Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19273 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19273 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 13/07/2025
Avviso di Accertamento -IRES – 2009
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16183/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, in persona del liquidatore e del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dagli Avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME ed elettivamente domiciliato presso lo studio legale tributario COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende.
-controricorrente –
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del Curatore e legale rappresentante p.t.;
– intimato –
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della LIGURIA n. 1514/2015 depositata il 22 dicembre 2015.
Udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere dr.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
1. Alla RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (già denominata RAGIONE_SOCIALE in liquidazione), consolidata dalla RAGIONE_SOCIALE, veniva consegnato in data 22/12/2009 un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza dal quale emergevano, per l’anno di imposta 2009, una serie di violazioni tributarie. A seguito della denuncia di un exdipendente della società nell’ambito di un giudizio civile e della conseguente segnalazione da parte del Tribunale interessato, secondo l’Amministrazione finanziaria, era emerso che l’amministratore della società aveva organizzato un sistema diretto a sottrarre al fisco una parte delle somme ricavate dalla vendita di appartamenti, mediante la sottoscrizione da parte degli acquirenti di due copie della proposta di acquisto, l’una per un prezzo inferiore, quello dichiarato e fatturato, e l’altra per un prezzo superiore, quello realmente versato. La società decideva di adeguarsi alle risultanze del p.v.c. e per questo emetteva una serie di fatture includendo i maggiori ricavi percepiti e verificati dalla Guardia di Finanza. La società contribuente adeguava l’importo percepito previa emissione di fattura anche per la compravendita riguardante l’acquirente RAGIONE_SOCIALE, per complessivi euro 160.000,00 ad integrazione del prezzo già versato per l’acquisto di due unità immobiliari. Successivamente la RAGIONE_SOCIALE sosteneva di aver ricevuto una contestazione dalla RAGIONE_SOCIALE che affermava di non aver mai corrisposto la maggior somma indicata nella seconda fattura; per questa ragione la società alienante emetteva una nota di credito nel dicembre del 2010 a storno della fattura. Nel febbraio del 2012 l’Agenzia delle Entrate, ritenuto ingiustificato lo storno della fattura e provato il maggior prezzo ricevuto, notificava alla società l’avviso di accertamento n. TL303T200308/2012 con il quale per l’anno di imposta 2009, e in
relazione alla stessa operazione, erano accertati maggiori ricavi non fatturati per euro 160.000,00, con conseguente imposizione ai fini IRES e sanzioni per infedele presentazione della dichiarazione.
La società RAGIONE_SOCIALE in liquidazione proponeva ricorso innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Genova e avverso l’avviso di accertamento. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio riaffermando la legittimità della condotta impositiva.
Il medesimo accertamento, sempre ai fini IRES, veniva notificato alla RAGIONE_SOCIALE in qualità di consolidante e questa società proponeva a sua volta autonomo atto di impugnazione innanzi alla stessa Commissione.
La Commissione tributaria provinciale di Genova, riuniti i ricorsi, li accoglieva e annullava l’accertamento con la sentenza n. 89/4/13 del 04/04/2013.
Avverso la sentenza proponeva appello l’Amministrazione finanziaria. La società contribuente RAGIONE_SOCIALE in liquidazione (ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione) si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Si costituiva in giudizio, in qualità di consolidante e partecipante al giudizio di primo grado la RAGIONE_SOCIALE chiedendo il rigetto dell’impugnazione.
L’adita Commissione tributaria regionale della Liguria accoglieva l’appello e confermava l’atto di accertamento con la sentenza n. 1514/4/15 depositata il 22/12/2015.
Avverso tale decisione ha proposto ricorso per cassazione la RAGIONE_SOCIALE in liquidazione articolando cinque motivi di ricorso, supportati da memoria ; l’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso mentre la Curatela fallimentare RAGIONE_SOCIALE è rimasta intimata.
Con ordinanza interlocutoria n. 32880 del 16 dicembre 2024, resa all’esito della camera di consiglio del 15 novembre 2024, questa Corte, rilevando che ai primi due gradi di giudizio avevano partecipato entrambe le società destinatarie dell’accertamento – la
RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, ora RAGIONE_SOCIALE in liquidazione, e cioè la ricorrente in qualità di consolidata, e la RAGIONE_SOCIALE ora in fallimento, in qualità di consolidante -in applicazione del principio di diritto secondo il quale: «in tema di disciplina fiscale del consolidato nazionale, ai sensi dell’art. 40 bis d.P.R. n. 917 del 1986, quale aggiunto dall’art. 35, comma 1, del d.l. n. 78 del 2010, conv. con modif. nella l. n. 122 del 2010, nel giudizio di impugnazione dell’avviso di accertamento con cui è stato rettificato il reddito complessivo proprio di ciascuno dei partecipanti, sussiste il litisconsorzio necessario tra la società consolidata e la consolidante» (Cass. 22/01/2020, n. 1329), non rinvenendosi in atti la cartolina di ritorno della raccomandata attestanti l’avvenuta notifica del ricorso alla Curatela fallimentare della società consolidante, ordinava l’integrazione del contraddittorio e disponeva il rinvio del procedimento a nuovo ruolo.
La ricorrente ha provveduto al disposto incombente, il fallimento è rimasto intimato.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 per la quale la società ricorrente ha depositato memoria.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso così rubricato: «Eccezione di giudicato esterno ex art. 2909 cod. civ.» la società contribuente eccepisce l’esistenza di un giudicato formatosi in altro giudizio pendente, tra i medesimi soggetti, in merito alla medesima questione e cioè la sentenza della C.t.r. di Genova n. 1449/15 depositata il 15 dicembre 2015 che ha disciplinato la medesima identica questione oggetto del presente giudizio in merito al medesimo anno d’imposta.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso così rubricato: «Nullità della sentenza ai sensi degli artt. 1, comma 2 e 36 del d.lgs. 546/92 nonché dell’art. 118 delle disp. att. del c.p.c. in relazione all’art.
360, primo comma, n. 4 dello stesso c.p.c.» la società contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha motivato in maniera parvente omettendo di tratteggiare gli elementi essenziali della lite svoltasi in secondo grado e comunque obliterando la comprensione dell’iter logico giuridico sottostante la decisione presa.
1.3. Con il terzo motivo di ricorso così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 7 della L. 212/2000 nonché dell’art. 42 del d.P.R. n. 600/1973, tutti in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 del c.p.c.» la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha riconosciuto la sussistenza del vizio di motivazione afferente all’avviso di accertamento in questione.
1.4. Con il quarto motivo di ricorso così rubricato: «Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 2697 e dell’art. 2729 del c.c. e dell’art. 39 d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 del c.p.c.» la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha erroneamente ripartito l’onere della prova in merito ai rapporti tra la Pesce Pietro Mare (ora RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE e ciò in violazione anche di principi unionali in tema di prova contraria che grava sul contribuente per contrastare l’azione erariale che non può essere tale da rendere il suo assolvimento eccessivamente difficile o sproporzionato.
1.5. Con il quinto motivo di ricorso così rubricato: «Nullità della sentenza per omessa pronuncia (violazione dell’art. 112 del c.p.c.) in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 c.p.c.» la società contribuente lamenta l’error in procedendo nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha del tutto omesso di decidere sulla richiesta di disapplicazione delle sanzioni ex art. 6 del d.lgs. n. 472/1997 in considerazione della buona fede del contribuente.
1.6. Con il sesto motivo di ricorso così rubricato: «In subordine, riduzione delle sanzioni irrogate a seguito delle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 158 del 24.9.2015 che ha modificato l’art. 1 comma 2 del d.lgs n. 471 del 18.12.1997, il tutto in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.» la società contribuente lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. non ha apportato le modifiche migliorative derivante dallo ius superveniens di cui al d.lgs 158/2015.
Preliminarmente va rilevato che, in ossequio all’ordinanza interlocutoria n. 32880 del 16 dicembre 2024, la società ricorrente ha integrato correttamente il contraddittorio.
2. Il primo motivo è infondato.
Con riferimento alla fattispecie impositiva afferente l’anno di imposta 2009, con la memoria depositata dalla ricorrente è stato documentato l’asserito passaggio in giudicato della sentenza emessa dalla C.t.r. della Liguria n. 1449/1/15, depositata in data 15 dicembre 2015 e non impugnata, che ha disciplinato, in merito allo stesso anno d’imposta, ai fini IVA, la medesima ed identica questione trattata nel presente giudizio.
Tuttavia, tale produzione è tardiva, perché doveva essere depositata unitamente al ricorso, ai sensi degli artt. 369 e 372 cpc, atteso che già alla data (21 giugno 2016) di sottoscrizione dello stesso ricorso il giudicato si era già formata, secondo quanto deduce nella memoria la stessa parte.
In ogni caso, poi, deve rilevarsi che tra le stesse parti è intervenuta l ‘ordinanza di questa Corte n. 32882/2024 del 16 dicembre 2024, emessa sul ricorso n. 16186/2016, relativa all’IRAP del medesimo anno d’imposta 2009 ed alla medesima fattispecie, che ha formato un nuovo giudicato, favorevole per quanto qui rileva all’amministrazione, poiché ha accolto solo per le sanzioni il ricorso della contribuente sull’IRAP dello stesso 2009, così facendo passare
in giudicato per il resto la sentenza della C.t.r. ligure n. 1515/4/15 depositata il 22/12/2015.
Infatti, tra più giudicati successivi, prevale l’ultimo: ‘come infatti ripetutamente affermato da questa Corte, ove sulla medesima questione si siano formati due giudicati contrastanti, al fine di stabilire quale dei due debba prevalere occorre fare riferimento al criterio temporale, nel senso che il secondo giudicato prevale in ogni caso sul primo, purché la seconda sentenza contraria ad altra precedente non sia stata sottoposta a revocazione, impugnazione peraltro ammessa esclusivamente ove la decisione oggetto della stessa non abbia pronunciato sulla relativa eccezione di giudicato (Cass. 31/05/2018, n. 13804; Cass. Sez. L. 08/05/2009, n. 10623). Nel caso in esame, non risulta dimostrato che il secondo giudicato sia stato sottoposto con successo a revocazione.’ (Cass. S.U. 04/10/2022, n. 28802, in motivazione; nello stesso senso Cass. 04/10/2022, n. 28831; Cass. 2082/1998, Cass. 10623/2009, Cass. 13804/2018).
Con riferimento ad ambedue i giudicati esterni (il primo in materia di IVA, il secondo in tema di IRAP, laddove nel caso sub iudice si tratta dell’IRES), pur nella consapevolezza che sussiste un orientamento di legittimità che nega l’effetto espansivo del giudicato esterno tra tributi diversi (Cass. 06/06/2018, n. 14596; Cass. 09/01/2014, n. 235; Cass. 30/11/2009, n. 25200), ritiene il Collegio che non vi sia ragione di non condividere quella giurisprudenza che riconosce comunque l’effetto espansivo, avuto riguardo alla qualificazione giuridica o al contenuto fattuale dell’accertamento, nei limiti in cui rilevi anche per l’imposta cui si dovrebbe estendere il giudicato (Cass. 21/07/2023, n. 21853; Cass. 05/10/2022, n. 28793), come accade nel caso di specie.
Il secondo motivo è infondato.
3.1 Secondo costante giurisprudenza di questa Corte, dalle norme di cui agli artt. 132, comma secondo, n. 4 cod. proc. civ. e 118
disp. att. stesso codice, è desumibile il principio secondo il quale la mancata esposizione dello svolgimento del processo e dei fatti rilevanti della causa, ovvero la mancanza o l’estrema concisione della motivazione in diritto, determinano la nullità della sentenza allorquando rendano impossibile l’individuazione del thema decidendum e delle ragioni poste a fondamento del dispositivo (Cass. 03/01/2022, n. 6758). Questo principio, in forza del generale rinvio materiale alle norme del codice di rito compatibili (comprese le sue disposizioni di attuazione) contenuto nell’art. 1, comma secondo, del d.lgs. 546/1992, è applicabile anche al rito tributario (Cass. n. 13990 del 2003; Cass. n. 9745 del 2017). Va osservato, inoltre, che a seguito della riformulazione dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., disposta dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, non essendo più ammissibili nel ricorso per cassazione le censure di contraddittorietà e insufficienza della motivazione della sentenza di merito impugnata, il sindacato di legittimità sulla motivazione resta circoscritto alla sola verifica della violazione del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., individuabile nelle ipotesi – che si convertono in violazione dell’art. 132, comma 2, n. 4, c.p.c. e danno luogo a nullità della sentenza -di ‘mancanza della motivazione quale requisito essenziale del provvedimento giurisdizionale”, di “motivazione apparente”, di “manifesta ed irriducibile contraddittorietà” e di “motivazione perplessa od incomprensibile”, purché il vizio emerga dal testo della sentenza impugnata (Cass. n. 23940 del 2018; Cass. sez. un. 8053 del 2014), a prescindere dal confronto con le risultanze processuali (v., ultimamente, anche Cass. n. 7090 del 2022).
3.2. La sentenza in esame, presenta le indicazioni richieste perché, con una motivazione sintetica ma esaustiva, la C.t.r. riferisce dei fatti di causa e, quanto alla motivazione, non si limita a far proprie le ragioni poste dal giudice a fondamento della sua decisione, ma le
ripercorre e le valuta in modo autonomo, contenendo lo svolgimento del processo e i fatti essenziali di causa, ma ha comunque una ratio decidendi chiaramente intellegibile, sicché la sua motivazione si colloca ben sopra la soglia del minimo costituzionale ex art. 111 cost. comma 6.
Si consideri, in proposito, che la motivazione della sentenza, con rinvio per relationem a provvedimenti giudiziari resi in altro processo, è ammissibile e rispetta il minimo costituzionale richiesto dall’art. 111, comma 6, Cost., purché la condivisione della decisione avvenga attraverso un autonomo esame critico dei motivi d’impugnazione, con richiamo ai contenuti degli atti cui si rinvia, non potendosi risolvere in una acritica adesione al provvedimento richiamato» (Cass. 06/07/2022, n. 21443).
4. Il terzo motivo è infondato.
4.1. Per consolidato principio di questa Corte, dal quale non v’è ragione di discostarsi, invero, “in tema di contenzioso tributario, l’avviso di accertamento – che ha carattere di “provocatio ad opponendum” e soddisfa l’obbligo di motivazione, ai sensi dell’art. 56 del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, ogni qualvolta l’Amministrazione abbia posto il contribuente in grado di conoscere la pretesa tributaria nei suoi elementi essenziali e, quindi, di contestarne efficacemente l”an” ed il “quantum debeatur” – deve ritenersi correttamente motivato ove faccia riferimento ad un processo verbale di constatazione della Guardia di Finanza regolarmente notificato o consegnato all’intimato, con la conseguenza che l’Amministrazione non è tenuta ad includere, nell’avviso di accertamento, notizia delle prove poste a fondamento del verificarsi di taluni fatti, né di riportarne, sia pur sinteticamente, il contenuto” (Cass. 7360/2011); in particolare, al riguardo, è stato condivisibilmente sostenuto che la motivazione dell’avviso di accertamento “per relationem”, con rinvio alle conclusioni contenute nel verbale redatto dalla Guardia di Finanza
nell’esercizio dei poteri di polizia tributaria, “non è illegittima, per mancanza di autonoma valutazione da parte dell’Ufficio degli elementi da quella acquisiti, significando semplicemente che l’Ufficio stesso, condividendone le conclusioni, ha inteso realizzare una economia di scrittura che, avuto riguardo alla circostanza che si tratta di elementi già noti al contribuente, non arreca alcun pregiudizio al corretto svolgimento del contraddittorio” (Cass. 7360/2011; v. anche Cass. 8183/2011); in tal caso, pertanto “il giudice di merito deve accertare, motivando adeguatamente sul punto, se detto verbale sia stato posto nella sfera di conoscenza del contribuente, tenendo presente che tale presupposto deve considerarsi “in re ipsa” quando il riferimento attiene a verbali di ispezione o verifica redatti alla presenza del contribuente, o a lui comunicati o notificati nei modi di legge” (Cass. 2462/07).
4.2. La sentenza impugnata, nel disattendere la doglianza circa il difetto di motivazione dell’accertamento, non è incorsa in errori in questa sede censurabili. L’accertamento riportava i fatti all’origine della vicenda e le ragioni che, per l’Amministrazione finanziaria, giustificavano la pretesa impositiva.
Il quarto motivo è infondato.
La motivazione, sebbene sintetica, riporta le circostanze ritenute dall’Ufficio idonee a fondare la prova del maggior reddito e le considera plausibili, concatenandole logicamente e congruamente per costituire un quadro indiziario caratterizzato da gravità, precisione e concordanza. La motivazione della sentenza richiama in proposito: il sistema generale creato dalla società per sottrarre imponibile come applicato in decine di altre ipotesi, l’esistenza di una copia di un contratto tra la RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE in cui è riportato l’importo maggiore poi sottoposto a tassazione perchè superiore a quello fatturato, l’esistenza di stretti rapporti tra le parti (partecipazione societaria della RAGIONE_SOCIALE per il 20% alla RAGIONE_SOCIALE), l’intervenuto spontaneo adeguamento da
parte della società in un primo momento anche per questo contratto con emissione della fattura per l’importo maggiore, l’assenza di elementi decisivi per acclarare la pretesa falsità del contratto siglato per un importo maggiore atteso che la ricostruzione operata dall’ex dipendente della società si era rivelata affidabile per tutti gli altri contratti tanto da provocare l’adesione della società. Non si ravvisa, allora, manifesta illogicità del percorso logico seguito, nè violazione delle regole di diritto sulle presunzioni nella motivazione della C.t.r. ligure.
5.1. Va, altresì, ricordato che non è consentito alla Corte ripetere il ragionamento probatorio condotto dal giudice di appello per offrire una diversa valutazione nel merito degli elementi probatori ma solo valutare se il ragionamento probatorio sia viziato da parzialità, manifesta inadeguatezza, incongruità logica (Cass. 19/04/2024, n. 10615).
Il quinto motivo è fondato.
La ricorrente ha riproposto, nel giudizio di appello, le sue doglianze circa l’applicazione delle sanzioni assumendo di avere diritto ai benefici concessi dalla norma invocata al contribuente da ritenersi in buona fede. La sentenza ha del tutto obliterato la pronuncia in ordine al trattamento sanzionatorio trascurando la specifica doglianza.
Dall’accoglimento del quinto motivo di ricorso discende l’assorbimento del sesto motivo, peraltro proposto in via subordinata,
In conclusione, va accolto il quinto motivo di ricorso e, rigettati i restanti ed assorbito il sesto, la sentenza impugnata va cassata ed il giudizio va rinviato innanzi al giudice a quo, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo di ricorso e, rigettati i restanti ed assorbito il sesto, cassa la sentenza impugnata con rinvio del giudizio innanzi alla Corte di Giustizia tributaria di secondo grado della Liguria, affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame nonché provveda alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 6 giugno 2025