Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21689 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21689 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: NOME COGNOME
LA CORTE SUPREMA DI CASSAZIONE Data pubblicazione: 28/07/2025
– SEZIONE TRIBUTARIA –
OGGETTO
composta dai seguenti magistrati:
NOME COGNOME
Presidente
NOME COGNOME
Consigliere – rel.-
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
NOME COGNOME
Consigliere
Ud. 30/05/2025
ha deliberato di pronunciare la seguente
TARI OBBLIGO DICHIARATIVO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22414/2021 del ruolo generale, proposto
DA
AZIENDA RAGIONE_SOCIALE COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona della titolare NOME COGNOME rappresentata e difesa, in ragione di procura speciale e nomina da intendersi poste in calce ricorso, dagli avv.ti. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE) e NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
– RICORRENTE –
CONTRO
il COMUNE DI PESCIA -PT- (codice fiscale CODICE_FISCALE, in persona del Sindaco pro tempore , rappresentato e difeso, in forza di procura speciale e nomina da considerarsi poste in calce al controricorso, dall’Avv. NOME COGNOME (codice fiscale CODICE_FISCALE).
Numero sezionale 3986/2025
Numero di raccolta generale 21689/2025
– CONTRORICORRENTE – per la cassazione della sentenza n. 63/8/2021 della Commissione tributaria regionale della Toscana, depositata in data 19 gennaio 2022, non notificata. Data pubblicazione 28/07/2025
UDITA la relazione della causa svolta dal consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio celebratasi in data 30 maggio 2025.
FATTI DI CAUSA
Oggetto di controversia sono i vari avvisi indicati in atti con cui il Comune di Pescia accertò, ai fini TARI per gli anni di imposta 2013/2017, l’omessa denuncia di una serra censita al folio 100, mappale 823, della superfice di 2.950 mq.
Con l’impugnata sentenza la Commissione tributaria regionale della Toscana respingeva gli appelli (riuniti) proposti dalla ricorrente, assumendo -per quanto ora occupa in relazione ai motivi di impugnazione – che:
le circostanze integranti le condizioni di non assoggettabilità della superficie tassata al tributo dovevano essere indicate nella denuncia originaria o in quella di variazione, consentendo al Comune di verificare la predette condizioni, in assenza della quale nessuna esenzione poteva essere invocata dalla contribuente;
la ricorrente non aveva avviato il procedimento per fornire prova certa e verificabile della mancata o ridotta produzione di rifiuti oppure della formazione di soli rifiuti speciali nell’area oggetto di imposizione;
il primo Giudice aveva correttamente evidenziato che la concessione edilizia non era idonea a giustificare l’esenzione in oggetto, siccome fondata su diversi presupposti e per diverse finalità, aggiungendo che l’onere posto a carico del contribuente non poteva essere assolto ex post , dovendo la causa di esclusione
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Data pubblicazione 28/07/2025
essere indicata in sede dichiarativa e non anche dopo l’accertamento.
Avverso tale pronuncia l’RAGIONE_SOCIALE proponeva ricorso per cassazione, notificandolo in data 19 luglio 2021, formulando tre motivi d’impugnazione, ulteriormente illustrati con memoria depositata il 20 maggio 2025.
Il Comune di Pescia resisteva con controricorso notificato il 23 settembre 2021.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso l’istante ha dedotto, in relazione all’art. 360, primo comma, num. 3, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 62, comma 3, d.lgs. n. 507/1993, ritenendo errato il riferimento compiuto dal Giudice regionale alla previsione dell’art. 62, comma 2, del citato decreto, tenuto conto che non era stata lamentata dalla contribuente l’inidoneità del locale (la serra) a produrre rifiuti, ma rappresentato che l’area produceva unicamente rifiuti speciali, ipotesi questa contemplata dal terzo comma della citata disposizione, la quale esclude detta superficie dalla tassazione.
Il tutto, come confermato il tema di TARI dalla previsione dell’art. 1, comma 649, della legge 147/2013, che esclude dalla tassazione quelle parti di superficie dove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali al cui smaltimento sono tenuti, a proprie spese, i relativi produttori.
In tal senso – a dire della contribuente il presupposto d’imposta non sorge nel caso di superfici utilizzate per le lavorazioni industriali ed artigianali, ove si formano, in via continuativa e prevalente, rifiuti speciali.
Di conseguenza – secondo la tesi della ricorrente – non può e non deve competere alcun onere dichiarativo alla contribuente, laddove il Comune non abbia stabilito – come nella specie – con apposita valida delibera l’assimilazione dei rifiuti speciali agli urbani. Numero sezionale 3986/2025 Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
1.1. La censura non può ricevere seguito.
In sintesi, la tesi della contribuente (ben riepilogata a pagina n. 3 della memoria di cui all’art. 380 -bis -1. c.p.c.) riposa sul sostanziale rilievo secondo cui nella serra oggetto di tassazione si producono rifiuti speciali (materiali ed imballaggi utilizzati nel florovivaismo) e scarti vegetali (sfalci e potature) non classificabili come rifiuti e che, a mente dell’art. 62, comma 3, d.lgs. n. 507/1993, la produzione di rifiuti speciali è causa di esclusione dalla tassa, che opera ex lege , a prescindere dalla denuncia/dichiarazione del contribuente, richiesta solo per le cause di esenzione (art. 62, comma 2) e non di esclusione (62, comma 3).
Per tale via, il regolamento comunale che tale obbligo ha previsto, sarebbe illegittimo e quindi da disapplicare.
1.2. Tale ordine di idee non può essere condiviso.
Nella sostanziale e complessiva continuità normativa, di natura tributaria, tra Tarsu, Tia, Tares, Tari, aventi tutte struttura autoritativa e non sinallagmatica, con conseguente estensione dei principi informatori dell’imposizione e generale doverosità della prestazione, caratterizzata da una forte impronta pubblicistica (così Cass. n. 19631/2024, che richiama Cass. n. 21490/22; Cass. n. 8088- 8089/20), si ripetono riflessioni e principi già svolti da questa Corte, anche in tempi recenti (v. Cass., Sez. T., 2 agosto 2023, n. 23584, ai cui ampi contenuti si rinvia), osservando quanto segue.
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L’esenzione dal pagamento integra sempre l’oggetto di un’allegazione, il cui onere della prova grava sul contribuente che intende ottenerla, in quanto, se è vero che compete all’amministrazione dimostrare i fatti costituenti fonte dell’obbligazione tributaria, il diritto all’esenzione va provato dal contribuente, costituendo le esenzioni, anche parziali, eccezioni alla regola generale di pagamento del tributo da parte di tutti coloro che occupano o detengono immobili nelle zone del territorio comunale (v. ancora in termini, tra le tante, Cass, Sez. T., 23 febbraio 2023, n. 5667; Cass., Sez. T., 27 gennaio 2023, n. 2623; Cass., Sez. V, 7 luglio 2022, n. 21490, che cita Cass., 16 aprile 2019, 10634; Cass., 5 settembre 2016, n. 17622; Cass., 24 luglio 2014, n. 16858; Cass., 6 luglio 2012, n. 11351; Cass., 9 marzo 2012, n. 3756; Cass., 14 gennaio 2011, n. 775). Data pubblicazione 28/07/2025
Per tale via, quindi, tanto le deroghe alla tassazione, quanto le riduzioni delle superfici e tariffarie, non operano in via automatica, in base alla mera sussistenza delle previste situazioni di fatto, dovendo, invece, i relativi presupposti essere di volta in volta dedotti nella denuncia originaria o in quella di variazione (cfr., tra le tante, Cass., Sez. V, 7 luglio 2022, n. 21490, che richiama Cass., 13 agosto 2004, n. 15867, cui adde Cass., 17 settembre 2019, n. 23059; Cass., 3 marzo 2010, n. 5036; Cass., 15 aprile 2005, n. 7915; v., altresì, Cass., 23 febbraio 2018, n. 4602; Cass., 13 settembre 2017, n. 21250; Cass., 31 luglio 2015, n. 16235; nonché Cass., 12 dicembre 2019, n. 32741, cit. ed anche Cass., Sez. T., 13 febbraio 2023 n. 4397 e Cass. 20 febbraio 2023, n. 5293 ed i riferimenti giurisprudenziali ivi contenuti).
Nel medesimo senso, da ultimo (v. Cass., Sez. T., 1° aprile 2025, n. 8595), si è ribadito che il presupposto della tassa di smaltimento dei rifiuti ordinari solidi urbani, secondo l’art. 62 del d.lgs. 15 novembre 1993, n. 507, è l’occupazione o la detenzione di
locali ed aree scoperte a qualsiasi uso adibiti: l’esenzione dalla tassazione di una parte delle aree utilizzate perché ivi si producono rifiuti speciali, come pure l’esclusione di parti di aree perché inidonee alla produzione di rifiuti, sono subordinate all’adeguata delimitazione di tali spazi ed alla presentazione di documentazione idonea a dimostrare le condizioni dell’esclusione o dell’esenzione; il relativo onere della prova incombe al contribuente (Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17703 del 02/09/2004; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 13086 del 01/06/2006, Cass., Sez. 5, Sentenza n. 17599 del 29/07/2009). Numero sezionale 3986/2025 Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
In particolare, in tema di tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani (TARSU), spetta al contribuente l’onere di fornire all’amministrazione comunale i dati relativi all’esistenza e alla delimitazione delle aree in cui vengono prodotti rifiuti speciali non assimilabili a quelli urbani (da lui smaltiti direttamente, essendo esclusi dal normale circuito di raccolta), che pertanto non concorrono alla quantificazione della superficie imponibile, in applicazione dell’art. 62, comma 3, del d.lgs. n. 507 del 1993, posto che, pur operando anche nella materia in esame il principio secondo il quale spetta all’amministrazione provare i fatti che costituiscono fonte dell’obbligazione tributaria (nella specie, l’occupazione di aree nel territorio comunale), per quanto attiene alla quantificazione del tributo, grava sull’interessato (oltre all’obbligo di denuncia ai sensi dell’art. 70 del d.lgs. n. 507 del 1993) un onere d’informazione, al fine di ottenere l’esclusione delle aree sopra descritte dalla superficie tassabile, ponendosi tale esclusione come eccezione alla regola generale, secondo cui al pagamento del tributo sono astrattamente tenuti tutti coloro che occupano o detengono immobili nel territorio comunale (Cass., Sez. 5, Ordinanza n. 21250 del 13/09/2017; conf. Cass., Sez. 5, Sentenza n. 2623 del 27/01/2023).
Sussiste, quindi, un obbligo dichiarativo ex ante , non essendo sufficiente il solo onere di dimostrare ex post la tipologia di rifiuti prodotti in prevalenza e l’avvenuto smaltimento in proprio degli stessi nel rispetto del d.P.R. n. 254/2003 (cfr. Cass., Sez. T., 1° aprile 2025, n. 8595). Numero sezionale 3986/2025 Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
1.3. Sulla scorta di tali consolidati principi, quindi, l’accertata, pacifica, assenza di una preventiva dichiarazione da parte della ricorrente, volta ad invocare l’esenzione dal pagamento della tassa sulla predetta area adibita a serra vale ad escludere, come ritenuto dal Giudice regionale, la fondatezza delle ragioni del motivo di impugnazione e con essa la stessa ragione di disapplicazione del regolamento comunale, siccome conforme a legge.
Con la seconda doglianza la ricorrente ha eccepito, con riferimento al canone di cui all’art. 360, primo comma, num. 4, c.p.c., la sussistenza di una « motivazione apparente della sentenza sull’inquadramento giuridico della fattispecie» (v. pagina n. 13 del ricorso), criticando la pronuncia in quanto meramente adesiva alle valutazioni del primo Giudice, senza motivare sulle deduzioni svolte dall’appellante sull’illegittimità del regolamento comunale e sulla richiesta di sua disapplicazione, oltre che sul censimento eseguito dal Comune e sull’applicabilità del principio dell’affidamento, nonché sull’esistenza di orientamenti contrastanti e sulla giurisprudenza favorevole richiamata dall’appellante, oltre che sulla dedotta irrilevanza dell’accatastamento della serra ai fini dell’imposizione fiscale.
2.1. La censura va respinta.
Sul piano dei principi va ricordato che questa Corte (a partire da Cass. Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053) ha ripetutamente precisato che deve ritenersi apparente la motivazione che, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente, come parte del
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documento in cui consiste il provvedimento giudiziale, non renda tuttavia percepibili le ragioni della decisione, perché munita di argomentazioni obiettivamente inidonee a far conoscere l’ iter logico seguito per la formazione del convincimento, in modo tale da non consentire alcun effettivo controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento del giudice, non potendosi lasciare all’interprete il compito di integrarla con le più varie, ipotetiche congetture, restando, invece, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di sufficienza della motivazione (v., tra le tante, Cass. Sez. U., 22 settembre 2014, n. 19881; Cass., Sez. U., 5 agosto 2016, n. 16599; Cass. Sez. U., 3 novembre 2016, n. 22232; Cass., 7 aprile 2017, n. 9105; Cass. Sez. U., 24 marzo 2017, n. 7667; Cass., Sez. U., 9 giugno 2017, n. 14430; Cass., Sez. U., 19 giugno 2018, n. 16159; Cass., Sez. U., 18 aprile 2018, n. 9558 e Cass., Sez. U., 31 dicembre 2018, n. 33679; Cass., 18 settembre 2019, n. 23216; Cass., 23 maggio 2019, n. 13977; Cass., Sez. T, 31 gennaio 2023, n. 2689; e da ultimo Cass., Sez. T., 29 luglio 2024, n. 21174). Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Va aggiunto sul punto che il giudice del merito non deve dar conto di ogni argomento difensivo sviluppato dalla parte, non è tenuto cioè a discutere ogni singolo elemento o ad argomentare sulla condivisibilità o confutazione di tutte le deduzioni difensive, essendo, invece, necessario e sufficiente, in base all’art. 132, secondo comma, num. 4, c.p.c., che esponga gli elementi in fatto e di diritto posti a fondamento della sua decisione, dovendo in tal modo ritenersi disattesi, per implicito, tutti gli argomenti non espressamente esaminati, ma considerati sub valenti rispetto alle ragioni della decisione (cfr. Cass., Sez. T, 19 maggio 2024, n. 12732; Cass., Sez. VI/T, 2 febbraio 2022, n. 3108, che richiama Cass., Sez. II, 25 giugno 2020, n. 12652; Cass., Sez. I, 26 maggio 2016, n. 10937; Cass., Sez. VI, 17 maggio 2013, n. 12123 e anche Cass., Sez. I, 31 luglio 2017, n. 19011, Cass., Sez.
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I, 2 agosto 2016, n. 16056 e Cass., Sez. T., 24 giugno 2021, n. 18103). Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
2.2. Ciò posto, va riconosciuto che la valutazione della Commissione risulta sufficientemente compiuta, ben oltre la soglia del minimo costituzionale, avendo articolato il proprio chiaro ragionamento sulla dirimente circostanza preclusiva dell’omessa osservanza dell’obbligo dichiarativo.
Con la terza ragione di contestazione, l’istante ha eccepito, con riferimento al parametro di cui all’art. 360, primo comma, num. 5, c.p.c., l’omesso esame di fatti storici, costituito dal censimento dell’anno 1994, dal regolamento comunale del 1995 e dalla procedura docfa presentata nell’anno 2012.
Ciò assumendo che solo con il predetto regolamento venne stabilito l’obbligo di denuncia per i nuovi fabbricati e non per quelli pregressi e che il Comune era a conoscenza dell’esistenza della serra sin dall’anno 1987, mentre con la procedura docfa del 2012 era solo finalizzata all’aggiornamento catastale.
3.1. Il motivo risulta inammissibile per più profili.
Intanto, perché sconta il limite preclusiva della doppia conforme di cui all’art. 348 -ter , quarto comma, c.p.c.
In secondo luogo, perché il Giudice regionale ha esaminato, considerandola non utile ai fini che occupa (vale a dire non sostitutiva dell’obbligo dichiarativo) il rilascio della concessione edilizia.
Infine, perché non assumono alcuna decisività né regolamento dell’anno 1995, essendo stato l’obbligo dichiarativo in questione stabilito (a tacer d’altro) già dall’art. 70 d.lgs., n. 507/1993 e tanto meno l’accatastamento del bene in esito a procedura docfa, che
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non rileva sul presupposto impositivo che interessa, fondato sul possesso del bene e non sul dato catastale. Numero di raccolta generale 21689/2025 Data pubblicazione 28/07/2025
Alla stregua delle riflessioni sopra svolte il ricorso va respinto, dovendo in tali valutazioni considerarsi superata l’eccezione di inammissibilità dello stesso formulata dalla controricorrente, non avendo l’impugnazione in oggetto coinvolto la Corte in inammissibili apprezzamenti fattuali.
Le spese del presente grado di giudizio seguono la soccombenza.
Sussistono, infine, le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte del ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
P.Q.M.
la Corte rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese del presente grado di giudizio, che liquida in favore del Comune di Pescia nella misura di 5.880,00 € per competenze, oltre accessori di legge ed all’importo di 200,00 € per spese vive.
Dà atto che sussistono le condizioni di cui all’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. n. 115/2002, per il versamento da parte della ricorrente di una somma ulteriore pari a quella eventualmente dovuta a titolo di contributo unificato.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 30 maggio 2025.
IL PRESIDENTE
NOME COGNOME