Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14745 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14745 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 01/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 10224 -2023 R.G. proposto da:
SCONTI NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al ricorso
-ricorrente-
contro
COMUNE DI REGGIO CALABRIA, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall’Avvocato NOME COGNOME giusta procura speciale allegata al controricorso
-controricorrente-
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE , in persona del Direttore pro tempore
-intimata – avverso la sentenza n. 3265/2022 della CORTE DI GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della CALABRIA, depositata il 27.10.2022;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio non partecipata del 16/5/2025 dal Consigliere Relatore Dott.ssa NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
NOME COGNOME propone ricorso, affidato a due motivi, per la cassazione della sentenza indicata in epigrafe, con cui la Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Calabria aveva, in sede di revocazione della sentenza 2243/2019 emessa dalla Commissione tributaria regionale della Calabria, respinto l’appello avverso la sentenza n. 693/2018 emessa dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Calabria, in rigetto del ricorso proposto avverso cartella esattoriale emessa per il mancato pagamento ICI per gli anni di imposta 2009, 2010 in favore del Comune di Reggio Calabria.
Il Comune resiste con controricorso; Agenzia delle entrate riscossione è rimasta intimata.
La ricorrente ha da ultimo depositato memoria difensiva.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.1. Con il primo motivo la ricorrente denuncia, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c., «nullità della sentenza per violazione art. 132 cpc e 36 Dlgs 546/92; violazione dell’art.58 d.lgs. 546/92» e lamenta motivazione apparente per avere i Giudici d’appello omesso di «considerare … la mancata regolarità del procedimento notificatorio».
1.2. Il motivo è infondato.
1.3. Per costante giurisprudenza di questa Corte (cfr., tra le molte, Cass. n. 15883 del 2017; Cass. n. 9105 del 2017; Cass. Sez. Unite n. 22232 del 2016; Cass. n. 9113 del 2012; Cass. n. 16736 del 2007), ricorre il vizio di omessa o apparente motivazione della sentenza allorché il giudice di merito ometta di indicare gli elementi da cui ha tratto il proprio convincimento, ovvero li indichi senza un’approfondita disamina logica o giuridica, rendendo, in tal modo, impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del suo ragionamento.
1.4. Nella fattispecie in esame la sentenza impugnata esplicita in maniera sufficiente la ratio decidendi circa la ritualità della notificazione della notifica degli atti impositivi sottesi alla cartella impugnata con particolare riguardo alla prova dell’invio delle «comunicazioni di avvenuto deposito (CAD)» delle relative raccomandate, consentendo il controllo del percorso logico -giuridico che ha portato alla decisione, tant’è che, con il restante motivo, la contribuente ha potuto censurare compiutamente gli errori in fatto che, secondo la ricorrente, giustificano comunque la richiesta cassazione dell’impugnata sentenza.
2.1. Con il secondo motivo la ricorrente denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5), c.p.c., omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti, per avere la Commissione tributaria regionale omesso «l’esame della circostanza relativa alla inammissibilità delle prove nuove in appello tributario ex art. 58, dlgs 546/93».
2.2. La censura, da riqualificare ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3), c.p.c. è infondata.
2.3. La giurisprudenza di questa Corte, con orientamento costante, ha ritenuto che, nel processo tributario, sia ammissibile la produzione di nuovi documenti in appello, in quanto, alla luce del principio di specialità espresso dall’art. 1, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 in forza del quale, nel rapporto fra norma processuale civile ordinaria e norma processuale tributaria, prevale quest’ultima non trova applicazione la preclusione di cui all’art. 345, comma 3, p.c. (nel testo introdotto dalla l.
69 del 2009), essendo la materia regolata dall’art. 58, comma 2, del citato d.lgs., che consente alle parti di produrre liberamente i documenti anche in sede di gravame, sebbene preesistenti al giudizio svoltosi in primo grado, e pure se, in quest’ultimo giudizio, la parte era rimasta contumace (cfr. ex multis Cass. nn. 17921/2021, 14567/2021, 8927/2018, 27774/2017).
2.4. Il principio di ammissibilità della produzione di nuovi documenti in appello, ai sensi dell’art. 58, comma 2, del lgs. n. 546 del 1992, opera peraltro anche nell’ipotesi di deposito in sede di gravame dell’atto impositivo notificato, trattandosi di mera difesa, volta a contrastare le ragioni poste a fondamento del ricorso originario, e non di eccezione in senso stretto, per la quale opera la preclusione di cui all’art. 57 del detto decreto (cfr. Cass. n. 8313/2018).
2.5 Tale orientamento di legittimità ha inoltre trovato anche l’avallo della Corte Costituzionale, che, con sentenza del 14/07/2017, n.199, ha respinto le questioni di legittimità costituzionale sollevate in riferimento all’art. 58 comma 2, d.lg. n. 546 del 1992.
2.6 Dunque, è corretta l’affermazione del giudice di appello, il quale ha ritenuto fosse possibile ammettere la documentazione attestante la notifica degli avvisi di accertamento sottesi alla cartella impugnata, anche se prodotti solo in grado di appello.
2.7 Sul punto la Corte Costituzionale, con la sentenza citata, ha affermato che è insussistente la dedotta violazione dell’art. 24 per la perdita di un grado di giudizio, in quanto la garanzia del doppio grado non gode, di per sé, di copertura costituzionale (sentt. nn. 82/1996, 18 e 165 del 2000, 335/2004, 243/2014, 44 e 121 del 2016, 94/2017; ordd. nn. 8/1999, 217, 329, 330, 401 del 2000, 303/2002, 84 /2003, 386/2004, 410/2007, 316/2008, 190/2013, 42/2014).
2.8 Inoltre, la Corte ha chiarito che la previsione che un’attività probatoria possa essere esperita in appello non è di per sé irragionevole, poiché il regime delle preclusioni in tema di attività probatoria (come la produzione di un documento) mira a scongiurare che i tempi della sua effettuazione siano procrastinati per prolungare il giudizio, mentre la
previsione della producibilità in secondo grado costituisce un temperamento disposto dal legislatore sulla base di una scelta discrezionale, come tale insindacabile.
2.9 Non esiste, invero, un principio costituzionale di necessaria uniformità tra i diversi tipi di processo, e, più specificatamente, un principio di uniformità del processo tributario e di quello civile.
2.10 Secondo la Corte Costituzionale, non sussiste alcuna disparità di trattamento tra le parti del giudizio, atteso che la facoltà di produrre per la prima volta in appello documenti già posseduti nel grado anteriore è riconosciuta ad entrambe le parti del
2.11 Ne consegue il rigetto della doglianza proposta con il secondo motivo.
Sulla scorta di quanto sin qui illustrato, il ricorso va integralmente respinto.
Le spese di lite seguono la soccombenza e sono liquidate come da dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la ricorrente a rimborsare le spese di lite in favore della controricorrente, che liquida in euro 1.486,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1quater del d.P.R. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento da parte della ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello, ove dovuto, per il ricorso a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio, tenutasi in modalità