Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 11529 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 11529 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4871/2016 R.G. proposto da :
COGNOME NOMECOGNOME rappresentato e difeso dall’ avv. NOME COGNOME e dall’ avv. M. NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, elettivamente domiciliato in Roma INDIRIZZO
-controricorrente-
per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale del Piemonte n. 745/2015, depositata il 15 luglio 2015. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 31 gennaio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-Con ricorso ritualmente notificato, NOME COGNOME impugnava l’avviso di accertamento n. T7L013600599 relativo all’anno di imposta 2007, comportante la determinazione di un maggior reddito di impresa pari a euro 97.523,34, ai fini della tassazione IRPEF, relative addizionali e della tassazione ai fini IVA e IRAP. Il maggior reddito accertato comportava il recupero di IRPEF pari a euro 38.109,00, di addizionale regionale pari a euro 1.413,00, di addizionale comunale pari a euro 488,00, di IVA pari a euro 12.562,00 e di IRAP pari ad euro 4.145,00, sanzioni e interessi di conseguenza, ai sensi dell’art. 32, comma 1. d.P.R. 600/1973 e dell’art. 51, comma 2, d.P.R. 633/1972.
Si costituiva in giudizio l’Ufficio contestando le eccezioni prosposte.
La Commissione tributaria provinciale di Asti, con sentenza n. 84/2/13, depositata il 20 giugno 2013, rigettava il ricorso.
-Il contribuente impugnava la pronuncia. Resisteva con proprie controdeduzioni l’Ufficio
.
La Commissione tributaria regionale del Piemonte, con sentenza n. 745/34/158, depositata il 15 luglio 2015, ha rigettato l’appello.
–NOME COGNOME ha proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi.
L’Agenzia delle entrate si è costituita con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 cod. proc. civ.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-Con il primo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32 comma 2 d.P.R. 600, del 29 settembre 1973; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 51 comma 2 d.P.R. 633, del 26 ottobre 1972; violazione e/o falsa applicazione art. 57 d.P.R. 917, del 22 dicembre 1986; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n. 2 e 7 d.P.R. 600, del 29 settembre 1973; violazione e/o falsa applicazione art. 85 d.P.R. 917, del 22 dicembre
1986; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 39 comma 1, lettere c) e d) d.P.R. 600, del 29 settembre 1973; violazione e/o falsa applicazione degù artt. 37, 38, 39 comma 1, 42 e 43 d.P.R. 600, del 29 settembre 1973; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 50 d.lgs. 446, del 15/12/1997; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 1 d.lgs. 360, del 28/09/1998; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 25 e 32 d.lgs. 446, del 15 dicembre 1997; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21, 24 e 28 del d.P.R. 633, del 26 ottobre 1972; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 8 d.lgs. 471, del 18 dicembre 1997; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 54 d.P.R. 633, del 26/10/1972; violazione e/o falsa applicazione degli artt. 21e 23 d.P.R. 633, del 26 ottobre 1972; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 6 comma 1 d.lgs. 471, del 18 dicembre 1997; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 8 d.P.R. 322, del 22 luglio 1998; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 5 comma 4 d.lgs. 471, del 18 dicembre 1997; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 27 d.P.R. 633, del 26/10/1972; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2727 cc; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 112 cpc; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992; tutti in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia; denunzia a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 360, n. 3,4 e 5 cod. proc. civ. Si evidenzia che il ricorrente avrebbe dato ampia giustificazione sia dei versamenti e dei prelevamenti, sia per masse che in maniera analitica, facendo una dettagliata ricostruzione di tutte le movimentazioni sia in entrata che in uscita, nonostante le difficoltà che tale ricostruzione ha comportato, anche in considerazione del fatto che era sottoposto ad un regime di contabilità semplificata. Ulteriore profilo di illegittimità della
pronuncia resa dalla Commissione tributaria regionale risiederebbe nella parte in cui il Collegio ha statuito che ‘ per quanto riguarda la mancanza dell’invito a comparire, anche questa doglianza pare pretestuosa: l’invito è previsto in caso di accertamento con adesione con conseguente conciliamone giudicale e poiché questo non è avvenuto viene a mancare l’obbligo di invita re ‘. La doglianza formulata dall’appellante sarebbe stata completamente travisata, in quanto il COGNOME avrebbe sin dal primo grado di giudizio eccepito la mancata emissione da parte dell’Ufficio di un processo verbale di constatazione a chiusura delle indagini e non anche come ritenuto dalla Commissione tributaria regionale il mancato invio di un invito a comparire. Il comportamento omissivo del Collegio rileverebbe altresì sotto il profilo della mancata applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., che prescrive la necessaria corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
1.1. -Il motivo è inammissibile sotto diversi profili.
Il ricorso per cassazione con cui si denuncia la violazione di legge in relazione ad un intero corpo di norme è inammissibile, precludendo al collegio di individuare la norma che si assume violata o falsamente applicata (Cass., Sez. I, 15 aprile 2024, n. 10119; Cass., Sez. Un., 18 luglio 2013, n. 17555).
Al riguardo, da un lato si propongono delle censure ‘indistinte’ per violazione ovvero falsa applicazione di nome di diritto, finendo per dedurre una violazione dell’intero quadro normativo vigente (al punto 43 si afferma che « La sentenza deve essere cassata sul punto in quanto resa in violazione di tutte e ciascuna le norme sopra rubricate » e riprodotte testualmente nel punto 1. di questa pronuncia), non consentendo gli argomenti addotti dal ricorrente di individuare le norme e i principi di diritto asseritamente trasgrediti, così precludendo la delimitazione delle questioni sollevate (Cass., Sez. V, 20 settembre 2017, n. 21819; Cass., Sez. III, 7 novembre
2013, n. 25044) e impedendo a questa Corte di esercitare il proprio sindacato di legittimità.
Peraltro, a fronte di una ‘ doppia conforme ‘ – che preclude l’esame di un ipotetico omesso esame di un fatto decisivo in mancanza della indicazione delle ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass., Sez. III, 11 dicembre 2024, n. 32019; Cass., Sez. III, 28 febbraio 2023, n. 5947) – parte ricorrente, incorrendo in un difetto di specificità sul contenuto dell’avviso di accertamento, ripropone le deduzioni già avanzate in sede di merito (riproducendo testualmente l’atto d’appello alle pagine 10-38 del ricorso) con riferimento alla contestazione degli importi oggetto di recupero, finendo per prospettare una diversa lettura dei fatti e rinviando principalmente alla documentazione in atti, incorrendo in un ulteriore difetto di specificità. Da parte sua, la controricorrente replica analiticamente alle giustificazioni prospettate nel motivo di ricorso (pagine 7-17), evidenziando come la Commissione tributaria regionale, nel respingere i motivi di doglianza, abbia posto tali elementi a fondamento della parte motiva.
Inammissibili risultano altresì le censure sul difetto di motivazione. In seguito alla riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non sono più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, in quanto il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica del rispetto del «minimo costituzionale» richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., che viene violato qualora la motivazione sia totalmente mancante o meramente apparente, ovvero si fondi su un contrasto irriducibile tra affermazioni inconcilianti, o risulti perplessa ed obiettivamente incomprensibile,
purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (Cass., Sez. I, 3 marzo 2022, n. 7090; Cass., Sez. VI-3, 25 settembre 2018, n. 22598).
Nel caso di specie, la pronuncia della Commissione tributaria regionale, sia pur con motivazione essenziale, ha respinto le deduzioni del contribuente alla luce della documentazione prodotta, evidenziando come in quasi tutti i casi non vi sia corrispondenza negli importi indicati nelle date, non venendo riscontrato in altre ipotesi il corrispettivo cui riferire il versamento effettuato, dovendosi dunque escludere che vi sia stata una mera adesione alla pronuncia di primo grado (Cass., Sez. V, 11 aprile 2024, n. 9830).
2. -Con il secondo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 32, comma 1, n° 6 bis e n° 7, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992; tutti in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. ; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia; denunzia a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 360, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. Secondo quanto prospettato, l’avviso di accertamento deve ritenersi nullo in quanto privo in allegato dell’atto autorizzativo all’acquisizione dei dati bancari. Tale omissione non avrebbe consentito al contribuente di individuare le ragioni poste a base del mezzo istruttorio, nemmeno risultando rispettato l’obbligo di motivazione del provvedimento medesimo. Sullo specifico rilievo dedotto in primo grado e in appello da parte del ricorrente, secondo cui la mancata allegazione dell’autorizzazione ha determinato
l’omessa motivazione del provvedimento impugnato , la Commissione tributaria avrebbe completamente omesso di pronunciarsi.
2.1. -Il motivo è infondato.
Al di là del difetto di specificità concernente il contenuto dell’avviso di accertamento – che secondo quanto riportato nella pronuncia impugnata, e ribadito nel controricorso, reca invece il numero di protocollo e la data dell’autorizzazione – l’autorizzazione prescritta dall’art. 51, comma 2, n. 7 del d.P.R. n. 633 del 1972 ai fini dell’espletamento delle indagini bancarie, risponde a finalità di mero controllo delle dichiarazioni e dei versamenti d’imposta e non richiede alcuna motivazione (Cass., Sez. V, 17 gennaio 2023, n. 1306). Pertanto, la mancata esibizione della stessa all’interessato non comporta né l’illegittimità dell’avviso di accertamento fondato sulle risultanze delle movimentazioni bancarie acquisite dall’Ufficio o dalla Guardia di finanza, né implica, in assenza di previsioni specifiche, l’inutilizzabilità dei dati acquisiti, potendo l’illegittimità essere dichiarata soltanto nel caso in cui dette movimentazioni siano state acquisite in materiale mancanza dell’autorizzazione, e sempre che tale mancanza abbia prodotto un concreto pregiudizio per il contribuente. Peraltro, ciò richiede che ne sia derivato un concreto pregiudizio al contribuente ovvero venga in discussione la tutela di diritti fondamentali di rango costituzionale dello stesso, come l’inviolabilità della libertà personale o del domicilio -ipotesi peraltro non prospettate nella fattispecie in esame -in quanto detta autorizzazione attiene solo ai rapporti interni ed in materia tributaria non vige il principio, invece sancito dal c.p.p., dell’inutilizzabilità della prova irritualmente acquisita (Cass., Sez. V, 20 ottobre 2020, n. 22754; Cass., Sez. VI-5, 28 maggio 2018, n. 13353).
-Con il terzo motivo si deduce la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 13, delibera comitato direttivo Agenzia delle entrate 13 dicembre 2000, n. 6; violazione e/o falsa applicazione
dell’art. 5, comma 3, delibera comitato direttivo Agenzia entrate 30 novembre 2000, n. 4; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 17, comma 1 -bis, decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 42, comma 1, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3, comma 129, legge 23 dicembre 1996, n. 662; violazione e/o falsa applicazione della circolare ministeriale 30 aprile 1977, n. 7/1496; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 3 6, comma 2, del d.lgs. n. 546/1992; tutti in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ. Violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia; denunzia a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 360, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. Richiamando i motivi di impugnazione in appello (pagine 48-55 del ricorso), il contribuente evidenzia che in base al d.P.R. n. 600 del 1973, art. 42, l’avviso di accertamento è nullo se non reca la sottoscrizione del capo dell’ufficio o di altro impiegato della carriera direttiva da questi delegato. Nella specie vi sarebbe una delega del tutto generica e priva dei requisiti necessari ai fini della sua validità. Si prospetta, altresì, un’omessa pronuncia sui motivi d’appello e la violazione della corrispondenza tra chiesto e pronunciato.
Con il quinto motivo si denuncia la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 4, secondo comma, decreto Legislativo 30 marzo 2001, n. 165; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 19 e dell’art. 53, legislativo 30 luglio 1999, n. 300; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 cc; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. N . 546/1992; tutti in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ.; omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; viola zione dell’art. 112 cod.
proc. civ. in relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. per omessa pronuncia; Denunzia a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 360, n. 3, 4 e 5 cod. proc. civ. Nel ricorso in appello il ricorrente aveva dedotto che la sottoscrizione dell’atto fosse avvenuta da parte dell’Ufficio tramite un soggetto privo della qualifica dirigenziale, indipendentemente dal fatto che l’atto fosse sottoscritto o meno, e fosse sottoscritto dal Direttore dell’Agenzia Fiscale, Sede Centrale, ovvero dal Direttore dell’Agenzia Fiscale, Direzione Provinciale di Asti. Si sottolinea, al riguardo, la necessità che il sottoscrittore debba rivestire la vera qualifica di dirigente superando il concorso per l’ammissione in tale ruolo dirigenziale e si richiamano gli effetti della sentenza della Corte costituzionale numero 37 del 2015 sull’illegittimità della norma che ha consentito la nomina senza concorso di funzionari come dirigenti nelle agenzie fiscali (art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012).
3.1. -Entrambi i motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002-2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del 2012 (Cass., Sez. V, 26 febbraio 2020, n. 5177).
Inoltre, secondo il più recente orientamento di questa Corte Suprema, la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento conferita, ai sensi dell’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973,
dal dirigente a un funzionario diverso da quello istituzionalmente competente, avendo natura di delega di firma e non di funzioni, non richiede, per la sua validità, l’indicazione del nominativo del soggetto delegato, né del termine di validità, poiché tali elementi possono essere individuati anche mediante ordini di servizio, idonei a consentire ex post la verifica del potere in capo al soggetto che ha materialmente sottoscritto l’atto (Cass., Sez. V, 10 gennaio 2025, n. 689; Cass., Sez. V, 5 agosto 2024, n. 21972).
Nel caso di specie non sussiste alcuna violazione delle norme richiamate giacché la Commissione tributaria regionale, nel confermare la pronuncia di prime cure che aveva ritenuto legittimamente sottoscritto l’avviso di accertamento da parte di un funzionario della carriera direttiva su delega del direttore provinciale d’ufficio, ha evidenziato come nel caso di specie la delega alla sottoscrizione dell’avviso di accertamento sia stata conferita dal direttore dell’ufficio competente alla dottoressa COGNOME che ha sottoscritto l’atto . La Commissione tributaria regionale, dunque, esaminando la documentazione versata in atti, già oggetto di vaglio in prime cure, l’ha giudicat a valida, evidenziandosi anche sul punto una ‘ doppia conforme ‘ che circoscrive ulteriormente il sindacato di legittimità sul fatto. L’Agenzia delle entrate, nel controricorso, ha d’altronde dato atto che il funzionario sottoscrittore degli avvisi di accertamento apparteneva alla terza area funzionale, ricompresa nella carriera direttiva.
Peraltro, è il caso di affermare, dissipando così qualche incertezza giurisprudenziale in ordine alla parte sulla quale incombe l’onere della prova dell’appartenenza del funzionario delegato alla carriera direttiva, che, una volta che agli atti del giudizio risulti la delega di firma, l’appartenenza del delegato alla carriera direttiva si presume. Trattandosi, infatti, di delega di firma e non di funzioni, l’atto di delega del dirigente, pur necessario ai fini della validità dell’atto delegato, è un atto organizzativo interno all’ufficio, sicché
se lo stesso apparato pubblico da cui promana l’atto non ne disconosce gli effetti, deve presumersi la sussistenza dei requisiti soggettivi in capo al funzionario sottoscrittore (Cass., Sez. V, 10 gennaio 2025, n. 689). Con riferimento a fattispecie confinanti anche se non sovrapponibili, questa Corte ha statuito che la provenienza di un atto (nella specie, un diniego di definizione di lite pendente ex art. 39, comma 12, del d.l. 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111) dall’Agenzia delle entrate e la sua idoneità a rappresentarne la volontà si presumono finché non venga provata la non appartenenza del sottoscrittore all’Ufficio o, comunque, l’usurpazione dei relativi poteri (Cass., Sez. V, 9 gennaio 2014, n. 220; in relazione alla rappresentanza processuale dell’ufficio periferico dell’Agenzia delle entrate, Cass., Sez. V, 14 ottobre 2015, n. 20628; Cass., Sez. VI-5, 26 luglio 2016, n. 15470).
4. -Con il quarto motivo si prospetta la violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7, comma 1, dell’art. 16, comma 2, e dell’art. 5 decreto legislativo 18 dicembre 1997, n. 472; violazione e/o falsa applicazione dell’art. 36, comma 2, del d.lgs. N. 546/1992; tutti in relazione all’art. 360, n. 3, cod. proc. civ. Omessa disamina di un fatto decisivo per il giudizio che e’ stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360 n. 5 cod. proc. civ.; violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. In relazione all’art. 360 n. 4 cod. proc. civ. Per omessa pronuncia; Denunzia a sensi dell’art. 62, decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546 e art. 360, n. 3,4 e 5 cod. proc. civ. Nel ricorso in appello il ricorrente aveva dedotto quanto segue in relazione al fatto che nell’atto impugnato non fossero stati enunciati i criteri qualitativi applicati in ordine alla colpevolezza ex art. 5 d.lgs. n. 472/1997, con i limiti del comma 2; delle cause di non punibilità, con i limiti del comma 2, 4, 5 e 5-bis. Su tale motivo di appello la Commissione tributaria regionale di Torino ha completamente omesso di pronunciarsi violando così il disposto dell’art. 36, comma
2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 che impone ai giudici di esporre le richieste delle parti ed i motivi in fatto ed in diritto sulla base dei quali tali ragioni delle parti vengono accolte o respinte
4. -Il motivo è fondato.
Non si rinviene infatti alcuna decisione riguardo alla determinazione delle sanzioni, nonostante la questione – oggetto di pronuncia in prime cure – avesse formato oggetto di uno specifico motivo di appello (riprodotto alle pagine 56 e 57 del ricorso in cassazione).
5. -Il ricorso va dunque accolto con riferimento al solo quarto motivo.
La sentenza impugnata va dunque cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quarto motivo di ricorso, rigetta gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Piemonte in diversa composizione anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione