Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 4863 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 4863 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 25/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23280/2020 R.G. proposto da :
COGNOME con gli avvocati NOME COGNOME e NOME Adamo
-ricorrente-
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE – RISCOSSIONE, rappresentata e difesa ex lege dall’ Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
avverso la Sentenza delle Commissione Tributaria Regionale delle Lombardia n. 5606/2019, depositata il 31/12/2019.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 04/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME impugnava, dinanzi alla CTP di Milano, la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria notificatale in data 4 luglio 2017, e relativa a dieci cartelle di pagamento non onorate.
I giudici di primo grado rigettavano il ricorso della contribuente, con decisione che veniva confermata, con la sentenza indicata in epigrafe, dalla CTR della Lombardia, ad eccezione di alcune delle cartelle in oggetto, rispetto alle quali era cessata la materia del contendere.
Avverso la predetta sentenza ricorre la contribuente con quattro motivi e resiste l’Agenzia dell e entrate -Riscossione con controricorso.
La ricorrente ha depositato memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve rigettarsi la eccezione di inammissibilità del ricorso sollevata dall’Amministrazione, in quanto , contrariamente a quanto sostenuto dall’Agenzia, con i motivi formulati si censura la ratio decidendi della sentenza impugnata, che si fonda sulla affermata ritualità della notifica delle cartelle presupposte all’atto impugnato, e che la ricorrente contesta per vari profili.
Con il primo motivo di ricorso la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c., la «Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992, anche letto assieme all’art. 111 cost. e 112 c.p.c. (richiamato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992), perché la CTR non si è pronunciata sui motivi dedotti dalla contribuente in merito alla nullità della preventiva comunicazione d’ipoteca (n. NUMERO_CARTA), notificata tramite poste private (Nexive)».
2.1. Deduce la ricorrente, trascrivendo, ai fini dell’autosufficienza, i passaggi rilevanti dell’atto di appello, di avere in esso eccepito la totale inesistenza della notifica dell’atto impugnato perché eseguita per il tramite di un soggetto privato anteriormente al 10 settembre 2017.
2.2. Il motivo è infondato.
2.3. Nel caso di specie non si versa in ipotesi di omessa pronuncia, ricorrendo invece un’ipotesi di pronuncia implicita di rigetto, ravvisabile laddove la CTR, con specifico riferimento alla suddetta eccezione, ha affermato che «le cartelle sono state regolarmente notificate».
2.4. Deve richiamarsi, in proposito, l’orientamento di questa Corte secondo cui il vizio di omessa pronuncia su una domanda o eccezione di merito, che integra una violazione del principio di corrispondenza tra chiesto e il pronunciato ex art. 112 cod. proc. civ., si ha quando vi sia omissione di qualsiasi decisione su di un capo di domanda, intendendosi per capo di domanda ogni richiesta delle parti diretta ad ottenere l’attuazione in concreto di una volontà di legge che garantisca un bene all’attore o al convenuto e, in genere, ogni istanza che abbia un contenuto concreto formulato in conclusione specifica, sulla quale deve essere emessa pronuncia di accoglimento o di rigetto (Cass., 26 gennaio 2021, n. 1616; Cass., 27 novembre 2017, n. 28308).
2.5. Inoltre, secondo costante giurisprudenza, «ad integrare gli estremi del vizio di omessa pronuncia non basta la mancanza di un’espressa statuizione del giudice, ma è necessario che sia stato completamente omesso il provvedimento che si palesa indispensabile alla soluzione del caso concreto: ciò non si verifica quando la decisione adottata comporti la reiezione della pretesa fatta valere dalla parte, anche se manchi in proposito una specifica argomentazione, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia» (Cass., 4 ottobre 2011, n. 20311; Cass., 10 maggio 2007, n. 10696; Cass., 26 novembre 2013, n. 26397; Cass., 18 giugno 2018, n. 15936).
2.6. La censura è comunque infondata, rammentandosi che sul punto questa Corte ha precisato che: «In tema di notificazioni a mezzo posta di atti impositivi, per effetto dell’art. 4 del d.lgs. n. 261 del 1999 e succ. modif., è valida la notifica compiuta – nel periodo intercorrente tra la parziale liberalizzazione attuata col d.lgs. n. 58 del 2011 e quella portata a pieno compimento dalla l. n. 124 del 2017 – tramite operatore postale privato in possesso
dello specifico titolo abilitativo costituito dalla “licenza individuale” di cui all’art. 5, comma 1, del d.lgs. n. 261 cit., configurandosi l’ipotesi di inesistenza della notificazione in casi assolutamente residuali.» (Cass., 20/07/2020, n. 15360).
Con il secondo strumento di impugnazione la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la «Nullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992, anche letto assieme all’art. 111 cost. e 112 c.p.c. (richiamato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992)», lamentando che la CTR non si sia pronuncia sul motivo di appello avente ad oggetto l’ eccezione di prescrizione quinquennale delle sanzioni tributarie.
3.1. La parte, ai fini dell’astratta idoneità del motivo ad individuare tale violazione e dunque della ammissibilità della censura (Cfr. Cass. Sez. 3, n. 41205 del 22/12/2021) ha precisato, richiamandone sinteticamente il contenuto, che il motivo è stato tempestivamente proposto in primo grado, ribadito nel ricorso di appello ed illustrato con successiva memoria.
3.2. Il motivo è, inoltre, fondato.
3.3. La Commissione territoriale, sul punto, nulla ha infatti argomentato, limitandosi a motivare in merito alla infondatezza della eccezione di prescrizione, in relazione ai singoli tributi.
Con il terzo strumento di impugnazione la ricorrente deduce, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., la «N ullità della sentenza impugnata per violazione dell’art. 36, comma 2, n. 4 del d.lgs. n. 546/1992 anche letto assieme all’art. 111 cost. e 112 c.p.c. (richiamato dall’art. 1, comma 2, d.lgs. n. 546/1992), perché la CTR ha erroneamente non valutato e non affrontato un motivo d’appello, con oggetto l’esclusione di un grado di giudizio, in relazione all’istanza di dilazione formulata, confermando un’errata applicazione di un principio espresso dalla Suprema Corte di cassazione».
4.1. In particolare, la ricorrente si duole del mancato esame del motivo di appello con il quale si chiedeva la rimessione del processo al giudice di primo grado in ragione della errata dichiarazione di inammissibilità del ricorso introduttivo da parte della CTP di Milano.
4.2. Deve rilevarsi, con richiamo a quanto già esposto in merito al primo motivo di ricorso, come la CTR abbia implicitamente rigettato anche la censura in questione, da ritenersi peraltro infondata, rammentandosi che questa Corte ha affermato che «In tema di contenzioso tributario la rimessione della causa alla Commissione tributaria provinciale è prevista dal comma 1 del citato art. 59 soltanto in talune ipotesi tassative ed eccezionali, al di fuori delle quali il giudizio dinanzi la Commissione tributaria regionale assume le caratteristiche del mezzo di impugnazione a carattere sostitutivo, con la conseguente necessità per i giudici di secondo grado di decidere nel merito le questioni proposte. La tassatività delle ipotesi di rimessione al primo giudice impone, infatti, alla Commissione tributaria regionale di trattenere la causa e deciderla nel merito (cd. assorbimento delle nullità nei motivi di gravame), a ciò non ostando il principio del doppio grado di giurisdizione, il quale, oltre a non trovare garanzia costituzionale nel nostro ordinamento (Corte Cost. sentenza n. 243 del 2014; ordinanza n. 42 del 2014 e n. 190 del 2013; n. 410 del 2007 e n. 84 del 2003), presuppone soltanto che una stessa domanda venga proposta a due giudici di grado diverso, ma non che venga decisa da entrambi» (Cass., sez. 5, 30/06/2010, n. 15530; Cass., sez. 5, 7/03/2018, n. 5426; Cass. Sez. 6 – 5, n. 23741 del 29/07/2022).
4.3. Tenuto conto che l’art. 59 del D.Lgs. n. 546/1992 è norma speciale, salvo che in primo grado non sia stato ritualmente instaurato il contraddittorio o non sia stato rilevato un difetto di integrazione del contraddittorio – ipotesi che non ricorrono nel caso in esame – la possibilità per il contribuente di spiegare in secondo
grado tutte le difese nel merito, comprese le eventuali produzioni documentali, osta al rinvio al giudice di primo grado e, quindi, all’applicabilità dell’art. 101, secondo comma, del cod. proc. civ., poiché si traduce in un aggravio di procedura di segno opposto a quello postulato dalla norma (Cass., Sez. 5, 16/11/2021, n. 34634; Cass., sez. 5, 15/04/2016, n. 7514; Cass., sez. 5, 25/07/2012, n. 13113; Cass., sez. 5, 24/11/2006, n. 24972).
5. In conclusione, accolto il secondo motivo del ricorso, rigettati il primo ed il terzo ed assorbito il quarto, la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nel rispetto dei principi sopra illustrati, nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il secondo motivo del ricorso, rigetta il primo ed il terzo, assorbito il quarto; cassa la sentenza impugnata in relazione al motivo accolto e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, il 04/02/2025.