Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28510 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28510 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 29472/2017 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliata in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVA) che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE)
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE della LOMBARDIA n. 2101/2017 depositata il 17/05/2017. Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 23/09/2025
dalla Consigliera NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria regionale della Lombardia ( hinc: CTR), con la sentenza n. 2101/2017 depositata in data 17/05/2017, ha rigettato l’appello proposto dall’RAGIONE_SOCIALE contro la sentenza n. 11771/2014, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Milano aveva accolto il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE ( hinc: la contribuente o la società contribuente) in liquidazione contro gli avvisi di accertamento relativo agli anni d’imposta 2004, 2005 e 2006, cui era seguita l’emissione di due cartelle di pagamento.
2. La CTR -ritenuto di non potersi pronunciare sulla questione relativa al raddoppio dei termini sollevata dalla parte appellata davanti al giudice di prime cure e su cui si era formato il giudicato -ha evidenziato che l’accertamento nei confronti della contribuente scaturiva dalla verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza nei confronti della ditta RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, che avrebbe emesso dei documenti fiscali nei confronti della società contribuente. Proprio nell’ambito di tale verifi ca sono stati acquisiti elementi ai quali sono ancorate le ragioni creditorie nei confronti della contribuente, con la conseguenza che, trattandosi di atti presupposti, avrebbero dovuto essere portati a conoscenza di quest’ultima ai sensi dell’art. 7, comm a 1, legge n. 212 del 2000. Tale violazione -trattandosi di una regola a tutela dei diritti fondamentali dei contribuenti in relazione alla tutela giurisdizionale
governata dal principio di effettività -non può che avere un effetto invalidante sugli atti impositivi impugnati. Tanto più che la conclusione della verifica comporta la cesura integrante il momento da cui decorre il termine per consentire l’esercizio del contraddittorio preventivo, ai sensi dell’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000, specie in relazione al diritto a una buona amministrazione scaturente dall’art. 41 della Carta di Nizza, soprattutto con riferimento ai tributi armonizzati.
In merito all’eccezione di parte appellante secondo cui il PVC era stato redatto nei confronti di un diverso soggetto -la CTR ha rilevato come il documento mancante fosse produttivo di conseguenze lesive a carico della contribuente, fondando la pretesa erariale che, da tale documento, trae il nucleo essenziale dei fatti costitutivi. Anche per tale motivo non può contestarsi la titolarità di un interesse qualificato in capo al contribuente a prendere diretta conoscenza del PVC, per poter esercitare appieno il proprio diritto di difesa.
Contro la sentenza della CTR l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso in cassazione con cinque motivi.
La contribuente ha resistito con controricorso.
…
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., la nullità della sentenza impugnata per violazione e falsa applicazione dell’art. 56 d.lgs. n. 546 del 1992.
1.1. Ad avviso della ricorrente la sentenza di primo grado -riprodotta, in parte, a pag. 9 del ricorso in cassazione -non può essere considerata come una sentenza che dichiara la nullità degli avvisi di accertamento per carenza di motivazione per mancata allegazione del PCV: non si parla né di nullità, né di difetto di
motivazione e neppure di mancata allegazione. Semmai, la (ritenuta) nullità degli avvisi di accertamento trae origine dal fatto che non sarebbe stato elevato un PVC a carico della società contribuente o che non sia stata ritenuta provata l’inesistenza dell e operazioni contestate e l’infondatezza degli avvisi per difetto del PVC e per inutilizzabilità RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del sig. COGNOME alla Guardia di Finanza. Il ragionamento del giudice di seconde cure, infatti, è che la sentenza di primo grado non palesa l’iter logico della decisione e, di conseguenza, viene ritenuta fondata la deduzione della contribuente di nullità degli avvisi per mancata allegazione del PVC nei confronti di NOME COGNOME. Tuttavia, nel caso di specie, l’accertamento traeva origine non dal richiamo per relationem al verbale emesso nei confronti di un diverso soggetto, ma bensì da una complessa attività di indagine, da cui sono risultati gli elementi riportati analiticamente nella motivazione degli atti impositivi impugnati (Cass., n. 24443 del 2008).
1.2. In ogni caso, le questioni sollevate dalla contribuente -e riportate a pag. 16 ss. del ricorso in cassazione -sono state riproposte tardivamente davanti al giudice di seconde cure, davanti al quale la parte appellata si è costituita in data 07/04/2017 a fronte dell’appello notificato in da ta 15/06/2015, ben oltre il termine di sessanta giorni (art. 54 e 23 d.lgs. n. 546 del 1992). È pertanto palesemente tardiva al riproposizione RAGIONE_SOCIALE questioni non accolte da parte del primo giudice. La CTR ha, quind i, errato nell’accogliere una questionenon rilevabile d’ufficio da ritenere abbandonata con la conseguente violazione dell’art. 56 d.lgs. n. 546 del 1992.
Con il secondo motivo di ricorso è stata denunciata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. 7 legge n. 212 del 2000, 42
d.P.R. n. 600 del 1973, 56 d.P.R. n. 633 del 1972, 16 e 17 d.lgs. n. 472 del 1997, 2697 cod. civ., anche in combinato disposto.
2.1. Con tale motivo di ricorso la parte ricorrente evidenzia che la CTR -nel ritenere nulli gli avvisi di accertamento, per mancata allegazione degli atti relativi alla verifica a carico di NOME COGNOME citati negli atti impositivi impugnati -ha dato un’interpretazione non corretta degli artt. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 d.P.R. n. 633 del 1972, dal momento che tali norme impongono che siano allegati all’avviso di accertamento gli atti ai quali viene fatto riferimento nella motivazione, a meno che non siano già conosciuti dal contribuente o non ne sia riportato il contenuto essenziale nell’avviso stesso. L’Ufficio aveva già rilevato come gli atti richiamati fossero già noti (trattandosi di fatture emesse nei confronti della società contribuente) o comunque riprodotti nel loro contenuto essenziale nell’ambito dell’atto impositivo impugnato (quanto al PVC, alle dichiarazioni del sig. COGNOME, all’indagine presso il PR e il sig. NOME COGNOME e alla dichiarazioni rese e alla dichiarazione prodotta).
La CTR -per effetto dell’erronea interpretazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000 -ha omesso di verificare se gli atti relativi alla verifica nei confronti del sig. NOME NOME fossero noti al contribuente o riprodotti nel loro contenuto essenziale.
La CTR fa poi RAGIONE_SOCIALE affermazioni non corrette nel ritenere che la mancata allegazione del PVC integri la violazione del contraddittorio ai sensi dell’art. 12 legge n. 212 del 2000, così come nel richiamare i tributi armonizzati. Difatti, ai sensi dell’art. 12 legge n. 212 del 2000 la notifica del PVC è dovuta solamente al contribuente che abbia subito ispezione, acceso e verifica.
Con il terzo motivo di ricorso è stata denunciata la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 112 cod. proc.
civ. e degli artt. 7 e 57 d.lgs. n. 546 del 1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.
3.1. La ricorrente, con tale motivo di ricorso, ritiene che la CTR, nel sostenere che il PVC notificato alla ditta RAGIONE_SOCIALE dovesse essere notificato alla contribuente, per poi attendere sessanta giorni per l’emissione degli avvisi di accertamento , e nel ritenere questi ultimi nulli per omesso esperimento del contraddittorio preventivo ex art. 41 Carta di Nizza, è incorsa in un vizio di ultrapetizione, essendosi pronunciata su nullità, in realtà, mai dedotte dalla contribuente.
Con il quarto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 12 legge n. 212 del 2000, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
4.1. Con tale motivo di ricorso viene evidenziato che il verbale di chiusura RAGIONE_SOCIALE operazioni di accesso, ispezione e verifica deve essere notificato solamente al contribuente interessato da queste ultime e non a terzi soggetti.
Con il quinto motivo di ricorso è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 41 e 52 della Carta di Nizza e dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.
5.1. La ricorrente evidenzia che la CTR ha errato nel ritenere gli avvisi di accertamento impugnati nulli per mancata instaurazione del contraddittorio preventivo. Non solo tale questione poteva venire in rilievo solamente per l’IVA, ma anche in quest’ulti ma ipotesi il contribuente ha l’onere di dimostrare che, in caso di effettiva instaurazione del contraddittorio, avrebbe potuto far valere questioni non pretestuose, indicandone i contenuti. Ove la CTR avesse eseguito tale accertamento si sarebbe tenuto conto che di tutto ciò non vi era traccia nei ricorsi di primo grado. L’omissione del
contraddittorio è, peraltro, sanata nell’ipotesi in cui il contribuente abbia partecipato -pur dopo l’avviso di accertamento a una procedura in contraddittorio con il fisco, il cui completamento è condizione di eseguibilità dell’avviso stesso. Nella specie è pacifico che il contribuente abbia partecipato a tale procedura.
La parte ricorrente conclude, poi, a pag. 29 ss. del ricorso in cassazione con una breve nota in ordine all’effettivo interesse a proporre ricorso in cassazione.
6.1. A tal fine la ricorrente evidenzia che, sebbene il PVC a carico del sig. COGNOME, il verbale RAGIONE_SOCIALE dichiarazioni del sig. COGNOME e le dichiarazioni del sig. COGNOME e gli esiti dell’indagine al PRA non siano stati prodotti agli atti del giudizio, vi è, comunque, un interesse a proporre ricorso: tutte le questioni indicate negli avvisi di accertamento sono, infatti, provate con l’efficacia dell’atto pubblico dalla denunzia all’AG penale, allegata con all. 4 alle controdeduzioni in primo grado per l’ anno 2004. Riproduce, quindi, alcune pagine degli avvisi di accertamento impugnati.
In via preliminare occorre dare atto dell’inammissibilità del controricorso, notificato a mezzo posta e per il quale non sono stati prodotti gli avvisi di ricevimento. Anche per la notificazione del controricorso deve, infatti, ritenersi che valga lo stesso principio adottato da questa Corte per la notifica del ricorso (Cass., 27/10/2017, 27552; Cass., 04/06/2010, n. 13639). Di conseguenza, la notifica a mezzo del servizio postale non si esaurisce con la spedizione dell’atto ma si perfeziona con la consegna del relativo plico al destinatario e l’avviso di ricevimento prescritto dall’art. 149 cod. proc. civ. è il solo documento idoneo a provare sia l’intervenuta consegna, sia la data di essa, sia l’identità della persona a mani della quale è stata eseguita. Pertanto, ove tale mezzo sia stato adottato per la notifica del controricorso per cassazione, la mancata
produzione dell’avviso di ricevimento comporta non la mera nullità bensì l’inesistenza della notificazione (della quale, pertanto, non può essere disposta la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 cod. proc. civ.) e la dichiarazione di inammissibilità del controricorso medesimo.
Passando all’esame del ricorso i l secondo motivo, il quarto e il quinto motivo di ricorso possono essere esaminati insieme e sono fondati con il conseguente assorbimento del primo e del terzo motivo.
Nel caso di specie emerge dagli atti di causa che gli atti impositivi impugnati traggono origine dalla verifica eseguita nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, il quale risultava aver emesso alcune fatture relative al noleggio di un’autobetoniera, con indicazioni generiche relative alle prestazioni rese, pagate in contanti e recanti importi in eccesso. I militari si erano, quindi, rivolti al sig. NOME COGNOME che aveva confermato la parziale inesistenza RAGIONE_SOCIALE operazioni fatturate alla contribuente, spiegando i criteri di sovrafatturazione e confermando che i pagamenti erano avvenuti in contanti. Inoltre, dalla consultazione del PRA di Milano risultava che, in data 24/01/2005, il sig. NOME COGNOME, per conto del sig. COGNOME COGNOME, aveva presentato istanza di radiazione per l’autobetoniera, con la restituzione RAGIONE_SOCIALE targhe, secondo quanto, successivamente, confermato dallo stesso sig. COGNOME. Di conseguenza, la Guardia di Finanza aveva ritenuto che tutte le fatture emesse dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE nei confronti della società contribuente successivamente al 24/01/2005, riguardassero operazioni oggettivamente inesistenti, mentre quelle fatturate anteriormente erano connotate da una parziale inesistenza oggettiva.
Ciò premesso, deve ritenersi corretta la censura inerente alla violazione degli artt. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 e 56 d.P.R. n. 633
del 1972, considerato che la CTR ha dato rilievo al dato formale della mancata allegazione del PVC nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE NOME. Tanto più che la sentenza impugnata fa riferimento a una verifica fiscale eseguita dalla Guardia di Finanza, ritenendo invalidi gli atti impositivi impugnati nella misura in cui facevano riferimento a (non meglio precisati) atti presupposti che riguardavano la verifica nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE. Peraltro, le contestazioni nei confronti della società contribuente (odierna controricorrente) attengono al carattere oggettivamente inesistente di fatture emesse successivamente alla data di dismissione dell’autoveicolo tramite il quale venivano eseguite le prestazioni in favore della società contribuente -sulla base di una verifica presso il PRA che, in quanto riscontrata da un pubblico ufficiale (trattandosi di fatto da lui compiuto) risultava coperta da fede privilegiata ai sensi e per gli effetti di cui all’art. 2700 cod. c iv.
8.1. Secondo questa Corte l’avviso di accertamento soddisfa l’obbligo di motivazione quando pone il contribuente nella condizione di conoscere esattamente la pretesa impositiva, individuata nel “petitum” e nella “causa petendi”, mediante una fedele e chiara ricostruzione degli elementi costitutivi dell’obbligazione tributaria, anche quanto agli elementi di fatto ed istruttori posti a fondamento dell’atto impositivo, in ragione della necessaria trasparenza dell’attività della Pubblica Amministrazione, in vista di un immediato controllo della stessa (Cass., 21/11/2018, n. 30039).
8.2. Di conseguenza, il giudice di seconde cure -oltre a non dare rilievo adeguato alla circostanza se gli atti impugnati recassero, comunque, i dati essenziali relativi alle verifiche che avevano segnato l’incipit RAGIONE_SOCIALE riprese nei confronti della società contribuente, anche in ragione di quanto espressamente previsto negli artt. 42
d.P.R. n. 600 del 1973 e 54 d.P.R. n. 633 del 1972 – non ha correttamente valutato se gli avvisi di accertamento impugnati ( tenuto conto RAGIONE_SOCIALE contestazioni dell’amministrazione finanziaria ) riproducessero o meno i contenuti essenziali per poter ritenere provati i fatti costitutivi della (maggior) pretesa tributaria accertata nei confronti del contribuente, in conseguenza dell’uso di fatture per operazioni oggettivamente inesistenti, considerato che la stessa sentenza impugnata evidenzia come la pretesa erariale tragga fonte, ancorché indirettamente, dalle risultanze della verifica nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE.
8.3. Questa Corte, con riferimento alla formulazione dell’art. 7 legge n. 212 del 2000 (applicabile ratione temporis al caso di specie) ha precisato che l’obbligo dell’Amministrazione finanziaria di allegare al relativo avviso gli atti indicati nello stesso deve essere inteso in relazione alla finalità “integrativa” RAGIONE_SOCIALE ragioni che giustificano l’emanazione dell’atto impositivo ai sensi dell’art. 3, comma 3, legge n. 241 del 1990, sicché detto obbligo riguarda i soli atti che non siano stati già trascritti nella loro parte essenziale nell’avviso stesso, con esclusione, peraltro, di quelli cui l’Ufficio abbia fatto comunque riferimento, i quali, pur non facendo parte della motivazione, sono utilizzabili ai fini della prova della pretesa impositiva (Cass., 05/10/2018, n. 24417).
Allo stesso modo l’art. 12, comma 7, legge n. 212 del 2000 (applicabile, ratione temporis, al caso in esame) si riferisce, come correttamente rilevato dalla parte ricorrente, al contribuente destinatario direttamente di accessi, ispezioni e verifiche fiscali e non a terzi soggetti. Di conseguenza, nel caso di specie non veniva affatto in rilievo alcun termine a difesa in favore del contribuente, come quello di cui è stata ipotizzata la violazione nella motivazione della sentenza impugnata.
10. Infine, anche le osservazioni inerenti alle disposizioni della Carta di Nizza contenute nella sentenza impugnata non sono corrette, in quanto non conformi a quanto precisato dalle Sezioni Unite di questa Corte, secondo le quali, in tema di diritti e garanzie del contribuente sottoposto a verifiche fiscali, l’Amministrazione finanziaria è gravata di un obbligo generale di contraddittorio endoprocedimentale, la cui violazione comporta l’invalidità dell’atto purché il contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto le ragioni che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, esclusivamente per i tributi “armonizzati”, mentre, per quelli “non armonizzati”, non è rinvenibile, nella legislazione nazionale, un analogo generalizzato vincolo, sicché esso sussiste solo per le ipotesi in cui risulti specificamente sancito (Cass., Sez. U, 09/12/2015, n. 24823 e, da ultimo, v. Cass., Sez. U, 25/07/2025, n. 21271, dove è stato precisato, con riferimento ai tributi armonizzati, la necessità che contribuente abbia assolto all’onere di enunciare in concreto gli elementi in fatto che avrebbe potuto far valere e non abbia proposto un’opposizione meramente pretestuosa, fittizia o strumentale, tale essendo quella non idonea a determinare un risultato diverso del procedimento impositivo, secondo una valutazione probabilistica ex ante spettante al giudice di merito).
11. Alla luce di quanto sin qui evidenziato devono essere accolti, nei termini di cui in motivazione, il secondo, il quarto e il quinto motivo di ricorso, con il conseguente assorbimento del primo e del terzo motivo di ricorso.
12. La sentenza impugnata deve essere, pertanto, cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio.
P.Q.M.
accoglie il secondo, il quarto e il quinto motivo di ricorso nei termini di cui in motivazione e dichiara assorbiti gli altri; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia che, in diversa composizione, deciderà anche sulle spese del presente giudizio. Così deciso in Roma, il 23/09/2025.
La Presidente NOME COGNOME