Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 30797 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 30797 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 02/12/2024
IRES
ACCERTAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23099/2017 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato che la rappresenta e difende;
-ricorrente –
Contro
RAGIONE_SOCIALE a socio unico, in persona del legale rappresentante p.t., rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura in calce al controricorso ed elettivamente domiciliato presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA n. 932/08/17 depositata l’08/03/2017;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 18 ottobre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
Fatti di causa
L’Agenzia delle Entrate emetteva nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE a socio unico l’avviso di accertamento T9V03D801349/2014 con il quale, per l’anno di imposta 2011, contestava la deducibilità di due operazioni per acquisto di materiale ferroso non adeguatamente documentate, l’una per
l’importo di euro 393.000,00 e l’altra per l’importo di euro 1.291.131,00. L’Ufficio riprendeva a tassazione i costi non documentati.
Avverso l’atto di accertamento proponeva ricorso la RAGIONE_SOCIALE a socio unico innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Pavia. L’Agenzia delle Entrate si costituiva chiedendo il rigetto dell’impugnazione. L’adita Commissione, con la sentenza 485/03/15 depositata il 28/09/2015, accoglieva il ricorso ritenendo fondata l’eccezione del contribuente circa il difetto di sottoscrizione dell’accertamento.
Con riguardo a detta sentenza l’Agenzia delle Entrate prestava acquiescenza quanto all’annullamento della ripresa a tassazione dei costi non documentati per euro 1.291.131,00 e, nel resto, proponeva appello eccependo la tardività della eccezione circa il difetto di sottoscrizione dell’atto impositivo accolta dal giudice di prime cure perchè proposta solo nella memoria integrativa in primo grado e ribadendo la legittimità dell’accertamento trattandosi di costi non documentati. La RAGIONE_SOCIALE a socio unico si costituiva in giudizio contestando l’impugnazione e chiedendone il rigetto. L’adita Commissione tributaria regionale della LOMBARDIA con la sentenza n. 932/08/17 depositata l’08/03/2017 rigettava l’appello, confermava la sentenza di primo grado e condannava alle spese l’Ufficio.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso in cassazione l’Agenzia delle Entrate con un unico strumento di impugnazione. La RAGIONE_SOCIALE socio unico si è costituita con controricorso chiedendo dichiararsi l’inammissibilità e comunque l’infondatezza dell’impugnazione.
Il ricorso è stato trattato dal Collegio nella camera di consiglio del 18/10/2024.
Ragioni della decisione
Con l’unico motivo di ricorso l’Agenzia delle Entrate deduce violazione e falsa applicazione dell’art. 57 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4), cod. proc. civ.. In particolare la difesa erariale lamenta la nullità della sentenza perché avrebbe posto a fondamento della decisione, piuttosto che le argomentazioni riportate nel ricorso del contribuente in primo grado e dibattute tra le parti, una deduzione che la società aveva sollevato solo in sede di discussione del giudizio di appello e cioè l’esistenza della duplicazione della pretesa fiscale, perché avanzata dall’Ufficio nei confronti del signor NOME COGNOME sia in qualità di liquidatore e legale rappresentante della società sia in proprio quale socio unico della medesima società e, pertanto, una questione tardivamente proposta e inammissibile.
1.1. Il motivo è fondato. La sentenza della Commissione tributaria regionale ha affermato, in effetti, che: «il contribuente (l’amministratore della società) aveva ammesso in udienza che le operazioni di cui alle fatture contestate erano inesistenti e fittizie e che l’utilizzo delle fatture in questioni serviva, per la stessa dichiarazione del contribuente, a ridurre il reddito imponibile della società RAGIONE_SOCIALE a socio unico e, per questa via, della stessa persona, NOME COGNOME amministratore ed unico socio. La sentenza prosegue affermando che: gli importi di cui si discute sono stati richiesti -come evidenziato in udienza -direttamente al COGNOME trattandosi di imposte dovute sui ricavi omessi sulle quali dovrà (anche) pagare le relative sanzioni. A giudizio della Commissione non è, quindi, possibile sottoporre a tassazione due volte lo stesso illecito: sui ricavi omessi da parte del COGNOME; sugli stessi ricavi divenuti costi non documentati dalla RAGIONE_SOCIALE a socio unico (in quanto deve restare vivo quello ‘personale’: sarà quindi cura dell’Agenzia evidenziare questo particolare ai giudici presso cui è pendente il relativo contenzioso intestato a NOME COGNOME quale persona fisica».
1.2. Orbene, emerge all’evidenza che il motivo fondamentale della decisione della Commissione tributaria regionale è costituito dalla pretesa duplicazione della pretesa impositiva dell’Ufficio perché spiegata verso NOME COGNOME quale persona fisica e quale socio unico e amministratore della RAGIONE_SOCIALE: questo motivo ha precluso ogni esame nel merito dell’appello dell’Amministrazione finanziaria, ogni logica conclusione circa le conseguenze della inesistenza dei costi fatturati e ogni valutazione sulla ripresa a tassazione degli stessi costi e sulla legittimità dell’accertamento.
1.3. Come dedotto dall’Ufficio ricorrente, come chiaramente espresso dalla stessa sentenza e nemmeno contestato dalla difesa del contribuente, tale questione non era stata proposta in primo grado quale motivo di impugnazione dell’accertamento, ma era emersa solo nel giudizio di appello. La questione era nuova, tardiva e inammissibile; si trattava di una questione idonea ad ampliare la causa petendi e che non rappresentava una mera difesa del contribuente ma un motivo aggiunto di impugnazione dell’accertamento. In tal senso assume rilievo l’orientamento secondo il quale: nel processo tributario d’appello, la nuova difesa del contribuente, ove non sia riconducibile all’originaria causa petendi e si fondi su fatti diversi da quelli dedotti in primo grado, che ampliano l’indagine giudiziaria ed allargano la materia del contendere, non integra un’eccezione, ma si traduce in un motivo aggiunto e, dunque, in una nuova domanda, vietata ai sensi degli artt. 24 e 57 del d.lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 03/11/2022, n. 32390).
In conclusione, in accoglimento dell’unico motivo di ricorso, la sentenza impugnata deve essere cassata, con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, che, in diversa composizione, procederà a nuovo esame, e provvederà anche a regolare la spese processuali del giudizio di legittimità tra le parti.
P.Q.M.
accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata, e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, cui è demandata anche la regolazione delle spese del giudizio di legittimità.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 18 ottobre