.
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 21701/2016 R.G. proposto da: RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappresentante pro-tempore, con sede in Napoli, INDIRIZZO, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO in virtù di procura speciale a margine del ricorso,
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE,  in  persona  del  Direttore  protempore, domiciliata in Roma, INDIRIZZO, presso l’Avvocatura Generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ex lege ,
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione Tributaria Regionale della  Campania  n.  1795/34/2016,  depositata  il  25  febbraio 2016;
udita la relazione della causa svolta nella pubblica udienza del 27  novembre  2024  dal  consigliere  relatore  AVV_NOTAIO;
dato atto che il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
FATTI DI CAUSA
Con avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, notificato l’11 novembre 2013, emesso all’esito di verifica fiscale della Guardia di Finanza, l’RAGIONE_SOCIALE provinciale I di Napoli recuperava a tassazione, nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE, per l’anno d’imposta 20 09: a ) componenti positivi di reddito asseritamente non dichiarati per € 769.523,20, desunti sulla base di indagini finanziarie eseguite sui conti correnti della società e dei quattro soci (in particolare, con riferimento ai conti correnti dei soci COGNOME NOME e COGNOME NOME); b ) costi ritenuti non inerenti ex art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917 (testo unico RAGIONE_SOCIALE imposte sui redditi), dedotti nell’esercizio verificato per € 432.000,00 (oltre IVA), in relazione a fatture emesse dalle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
Sulla base di tali rilievi, pertanto, l’Ufficio determinava un maggior reddito d’impresa per complessivi € 1.201.523,20 , rideterminando  le  relative  imposte  IRPEF,  IVA  ed  IRAP  ed irrogando le relative sanzioni
La società contribuente impugnava l’avviso di accertamento in questione dinanzi alla Commissione Tributaria  Provinciale  di  Napoli  la  quale,  con  sentenza  n.
25338/44/2014,  depositata  il  28  ottobre  2014,  rigettava  il ricorso,  confermando  la  legittimità dell’avviso  in  oggetto e condannando la ricorrente alla rifusione RAGIONE_SOCIALE spese di lite.
Interposto gravame dalla società contribuente, la Commissione Tributaria Regionale della Campania, con sentenza n. 1795/34/2016, pronunciata il 1° dicembre 2015 e  depositata  in  segreteria  il  25  febbraio  2016,  rigettava l’appello, condannando l’appellante al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese di giudizio.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per cassazione la  RAGIONE_SOCIALE,  sulla  base  di  sette  motivi  (ricorso notificato il 22 settembre 2016).
Resiste con controricorso l’RAGIONE_SOCIALE.
Con decreto del 15 luglio 2014 è stata quindi fissata la discussione del ricorso dinanzi a questa sezione per l’udienza pubblica del 27 novembre 2024.
A detta udienza è comparso il procuratore dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che ha concluso come da verbale in atti.
E’ intervenuto il AVV_NOTAIO Ministero, in persona del AVV_NOTAIO, che ha concluso per il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Il ricorso in esame, come si è detto, è affidato a sette motivi.
1.1. Con il primo motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce violazione dell’art. 112 c.p.c. per omessa pronuncia su un punto decisivo della controversia, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice.
Rileva,  in  particolare,  che  la  RAGIONE_SOCIALE  avrebbe  omesso  di pronunciarsi sullo specifico motivo di appello, riguardante il recupero a tassazione dei costi ritenuti indeducibili.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso la ricorrente eccepisce la nullità della sentenza per omessa motivazione e violazione degli artt. 111 Cost, 132 c.p.c. e 36 d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), c.p.c.
Rileva, in particolare, che, nel confermare integralmente la pretesa impositiva, la RAGIONE_SOCIALE non giustificava in alcun modo la propria decisione in merito al secondo recupero dell’accertamento, riguardante i costi asseritamente indeducibili.
1.2.1. I due motivi in questione possono essere esaminati congiuntamente, in quanto strettamente connessi, riguardando  entrambi  la  mancata  considerazione,  da  parte della  C.T.R.,  del  motivo  di  appello  riguardante  la  parte dell’avviso di a ccertamento inerente al disconoscimento dei costi per fatture emesse dalla RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE
I motivi in questione sono fondati
L a questione del recupero a tassazione, da parte dell’Ufficio, di costi ritenuti non inerenti, pur sollevata con l’atto di appello, non  è  stata  minimamente  presa  in  considerazione  dalla C.T.R., che ha analizzato soltanto i profili attinenti al primo rilievo  dell’avviso  di  accertamento,  riguardante  ricavi  non dichiarati accertati sulla base di indagini bancarie.
E’ pur vero che « non ricorre il vizio di mancata pronuncia su una  eccezione  di  merito  sollevata  in  appello  qualora  essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile
con la statuizione di accoglimento della pretesa dell’attore, deponendo per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione» (Cass. 6 novembre 2020, n. 24953 ed altre).
Tuttavia, nel caso di specie, la mancata presa in considerazione, da parte della C.T.R., del relativo motivo di appello riguarda una questione totalmente autonoma e diversa, ragion per cui la decisione sull’appello attinente al rilievo riguardante gli accertamenti bancari non è incompatibile con la mancata decisione sulla questione del recupero a tassazione dei costi ritenuti indeducibili, in quanto l’esame di tale ultima questione avrebbe potuto comunque portare ad una decisione diversa, oppure a confermare quanto già deciso dalla C.T.R.
Sussiste, allora, il lamentato vizio di omessa pronuncia; né pare pertinente il richiamo effettuato dal P.M. alla pag. 5 della sentenza impugnata, perché riguarda altra questione (mancato riconoscimento dei costi forfettari sui ricavi extracontabili accertati).
1.3.  Con  il  terzo  motivo  di  ricorso  la  RAGIONE_SOCIALE deduce  violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  2697  c.c.  e dell’art.  109  d.P.R.  n.  917/1986,  in  relazione  all’art.  360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva  che,  sempre  con  riferimento  ai  costi  asseritamente indeducibili,  la  RAGIONE_SOCIALE  avrebbe  violato  le  regole  in  tema  di ripartizione dell’onere della prova, essendo onere dell’Ufficio provare tale indeducibilità.
Il motivo deve ritenersi assorbito, stante l’accoglimento dei primi  due  motivi,  e  dovendo,  quindi,  la  C.T.R.  del  rinvio pronunciarsi preliminarmente sulla questione della deducibilità o indeducibilità di tali costi.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso si eccepisce violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 c.c., nonché degli artt. 7 della legge 27 luglio 2000, n. 212 (statuto del contribuente), 43 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, in  relazione  all’art.  360,  comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva,  in  particolare,  che  erroneamente  la  RAGIONE_SOCIALE.T.R.  aveva ritenuto non necessaria la produzione in giudizio del processo verbale di constatazione, e che tale mancata allegazione non avesse consentito la valutazione probatoria dei fatti sui quali l’avviso di accertamento risultava sorretto.
Il motivo è inammissibile.
Il  processo  verbale  di  constatazione  è  stato  ritualmente notificato alla parte, che quindi ne aveva piena conoscenza.
Peraltro, l’omesso deposito del p.v.c. non costituisce, di per sé,  motivo  di  inammissibilità  o  improcedibilità  del  ricorso, potendo, al più, indurre la corte territoriale ad attivare i propri poteri di integrazione probatoria ex art. 7 d.lgs. n. 546/1992 (in tal senso Cass. 11 maggio 2021, n. 12383).
Nel  caso  di  specie,  tuttavia,  la  RAGIONE_SOCIALE.T.RRAGIONE_SOCIALE  ha  evidentemente ritenuto  non  necessario  attivare  tali  poteri  di  integrazione
probatoria,  tenuto  conto,  evidentemente,  del  fatto  che  il p.v.c. era comunque  noto alla contribuente, anche in considerazione del fatto che non viene indicato alcun concreto pregiudizio al diritto di difesa che la mancata acquisizione in giudizio avrebbe in concreto determinato.
Sul punto, mette conto evidenziare che i fatti indicati nell’atto impositivo ben possono essere richiamati per relationem al processo verbale di constatazione a suo tempo regolarmente consegnato alla RAGIONE_SOCIALE al termine della verifica. La mera mancata produzione in giudizio di tale p.v.c. – in difetto di una specifica dimostrazione di una effettiva lesione del diritto di difesa del contribuente – non inficia, perciò, la ricostruzione in fatto compiuta dalla C.T.R. (cfr. Cass. 19 settembre 2014, n. 19756).
1.5. Con il quinto motivo di ricorso la RAGIONE_SOCIALE deduce  violazione  e  falsa  applicazione  dell’art.  2697  c.c.  e dell’art. 32 del d.P.R. n. 600/1973, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva,  in  particolare,  che  erroneamente  la  C.T.R.  aveva ritenuto  riferibili  alla  società  ricorrente  le  movimentazioni bancarie riscontrate sul conto corrente bancario intestato alla socia COGNOME NOME, essendo questa, nell’anno d’imposta in contestazione,  socia  per  il  70%  anche  della  società  RAGIONE_SOCIALE , di talché era onere dell’Ufficio dimostrare la riferibilità di tale prelevamenti soltanto alla società RAGIONE_SOCIALE
Il motivo è infondato.
La  C.T.R.,  invero,  ha  dato  conto -sulla  base  di  un accertamento di fatto insindacabile in questa sede -dei motivi
per i quali ha escluso l’imputabilità alla RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE operazioni bancarie effettuate sul conto corrente della sig.ra COGNOME, stante la genericità ed indeterminatezza RAGIONE_SOCIALE deduzioni in tal senso, e stante l’assenza di dichiarazione annuale dei redditi da parte della suddetta RAGIONE_SOCIALE, il che escludeva la prova di possibili operazioni commerciali asseritamente effettuate nell’interesse della predetta società mediante le movimentazioni sul conto corrente personale della socia.
1.6.  Con  il  sesto  motivo  la  società  contribuente  eccepisce violazione e falsa applicazione degli artt. 32  d.P.R. n. 600/1973 e 51 d.P.R. n. 633/1972, in relazione all’art. 360, comma 1, num. 3), c.p.c.
Rileva,  in  particolare,  che  essa,  nel  corso  del  giudizio  di merito, aveva documentato tutti i beneficiari (prenditori) degli assegni emessi e considerati quali operazioni di prelevamento sul  conto  della  socia  COGNOME  NOME  e  che  la  RAGIONE_SOCIALE  aveva erroneamente ritenuta tale prova non idonea a superare la presunzione secondo cui tali operazioni di prelevamento sul conto  del  socio  costituissero  redditi  non  dichiarati  della società.
Anche tale motivo è infondato.
In linea generale, in tema di onere probatorio del contribuente nei confronti RAGIONE_SOCIALE presunzioni fiscali relative ai movimenti  bancari,  quando  l’RAGIONE_SOCIALE  o  gli organismi di controllo determinano  un’imposta indiretta basandosi sui prelevamenti e versamenti effettuati su conto corrente  bancario,  il  contribuente  ha  l’onere  di  fornire  una prova analitica e dettagliata per dimostrare che tali movimenti
non sono riconducibili ad operazioni imponibili. La presunzione posta a carico del contribuente, infatti, implica che tutti i movimenti sui conti bancari siano riferiti all’attività economica del contribuente, con i prelevamenti considerati ricavi e i versamenti come corrispettivi per l’acquisto di beni e servizi. Tuttavia, per superare questa presunzione, il contribuente deve dimostrare in modo analitico e dettagliato che i singoli movimenti non sono imputabili ad operazioni soggette a imposizione fiscale (in tal senso, da ultimo, Cass. 18 settembre 2024, n. 25043; Cass. 17 settembre 2024, n. 25010). Inoltre, con riferimento a conti intestati a terzi (come nel caso di specie, in cui si controverte relativamente a movimenti del conto corrente personale della sig.ra COGNOME NOME, socia della società ricorrente alla quale i ricavi presunti da tali movimentazioni sono stati imputati), è stato affermato che «le operazioni effettuate dal contribuente su conti correnti intestati a terzi legittimamente confluiscono nell’accertamento induttivo puro, ai sensi dell’art. 39, comma 2, del citato d.P.R., con la conseguenza che l’Amministrazione non è gravata di alcun ulteriore onere probatorio in punto di riferibilità dei conti al contribuente e RAGIONE_SOCIALE somme di cui alle suddette operazioni, spettando invece allo stesso contribuente l’onere di fornire rigorosa prova contraria» (così Cass. 19 marzo 2024, n. 7360; v. anche Cass, 31 gennaio 2024, n. 2928).
Orbene,  ciò  posto,  al  fine  di  superare  la  presunzione reddituale  dei  versamenti  e  prelevamenti  bancari,  non  è sufficiente che il contribuente indichi il nominativo  dei beneficiari dei pagamenti, occorrendo anche la dimostrazione
dello specifico nesso tra il momento del prelevamento e l’effettività e doverosità del pagamento (ben potendo, altrimenti, il sistema probatorio avvantaggiarsi di documenti di comodo o simulati). Ne consegue, pertanto, che, nel caso di specie, oltre agli assegni la ricorrente avrebbe dovuto richiamare la documentazione contabile al fine di identificare la causale di tali assegni, onde verificare che realmente gli stessi fossero stati corrisposti per eseguire un pagamento realmente dovuto in favore dei beneficiari.
1.7. Con il settimo motivo di ricorso si eccepisce la violazione degli artt. 112 e 115 c.p.c., in relazione all’art. 360, comma 1, num. 4), dello stesso codice.
Deduce, in particolare, la ricorrente che, con riferimento alle operazioni  di  prelevamento  sul  conto  corrente  della  socia COGNOME  NOME,  erroneamente  la  RAGIONE_SOCIALE  aveva  escluso  la rilevanza probatoria della documentazione bancaria prodotta, e dell’indica zione dei prenditori degli assegni prodotti, sulla base di una ritenuta commistione tra la gestione della società ed il conto corrente della socia, che non aveva mai fatto parte della tesi accertativa dell’Ufficio.
Anche tale motivo è infondato.
E’ evidente, infatti, che l’accertamento si basa sulla ritenuta commistione tra la gestione della società ed il conto corrente personale  della  socia  COGNOME  NOME,  che  non  ha  fornito adeguate giustificazioni in merito ai relativi prelevamenti.
In conclusione, il ricorso deve  essere  accolto con riferimento  al  primo  e  secondo  motivo,  nel  mentre  il  terzo motivo deve essere dichiarato assorbito, il quarto motivo deve
essere dichiarato inammissibile ed il quinto, sesto e settimo motivo rigettati.
La  sentenza  impugnata  deve  quindi  essere  cassata,  in relazione ai motivi accolti, con rinvio, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado della Campania, in  diversa  composizione,  la  quale  provvederà  anche  alla regolamentazione RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità.
P. Q. M.
La  Corte  accoglie  il  primo  e  secondo  motivo  di  ricorso,  e dichiara assorbito il terzo motivo; rigetta nel resto il ricorso. Cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia, per nuovo giudizio, alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo  grado  della  Campania,  in  diversa  composizione, anche  per  la  regolamentazione  RAGIONE_SOCIALE  spese  del  giudizio  di legittimità.
Così deciso in Roma, il 27 novembre 2024.