Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14455 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14455 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 28529/2021 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, domiciliata ex lege in ROMA, INDIRIZZO presso la CANCELLERIA della CORTE di CASSAZIONE, rappresentata e difesa dall’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE)
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliata in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che la rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. del Veneto n. 498/2021 depositata il 01/04/2021 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 25/03/2025
dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della C.T.R. del Veneto, che in riforma della sentenza della C.T.P. di Padova, ha dichiarato la legittimità della cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA relativa al pagamento dell’IMU per gli anni 2012-2015, nonché al pagamento di contributi INAIL per gli anni 2016-2018.
La C.T.R., dato atto che il primo giudice aveva dichiarato il difetto di giurisdizione in relazione ai crediti INAIL, accogliendo il ricorso limitatamente all’importo degli interessi sui crediti tributari, e che la società contribuente aveva eccepito solo all’udienza di trattazione la mancata notificazione dei prodromici avvisi di pagamento, ha ritenuto inammissibile, in quanto tardiva, la relativa eccezione, così circoscrivendo la materia del contendere ai soli difetti formali dell’atto. Indi, ha ritenuto che -in assenza di previsione di legge che imponga l’allegazione alla cartella degli atti prodromici – la cartella deve ritenersi sufficientemente motivata ove riporti gli estremi dei prodromici atti impositivi da ritenersi conosciuti dal destinatario, salvo prova contraria incombente sul contribuente.
L’agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Con requisitoria scritta il Procuratore generale chiede dichiararsi l’inammissibilità del ricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La soc. RAGIONE_SOCIALE formula due motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata, per violazione dell’art. 112 cod. proc. civ.. Osserva che l’eccezione formulata dalla ricorrente, in sede di udienza di trattazione, in ordine al difetto di notificazione degli atti prodromici alla cartella di pagamento, diversamente da quanto ritenuto dalla C.T.R. non è eccezione in senso stretto, rientrando fra le eccezioni rilevabili d’ufficio, sicché essa non può considerarsi tardivamente proposta.
Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 4 cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per mancata integrazione del contraddittorio con l’ente impositore, Comune di Venezia, in violazione dell’art. 39 d. lgs. 546 del 1992. Osserva che la disposizione impone, laddove il contribuente eccepisca una nullità derivata non connessa a vizi propri dell’atto esattoriale, l’obbligo per il concessionario di integrare il contraddittorio con l’ente impositore.
Il secondo motivo, da esaminare per primo in ordine logico, non è fondato.
L’art. 39 d. lgs. 112/1999 -rubricato ‘Chiamata in causa dell’ente creditore’ -prevede che ‘Il concessionario, nelle liti promosse contro di lui che non riguardano esclusivamente la regolarità o la validità degli atti esecutivi, deve chiamare in causa l’ente creditore interessato; in mancanza, risponde delle conseguenze della lite’.
La disposizione contiene un precetto che riguarda l’onere della chiamata imposto al concessionario, per le ipotesi in cui i motivi di impugnazione riguardino in via mediata, il merito
della pretesa tributaria -e non solo od anche gli atti esecutivi- da cui discendono alcuni corollari.
Ed in particolare: il legittimato passivo, quando sia posto in discussione il fondamento del credito erariale, è l’ente impositore, (cfr. Sez. U. 25 luglio 2007 n. 16412, in motivazione); la citazione del concessionario in luogo dell’ente titolare della pretesa tributaria non comporta la declaratoria di inammissibilità della domanda (da ultimo ex multis : Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3955 del 18/02/2020; Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 97 del 08/01/2015) essendo, al contrario, previsto che il primo resti soggetto alle conseguenze della lite, qualora ometta di provvedere alla chiamata in causa dell’ente impositore; fra ente impositore e concessionario non ricorre un’ipotesi di litisconsorzio necessario, posto che il contribuente è indifferente ai rapporti di responsabilità intercorrenti fra l’uno e l’altro (ancora: Sez. U. 25 luglio 2007 n. 16412, in motivazione; Sez. 5, Sentenza n. 2803 del 09/02/2010), tanto è vero che la disposizione, prevedendo la soggezione del secondo alla conseguenze della lite, in assenza della chiamata del primo, ne ammette l’omissione, benché si tratti del legittimato passivo; l’assenza del litisconsorzio necessario implica l’insussistenza del dovere del giudice di disporre d’ufficio la chiamata dell’ente impositore (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 3955 del 18/02/2020, nello stesso senso Sez. U. 25 luglio 2007 n. 16412); l’agente della riscossione non necessita di alcuna autorizzazione del giudice per chiamare in causa l’ente impositore, in quanto la chiamata di cui all’art. 39 d. lgs. 112/1999 assume la natura di litis denuntatio , posto che essa ‘è preordinata a rendere edotto l’ente creditore della pendenza della lite e dei motivi di ricorso, così da consentirgli, ove lo ritenga opportuno, di intervenire volontariamente nel giudizio in corso, per spiegare le proprie
difese in relazione ai vizi dell’atto al medesimo imputabili’ (Sez. 6 – 5, Ordinanza n. 16685 del 21/06/2019).
In definitiva ‘L’azione può essere svolta dal contribuente indifferentemente nei confronti dell’ente creditore o del concessionario e senza che tra costoro si realizzi una ipotesi di litisconsorzio necessario, essendo rimessa alla sola volontà del concessionario, evocato in giudizio, la facoltà di chiamare in causa l’ente creditore’ (cfr. Sez. U., Sentenza n. 16412 del 25/07/2007, in motivazione).
Il primo motivo è infondato.
Per dare soluzione al quesito posto con la doglianza, secondo la quale il rilievo della mancata notifica degli atti prodromici all’atto conseguenziale impugnato, in quanto integrante il discostamento di quest’ultimo dallo schema legale, riveste natura di eccezione in senso lato, ciò consentendo al giudice di pronunciarsi d’ufficio, anche in assenza della diretta impugnazione dell’atto prodromico, pare opportuno muovere dagli approdi giurisprudenziali.
Prima di procedere, nondimeno, va ricordato che il regime ordinario delle eccezioni è quello della rilevabilità d’ufficio (c.d. eccezioni in senso lato), essendo rimesse esclusivamente alla parte (c.d. eccezioni in senso stretto o proprie) solo quelle , per le quali la legge espressamente riservi il potere di rilevazione alla parte o in quelle in cui il fatto integratore dell’eccezione corrisponde all’esercizio di un diritto potestativo azionabile in giudizio da parte del titolare ( ex multis : Cass. n. 4052 del 26/03/2012; che riprende Sez. U, n. 1099 del 3/02/1998) Queste ultime, quindi, per svolgere l’efficacia modificativa, impeditiva od estintiva di un rapporto giuridico, suppongono la manifestazione di volontà della parte interessata.
Alla materia della rilevabilità delle eccezioni ha dato definitiva sistemazione la pronuncia delle Sezioni unite di questa
Corte n. 10531 del 7/05/2013, che componendo il contrasto scaturito a seguito della decisione del Supremo Collegio n. 1099 del 3/02/1998, in ordine alla tempestiva allegazione e prova del fatto estintivo, modificativo o impeditivo sotteso all’eccezione rilevabile d’ufficio, hanno affermato come ‘Il rilievo d’ufficio delle eccezioni in senso lato non è subordinato alla specifica e tempestiva allegazione della parte ed è ammissibile anche in appello, dovendosi ritenere sufficiente che i fatti risultino documentati ex actis , in quanto il regime delle eccezioni si pone in funzione del valore primario del processo, costituito dalla giustizia della decisione, che resterebbe svisato ove anche le questioni rilevabili d’ufficio fossero subordinate ai limiti preclusivi di allegazione e prova previsti per le eccezioni in senso stretto. (Cass. Sez. U., 07/05/2013, n. 10531). In altri termini, la rilevabilità d’ufficio dell’eccezione in senso lato può solo fondarsi su risultanze, che pur non prodotte dalla parte interessata, risultino, nondimeno, disponibili negli atti di causa.
Va, altresì, ricordato, per altro verso, che le Sezioni unite (Cass. Sez. U., n. 10012 del 15/04/2021) hanno da ultimo ribadito l’orientamento secondo cui ‘In materia di riscossione delle imposte, atteso che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, con le relative notificazioni, allo scopo di rendere possibile un efficace esercizio del diritto di difesa del destinatario, l’omissione della notifica di un atto presupposto costituisce un vizio procedurale che comporta la nullità dell’atto consequenziale notificato. Poiché tale nullità può essere fatta valere dal contribuente mediante la scelta, consentita dall’art. 19, comma 3, del d.lgs. n. 546 del 1992, di impugnare solo l’atto consequenziale notificatogli (avviso di mora, cartella di pagamento, avviso di liquidazione), facendo valere il vizio
derivante dall’omessa notifica dell’atto presupposto, o di impugnare cumulativamente anche quello presupposto (nell’ordine, cartella di pagamento, avviso di accertamento o avviso di liquidazione) non notificato, facendo valere i vizi che inficiano quest’ultimo, per contestare radicalmente la pretesa tributaria spetterà al giudice di merito, interpretando la domanda, verificare la scelta compiuta dal contribuente, con la conseguenza che, nel primo caso, dovrà verificare solo la sussistenza o meno del difetto di notifica al fine di pronunciarsi sulla nullità dell’atto consequenziale (con eventuale estinzione della pretesa tributaria a seconda se i termini di decadenza siano o meno decorsi), nel secondo la pronuncia dovrà riguardare l’esistenza, o no, di tale pretesa’ (Cass. Sez. 5, 18/01/2018, n. 1144; in precedenza Cass. Sez. U., 04/03/2008, n. 5791).
10. Parte ricorrente, richiama a sostegno della tesi secondo la quale il rilievo della mancata notifica dell’atto prodromico a quello conseguenziale impugnato costituirebbe eccezione in senso lato, la pronuncia di questa Sezione n. 12337 del 15/01/2019, secondo cui ‘La difformità d’un atto giuridico rispetto al suo schema legale è sempre rilevabile d’ufficio, sotto qualsiasi profilo, a meno che non sia la legge a riservare espressamente una determinata eccezione all’iniziativa di parte’. E ciò, perché ‘La circostanza che un atto, per produrre i suoi effetti, sia preceduto dal compimento d’un altro atto prodromico, e che quest’ultimo non sia stato compiuto, è una eccezione sussumibile nel genus dei fatti impeditivi degli effetti giuridici dell’atto. In quanto tale, la suddetta eccezione per quanto detto è rilevabile d’ufficio, non essendovi alcuna norma che la riservi all’iniziativa della parte’ (Cass. Sez. 5 del 15/01/2019 n. 12237).
La decisione, resa in tema di nullità dell’iscrizione ipotecaria, si occupava dell’omesso avviso di iscrizione, contenente
l’intimazione ad adempiere ex art 77, comma 2 bis d.P.R. 602 del 1973, in un caso in cui l’eccezione era stata comunque proposta dal contribuente in sede di ricorso, non può dirsi pertinente al caso in esame.
Seppure, infatti, non possa dubitarsi del fatto che la verifica dello schema legale dell’atto impugnato competa al giudice, essendo rilevabile il suo discostamento, indipendentemente dall’espressione di volontà della parte, non può dubitarsi che la natura del procedimento tributario costituisca un limite al rilievo d’ufficio dei vizi propri dell’atto non impugnato.
Siffatto limite è stabilito positivamente dall’art. 19, ultimo comma del d. lgs. 546 del 1992, a mente del quale ‘Gli atti diversi da quelli indicati -dal comma 1- non sono impugnabili autonomamente. Ognuno degli atti autonomamente impugnabili può essere impugnato solo per vizi propri. La mancata notificazione di atti autonomamente impugnabili, adottati precedentemente all’atto notificato, ne consente l’impugnazione unitamente a quest’ultimo’.
La disposizione rimette, infatti, l’impugnazione dell’atto prodromico non notificato alla esclusiva iniziativa della parte, essa costituendo il contenuto della domanda rivolta al giudice, oltre la quale non gli è consentito pronunciarsi, ai sensi dell’art. 112 cod. proc. civ., se non incorrendo nel vizio di ultrapetizione.
La delimitazione del thema decidendum con il ricorso introduttivo del giudizio che è corollario dell’art. 19, ultimo comma d. lgs. 546 del 1992, si ricava anche dall’art. 24 d. lgs. cit., tanto è vero che ‘Nel processo tributario, caratterizzato dall’introduzione della domanda nella forma dell’impugnazione dell’atto fiscale, l’indagine sul rapporto sostanziale è limitata ai motivi di contestazione dei presupposti di fatto e di diritto della pretesa dell’Amministrazione che il contribuente deve
specificamente dedurre nel ricorso introduttivo di primo grado, con la conseguenza che il giudice deve attenersi all’esame dei vizi di invalidità dedotti in ricorso, il cui ambito può essere modificato solo con la presentazione di motivi aggiunti, ammissibile, ex art. 24 del d.lgs. n. 546 del 1992, esclusivamente in caso di “deposito di documenti non conosciuti ad opera delle altre parti o per ordine della commissione”. (Cass. Sez. 5, 05/09/2024, n. 23856; Cass. Sez. 5, 15/10/2013, n. 23326).
D’altro canto, i motivi aggiunti mai possono investire atti non impugnati con il ricorso introduttivo, posto che ciò esorbiterebbe dalla causa petendi della domanda originariamente proposta, introducendo una domanda nuova non consentita.
Se questo è il quadro normativo, allora deve escludersi che il rilievo della mancata notificazione dell’atto prodromico all’atto conseguenziale impugnato costituisca un’eccezione, posto che esso è, invece, configurabile esclusivamente come domanda, la cui proposizione con il ricorso introduttivo è rimessa alla parte, che potrà azionarla, come hanno precisato le Sezioni unite sopra citate (Cass. Sez. U., n. 10012 del 15/04/2021) sia impugnando il solo atto conseguenziale e facendo valere il vizio dell’omessa notifica dell’atto presupposto, che impugnando sia l’atto conseguenziale, che gli atti presupposti in quanto non notificati, ai sensi dell’art. 19, comma 3 d. lgs. 546 del 1992.
Al rigetto del ricorso consegue la condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 23.480,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge.
Si dà atto, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, della sussistenza dei presupposti processuali
per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna parte ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidarsi in euro 23.480,00, oltre ad euro 200,00 per esborsi, oltre euro 200,00 per esborsi, rimborso forfettario nella misura del 15%, I.V.A. e C.P.A come per legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 25 marzo 2025