Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 32495 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 32495 Anno 2024
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 14/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 1857/2023 R.G. proposto da :
COGNOME, elettivamente domiciliato in SALERNO INDIRIZZO presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE -RISCOSSIONE, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende -controricorrente- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. DELLA CAMPANIA n. 4550/2022 depositata il 01/06/2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 08/10/2024 dal Consigliere COGNOME
Fatti di causa
Con ricorso proposto dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Salerno notificato all’Agente della riscossion e in data 16/09/2019, il Cucino Generoso impugnava le iscrizioni ipotecarie -disposte ex art. 77 del D.P.R. n. 602 del 1973 -nn. 15873/100 in data 28/07/2005 (registro n. 37455) e 15874/100 (registro n. 39959) in relazione alla cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA, notificata in data 10/09/2003. Le iscrizioni ipotecarie miravano a garantire le iscrizioni a ruolo effettuate dall’Amministrazione finanziaria per il recupero di tributi erariali dovuti per le annualità 1998 e 1999, oltre interessi, sanzioni ed accessori. Con la sentenza n. 1638/4/2020, pronunciata in data 29/01/2020 e depositata in data 07/10/2020, la Commissione Tributaria Provinciale di Salerno rigettava il ricorso. Con la sentenza n. 4550/9/2022 del 27/04/2022, depositata in data 01/06/2022, la Commissione Tributaria Regionale della Campania accoglieva solo parzialmente l’appello del contribuente. Avverso tale decisione ricorre per cassazione il contribuente, sulla base di due motivi. Resiste con controricorso l’Agenzia delle Entrate-Riscossione.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo si lamenta la violazione e/o falsa applicazione dell’art 15 del d.lgs. 546/1992 in relazione all’art. 360 co. 1 n.3 c.p.c., avuto riguardo alla regolazione delle spese del giudizio contenuta nella sentenza d’appello, spese che la parte ricorrente assume illegittimamente compensate.
Il primo motivo è infondato.
Nella specie il giudice del gravame ha discrezionalmente compensato le spese di giudizio, valorizzando la circostanza dell’accoglimento solo parziale dell’appello del contribuente. La giurisprudenza nomofilattica, con indirizzo sedimentato e
condivisibile, ha evidenziato a più riprese che ‘ in tema di spese processuali, il sindacato della Corte è limitato ad accertare che non risulti violato il principio secondo il quale le spese non possono essere poste a carico della parte totalmente vittoriosa (Cass. 4/06/2007, n. 12963) e, pertanto, esula da tale sindacato e rientra nel potere discrezionale del giudice di merito la valutazione dell’opportunità di compensare in tutto o in parte le spese di lite e ciò sia nell’ipotesi di soccombenza reciproca, sia nell’ipotesi di concorso di altri giusti motivi, ovvero, in base alla più recente formulazione dell’art. 92 cod. proc. civ., se concorro no altre gravi ed eccezionali ragioni esplicitamente indicate nella motivazione ‘ (v. Cass. n. 19613 del 2017; Cass. n. 8421 del 2017; Cass. n. 15317 del 2013). D’altronde, ‘ la valutazione delle proporzioni della soccombenza reciproca e la determinazione delle quote in cui le spese processuali debbono ripartirsi o compensarsi tra le parti, ai sensi dell’art. 92, secondo comma, cod. proc. civ., rientrano nel potere discrezionale del giudice di merito, che resta sottratto al sindacato di legittimità, non essendo egli tenuto a rispettare un’esatta proporzionalità fra la domanda accolta e la misura delle spese poste a carico del soccombente ‘ (Cass. n. 19872 del 2018; Cass. n. 21149 del 2014).
Con il secondo motivo di ricorso si lamenta la nullità della sentenza ex art. 112 c.p.c. in relazione all’art. 360 co. 1 n.4 c.p.c. ‘ per omessa pronuncia in ordine alla riforma della sentenza nella parte in cui rigettava l’invocata prescrizione dei crediti riportati nella cartella esattoriale n. NUMERO_CARTA.
Il motivo è infondato.
La CTR si è soffermata sul merito dei vincoli correlati alle iscrizioni, in tal senso ab implicito disattendendo l’eccezione volta a far constare la prescrizione.
Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario
che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (v. ex multis Cass. n. 24155 del 2017). Non ricorre, infatti, il vizio di mancata pronuncia su una eccezione di merito, qual è quella di prescrizione, qualora essa, anche se non espressamente esaminata, risulti incompatibile con la statuizione adottata dal giudice, deponendo ciò per l’implicita pronunzia di rigetto dell’eccezione medesima, sicché il relativo mancato esame può farsi valere non già quale omessa pronunzia, e, dunque, violazione di una norma sul procedimento (art. 112 c.p.c.), bensì come violazione di legge e difetto di motivazione, in modo da portare il controllo di legittimità sulla conformità a legge della decisione implicita e sulla decisività del punto non preso in considerazione. Ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Cass. n. 16788 del 2006; Cass. n. 10606 del 2007; Cass. n. 24458 del 2007; Cass. n. 20311 del 2011; Cass. n. 17956 del 2015).
Il ricorso va, in definitiva, rigettato. Le spese sono regolate dalla soccombenza nella misura esposta in dispositivo.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente al pagamento in favore dell’Agenzia delle Entrate delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 4.300,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 08/10/2024.