Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21520 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21520 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18193/2024 R.G. proposto da:
COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. COGNOME del foro di Roma, giusta procura speciale in atti
-ricorrente –
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore generale pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, INDIRIZZO è domiciliata;
-controricorrente – avverso la sentenza n. 552/05/2024 della Commissione tributaria regionale della Campania -sez. distaccata di Salerno, depositata in data 16.1.2024;
udita la relazione svolta all’udienza camerale del 2.4.2025 dal consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.NOME COGNOME proponeva opposizione innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Avellino avverso l’avviso di accertamento n. TFK010400829/2020, relativo all’anno di imposta 2015, con il
Avviso di accertamento –
IRPEF – omessa pronuncia su motivo di appello.
quale venivano recuperate a tassazione IRPEF, Add. Reg. IRAP, Addizionale Comunale, IVA, oltre interessi e sanzioni.
2.La C.T.P. di Avellino, nella resistenza dell’Agenzia delle Entrate, rigettava il ricorso e condannava il ricorrente al pagamento delle spese processuali.
3.La decisione veniva parzialmente riformata dalla C.T.R. della Campania -sez. distaccata di Salerno, con compensazione delle spese processuali.
In particolare, la C.T.R., riassunti i motivi di gravame, riteneva dimostrata la gratuità dell’attività svolta in favore della RAGIONE_SOCIALE, società riferibile alla madre ed alla sorella del professionista e di NOME NOME, cognato del professionista’, nonché delle ditte la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE di cui il dr. COGNOME era amministratore, ‘ alla luce degli incontestati rapporti del ricorrente con i predetti soggetti, nonchè del personale concomitante interesse a curarne l’esattezza e la tempestività degli adempimenti dichiarativi.’
4.Avverso la precitata sentenza ha proposto ricorso NOME COGNOME sulla base di un unico motivo.
5.L’ Agenzia delle Entrate ha depositato controricorso.
E’ stata fissata l’udienza camerale del 2.4.2025, in prossimità della quale la parte ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.Con il primo ed unico motivo di ricorso -rubricato « nullità della sentenza n.552/2024 della Corte di Giustizia Tributaria II grado della Campania -sez. Salerno per l’omessa pronuncia su un motivo di appello ex art. 360, comma primo, n. 4) c.p.c., in violazione dell’art. 112 c.p.c .»- il ricorrente – premesso che intende prestare acquiescenza ai punti della sentenza che hanno comportato l’accoglimento parziale dell’appello in relazione alla gratuità delle prestazioni per la RAGIONE_SOCIALE NOME, RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE ed in relazione al
punto della sentenza afferente la perdita su crediti indeducibili per € 4.060,58, con riferimento al sig. Avverato – deduce che la Corte di Giustizia Tributaria di II grado avrebbe completamente omesso la pronuncia su di un motivo di appello ossia il motivo n. 4.a ) dell’atto di appello, rubricato ‘4.a) SUI COMPENSI ASSERITAMENTE NON DICHIARATI’. Era stato infatti evidenziato al Giudice dell’appello che si leggeva a chiare lettere nell’avviso di accertamento impugnato, che da un controllo effettuato sulla posizione del dr. NOME COGNOME senza specificazione alcuna del ‘tipo’ di controllo effettuato, si erano evidenziati i nominativi di soggetti per i quali il professionista avrebbe effettuato l’invio dei dichiarativi, ed a fronte dei quali non sarebbe stata emessa alcuna fattura. Accertava, ancora, l’Ufficio che per tali soggetti, rifacendosi alle tariffe di cui al DM 140/2012, dovevano essere calcolati gli importi non fatturati: € 720 per ogni persona fisica, € 1.020,00 per ogni società di persona ed € 1.120,00 per ogni società di capitali. Orbene, il calcolo della A.E. era frutto di un errore macroscopico dovuto al mancato esame della documentazione che pure è stata offerta durante il controllo ispettivo. In particolare, il dr. NOME COGNOME era socio della RAGIONE_SOCIALE che è la società che detiene i clienti elencati nelle tabelle indicati in accertamento, essendo la società che elabora i dati relativi alle contabilità. Orbene, il dr. COGNOME per i soggetti di cui sopra, indicati nelle tabelle in accertamento, non aveva predisposto, analizzato ed elaborato alcun dato, avendo provveduto, unicamente, all’invio dei dichiarativi, nella sua qualità di intermediario, iscritto all’albo dei dottori commercialisti. In altri termini, nel frettoloso accertamento posto in essere dall’AE, si era operata una illegittima ed erronea commistione della figura del dr. NOME COGNOME quale persona fisica professionista, e del DR. NOME COGNOME quale socio della RAGIONE_SOCIALE, che è la società che detiene i clienti e che procede alla elaborazione dei dati e che quindi è il soggetto che ha fatturato
le prestazioni. Nel motivo di appello si era dunque sostenuto che, seguendo le regole generali del diritto, l’atto di accertamento era illegittimo perché, partendo da un presupposto assolutamente errato, quale quello che i soggetti indicati fossero da ritenere clienti del dr. NOME COGNOME ha attribuito un maggior guadagno al commercialista che non trova alcun riscontro nella realtà. In verità il ricorrente, per i soggetti elencati in accertamento, persone fisiche e giuridiche, non aveva svolto alcuna attività ulteriore, se non quella di inviare i dichiarativi ai competenti uffici, nella qualità di intermediario. Del resto, la stessa Agenzia Fiscale aveva evidenziato che i ‘clienti’ in elenco non erano depositanti le scritture contabili presso il dr. COGNOME. Quindi, se la tariffa per l’invio telematico, che è l’unica attività svolta dal dr. COGNOME, era stata calcolata in € 20,00 dal medesimo ente accertatore, era di tutta evidenza che il ricorrente aveva svolto tale attività in maniera gratuita, facoltà per altro concessa dalla legge per importi di scarso rilievo e che dunque l’accertamento impugnato era illegittimo, ingiusto ed erroneo nella parte in cui accertava maggiori guadagni per € 43.630,00. Su tale doglianza, la Corte di Giustizia di Secondo Grado della Campania, sez staccata di Salerno non si sarebbe pronunciata in alcun modo, in aperta violazione dell’art 112 cpc.
2. Il motivo è infondato.
In tema di ricorso per cassazione, il vizio di omessa pronuncia, censurabile ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c. per violazione dell’art. 112 c.p.c., ricorre ove il giudice ometta completamente di adottare un qualsiasi provvedimento, anche solo implicito, di accoglimento o di rigetto, ma comunque indispensabile per la soluzione del caso concreto, sulla domanda o sull’eccezione sottoposta al suo esame, mentre il vizio di omessa motivazione, dopo la riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., presuppone che un esame della questione oggetto di doglianza vi sia stato, ma sia affetto dalla totale pretermissione di uno specifico
fatto storico oppure si sia tradotto nella mancanza assoluta di motivazione, nella motivazione apparente, nella motivazione perplessa o incomprensibile o nel contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili (Cass. ord. n. 27551/2024). Non ricorre pertanto il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata, in contrasto con la pretesa fatta valere dalla parte, comporti necessariamente il rigetto di quest’ultima, non occorrendo una specifica argomentazione in proposito. È quindi sufficiente quella motivazione che fornisce una spiegazione logica ed adeguata della decisione adottata, evidenziando le prove ritenute idonee a suffragarla, ovvero la carenza di esse, senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi. (tra le tante, Cass. ord. n. 7662/2020).
2.1.A proposito dunque dei compensi non dichiarati, la C.T.R. ha ria ssunto il motivo di appello dell’odierno ricorrente nel modo seguente : ‘il ricorrente ha compiutamente esposto le ragioni in diritto dell’opposizione, eccependo che, dal controllo effettuato dalla AE, era emersa l’unica sua attività di invio dei dichiarativi per i soggetti in elenco, senza alcuna ulteriore attività da parte sua che giustificasse i compensi che l’AE ha inteso attribuire’ e, ‘in particolare, l’ispezione dell’AE , durata svariati giorni, non aveva fatto emergere alcunchè che potesse far presumere che per i soggetti per i quali non era stata emessa fattura il dr. COGNOME avesse compiuto alcuna attività se non quella di invio dei dichiarativi, ai quali andava applicata una tariffa di € 20,00 per il solo invio’; – che ‘nell’elenco dei clienti del dr. NOME COGNOME figurano alcuni nominativi che appartengono a parenti del commercialista, e la prestazione in favore degli stessi deve ritenersi gratuita. Si tratta dei seguenti soggetti: RAGIONE_SOCIALE società riferibile alla madre ed alla sorella del professionista; NOME COGNOME cognato del professionista’, ed ‘ancora nell’elenco è stato illegittimamente
duplicato il nominativo di COGNOME NOME e tra le società figurano altresì la RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE Santa Filomena di cui il dr. COGNOME è amministratore ‘;
2.2. A tal riguardo, la C.T.R., esaminando il motivo attinente ai compensi non dichiarati, ha affermato: « Venendo finalmente al merito di tali contestazioni come reiterate in questa sede, va in primo luogo osservato che non vi è interesse a riproporre la questione relativa alla duplicazione di redditi accertati relativamente alla posizione duplicata di COGNOME NOME, trattandosi di errore già rilevato dal primo giudice e riconosciuto dalla stessa controparte. Devesi invece dare credito alla tesi difensiva di parte appellante relativa alla gratuità delle prestazioni svolte in favore della ‘RAGIONE_SOCIALE, società riferibile alla madre ed alla sorella del professionista’ e di ‘NOME NOME, cognato del professionista’, nonché delle ‘la Delicatezze Italiane e la Nuovo Cinema Santa Filomena di cui il dr. COGNOME è amministratore’. Tale gratuità è invero presumibile alla luce degli incontestati rapporti del ricorrente con i predetti soggetti, nonchè del personale concomitante interesse a curarne l’esattezza e la tempestività degli adempimenti dichiarativi (nel caso delle società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, del resto, se l’attività fosse stata svolta al di fuori dell’incarico di amministrazione, si sarebbe verificato un potenziale conflitto di interesse). »
2.3. La Corte ritiene pertanto che il motivo di appello sia stato puntualmente esaminato e che il giudice del gravame, nel ‘dar credito’ alla tesi della gratuità delle prestazioni rese in favore dei soggetti espressamente indicati, abbia indubbiamente ritenuto, implicitamente, di non ravvisare la dedotta gratuità con riferimento ai restanti soggetti indicati nell’avviso di accertamento.
Il ricorso va conclusivamente respinto.
Le spese seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
5. Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso;
condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5.600,00 per compensi, oltre spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002 la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente principale dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 2.4.2025