Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 1 Num. 26280 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 1 Num. 26280 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso 20740/2021 proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del legale rappres. p.t., elettivamente domic. presso la cancelleria della Corte di Cassazione, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO , per procura speciale in calce al ricorso;
-ricorrente –
-contro-
NOME;
-intimata- avverso la sentenza n. 961/2021 de lla Corte d’appe llo di Catania, pubblicata il 5.05.2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 24/09/2024 dal Cons. rel., dottAVV_NOTAIO.
RILEVATO CHE
Con ricorso depositato il 13.12.2006, NOME COGNOME proponeva opposizione avverso la diffida ad adempiere del 14.9.2016 con la quale il RAGIONE_SOCIALE di Catania le aveva intimato il pagamento della somma di euro 6. 783,00 a titolo di canone per l’occupazione di spazi ed aree pubbliche, a norma del d.lgs. 446/97 per l’occupazione abusiva di un’area di mq 64, deducendo: di essere titolare di una concessione rilasciata dall’autorità portuale marittima per l’occupazione dello spazio di mq 26,25 con superficie asservita di mq 15,00, per il mantenimento di una struttura adibita alla vendita di prodotti ortofrutticoli; che il RAGIONE_SOCIALE non aveva titolo per richiedere il COSAP (canone per l’ occupazione di spazi e aree pubbliche) , essendo l’area oggetto del provvedimento impugnato di pertinenza del demanio marittimo.
Con sentenza depositata il 5.5.2021, la Corte territoriale rigettava l’appello del RAGIONE_SOCIALE di Catania, osservando che: l’appellante non aveva provato che l’area in questione fosse di sua proprietà, considerato che l’NOME era già titolare di concessione rilasciata dall’autorità portuale per un’area contigua a quel la oggetto di causa; non sussistevano sufficienti elementi per distinguere le due aree; pertanto, era da presumere che gran parte della suddetta superficie di suolo pubblico (per mq 41,25) fosse legittimamente occupata, consideran do che a fronte della chiara contestazione dell’appartenenza al demanio comunale dell’area occupata, il RAGIONE_SOCIALE si era limitato ad evidenziare la natura pubblica della stessa area, senza adeguatamente documentare l’integrale appartenenza del bene all’ente s tesso e non al demanio statale.
Il RAGIONE_SOCIALE di Catania ricorre in cassazione avverso la suddetta sentenza con due motivi, illustrati da memoria. NOME COGNOME non svolge difese.
RITENUTO CHE
Il primo motivo denunzia violazione degli artt. 52 e 63 d.lgs. n. 446/97, 2700 c.c., degli artt. 19 e 28 del regolamento comunale istitutivo della Cosap, e 20 c.d.s., per non aver la Corte d’appello tenuto conto della fede privilegiata che assisteva il verbale della polizia locale del 20.3.2015, che aveva accertato che la superficie occupata abusivamente era di mq 64 rispetto alla concessione dell’autorità portuale per mq 26. Al riguardo, il ricorrente assume che: l’NOME era stata rinviata a giudizio per il reato di cui agli artt. 633-639 bis, c.p., mentre il manufatto era stato sequestrato; il suddetto verbale non era stato contestato, né impugnato con querela di falso; la Corte territoriale non aveva considerato che l’attività svolta non fosse esercitabile per mancanza di idonea autorizzazione, né sul suolo comunale, né su quello demaniale; in ogni caso, era dovuto il COSAP anche sul l’area demaniale; la Corte d’appello ha omesso di pronunciarsi sulla questione che, quantunque l’area occupata fosse tutta di proprietà demaniale, sarebbe stata comunque da pagare la tassa per l’occupazione in conformità del regolamento comunale.
Il secondo motivo deduce l’omesso esame di f atto decisivo, non avendo la Corte d’appello e il Tribunale tenuto conto che il RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito, sia in primo grado che in appello, che: il COSAP poteva trovare applicazione anche in presenza di concessione, trattandosi di pagamenti a titoli diversi (il COSAP quale tassa per l’occupazione dell’area, dovuto non per la limitazione dell’uso del bene alla collettività, ma per l’utilizzazione del singolo, e il secondo quale corrispettivo della concessione); la NOME occupava il suolo pubblico sulla base di un’autorizzazione di tipo itinerante che non le consentiva di rimanere ferma nello stesso sito oltre i limiti di tempo consentiti. Il primo motivo è inammissibile.
Circa la doglianza relativa alla questione della mancata contestazione del verbale d’accertamento della polizia urbana, va osservato che le attestazioni contenute nel verbale di accertamento delle infrazioni al codice della strada fanno piena prova, fino a querela di falso, con riguardo all’avvenuto accadimento dei fatti e delle dichiarazioni ricevute alla presenza del pubblico ufficiale, non estendendosi la fede privilegiata all’intrinseca veridicità del contenuto delle informazioni in tal modo apprese (Cass., n. 31107/22).
Nel giudizio di opposizione ad ordinanza ingiunzione irrogativa di sanzione amministrativa, il verbale di accertamento dell’infrazione fa piena prova, fino a querela di falso, con riguardo ai fatti attestati dal pubblico ufficiale rogante come avvenuti in sua presenza e conosciuti senza alcun margine di apprezzamento o da lui compiuti, nonché alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni delle parti, mentre la fede privilegiata non si estende agli apprezzamenti ed alle valutazioni del verbalizzante né ai fatti di cui i pubblici ufficiali hanno avuto notizia da altre persone, ovvero ai fatti della cui verità si siano convinti in virtù di presunzioni o di personali considerazioni logiche (Cass., n. 23800/14; n. 29320/22).
Nella specie, tale verbale non può esplicare efficacia di fede probatoria privilegiata sulla questione, di carattere giuridico, relativa all’appartenenza dell’area occupata dalla COGNOME, atteso che la Corte d’appello ha affermato che il RAGIONE_SOCIALE non aveva titolo per richiedere il COSAP , essendo l’area oggetto del provvedimento impugnato di pertinenza del demanio marittimo, e comunque non aveva provato il suo titolo di proprietà. In altri termini, il suddetto verbale fa piena prova sulla questione di fatto del l’occupazione dell’area oggetto di causa, ma non in ordine alla questione della titolarità della proprietà dell’area stessa.
Invero, il ricorrente non ha calibrato la doglianza riguardo alla motivazione della Corte territoriale che, da un lato, ha ritenuto non dimostrato che l’area fosse di proprietà del RAGIONE_SOCIALE e, dall’altro, ha affermato che il RAGIONE_SOCIALE non aveva titolo per richiedere il COSAP, essendo l’area oggetto del provvedimento impugnato di pertinenza del demanio marittimo.
Né è decisivo il riferimento al provvedimento di rinvio a giudizio innanzi al Tribunale penale di Catania che, di per sé, non costituisce prova piena, ma un mero indizio.
Il secondo motivo è parimenti inammissibile. Al riguardo, va osservato che l’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., riformulato dall’art. 54 del d.l. n. 83 del 2012, conv., con modif., dalla l. n. 134 del 2012, ha introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, nel cui paradigma non è inquadrabile la censura concernente la omessa valutazione di deduzioni difensive (Cass., n. 14802/17; n. 13024/22).
Nella specie, anche a prescindere dal fatto che si è in presenza di una doppia pronuncia conforme dei giudici del merito, preclusiva della denuncia di vizio motivazionale ai sensi dell’art.348 -ter, comma 5, c.p.c., il ricorrente non ha lamentato l’omesso esame di un fatto storico, ma di una argomentazione difensiva.
Il ricorrente assume altresì che sarebbe irrilevante la proprietà dell’area occupata e che la intimata avrebbe comunque compiuto un’occupazione abusiva, anche se la proprietà fosse demaniale.
Invero, dalla sentenza impugnata si evince che la contestazione dell’illecito dell’occupazione abusiva è stata fondata sulla proprietà comunale dell’area in questione, mentre i giudici di merito hanno ritenuto che tale prova non fosse stata fornita; ciò ha costituito l’unica ratio decidendi.
Ora, il RAGIONE_SOCIALE non ha dimostrato l’appartenenza dell’area , che almeno in parte invece appartiene al demanio statale; è lo stesso RAGIONE_SOCIALE che, ai fini del pagamento del COSAP, avrebbe dovuto provare che l’area occupata fosse di sua proprietà, essendo questione non rilevante quella della diversa natura giuridica del COSAP rispetto alla tassa di concessione.
Infine , l’argomento dell’irrilevanza della proprietà, comunale o de maniale, dell’area occupata, è anche manifestamente infondato perché se il bene appartiene al demanio statale, il RAGIONE_SOCIALE non ha titolo per imporre il COSAP.
Attesa la mancata difesa della COGNOME, nulla va disposto sulle spese.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.p.r. n.115/02, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 bis dello stesso articolo 13, ove dovuto.
Così deciso nella camera di consiglio della prima sezione civile del 24