Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5215 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5215 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
AGENZIA DELLE ENTRATE
e contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE
-intimata – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia sez. staccata di Catania n. 1307/13/2017 depositata in data 05/04/2017;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 13/02/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
Oggetto: cartella – omessa dich. Iva – compensazione credito
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 26043/2017 R.G. proposto da COGNOME rappresentato e difeso, come da procura speciale in atti dall’avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
-intimata –
–NOME impugnava la cartella di pagamento notificatagli relativa alle somme ivi richieste per omesso versamento di IRPEF, IRAP e IVA per l’anno 2007 a seguito di controllo automatizzato ex art. 36 bis del d.P.R. n. 600 del 1973 e art. 54 bis del d.P.R. n. 633 del 1972;
-la CTP accoglieva il ricorso;
-appellava l’Ufficio;
-con la sentenza qui gravata il giudice di secondo grado ha accolto l’impugnazione e confermato la legittimità dell’atto impugnato;
-ricorre a questa Corte il contribuente con atto affidato a tre motivi;
-l’ Agenzia delle Entrate e il riscossore sono rimasti intimati;
Considerato che:
-il primo motivo di ricorso deduce la violazione di norme di diritto ex art. 360 c. 1 n. 3 c.p.c. per avere la CTR erroneamente ritenuto che l’omessa presentazione della dichiarazione da parte del Nicoloso comporti la perdita della possibilità di utilizzare il credito maturato nella annualità in compensazione con i debiti tributari dell’anno successivo;
-il motivo è fondato;
-invero, la CTR ha mancato di fare applicazione dei principi enunciati da questa Corte (Cass. Sez. Un., sentenza 8 settembre 2016 n. 17758; Cass. Sez. 5, sentenza 23 febbraio 2018 n. 4392) in tema di compensazione del credito iva nel caso di omessa presentazione della dichiarazione; i sopradetti precedenti hanno chiarito in primo luogo che è consentita l’iscrizione a ruolo dell’imposta detratta e la consequenziale emissione di cartella di pagamento. Ben può, difatti, il fisco operare, con procedure automatizzate, un controllo formale che non tocchi la posizione sostanziale della parte contribuente e sia scevro da profili valutativi e/o estimativi e da atti d’indagine diversi da mero raffronto con dati ed elementi, in possesso dell’anagrafe tributaria, ai sensi degli artt. 54-bis e 60 del d.P.R. n. 633 del 1972, fatta salva, nel successivo giudizio d’impugnazione della cartella,
l’eventuale dimostrazione a cura del contribuente che la detrazione d’imposta, eseguita entro il suddetto termine biennale, riguardi acquisti fatti da un soggetto passivo d’imposta, assoggettati a Iva e finalizzati a operazioni imponibili;
-se l’Ufficio correttamente, pertanto, ha proceduto alla iscrizione a ruolo, nondimeno il contribuente può portare in compensazione il credito Iva, ove sussistente, per avere omesso la dichiarazione. Deve essere, infatti, rilevato, come affermato dalle Sezioni Unite con le sentenze dell’8 settembre 2016, n. 17757 e 17758 appena sopra citate, che il rapporto di natura tributaria con il fisco scaturisce da un’operazione lecita ed effettiva e gli obblighi che ne derivano (dichiarazione, registrazione ecc.) hanno solamente una funzione illustrativa dei relativi dati al fine di consentire all’Agenzia delle Entrate di poter verificare agevolmente gli stessi onde procedere alla riscossione delle imposte. Pertanto, ciò che conta ai fini della detraibilità è solo il carattere sostanziale ed effettivo del credito. Tale conclusione, discende dalla interpretazione dell’art. 18 della Direttiva CE n. 77/388/CE, il quale subordina il diritto alla detrazione dell’Iva solamente al possesso della fattura, compilata secondo le disposizioni a essa applicabili e garantisce il principio di neutralità dell’imposta in questione, quale principio fondamentale sul quale poggia l’intero impianto normativo dell’Iva (cfr. Cass. 16 ottobre 2012 n. 17754; Cass. 22 febbraio 2013 n. 4539);
-la necessità di rispettare il citato principio di neutralità, infatti, deve essere garantito anche nel caso in cui il soggetto passivo non rispetti le formalità imposte da uno Stato membro, quale ad esempio la presentazione della dichiarazione annuale Iva. Questa Corte, con riferimento ai concetti espressi dalla Corte di Giustizia UE cause C-95/07 e C-96/07 del 8/5/2008, ha affermato che “ai sensi degli artt. 18, n. 1, lett. d) e 22 della sesta direttiva CE n. 77/388, come modificata dalla direttiva 2000/17 il principio della neutralità fiscale impone che l’inosservanza da parte di un
soggetto passivo delle formalità imposte da uno stato membro, in applicazione delle disposizioni comunitarie succitate, non può privarlo del suo diritto alla detrazione, mediante l’annotazione a credito nella dichiarazione di imposta, ferma restando l’eventuale sanzione per l’inosservanza di tali obblighi” (cfr CGUE, 12 maggio 2011, C -107/10 e Cass. 22/05/2006, n. 12012; Cass. 06/08/2008, n. 21202; Cass. 20/3/2013 n. 6925) ed ha affermato il seguente principio di diritto “il credito Iva maturato nell’anno in cui la dichiarazione annuale risulta omessa può comunque essere computato in detrazione, al più tardi, con la dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto alla detrazione è sorto, fermo restando il potere/dovere dell’amministrazione finanziaria di accertare l’esistenza del credito ai sensi dell’articolo 55 d.p.r. 633/1972” (Cass.30 luglio 2018, n. 20120);
-ne discende che l’omessa presentazione della dichiarazione Iva -diversamente da quanto ritenuto dalla sentenza impugnata – non fa perdere il diritto alla detrazione del credito maturato nel corso del medesimo anno, nell’ipotesi in cui lo stesso credito venga ripreso ed indicato quantomeno nella dichiarazione Iva dell’anno successivo. Il diritto alla detrazione deve essere, infatti, esercitato entro la scadenza prevista per la presentazione della dichiarazione relativa al secondo anno successivo a quello in cui il diritto è sorto, ai sensi dell’art. 19 del d.P.R. n. 633 del 1972 non contrastante con la citata Direttiva;
-nel ritenere quindi che l’omessa presentazione della dichiarazione precludesse ex se il diritto al recupero del credito iva, la Corte di giustizia ha commesso errore di diritto, dovendo invece farsi applicazione dei sopra esposti principi;
-all’esito della decisione che precede, i restanti motivi, con i quali si deducono rispettivamente la violazione del principio della disponibilità delle prove ex art. 116 c.p.c. in uno con il principio di non contestazione e l’omesso esame della documentazione
probatoria offerta dal contribuente, sono assorbiti in quanto divenuti irrilevanti ai fini della decisione;
-la sentenza impugnata è quindi cassata con rinvio al giudice del merito che provvederà a nuovo esame del fatto e alla liquidazione delle spese del presente giudizio di Legittimità;
p.q.m.
accoglie il primo motivo di ricorso; dichiara assorbiti i restanti motivi; cassa la sentenza impugnata, in relazione al motivo accolto, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Sicilia, in diversa composizione, che statuirà anche sulle spese del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 13 febbraio 2025.