Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 25896 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 25896 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 22/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27121/2017 R.G. proposto da : COGNOME rappresentato e difeso dall’avv. NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso il suo studio in Roma alla INDIRIZZO
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso i cui Uffici è elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO -controricorrente- per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Calabria n. 2231/2017, depositata il 12 luglio 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio dell’ 8 luglio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
-In data 4 luglio 2014, la Direzione provinciale di Crotone notificava al contribuente in epigrafe, esercente l’attività di commercio al dettaglio di attrezzature per l’agricoltura e giardinaggio, l’avviso di accertamento n. TD5010100254/2014 relativo al recupero delle imposte IRPEF, IRAP, IVA, contributi INPS più sanzioni e interessi, per un importo complessivo di euro 208.350,00. L’accertamento scaturiva da un controllo circa il corretto adempimento degli obblighi tributari, in materia di reddito d’impresa per l’anno d’imposta 2009. Riscontrato il mancato invito a produrre la documentazione necessaria a seguito di compiuta giacenza, l’Ufficio procedeva a determinare il reddito d’impresa sulla base dei dati e delle notizie raccolti o venuti a sua conoscenza, con facoltà di prescindere in tutto o in parte dalle risultanze del bilancio e dalle scritture contabili.
Il contribuente, con atto notificato in data 29 dicembre 2014, proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Crotone.
L’Ufficio contestava la fondatezza del ricorso.
Con sentenza n. 67/02/2016, depositata in data 23 febbraio 2016, la Commissione tributaria provinciale adita accoglieva parzialmente il ricorso, ritenendo fondato l’accertamento quanto alla rettifica IVA e alle sanzioni per la mancata ottemperanza all’invito a comparire e rideterminando in favore del contribuente il reddito d’impresa sulla base di uno studio di settore corrispondente all’attività prevalente da questi esercitata.
-Avverso tale pronuncia il contribuente proponeva atto di appello.
L’Ufficio si costituiva in giudizio con proprie controdeduzioni e formulava appello incidentale.
Con sentenza n. 223/2017, depositata il 12 luglio 2017, la Commissione tributaria regionale rigettava l’appello principale del contribuente e accoglieva l’appello incidentale .
-Il contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a dieci motivi, poi illustrato con memoria.
L’Agenzia delle entrate si è costituta con controricorso.
-Il ricorso è stato avviato alla trattazione camerale ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c.
RAGIONI DELLA DECISIONE
-In via preliminare va respinta l’eccezione di inammissibilità del ricorso per violazione del principio di autosufficienza del ricorso per cassazione.
La lettura del ricorso consente di comprendere i fatti oggetto del giudizio e le questioni portate l’attenzione di questa Corte.
-Con il primo motivo si deduce la violazione art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c. per omessa esposizione, in sentenza, delle difese del contribuente e dei motivi di appello.
Con il secondo motivo si prospetta la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, punto 4, c.p.c.: violazione e falsa applicazione dell’art. 36 d.lgs. 546/92, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 delle disposizioni attuative del c.p.c. per omessa motivazione in ordine a tutti i motivi d’appello svolti dal contribuente.
Con il terzo motivo si prospetta la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c.: violazione dell’art. 53 d.lgs. 546/92, per aver il giudice dell’appello omesso di valutare le doglianze ritenendole mera riproposizione dei motivi di ricorso di primo grado.
2.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
Secondo la consolidata giurisprudenza di questa Corte, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto a esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione, così da doversi ritenere implicitamente rigettate le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass. n. 3126/2021; Cass. n. 25509/2014).
In tema di contenzioso tributario, peraltro, la sentenza di appello è nulla per difetto di motivazione, ai sensi degli artt. 36 e 61 del d.lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 118 disp. att. c.p.c., se è completamente priva dell’illustrazione delle censure sollevate dall’appellante rispetto alla decisione di primo grado e delle considerazioni che hanno indotto la Commissione a disattenderle, limitandosi a richiamare per relationem la sentenza impugnata mediante la mera adesione ad essa, così da impedire l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento della decisione (Cass. n. 9830/2024; Cass. n. 24452/2018).
Nel caso di specie, i giudici del gravame, pur attraverso una motivazione essenziale, che richiama per relationem la sentenza di primo grado, hanno valutato i profili del riparto dell’onere della prova, ribadendo la correttezza dell’operato dell’Ufficio alla luce della mancata interlocuzione a seguito dell’avviso a comparire ritualmente notificato.
Non può pertanto sostenersi che la pronuncia sia affetta da nullità, così come prospettata nei motivi richiamati.
-Con il quarto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 6, comma 1, l. 212/00, e degli artt. 58 e 60 d.P.R. n. 600/73, in combinato disposto con l’art. 39, comma 2, lett. d) bis d.P.R. n. 600/73, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., per aver ritenuto ritualmente notificato l’invito a comparire in luogo diverso dal domicilio fiscale del contribuente.
3.1. -Il motivo è inammissibile.
Parte ricorrente non deduce dove la censura sia stata proposta, per cui la relativa doglianza risulta inammissibile per difetto specificità.
-Con il quinto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 39, comma 2, lett. d) bis d.P.R. n. 600/73, in riferimento all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., laddove è stato ritenuto corretto l’operato dell’ufficio anche in difetto di contraddittorio endoprocedimentale con il contribuente.
Con il sesto motivo si prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 32, commi 3 e 4, d.P.R. n. 600/73, nonché degli art. 23 e 53 cost., dell’art 10 l. 212/2000, in relazione all’art. 39, comma 2, lett. d) bis d.P.R. n. 600/73, ex art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., non avendo considerato la non imputabilità al contribuente dell’omesso esperimento del contradittorio.
4.1. -I motivi, da trattarsi congiuntamente, sono infondati.
Se l’avviso è stato infatti ritualmente notificato, come ritenuto con accertamento in fatto non sindacabile in questa sede – sia in primo sia in secondo grado, non sussiste il profilo del difetto di contraddittorio
-Con il settimo motivo si prospetta l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo della controversia che è stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in relazione al mancato riconoscimento delle spese imponibili sostenute dal contribuente ai fini dell’IVA.
5.1. -Il motivo è inammissibile.
Sul punto si è infatti di fronte a una doppia conforme, per cui risulta inammissibile la questione di fatto così come prospettata nel presente motivo.
-Con l’ ottavo motivo si deduce la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., per omessa pronunzia
in ordine alla specifica domanda del contribuente di rideterminare la pretesa dell’ufficio tenendo conto delle spese imponibili sostenute.
6.1. -Il motivo è fondato.
In tema di ricorso per cassazione, per integrare il vizio di omessa pronuncia è necessaria l’illustrazione del carattere decisivo della prospettata violazione, dimostrando che la minuspetizione ha riguardato una questione astrattamente rilevante, posto che, altrimenti, si dovrebbe cassare inutilmente la decisione gravata (Cass. n. 10290/2025; Cass. n. 16102/2016).
Manca infatti nella pronuncia una decisione sulla specifica domanda formulata dal contribuente che assume senz’altro carattere decisivo in quanto in grado di incidere sull ‘ ammontare della pretesa erariale.
-Con il nono motivo si prospetta, in relazione all ‘ appello incidentale proposto dall’agenzia delle entrate, la nullità della sentenza o del procedimento ex art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., violazione e falsa applicazione dell’art. 36 del d.lgs. 546/92, dell’art. 132 c.p.c. e dell’art. 118 delle disposizioni attuative c.p.c. per omessa motivazione in ordine a tutti i motivi d’appello svolti dal contribuente.
7.1. -La censura, relativa al vizio di omessa motivazione, risulta assorbita rispetto al motivo precedente, essendo stato accolto, mentre appare infondata rispetto agli altri motivi di doglianza, essendo stati precedentemente respinti.
-Con il decimo motivo si prospetta l ‘ omesso esame circa un fatto decisivo della controversia che e’ stato oggetto di discussione fra le parti ex art. 360, comma 1, n. 5 c.p.c., in relazione alla mancata disamina dei parametri degli studi di settore applicati dall’ufficio rispetto all’attività economica effettivamente svolta dal contribuente.
8.1. -Il motivo è in parte inammissibile e in parte infondato.
Inammissibile è la censura lì dove deduce un errore di fatto decisivo oggetto di discussione (attività economica svolta dal contribuente), allorquando invero si duole della presunta applicazione di un parametro erroneo degli studi di settore, così prospettando un errore di sussunzione nella norma di riferimento.
Peraltro, dalla motivazione è dato desumere che l’amministrazione ha operato una rettifica induttiva pura ai sensi dell’art. 39, comma 2, lett. d) bis d.P.R. n. 600 del 1973 sulla base degli elementi e delle notizie raccolte, per cui alcun rilievo riveste la disciplina degli studi di settore e l’intera questione prospettata nel motivo di cui si discute.
In tema di rettifica dei redditi d’impresa, il discrimine tra l’accertamento con metodo analitico induttivo e quello con metodo induttivo puro sta, rispettivamente, nella parziale o assoluta inattendibilità dei dati risultanti dalle scritture contabili: nel primo caso, la “incompletezza, falsità od inesattezza” degli elementi indicati non è tale da consentire di prescindere dalle scritture contabili, in quanto l’Ufficio accertatore può solo completare le lacune riscontrate, utilizzando ai fini della dimostrazione dell’esistenza di componenti positivi di reddito non dichiarati, anche presunzioni semplici aventi i requisiti di cui all’art. 2729 c.c.; nel secondo caso, invece, “le omissioni o le false od inesatte indicazioni” sono così gravi, numerose e ripetute da inficiare l’attendibilità -e dunque l’utilizzabilità, ai fini dell’accertamento – anche degli altri dati contabili (apparentemente regolari), sicché l’amministrazione finanziaria può “prescindere, in tutto o in parte, dalle risultanze del bilancio e delle scritture contabili in quanto esistenti” ed è legittimata a determinare l’imponibile in base ad elementi meramente indiziari, anche se inidonei ad assurgere a prova presuntiva ex artt. 2727 e 2729 c.c. (Cass. n. 33604/2019). La scelta del metodo, tra quelli disciplinati dalla legge, da utilizzare per procedere rientra nella discrezionalità dell’Amministrazione finanziaria,
potendo il contribuente dolersene solo ove alleghi e dimostri il pregiudizio che dalla scelta sia derivato alla propria posizione sostanziale (Cass. n. 13631/2025).
-La sentenza impugnata dev’essere perciò cassata in relazione al motivo accolto e, per l’effetto, va disposto il rinvio alla Corte di giustizia tributaria competente, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie l’ottavo motivo di ricorso, assorbito il nono nei limiti di cui in motivazione, rigettati i restanti; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria, in diversa composizione, anche per la liquidazione delle spese di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria, l’8 luglio 2025.
Il Presidente NOME COGNOME