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Omessa dichiarazione: onere della prova sul Fisco?

Un contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi. L’Agenzia delle Entrate, sulla base di ricevute di vendita di materiale ferroso, emette un avviso di accertamento. La Cassazione chiarisce che in caso di omessa dichiarazione, l’Amministrazione può usare presunzioni semplici e l’onere della prova di non aver percepito i redditi spetta al contribuente.

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Pubblicato il 27 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Omessa dichiarazione e accertamento: chi deve provare cosa?

La recente sentenza della Corte di Cassazione, n. 16243 del 2024, offre un importante chiarimento sul tema dell’accertamento fiscale in caso di omessa dichiarazione dei redditi. La decisione ribadisce un principio fondamentale: quando il contribuente non adempie all’obbligo dichiarativo, l’onere di provare l’inesistenza dei redditi accertati dal Fisco ricade interamente su di lui. Questo principio semplifica notevolmente l’attività dell’Agenzia delle Entrate, che può basare le proprie pretese anche su presunzioni non qualificate.

Il caso: la vendita di materiale ferroso e l’accertamento del Fisco

La vicenda trae origine da due avvisi di accertamento emessi dall’Agenzia delle Entrate nei confronti di un contribuente per gli anni d’imposta 2010 e 2011. L’Amministrazione Finanziaria aveva recuperato a tassazione, ai fini Irpef, Iva e Irap, ricavi derivanti da cessioni di materiale ferroso. Tali operazioni erano emerse a seguito di una verifica effettuata presso una società terza, acquirente del materiale. L’Agenzia riteneva che tali cessioni configurassero un’attività commerciale, seppur non abituale, i cui proventi non erano stati dichiarati dal contribuente, il quale aveva omesso di presentare le relative dichiarazioni dei redditi.

I giudizi di merito: una prova insufficiente per i giudici

Il contribuente impugnava gli avvisi di accertamento e la Commissione Tributaria Provinciale accoglieva i suoi ricorsi. Successivamente, la Commissione Tributaria Regionale, adita dall’Agenzia delle Entrate, confermava la decisione di primo grado. Secondo i giudici d’appello, la documentazione prodotta dall’ufficio (copie delle ricevute di cessione) non costituiva prova sufficiente dell’evasione. A loro avviso, data l’ingente quantità di materiale ceduto, l’Agenzia avrebbe dovuto cercare ulteriori elementi probatori più precisi e concordanti, come ad esempio la prova dei pagamenti tramite assegni o bonifici bancari, per sostenere la propria pretesa.

Omessa Dichiarazione: la decisione della Cassazione e l’inversione dell’onere della prova

L’Agenzia delle Entrate ha quindi proposto ricorso per cassazione, lamentando la violazione delle norme sull’accertamento tributario e sul riparto dell’onere della prova. La Suprema Corte ha accolto il ricorso, cassando la sentenza impugnata e rinviando la causa per un nuovo esame.

La differenza tra accertamento analitico e induttivo puro

La Corte ha chiarito che il potere-dovere di accertamento dell’Amministrazione Finanziaria in caso di omessa dichiarazione è disciplinato dall’art. 41 del d.P.R. n. 600/1973, non dall’art. 39. Questa distinzione è cruciale. Mentre l’accertamento su una dichiarazione presentata deve basarsi su presunzioni gravi, precise e concordanti (art. 38), in caso di omessa dichiarazione l’ufficio può procedere con un accertamento “induttivo puro”.

L’errore della Commissione Tributaria Regionale

L’errore dei giudici di merito è stato quello di applicare i criteri probatori più stringenti previsti per le dichiarazioni presentate a un caso di totale omissione. La Cassazione ha ribadito che, in tale scenario, l’ufficio può determinare il reddito complessivo del contribuente “sulla base dei dati e delle notizie comunque raccolti o venuti a sua conoscenza”, potendo avvalersi anche di presunzioni “supersemplici”, ovvero prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza.

le motivazioni
La Suprema Corte ha fondato la sua decisione su un consolidato orientamento giurisprudenziale. Il fulcro del ragionamento risiede nel fatto che l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi costituisce una grave violazione degli obblighi fiscali che giustifica un allentamento del rigore probatorio a carico dell’Amministrazione. Le ricevute prodotte dall’Agenzia, contenenti tutti i dati identificativi del cedente, la quantità e tipologia del materiale, il compenso e la sua sottoscrizione, erano elementi più che sufficienti per fondare l’accertamento induttivo. La presenza di tali elementi determina una vera e propria inversione dell’onere della prova: non è più l’ufficio a dover dimostrare con prove incontrovertibili l’esistenza del reddito, ma è il contribuente a dover fornire la prova contraria, dimostrando che il reddito non è stato prodotto o è stato prodotto in misura inferiore. Pertanto, la richiesta della Commissione Regionale di ulteriori prove, come quelle relative alle modalità di pagamento, era illegittima.

le conclusioni
La sentenza in esame ha importanti implicazioni pratiche. Per i contribuenti, essa rappresenta un monito sulla gravità dell’omissione dichiarativa. Tale inadempimento pone il soggetto in una posizione di estrema debolezza probatoria in caso di accertamento, poiché il Fisco può legittimamente basare le proprie pretese su qualsiasi elemento a sua disposizione. Per l’Amministrazione Finanziaria, la decisione conferma l’ampiezza dei poteri di accertamento induttivo in queste circostanze, legittimando l’utilizzo di elementi probatori che in altri contesti non sarebbero considerati sufficienti. In sintesi, chi omette la dichiarazione non può pretendere che il Fisco fornisca prove granitiche, ma deve essere pronto a dimostrare, con fatti e documenti, la propria posizione.

Cosa succede se un contribuente non presenta la dichiarazione dei redditi?
In caso di omessa dichiarazione, l’Agenzia delle Entrate può procedere con un accertamento di tipo “induttivo puro”, determinando il reddito del contribuente sulla base di qualsiasi dato o notizia a sua disposizione, anche utilizzando presunzioni non qualificate.

In caso di omessa dichiarazione, quali prove può usare l’Agenzia delle Entrate per l’accertamento?
L’Agenzia può utilizzare qualsiasi elemento probatorio, come ad esempio ricevute di cessione di beni, senza che queste debbano necessariamente possedere i requisiti di gravità, precisione e concordanza richiesti per gli accertamenti basati su dichiarazioni presentate ma infedeli.

Su chi ricade l’onere della prova in un accertamento per omessa dichiarazione?
L’onere della prova si inverte. Una volta che l’Agenzia ha fornito elementi, anche semplici, che fanno presumere l’esistenza di un reddito non dichiarato, spetta al contribuente dimostrare che tale reddito non è stato percepito o è stato percepito in misura inferiore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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