Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16476 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16476 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 18/06/2025
Oggetto:
Transfer pricing –
Interposizione
–
Omessa
Pronuncia
– Rigetto
Implicito – Differenze
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 5659/2022 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME e dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso lo studio Gatti Pavesi Bianchi Ludovici;
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, n. 2895/05/2021, depositata il 21 luglio 2021.
Udita la relazione svolta nella pubblica udienza del 23 maggio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME.
Udito il Pubblico Ministero, in persona del Sostituto Procuratore l’accoglimento del generale NOME COGNOME che ha concluso chiedendo primo e del terzo motivo, assorbito il secondo.
Udito per la ricorrente l’ Avvocato NOME COGNOME e per l’Agenzia delle entrate gli Avvocati dello Stato NOME COGNOME ed NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
L’Ufficio Grandi Contribuenti della Direzione Regionale della Lombardia notificava alla società ricorrente l’avviso di accertamento n. TMB0E4V01156-2017 , relativo ad IRES per l’anno di imposta 20 12, nel quale erano formulati due rilievi: a) l’omessa tassazione per trasparenza di redditi prodotti da controlled foreign companies (C.F.C.), ossia la controllata estera RAGIONE_SOCIALE con sede in Singapore, ai sensi dell’art. 167 t.u.i.r., per un maggiore imponibile di oltre 13 milioni di euro; b) l’omessa contabilizzazione di componenti positivi di reddito in violazione dell’art. 110, comma 7, t.u.i.r. ( transfer pricing ), per un maggiore imponibile di oltre un milione di euro.
La contribuente proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Milano , che annullava l’avviso limitatamente al rilievo sub b) , ritenendo violato l’art. 110, comma 7, t.u.i.r., atteso che l’A.F. aveva applicato la disciplina ivi contenuta in presenza di transazioni non aventi carattere internazionale; i riaddebiti censurati avevano, infatti, avuto luogo tra la ricorrente e la controllata RAGIONE_SOCIALE entrambe residenti in Italia.
L ‘Ufficio proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale della Lombardia chiedendo la conferma dell’avviso anche con riferimento al rilievo relativo al transfer pricing . La contribuente si costituiva e spiegava appello incidentale volto all’annullamento dell’avviso di accertamento anche con riferimento al primo rilievo.
La CTR accoglieva l’impugnazione principale dell’Ufficio confermando così la totale legittimità dell’avviso impugnato : dopo
aver premesso il ruolo svolto dalla ricorrente, capogruppo del RAGIONE_SOCIALE, evidenziava che nella specie le prestazioni erano sì state addebitate dalla capogruppo alla controllata, ma poi da questa ‘riaddebitate tali e quali alle varie consociate estere’; ‘nel caso della RAGIONE_SOCIALE (società italiana) si è trattato di una mera partita di giro, in cui detta ultima società ha assunto un ruolo del t utto passivo’ (pag. 3 della sentenza).
La contribuente propone ricorso per cassazione affidato a tre motivi. L ‘Ufficio resiste con controricorso.
Il Sostituto Procuratore Generale, nella persona della dott.ssa NOME COGNOME ha depositato memoria con la quale ha chiesto accogliersi il primo ed il terzo motivo di ricorso, assorbito il secondo.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
All’udienza pubblica del 23/05/2025 il Sostituto Procuratore Generale ha chiesto l’accoglimento del primo e del terzo motivo di ricorso, assorbito il terzo; l’ avvocato della ricorrente ha chiesto l’accoglimento del ricorso ; il patrono erariale ha chiesto il rigetto del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3, cod. proc. civ., la «violazione degli articoli 110, comma 7, del TUIR e 5, comma 2, del D.Lgs. 147/2015» per avere la CTR «accolto l’appello dell’Ufficio aderendo ad una interpretazione estensiva dell’art. 110, comma 7 del TUIR, in antitesi con la ratio della norma, così violando la disposizione legislativa in commento e la norma di interpretazione autentica della stessa». L’interpretazione ‘sostanziale’ fatta propria dalla CTR contrasterebbe con la lettera della norma, con l’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 147/2015 e con il consolidato orientamento della Suprema Corte.
La norma, infatti, fa espresso riferimento alle operazioni con società non residenti nel territorio dello Stato, e trova una sua deroga (in quanto tale, di carattere eccezionale) nell’ipotesi in cui la transazione avvenga tra due soggetti, residenti nello Stato italiano, soggette a diversi regimi di tassazione e l’operazione sia assoggettata ad un diverso regime impositivo in capo agli stessi.
Nel 2015 il legislatore è intervenuto al fine di fornire una interpretazione dell’ambito applicativo dell’art. 110, comma 7, t.u.i.r., chiarendo che ‘la disciplina ivi prevista non si applica per le operazioni tra imprese residenti o localizzate nel territorio dello Stato’.
1.1. Il motivo è inammissibile poiché censura una affermazione della CTR, resa ad abundantiam (e, comunque, erronea), non già la ratio decidendi .
Precisamente, la CTR sostiene che la disciplina del transfer pricing si applica anche tra imprese residenti: ‘la giurisprudenza di legittimità riconosca, comunque, la rilevanza del fenomeno del c.d. transfer pricing ‘domestico” (pag. 3 della sentenza). L’assunto è sicuramente erroneo poiché secondo il costante orientamento di questa Corte «in tema di determinazione del reddito d’impresa, le transazioni tra società infragruppo residenti nel territorio nazionale effettuate ad un prezzo diverso dal “valore normale” indicato dall’art. 9 del d.P.R. n. 917 del 1986 non sono indice, di per sé, di una condotta elusiva, rappresentando l’eventuale alterazione rispetto al prezzo di mercato solo un elemento aggiuntivo, di eventuale conferma, della valutazione di elusività dell’operazione, senza che possa applicarsi, in via analogica, la disciplina del “transfer pricing” internazionale recata dall’art. 110, comma 7, del d.P.R. cit. (nel testo vigente “ratione temporis”), ostandovi il disposto – di interpretazione autentica – di cui all’art. 5, comma 2, del d.lgs. n. 147 del 2015, donde l’estraneità all’ordinamento tributario della nozione di “transfer pricing” domestico» (Cass. 25/06/2019, n. 16948).
La CTR però contestualmente applica la citata normativa nella fattispecie, riconducendola in concreto al transfer pricing estero: invero, la società (residente) cui erano state addebitate le prestazioni (la PCS) era sostanzialmente interposta rispetto a società interponenti estere; le prestazioni, infatti, erano dalla PC riaddebitate ‘tali e quali’ alle consociate estere.
1.2. Ora, la società ricorrente impugna solo la prima affermazione, sostenendo correttamente che la disciplina in esame non si applichi al transfer pricing domestico. Non muove, di contro, alcun rilievo alla ratio decidendi consistente nella configurabilità, nella specie, di un transfer pricing estero, in considerazione del ruolo svolto dalla PCS quale mera interposta tra la RAGIONE_SOCIALE e le consociate estere. Di qui, l’inammissibilità del motivo.
Con il secondo motivo la ricorrente lamenta, in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza per violazione d ell’art. 112 c.p.c. per avere la CTR omesso di pronunciarsi sul l’eccezione, rimasta assorbita in primo grado e riproposta in appello, relativa alla duplice imposizione fiscale generata dal rilievo in materia di transfer pricing .
Il motivo è infondato.
2.1. È noto che nel giudizio di legittimità la deduzione del vizio di omessa pronuncia, ai sensi dell’art. 112 c.p.c., postula, per un verso, che il giudice di merito sia stato investito di una domanda o eccezione autonomamente apprezzabili e ritualmente e inequivocabilmente formulate e, per altro verso, che tali istanze siano puntualmente riportate nel ricorso per cassazione nei loro esatti termini e non genericamente o per riassunto del relativo contenuto, con l’indicazione specifica, altresì, dell’atto difensivo e/o del verbale di udienza nei quali l’una o l’altra erano state proposte, onde consentire la verifica, innanzitutto, della ritualità e della tempestività e, in secondo luogo, della decisività delle questioni prospettatevi. Pertanto, non essendo detto vizio rilevabile d’ufficio, la Corte di cassazione, quale giudice del “fatto processuale”, intanto
può esaminare direttamente gli atti processuali in quanto, in ottemperanza al principio di autosufficienza del ricorso, il ricorrente abbia, a pena di inammissibilità, ottemperato all’onere di indicarli compiutamente, non essendo essa legittimata a procedere ad un’autonoma ricerca, ma solo alla verifica degli stessi (Cass. 14/10/2021, n. 28072).
Nella specie la ricorrente ha indicato nel corpo del ricorso gli atti nei quali aveva avanzato l’eccezione relativa alla duplice imposizione fiscale generata dal rilievo in materia di transfer pricing ; la CTR omette qualsiasi decisione sulla stessa.
L’omissione, però, non integra il vizio denunciato, ovvero la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., atteso che alla luce del complessivo tenore della decisione nella specie ricorre un implicito rigetto dell’eccezione de qua .
2.2. I confini tra ‘omessa pronuncia’ (denunziabile con la violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.) ed il ‘rigetto implicito’ sono stati tracciati da tempo da questa Corte; si è costantemente affermato che ricorre la statuizione implicita di rigetto di una domanda o di un’eccezione quando la pretesa non espressamente esaminata risulti incompatibile con l’impostazione logico -giuridica della pronuncia, nel senso c he la domanda o l’eccezione, pur se non espressamente trattate, siano superate o travolte dalla soluzione di altra questione, il cui esame presuppone, come necessario antecedente logico-giuridico, la loro irrilevanza o infondatezza (da ultimo, Cass. 26/09/2024, n. 25710).
2.3. Nella specie, la CTR ha ritenuto nel merito fondato il gravame dell’Ufficio, in tal modo implicitamente rigettando qualsiasi eccezione e/o questione preliminare, quale quella relativa alla doppia imposizione.
Con il terzo motivo la contribuente denuncia, in relazione all’articolo 360, comma primo, n. 4, cod. proc. civ., la «nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 112 c.p.c.» per avere la CTR «completamente omesso di pronunciarsi sulle domande
ritualmente riproposte in sede di Appello incidentale dalla odierna Ricorrente avverso il capo della Sentenza di I grado, in cui era risultata soccombente».
Precisamente, la società aveva proposto appello incidentale avverso il capo di sentenza a sé sfavorevole (ossia quello relativo alla legittimità del primo rilievo), riproponendo quattro doglianze, sulle quali è mancata qualsiasi pronuncia da parte della CTR.
Il motivo è fondato.
3.1. Dall’esame dell’appello incidentale proposto dalla contribuente (riportato per stralci nel ricorso per cassazione) emerge chiaramente che erano state riproposte le eccezioni relative al primo rilievo.
La CTR ha omesso qualsiasi decisione in relazione all’appello incidentale, essendosi limitata alla verifica della legittimità del secondo rilievo (relativo al transfer pricing ) e della fondatezza del gravame principale dell’Ufficio.
3.2. È evidente, quindi, il vizio di omessa pronuncia in cui è incorso il giudice del gravame, non potendo ritenersi che l’accoglimento dell’appello principale possa aver comportato l’assorbimento od il rigetto implicito di quello incidentale (avendo i due gravami ad oggetto due rilievi autonomi e diversi).
In definitiva, va accolto il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo e dichiarato inammissibile il primo; la sentenza gravata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, perché provveda a nuovo esame in relazione alla censura accolta ed a regolare le spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il terzo motivo di ricorso, rigettato il secondo ed inammissibile il primo, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, perché provveda a nuovo esame nel rispetto dei principi esposti, ed a regolare le spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 23 maggio 2025.