Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 679 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 679 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
Avv. Acc. IRES 2013
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 14031/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato.
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME elettivamente domiciliata ex lege in Roma presso la Cancelleria della Corte di cassazione.
-controricorrente –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 197/2022, depositata in data 26 gennaio 2022.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
La pretesa fiscale per cui è causa scaturiva da un’indagine finalizzata all’individuazione di fornitori esteri con profili di rischio
connessi alla fatturazione di operazioni intracomunitarie nei confronti di imprese clienti italiane. Pertanto, tramite l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, anno d’imposta 2013, ai sensi dell’art. 41 bis d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e con i criteri dell’art. 39, primo comma, del detto d.P.R., veniva rideterminato nei confronti dell’odierna ricorrente un reddito imponibile pari a € 524.739,00, a fronte di un reddito dichiarato pari a € 367.699,00, recuperando a tassazione costi considerati non inerenti ex art. 109 d.P.R. 22 dicembre 1986, n. 917, per complessivi € 141.946,00. Nello stesso atto impositivo, in relazione ai rapporti con la società RAGIONE_SOCIALE era presente una ulteriore contestazione inerente la fattura n. 44 del 18 marzo 2013, emessa dalla stessa per € 15.094,00, indebitamente dedotta in quanto ritenuta di competenza dell’esercizio 2012; da ciò scaturiva il recupero fiscale come sopravvenienza attiva ex art. 88 DPR n. 917/1986. Analoghi recuperi venivano contestati, con riferimento all’anno d’imposta 2014, con l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, per mezzo del quale venivano ripresi a tassazione costi per complessivi € 177.577,06, relativi sempre ai rapporti con medesime società.
Avverso tali avvisi di accertamento la contribuente proponeva distinti ricorsi dinanzi alla C.t.p. di Milano; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La RAGIONE_SOCIALE Milano, con sentenze n. 2678/02/2020 e n. 2445/2/2020, accoglieva integralmente i ricorsi.
Contro tali sentenze proponeva appello l’Agenzia delle Entrate dinanzi la C.t.r. della Lombardia; si costituiva anche la società contribuente, chiedendo conferma della sentenza impugnata.
Previa riunione dei giudizi, con sentenza n. 197/05/2022, depositata in data 26 gennaio 2022, la C.t.r. adita rigettava i gravami dell’Ufficio.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Lombardia, l’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi mentre la contribuente ha resistito con controricorso.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 17 dicembre 2024.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 109 d.P.R. n. 917/1986 e dell’art. 2697 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto deducibili costi che in realtà non lo erano, in quanto la società contribuente, contravvenendo a proprio onere probatorio, non aveva fornito elementi dai quali evincere l’esistenza e l’oggettiva determinatezza dell’ammontare degli stessi, elementi necessari per aversi deduzione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc. civ., ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha omesso di pronunciarsi in merito all’annullamento del rilievo inerente la sopravvenienza attiva recuperata a tassazione ex art. 88 TUIR, oggetto di specifico capo d’appello.
Il primo motivo di ricorso proposto è inammissibile oltre che infondato.
Anzitutto, la complessiva censura si risolve nella sollecitazione ad effettuare una nuova valutazione di risultanze di fatto come emerse nel corso dei precedenti gradi del procedimento, cosi mostrando di anelare ad una surrettizia trasformazione del giudizio di legittimità in un nuovo, non consentito giudizio di merito, nel quale ridiscutere tanto il contenuto di fatti e vicende processuali, quanto ancora gli apprezzamenti espressi dal giudice di appello non condivisi e per
ciò solo censurati al fine di ottenerne la sostituzione con altri più consoni ai propri desiderata, quasi che nuove istanze di fungibilità nella ricostruzione dei fatti di causa potessero ancora legittimamente porsi dinanzi al giudice di legittimità.
In altri termini viene chiesto di effettuare un nuovo esame sul merito della controversa e di approdare ad una valutazione degli elementi di prova difforme da quella fatta propria dal collegio di seconda istanza, la cui decisione dà contezza di come, con ben articolata motivazione, si sia ritenuto pienamente assolto l’onere della contribuente, mediante la produzione documentale e le osservazioni in giudizio, circa l’esistenza e l’oggettiva determinatezza dell’ammontare dei costi portati in deduzione.
2.1. Invero, questa Corte ha affermato in materia che: «In tema di imposte sui redditi delle società, il principio dell’inerenza dei costi deducibili si ricava dalla nozione di reddito d’impresa (e non dall’art. 75, comma 5 del d.P.R. n. 917 del 1986, ora art. 109, comma 5, del medesimo d.P.R., riguardante il diverso principio della correlazione tra costi deducibili e ricavi tassabili) ed esprime la necessità di riferire i costi sostenuti all’esercizio dell’attività imprenditoriale, escludendo quelli che si collocano in una sfera estranea ad essa, senza che si debba compiere alcuna valutazione in termini di utilità (anche solo potenziale o indiretta), in quanto è configurabile come costo anche ciò che non reca alcun vantaggio economico e non assumendo rilevanza la congruità delle spese, perché il giudizio sull’inerenza è di carattere qualitativo e non quantitativo. Peraltro, l’onere di provare e documentare l’imponibile maturato e dunque l’esistenza e la natura del costo, i relativi fatti giustificativi e la sua concreta destinazione alla produzione, quale atto d’impresa, grava sul contribuente» (Cass. n. 6114/2024 e Cass. n. 30366/2019).
3. Il secondo motivo di ricorso è fondato; con esso parte ricorrente si duole della mancata pronuncia della C.t.r. in merito
all’annullamento del rilievo inerente la sopravvenienza attiva recuperata a tassazione ex art. 88 TUIR, oggetto di specifico capo d’appello.
3.1. L’articolo 112. cod. proc. civ. statuisce che: «il giudice deve pronunciare su tutta la domanda, e non oltre i limiti di essa; e non può pronunciare d’ufficio su eccezioni che possono essere proposte soltanto dalle parti».
Invero, il vizio di omessa pronuncia ricorre quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su un capo della domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass. n. 5607/2021, Cass. n. 27566/2018, Cass. n. 28308/2017 e Cass. n. 7653/2012). Inoltre, questa Corte ha anche chiarito che non ricorre il vizio di omessa pronuncia, nonostante la mancata decisione su un punto specifico, quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto sul medesimo ( ex plurimis , Cass. n. 2773/2023 e Cass. n. 29191/2017).
3.2. Ebbene, con riguardo al caso di specie, deve sottolinearsi come risulti ex actis l’espresso rilievo, da parte dell’Ufficio, circa la sopravvenienza attiva ex art. 88 TUIR relativa alla fattura n. 44 del 2013, di € 15.094,00, emessa dalla società RAGIONE_SOCIALE il cui costo è stato dedotto dalla RAGIONE_SOCIALE nel 2013 ma che, secondo l’Ufficio, era di competenza del periodo d’imposta 2012; risulta pure che la C.t.r, nella sua decisione, non ha disaminato la questione della sopravvenienza attiva, questione derivata secondo l’Ufficio dalla violazione del principio di competenza e proposta in entrambi i gradi di merito e, soprattutto, che non era logicamente e necessariamente implicita in quella decisa esplicitamente dalla C.t.r. sui costi, a tacer del fatto che la c.d. ragione più liquida in realtà ha comportato una decisione oggettivamente solo parziale della lite.
4. In conclusione, va accolto il secondo motivo di ricorso e rigettato il primo, la sentenza impugnata va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo di ricorso e, rigettato il primo, cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 17 dicembre 2024.