Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9655 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 9655 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: CANDIA COGNOME
Data pubblicazione: 10/04/2024
legato non alla effettiva produzione di RAGIONE_SOCIALE da parte del soggetto obbligato all’effettiva fruizione del servizio di RAGIONE_SOCIALE, ma esclusivamente alla utilizzazione di superfici potenzialmente idonee a produrre RAGIONE_SOCIALE » (così nella sentenza impugnata priva di numerazione).
La società proponeva ricorso per cassazione avverso detta pronuncia con ricorso notificato il 5/9 novembre 2016, formulando sei motivi di impugnazione e successivamente depositando memoria ex art. 378 cod. proc. civ.
Il Comune di Anagni ha resistito con controricorso notificato in data 14/15 dicembre 2016.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la ricorrente ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 4., cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. « sulla questione dell’omissione di previa notifica di motivato avviso di accertamento» ed in subordine, sempre in ordine alla suddetta questione, la violazione degli artt. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, comma 2, num. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 ed ancora, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 5., cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (v. pagine nn. 8 e 9 del ricorso).
L’istante ha rappresentato che la questione della nullità della cartella di pagamento in quanto non preceduta dall’avviso di accertamento era stata la ragione per la quale la Commissione tributaria provinciale aveva accolto l’originario ricorso della contribuente e che detta questione era stata riproposta dalla società in grado di appello.
Sul punto, la ricorrente ha, quindi, lamentato l’omessa pronuncia su detta preliminare questione ed in alternativa, ove ritenuta la sussistenza di una pronuncia implicita, l’assenza totale motivazione sul punto ed ancora l’omesso esame del predetto fatto storico decisivo e cioè l’assenza della notifica dell’avviso di accertamento.
In termini condizionati al rigetto del primo motivo, la società, con il secondo motivo di censura, ha eccepito, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione degli artt. 70, 71 e 72 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, sostenendo la necessità della previa notifica dell’avviso di accertamento, tenuto conto che la società non aveva presentato alcuna denuncia ai fini Tarsu,
segnalando sul punto che la circostanza della mancata presentazione della denuncia originaria era stata accertata dalla sentenza di primo grado e non aveva costituito oggetto di appello da parte del Comune, con ciò formandosi su detta circostanza il giudicato interno.
Con la terza doglianza la COGNOME ha denunciato, con riferimento all’art. 360, primo comma, num. 3, cod. proc. civ., la violazione o falsa applicazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, 507 e di norme e principi in tema di superficie tassabile ai fini Tarsu, « in sé e con particolare riferimento alla disciplina in materia di gestione da parte delle imprese di imballaggi usati (artt. 216, 218, 219, 220, 221 e 226 d.lgs. 3 aprile 2006 n. 152 e s.m.i.» (v. pagina n. 17 del ricorso), rimproverando al Giudice regionale di aver ritenuto irrilevante la circostanza che la società fosse obbligata a smaltire, a sue cure e spese, i RAGIONE_SOCIALE speciali prodotti (imballaggi di ferro ed acciaio), ponendo in rilievo che il citato art. 62 esclude che nel calcolo della superficie tassabile si possa tener conto di quella parte ove, per specifiche caratteristiche strutturali o per destinazione, si formano RAGIONE_SOCIALE speciali e che la delibera del Consiglio comunale di Anagni n. 45/1998 considerava assimilati soltanto la quantità dei RAGIONE_SOCIALE prodotti annualmente, riferita alla superficie utilizzata dall’attività economica, che non superava i 10 Kg./mq oppure lo 0,1 mc/mq.
Con la quarta ragione di impugnazione, l’istante ha contestato, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4., cod. proc. civ., la nullità della sentenza per omessa pronuncia in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. « sulla questione della violazione della deliberazione del Consiglio Comunale di Anagni del 10 giugno 1998, n. 45 (avente ad oggetto la ‘Tassa RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE solidi urbani; assimilazione per quantità e qualità ai RAGIONE_SOCIALE urbani dei RAGIONE_SOCIALE delle attività economiche’ punto 2 del dispositivo’)» ed in subordine, sempre in ordine alla suddetta questione, la violazione degli artt. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, comma 2, n. 4, d.lgs. 31 dicembre
1992, n. 546 ed ancora, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 5., cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (v. pagina n. 26 del ricorso), rappresentata dal superamento dei parametri stabiliti da detta deliberazione in ordine alla quantità di RAGIONE_SOCIALE assimilati.
Con la quinta doglianza la contribuente ha dedotto, ai sensi dell’art. 360, primo comma, num. 4., cod. proc. civ., in subordine ed in ordine alla questione dell’assoggettamento alla Tarsu dell’individuazione delle superfici tassabili, la violazione degli artt. 132, secondo comma, num. 4, cod. proc. civ. e 118 disp. att. cod. proc. civ., nonché dell’art. 36, secondo comma, n. 4, d.lgs. 31 dicembre 1992 n. 546 ed ancora, a mente dell’art. 360, primo comma, num. 5., cod. proc. civ., l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti (v. pagine n. 28 e 29 del ricorso), assumendo, in prima battuta, l’impossibilità di ricostruire l’ iter logico giuridico sotteso alla decisione della Commissione, una volta che il Giudice di primo grado aveva ritenuto non assoggettabili a Tarsu le superfici dello stabilimento industriale in quanto produttive di RAGIONE_SOCIALE speciali.
La ricorrente ha, altresì, lamentato che la sentenza impugnata avesse omesso di esaminare le prove versate in atti ed in particolare la documentazione comprovante la quantità e la qualità dei RAGIONE_SOCIALE speciali prodotti, come risultanti dai MUD, rimproverando, in definitiva, al Giudice di aver reso una motivazione soltanto apparente ed omettendo di esaminare il fatto storico costituito dalla circostanza che l’intera attività produttiva aziendale produceva RAGIONE_SOCIALE speciali per quantità e quantità, non suscettibili di essere conferiti al pubblico servizio di raccolta.
L’istante ha, inoltre, evidenziato un ulteriore profilo di motivazione apparente, ponendo in evidenza che le superfici indicate nella cartella di pagamento impugnata non sono, in realtà, uguali a quelle del precedente avviso di accertamento Tarsu, emesso per gli
anni 1999 2000 ed oggetto di pronuncia passata in giudicato e non lo sono nemmeno in relazione ai due anni in oggetto, essendo stata indicata per l’anno 2008 una superficie tassabile di 1815 mq e, per l’anno 2010, una superficie tassabile di 25+3426 mq.
Con l’ultima ragione di contestazione la contribuente ha lamentato, ai sensi dell’art. 360, primo comma num. 3, cod. proc. civ., la violazione dell’articolo 2909 cod. civ. e dei principi del giudicato esterno in materia tributaria, formulando il motivo in esame in via condizionata, laddove si ritenesse che la Commissione abbia riconosciuto nella sentenza della Corte di Cassazione del 2009 un giudicato esterno relativo ai periodi di imposta 1999/2000, opponendo di contro che, in materia Tarsu, in ragione del criterio di autonomia tributaria per ogni anni di imposta, non può farsi valere un giudicato esterno in relazione ad anni di imposta diversi e così lontani nel tempo.
Il ricorso va rigettato per i seguenti motivi.
Possono essere esaminati congiuntamente i primi due motivi, in tutte le declinazioni formulate dall’istante, in quanto connessi e basati sulla pacifica (riconosciuta anche dal Comune; v. pagina n. 18 delle controdeduzioni) circostanza dell’omessa notifica dell’avviso di accertamento e la diretta riscossione dell’imposta tramite la cartella di pagamento.
8.1. Va, sul punto, in primo luogo, escluso che la sentenza impugnata sia viziata da omessa pronuncia sulla domanda in esame.
Deve, infatti, osservarsi che la Commissione regionale ha premesso che il Giudice di primo grado aveva accolto il ricorso del contribuente in relazione al suo primo, assorbente, motivo, riconoscendo l’omessa notifica dell’avviso di accertamento e, quindi, la violazione dell’art. 71 d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ed ha precisato che l’appello aveva contestato la decisione di primo grado, assumendo che la cartella poteva essere impugnata solo per vizi propri.
Ciò posto, il Giudice dell’appello ha ritenuto che le superfici indicate nella cartella di pagamento fossero le stesse di quelle verificate con il precedente avviso di accertamento relativo alla medesima imposta, ma riferito agli anni 1999 e 2000, che era stato oggetto di impugnazione da parte della contribuente e, quindi, di accertamento definitivo, giusta ordinanza di questa Corte n. 16864/2009.
Sulla base di tale verifica, la Commissione ha, quindi, affermato che la pretesa fiscale della cartella di pagamento impugnata fosse relativa ad un «accertamento dichiarato definitivamente legittimo » (così nella sentenza impugnata) .
Alla luce di quanto precede, come correttamente osservato anche dalla difesa del Comune, deve riconoscersi che il Giudice regionale, prendendo atto della definitività dell’accertamento Tarsu per gli anni precedenti e considerando l’identità di superficie sottoposta a tassazione e, dunque, la permanenza dei dati fattuali di riferimento, ha reputato legittima la diretta iscrizione a ruolo da parte del Comune per gli anni successivi a quelli del menzionato accertamento giudiziale, senza la necessità che la stessa venisse preceduta da un avviso di accertamento.
In tali termini, la Commissione regionale ha chiaramente accolto il motivo di appello formulato dal Comune contro la sentenza della Commissione provinciale che aveva, invece, annullato la cartella perché non preceduta dall’avviso di accertamento, offrendo una motivazione, sintetica, ma sussistente e più che comprensibile nelle sue ragioni di fondo e dando per scontata, o meglio, per presupposta la pacifica circostanza dell’omessa notifica dell’avviso di accertamento.
8.2. La soluzione adottata dal Giudice dell’appello risulta pure conforme alla previsione dell’art. 72, comma 2, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507 ed ai principi più volte affermati da questa Corte.
L’art. 72, comma 1, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, difatti. stabilisce che «L’importo del tributo ed addizionali, degli accessori e delle sanzioni, liquidato sulla base dei ruoli dell’anno precedente, delle denunce presentate e degli accertamenti notificati nei termini di cui all’art. 71, comma 1, è iscritto a cura del funzionario responsabile di cui all’articolo 74 in ruoli principali ovvero, con scadenze successive, nei ruoli suppletivi, da formare e consegnare ».
Questa Corte ha chiarito che:
-«la superfluità di un atto prodromico alla cartella o all’ingiunzione di pagamento è insita nella previsione del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 72, comma 1, il quale, consente al Comune – e, per esso, al gestore del servizio di RAGIONE_SOCIALE dei RAGIONE_SOCIALE – di procedere direttamente alla liquidazione della TIA (come della TARSU), senza necessità di adottare e notificare un avviso di accertamento, soltanto nei casi in cui la liquidazione avvenga sulla base di dati ed elementi già acquisiti, e non soggetti ad alcuna modificazione o variazione, in forza, pertanto, di un’operazione puramente automatica.
La liquidazione diretta, proprio per il suo carattere di eccezionalità, richiede quindi, da un lato, l’identità dei dati utilizzati con quelli dell’anno precedente, dall’altro la stabilità o definitività degli stessi, nel senso che non devono essere né incerti né contestati.
L’incertezza del dato utilizzato a seguito della contestazione dell’utente comporta, viceversa, la necessità dell’adozione dell’avviso di accertamento, dovendo l’amministrazione esplicitare, ai sensi del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 70 le ragioni per cui ha ritenuto di discostarsi dai dati ed elementi indicati nella dichiarazione (Cass., Sez. 5, 30 ottobre 2015, n. 22248; Cass., Sez. 5, 28 settembre 2016, n. 19120; Cass., Sez. 5, 9 febbraio 2018, n. 3189; Cass., Sez. 5, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5, 19 agosto 2020, n. 17339; Cass., Sez. 5, 23 dicembre 2020, n. 29394;
Cass., Sez. 6-5, 26 novembre 2021, n. 37006; Cass., Sez. 5, 11 gennaio 2022, n. 535; Cass., Sez. 5, 8 aprile 2022, n. 11481), ma si tratta di ipotesi che nella specie non ricorre (Cass., Sez. 5, 20 ottobre 2018, n. 29996).
Per cui, nessuna irregolarità può riscontrarsi nell’emanazione della cartella (come dell’ingiunzione) di pagamento in relazione alla dedotta carenza di un precedente avviso di accertamento che non era indispensabile (Cass., Sez. 5, 9 febbraio 2018, n. 3184; Cass., Sez. 5, 19 agosto 2020, n. 17339).
L’avviso di accertamento è, invece, necessario – per converso – quando (e solo quando) la maggiore imposta derivi: 1) dalla rettifica apportata alle condizioni di tassabilità denunciate; 2) dall’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità in caso di omessa denuncia; 3) dal diniego (secondo quanto si desume del D.Lgs. 15 novembre 1993, n. 507, art. 71, comma 2) della riduzione o agevolazione richiesta dal contribuente con apposita istanza, non surrogabile dalla contestazione giudiziale del provvedimento, ovvero, infine, dall’esercizio di un potere discrezionale eventualmente riconosciuto dallo ius superveniens , anche ove restino ferme tutte le precedenti fattuali condizioni di tassabilità (Cass., Sez. 5, 2 marzo 2018, n. 4967; Cass., Sez. 5, 30 giugno 2020, n. 13106; Cass., Sez. 5, 8 aprile 2022, n. 11481)». (così Cass., Sez. T., 17 gennaio 2023, n. 1213).
8.3. Nel caso di specie, stante la pacifica omessa denuncia da parte della contribuente, già vi era stato l’accertamento d’ufficio delle condizioni di tassabilità, con l’esito giudiziale sopra indicato, dal quale il Comune non si è discostato, come verificato dal Giudice regionale, con accertamento fattuale qui non sindacabile.
In tal modo, alla luce dei predetti principi, la cartella impugnata, basandosi su elementi di fatto corrispondenti al precedente avviso, giudizialmente confermato, e quindi su presupposti acquisiti e definitivi e certi, non aveva necessità, nella predetta ritenuta invarianza dei dati considerati, di essere preceduta da un ulteriore
accertamento, impregiudicata ovviamente la facoltà del contribuente di contestare la pretesa sulla scorta di una modificata (rispetto al precedente accertamento) realtà fattuale.
8.4. Deve solo aggiungersi sul punto, trattandosi di questione connessa, così anticipando l’esame della seconda parte del quinto motivo concernente la contestata identità delle superfici oggetto di impugnazione rispetto a quelle considerate nel precedente avviso per gli anni 1999/2000, che -a tacer d’altro e con essa del profilo di novità dell’allegazione, come segnalato dalla difesa del Comune si tratta di questioni di merito, che si scontrano frontalmente con l’accertamento operato dalla Commissione (secondo cui è «il caso di ricordare che le superfici indicate nella cartella di pagamento sono le stesse del precedente avviso di accertamento relativo alla Tarsu per gli anni 1999 e 2000 » ), come tali non sottoponibili alla valutazione della Corte sotto il profilo del vizio della motivazione, reputata sul punto apparente.
Va ancora subito chiarito, in relazione al sesto motivo, che la Commissione regionale non ha fatto leva sul giudicato derivante dalla pronuncia di questa Corte n. 16864/2009, avendo proceduto all’esame del merito della controversia con ciò, quanto meno implicitamente, escludendo l’effetto preclusivo del giudicato relativamente alla indicata pronuncia inerente altri periodi di imposta (cfr., sul principio, Cass., Sez. T, 18 luglio 2016, n. 14675).
Vanno altresì rigettati i restanti tre motivi (terzo, quarto e quinto), con i quali -in sintesi -la contribuente ha lamentato la violazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, nonchè delle suindicate disposizioni del codice dell’ambiente (d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152), ponendo in rilievo di aver provveduto a smaltire in proprio gli imballaggi (anche terziari) prodotti, in misura notevolmente superiore al limite quantitativo posto dal regolamento comunale in tema di assimilazione di talune categoria di RAGIONE_SOCIALE speciali, nonché l’omessa o carente pronuncia su tali domande e l’omessa esame sulle prove offerte.
10.1. Non può, infatti, non osservarsi che la stessa società non ha avuto remore a rappresentare che «Il fatto storico della mancata presentazione da parte della soc. COGNOME di denuncia originaria di variazione ai fini TARSU, era stata accertato dalla sentenza di primo grado ; tale accertamento non è stato attinto dai motivi di appello del Comune e su di essi si è pertanto formato il giudicato interno. La stessa sentenza impugnata non mostra in alcun modo di dubitare di tale presupposto di fatto » (v. pagina n. 147 del ricorso).
In effetti, il Giudice regionale, dopo aver rilevato che la società «non aveva mai provveduto a fornire quanto richiesto dal Comune di Anagni», ha poi asserito che « spetta alle società interessate, oltre all’obbligo della dichiarazione, di fornire una serie di informazioni che consentano la corretta applicazione del tributo, in modo che si tenga conto dell’incidenza delle aree nelle quali si producono RAGIONE_SOCIALE esclusi, che, quindi, è l’interessato che deve fornire la prova delle condizioni che giustificano l’esenzione » (così nella sentenza impugnata) .
In tali termini, nella pacifica assenza di ogni forma di denuncia e quindi nella pacifica violazione dell’obbligo dichiarativo, la Commissione ha reputato non spettante l’esenzione.
10.2. Detta valutazione non è stata censurata nei motivi di ricorso ed assume valore assorbente rispetto ad ogni altra questione concernente il diritto all’esenzione e/o riduzione da pagamento dell’imposta.
10.3. Non vi è quindi ragione di ulteriori riflessioni, se non ribadire la correttezza della decisione, che si presenta conforme ai principi più volte espressi da questa Corte secondo cui:
-«Il presupposto impositivo della t.a.r.s.u. ovvero della Tari è l’occupazione o la detenzione di locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti»;
«Il legislatore ha posto una presunzione legale (relativa) per la quale i locali e le aree scoperte si ritengono produttivi di RAGIONE_SOCIALE ed è
onere del contribuente indicare nella denuncia originaria o di variazione la loro diversa condizione » e «grava sul contribuente l’onere di provare la sussistenza delle condizioni per beneficiare delle esenzioni previste dall’art. 62, commi 2 e 3, del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, per alcune aree detenute od occupate aventi specifiche caratteristiche strutturali e di destinazione , atteso che, pur operando il principio secondo il quale è l’Amministrazione a dover fornire la prova della fonte tributaria, tale principio non può operare con riferimento al diritto ad ottenere una riduzione della superficie tassabile, costituendo l’esenzione, anche parziale, un’eccezione alla regola generale del pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (Cass. 23.01.2017, n. 17111; Cass. del 5.09. 2016, n. 17622; Cass. dell’11.03.2016, n. 4793; Cass. dell’1.04. 2016, n. 6359; Cass. dell’1.06.2006, n. 1086; Cass. del 2.09. 2004, n. 17703)»;
-«Se la parte non assolve all’onere di preventiva informazione, la relativa circostanza non può essere fatta valere nel giudizio di impugnazione dell’atto impositivo. La denuncia (o variazione) assolve infatti alla finalità di portare a conoscenza dell’ente impositore quali sono i locali occupati o detenuti e quelli per i quali sussistono- secondo il contribuente- i requisiti della esenzione, così da consentire all’ente di avere un quadro completo della produzione di RAGIONE_SOCIALE sul territorio, del soggetto responsabile, e di avviare gli opportuni controlli nonché di organizzare la gestione del servizio; al tempo stesso essa integra la dichiarazione della volontà di avvalersi del beneficio per i locali indicati come superficie non tassabile»;
«Per queste ragioni, la sua carenza non è emendabile se non per il futuro, e cioè con riferimento agli anni di imposta non ancora scaduti, tramite la presentazione, nei termini previsti dall’art 70 del D.lgs. 507/1993, della denuncia o della variazione. Solo se il contribuente ha presentato la denuncia o la variazione, potrà integrare, in caso di contestazione, in via stragiudiziale ovvero anche in giudizio, la prova della effettiva destinazione dei locali
(Cass. 7647/2018, Cass. del 23.05.2019, n.14037; Cass. del 23.0.2019, n. 31460; Cass. dell’8.07.2019, n. 19329; Cass. del 21.10.2020, n. 2900; Cass. Cass. del 23.05.22, n. 16641; Cass. del 16.12.2022, n. 16022; Cass. del 76.01.2023, n. 2623)» (così Cass., Sez. T., 13 aprile 2023, n. 9887 e nello stesso senso, tra le tante, Cass. 9913/2023, Cass. 9832/2023, Cass. 8574/2023, Cass. 16641/2022);
«in definitiva, tanto le deroghe alla tassazione, quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie, non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (cfr., tra le tante, Cass., Sez. V, 7 luglio 2022, n. 21490, che richiama Cass., 13 agosto 2004, n. 15867, cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235; nonché Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741, cit. ed anche Cass., Sez. T., 13 febbraio 2023 n. 4397 e Cass. 20 febbraio 2023, n. 5293 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti)» (cfr. Cass., Sez. 29 agosto 2023, n. 25435 che richiama anche Cass, Sez. T., 23 febbraio 2023, n. 5667; Cass., Sez. T., 27 gennaio 2023, n. 2623; nello stesso senso Cass., Sez. T., 13 febbraio 2023 n. 4397, Cass. 20 febbraio 2023, n. 5293, nonché Cass., Sez. T., 27 ottobre 2023, n. 29939; Cass., Sez. T., 27 ottobre 2023, n. 29939).
Alla stregua delle valutazioni svolte, il ricorso va rigettato.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Va, infine, dato atto, ai sensi dell’art. 13, comma 1quater , del d.P.R. 30 maggio 2002 n. 115, della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna RAGIONE_SOCIALE al pagamento in favore del Comune di Anagni della somma di 7.000,00 €, oltre a 200,00 € per spese vive, ed accessori:
Dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello eventualmente dovuto per la proposizione del ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 22 novembre