Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9004 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9004 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 05/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso proposto da:
Agenzia delle Entrate , in persona del Direttore, legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, ex lege , dall’Avvocatura Generale dello Stato, e domiciliata presso i suoi uffici, alla INDIRIZZO in Roma;
-ricorrente – contro
COGNOME NOME COGNOME rappresentato e difeso, giusta procura speciale stesa a margine del controricorso, dall’Avv.to NOME COGNOME del Foro di Vicenza, che ha indicato recapito PEC, avendo il contribuente dichiarato di eleggere domicilio presso lo studio del difensore, alla INDIRIZZO in Montecchio Maggiore (BO);
-controricorrente –
avverso
la sentenza n. 688, pronunciata dalla Commissione Tributaria Regionale del Veneto il 18.3.2016 e pubblicata il 24.5.2016; ascoltata la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME la Corte osserva:
Fatti di causa
Oggetto: Irpef 2007 -Dichiarazione dei redditi Omessa presentazione -Indagini bancarie – Termini di accertamento.
L’Agenzia delle Entrate notificava a COGNOME NOME l’avviso di accertamento n. T6501TJ00368/2013, mediante il quale recuperava a tassazione, ai fini Irpef ed accessori, i redditi relativi all’anno 2007, con riferimento al quale il contribuente non aveva presentato la dichiarazione dei redditi. L’atto impositivo risultava fondato anche su indagini bancarie.
NOME COGNOME proponeva ricorso avverso l’avviso di accertamento, innanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Vicenza contestando, tra l’altro, la decadenza dell’Amministrazione finanziaria dal potere di esercitare la pretesa impositiva, nonché di non essere tenuto a presentare la dichiarazione dei redditi, avendo conseguito proventi quale lavoratore dipendente che risultavano fedelmente documentati nel CUD. La CTP accoglieva parzialmente l’impugnativa, pronunciando nel merito.
Entrambe le parti spiegavano appello avverso la decisione di primo grado innanzi alla Commissione Tributaria Regionale del Veneto. La CTR riuniva i procedimenti e riteneva che l’Amministrazione finanziaria fosse effettivamente decaduta dalla possibilità di esercitare la pretesa tributaria quando aveva notificato l’atto impositivo, accoglieva pertanto le difese del contribuente ed annullava l’atto impositivo.
Avverso la decisione sfavorevole assunta dal giudice dell’appello ha proposto ricorso per cassazione l’Agenzia delle Entrate, affidandosi a due strumenti di impugnazione. Il contribuente resiste mediante controricorso.
Motivi della decisione
Con il suo primo motivo di ricorso, proposto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., l’Amministrazione finanziaria contesta la violazione dell’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, perché la norma riconosce all’Ente impositore il termine quinquennale per la notifica dell’accertamento tributario in ogni
caso di omissione della presentazione della dichiarazione dei redditi, anche se il contribuente non era tenuto a provvedervi.
Mediante il suo secondo strumento di impugnazione, introdotto ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., la ricorrente censura l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti in cui è incorsa la CTR, per non avere dedicato alcuna analisi alle movimentazioni bancarie riscontrate sui conti correnti del contribuente, che comportavano l’obbligo per NOME di presentare la dichiarazione dei redditi.
Con i suoi motivi di ricorso, in sintesi, l’Agenzia delle Entrate critica innanzitutto la violazione di legge in cui ritiene essere incorso il giudice del gravame, il quale ha ritenuto l’Amministrazione finanziaria decaduta dal potere di esercitare la pretesa tributaria a causa della scadenza del termine quadriennale utile per notificare l’avviso di accertamento. Diversamente, nella prospettazione dell’Agenzia delle Entrate, poiché il contribuente aveva omesso la presentazione della dichiarazione dei redditi, il termine utile normativamente previsto per la notificazione dell’avviso di accertamento era quinquennale. Essendo la notificazione intervenuta il 13.2.2013 (sent. CTR, p. IV), il termine era stato perciò rispettato. L’Amministrazione finanziaria censura inoltre l’omesso esame da parte del giudice del gravame del fatto decisivo costituito dalle indagini bancarie svolte nei confronti del contribuente, che hanno permesso di accertare versamenti ritenuti non giustificati per il rilevante importo di Euro 62.000,00, che comportavano l’insorgenza dell’obbligo di dichiarazione dei redditi da parte del controricorrente, che invece l’aveva omessa, con la conseguenza che il termine per la notificazione dell’avviso di accertamento rimane confermato che fosse quinquennale, ed è stato rispettato. I motivi di ricorso presentano elementi di
connessione e possono essere trattati congiuntamente, per ragioni di sintesi e chiarezza espositiva.
3.1. La CTR rileva che il contribuente non era pieno proprietario di un appartamento e di due garage, che pure avevano formato oggetto dell’avviso di accertamento, essendo egli solo il nudo proprietario dei beni. In conseguenza, secondo il giudice dell’appello il contribuente, titolare di reddito da lavoro dipendente, non era tenuto alla presentazione della dichiarazione dei redditi. Ha rilevato quindi il giudice del gravame che ‘l’analisi del merito delle operazioni contabili è ovviamente assorbita dalla pregiudiziale’ (sent. CTR, p. VI), espressioni non agevolmente comprensibili.
3.2. La decisione assunta dalla CTR non appare conforme a diritto. Il giudice dell’appello, infatti, anche a seguire il suo ragionamento, avrebbe dovuto esaminare gli esiti degli accertamenti bancari eseguiti nei confronti del contribuente, e valutare in che misura i versamenti riscontrati potessero eventualmente ritenersi non giustificati, discendendone l’obbligo di presentazione della dichiarazione dei redditi ed il conseguente prolungamento a cinque anni del termine utile per la notificazione dell’avviso di accertamento.
3.3. Non solo. La norma di cui al secondo comma dell’art. 43 del Dpr n. 600 del 1973, nella versione applicabile, prevede che ‘ Nei casi di omessa presentazione della dichiarazione o di presentazione di dichiarazione nulla ai sensi delle disposizioni del Titolo I, l’avviso di accertamento può essere notificato fino al 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la dichiarazione avrebbe dovuto essere presentata ‘.
La disposizione è evidentemente volta a facilitare l’azione accertativa in ogni caso in cui la dichiarazione dei redditi sia stata omessa, e l’attività di verifica risulta pertanto più difficoltosa. La norma consente pertanto di ritenere applicabile il termine quinquennale di accertamento in tutti i casi in cui la presentazione
della dichiarazione dei redditi sia stata omessa, anche se la sua presentazione non era dovuta.
Questa Corte regolatrice, del resto, ha già avuto occasione di specificare che ‘come pure chiarito dalla circolare dell’Agenzia delle entrate, n. 10/E del 14 maggio 2014 … qualora il contribuente, titolare di un CUD, abbia omesso di presentare la dichiarazione dei redditi, pur essendo obbligato a tale adempimento per aver prodotto oltre che un reddito di lavoro dipendente anche altri redditi, la decadenza dal potere di accertamento, ai sensi dell’art. 43 del d.P.R. n. 600 del 1973, non potrà che aversi, essendo stata omessa la dichiarazione dovuta, il 31 dicembre del quinto anno successivo a quello in cui la stessa avrebbe dovuto essere presentata (Cass. 29/11/2021, n. 37149)’, Cass. sez. V, 16.11.2022, n. 33834.
4. Il ricorso introdotto dall’Agenzia delle Entrate risulta pertanto fondato e deve essere accolto, cassandosi la decisione impugnata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto perché proceda a nuovo giudizio.
La Corte di Cassazione,
P.Q.M.
accoglie il ricorso proposto dall’ Agenzia delle Entrate , cassa la decisione impugnata e rinvia innanzi alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Veneto perché, in diversa composizione e nel rispetto dei principi esposti, proceda a nuovo giudizio, e provveda anche a regolare tra le parti le spese di lite del giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma il 20 febbraio 2025.