Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 22142 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 22142 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: PAOLITTO LIBERATO
Data pubblicazione: 06/08/2024
Irpef Ilor RAGIONE_SOCIALE
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 690/2017 R.G. proposto da RAGIONE_SOCIALE (c.f.: P_IVA), in persona del suo Direttore p.t. , rappresentata e difesa dall’RAGIONE_SOCIALE (c.f.: CODICE_FISCALE), presso i cui uffici, in RomaINDIRIZZO INDIRIZZO, ope legis domicilia (p.e.c.: EMAIL);
-ricorrente –
contro
NOME, con domicilio eletto in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; studio COGNOME), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente – e sul ricorso proposto da
RAGIONE_SOCIALE, in persona del suo legale rappresentante p.t. , rappresentata e difesa dall’avvocato NOME
NOME (CODICE_FISCALE), con domicilio in Roma, INDIRIZZO, presso la Cancelleria della Corte di Cassazione;
NOME, con domicilio eletto in INDIRIZZO INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE; studio COGNOME), rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE);
-controricorrente –
e
RAGIONE_SOCIALE;
-intimata – avverso la sentenza n. 4952/40/16, depositata il 26 luglio 2016, e notificata il 25 ottobre 2016, della Commissione tributaria regionale del Lazio;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023, dal AVV_NOTAIO.
Rilevato che:
-con sentenza n. 4952/40/16, depositata il 26 luglio 2016, e notificata il 25 ottobre 2016, la Commissione tributaria regionale del Lazio ha accolto l’appello proposto da COGNOME avverso la decisione di prime cure che aveva disatteso l’impugnazione di un avviso di intimazione emesso dall’agente della riscossione in relazione ad un presupposto avviso di accertamento esecutivo (n. NUMERO_DOCUMENTO), atto emesso in relazione al periodo di imposta 2007;
1.1 -a fondamento del decisum , il giudice del gravame ha ritenuto che:
andava disatteso il motivo di impugnazione proposto con riferimento al luogo ov’era stata eseguita la notifica dell’avviso di
accertamento, in quanto (così come emergeva dalle stesse dichiarazioni dei redditi presentate) il contribuente aveva residenza anagrafica e domicilio fiscale (proprio) in Sora, alla INDIRIZZO;
a fronte, invece, della deduzione di non aver ricevuto la notifica dell’atto presupposto -deduzione che determinava «una sorta di presunzione ‘iris tantum’ di non conoscenza, ponendo, in tal modo, a carico del giudice l’onere di reperire agli atti del processo, l’eventuale prova positiva e, più in generale, di accertare se l’interessato abbia avuto effettivamente conoscenza del provvedimento e abbia volontariamente e consapevolmente rinunciato a proporre opposizione.» -dall’esame degli atti emergeva che la notifica dell’a vviso di accertamento non si era perfezionata con conseguente nullità dell’avviso di intimazione;
-difatti, l’addetto alla notifica – «non potendo eseguire la notifica direttamente o alle persone indicate dall ‘art . 139 c.p.c.» – aveva depositato l’atto «nella Casa Comunale o presso l’Ufficio postate » ed aveva comunicato al destinatario l’avvenuto deposito dell’atto « con una seconda raccomandata A.R. di avvenuta giacenza (la c.d. CAD)) indicando il luogo dove ritirare l’atto. »;
alla notifica dell ‘atto presupposto si correlava un «avviso di ricevimento 76569433612 -9 spedito il 14/08/2012 ed immesso in cassetta il 21/08/2012 la successiva comunicazione CAD recante avviso di ricevimento n. 76581909813-8 datato (presumibilmente dalla data dell’immissione in cassetta del 21/08/2012) è s tato ritirato in data 29/08/2012 con la motivazione: Atto non ritirato nei limiti dei 10 gg. Ricevuta (23L) al mittente; quindi per complessivi 8 giorni e non dieci (escludendo il primo giorno in oss equio all’art. 155 del cpc).»;
«il primo avviso di ricevimento n. 76569433612-9, spedito il 14/8/12 (a cui sarebbe succeduto il moRAGIONE_SOCIALE C.A.D.) non è intestato a
NOME NOME ma a NOME (quindi a persona diversa da quella a cui l’atto impositivo era diretto). »;
detto avviso di ricevimento, poi, non recava alcuna sottoscrizione né il suo destinatario risultava «qualificato in nessuna RAGIONE_SOCIALE figure di soggetti cui poter notificare validamente atti giuridici a mente dell’art. 139 c.p.c.»;
per di più dalle annotazioni apposte sugli atti in notifica, risultava che non era stato rispettato « il termine della ‘compiuta giacenza’ di 10 giorni in base al procedimento di notifica dell’atto presupposto alla intimazione di pagamento, (plico depositato il 21/08/2012 ritiro il 29/08/)» , in quanto l’atto era stato ritirato dopo otto giorni di giacenza (art. 155, comma 1, cod. proc. civ.);
-l’ RAGIONE_SOCIALE ricorre per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi cui COGNOME NOME resiste con controricorso;
RAGIONE_SOCIALE, con ricorso successivo, ha anch’essa impugnato la sentenza articolando due motivi cui COGNOME NOME resiste con controricorso.
Considerato che:
-il ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE è articolato sui seguenti motivi:
1.1 -il primo motivo, formulato ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., espone la denuncia di nullità della sentenza per violazione degli artt. 112 e 157 cod. proc. civ. nonché del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 18, 24, 32, 53, 56 e 57, deducendo la ricorrente che:
col ricorso in appello, controparte aveva impugnato la sentenza sfavorevole di primo grado deducendo la nullità della notifica dell’atto presupposto (un avviso di accertamento esecutivo resosi definitivo in difetto di impugnazione) in ragione della sua esecuzione: a) – da parte dell’agente della riscossione, direttamente ed a mezzo del servizio
postale; – b) presso un luogo (INDIRIZZO) diverso da quello corrispondente alla residenza del destinatario dell’atto (INDIRIZZO);
dette censure, a loro volta, erano state introdotte in giudizio, la prima col ricorso introduttivo, la seconda con memoria depositata in corso di causa (il 9 giugno 2015);
solo con le memorie depositate in appello (peraltro tardivamente, il 13 giugno 2016, a fronte dell’udienza di discussione tenutasi il 22 giugno 2016), controparte aveva dedotto ulteriori profili di nullità (in tesi) correlati alla «giacenza» dell’atto in notifica ed all’invio della raccomandata informativa;
il giudice del gravame, pertanto, nel recepire il contenuto di dette memorie, aveva pronunciato, in violazione dell’art. 112 cod. proc. civ., su censure di nullità che non erano state proposte né col ricorso introduttivo del giudizio né con gli stessi motivi di appello e, per di più, esaminando il contenuto di una memoria prodotta (tardivamente) nel corso stesso del giudizio di appello, così in violazione (anche) del principio del contraddittorio;
a fronte, poi, del deposito nel giudizio (di primo grado) della documentazione relativa agli atti di notifica dell’avviso di accertamento , il ricorrente avrebbe dovuto formulare motivi aggiunti di impugnazione ai sensi dell’art. 24, cit.;
1.2 -il secondo motivo reca la denuncia, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., di violazione e falsa applicazione di legge con riferimento alla l. 20 novembre 1982, n. 890, artt. 8 e 14, ed all’art. 2700 cod. civ., nonché, questa volta ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., di omesso esame di fatti decisivi per il giudizio, oggetto di discussione tra le parti;
assume, in sintesi, l’ RAGIONE_SOCIALE che:
alla stregua degli atti di notifica depositati sin dal primo grado di giudizio, poteva desumersi che l’avviso di accertamento era stato notificato a mezzo del servizio postale e, dunque, di una raccomandata che, contrassegnata dal n. 76569433612 -9, risultava intestata (proprio) a COGNOME;
-dallo stesso avviso di ricevimento emergeva che l’agente postale aveva curato tutti gli adempimenti previsti a seguito del mancato rinvenimento del destinatario del plico, così provvedendo al deposito RAGIONE_SOCIALE stesso presso l’ufficio postale;
diversamente, pertanto, da quanto rilevato dal giudice del gravame, l’indicazione di COGNOME NOME figurava (solo) sulla raccomandata informativa inviata (sempre al domicilio di COGNOME NOME, alla INDIRIZZO) a seguito della mancata consegna del plico, circostanza, questa, frutto di mero disguido e non idonea ex se a viziare il procedimento di notifica, atteso che tanto la raccomandata postale in consegna quanto lo stesso avviso immesso nella cassetta postale del destinatario avevano riguardo alla persona di COGNOME NOME;
inoltre il plico in notifica era stato depositato presso l’Ufficio postale (il 21 agosto 2012) con invio di raccomandata informativa, così che l’atto in giacenza presso l’ufficio postale in tale condizione era rimasto e il giudice del gravame erroneamente aveva interpretato l’annotazione della data del 29 agosto 2012, apposta (nell’avviso di ricevimento della raccomandata postale) sotto la voce «ritiro», – in assenza, ad ogni modo, di un effettivo ritiro dell’atto , – come se a detta data l’atto fosse stato restituito al mittente (in violazione del termine di giacenza);
–RAGIONE_SOCIALE ricorre, a sua volta, per la cassazione della sentenza sulla base di due motivi di ricorso che -in disparte varianti meramente lessicali ovvero di indicazione di dati normativi -si sostanziano di contenuti censori del tutto sovrapponibili
-anche per gli evocati parametri del sindacato di legittimità – a quelli sopra esposti con riferimento al ricorso dell’ RAGIONE_SOCIALE;
-occorre premettere che la sentenza impugnata risulta notificata nei soli confronti dell’RAGIONE_SOCIALE, così che deve ritenersi tempestivo (entro il termine lungo semestrale; d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 38, comma 3, in relazione all’art. 3 27 cod. proc. civ.) il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE -nei cui confronti, a sua volta, non risulta notificato il ricorso de ll’RAGIONE_SOCIALE con atto notificato il 27 febbraio 2017 (nella giornata di lunedì; v. l’art. 155, commi 4 e 5, cod. proc. civ.), ed a fronte di sentenza pubblicata il 26 luglio 2016;
– il primo motivo dei due ricorsi -dal cui esame consegue l’assorbimento del secondo motivo (pur) negli stessi formulato – è fondato, e va senz’altro accolto;
4.1 -come, innanzitutto, reso evidente dall’esame degli atti cui si correlano le censure in questione -atti che le due ricorrenti riproducono estensivamente nei rispettivi contenuti -il giudice del gravame ha esaminato profili di deduzione che, in relazione alla nullità della notifica dell’atto presupposto ( un avviso di accertamento), l’appellante non aveva proposto con i motivi di impugnazione della sentenza resa nel primo grado di giudizio e che aveva articolato (solo) con memorie depositate nel corso RAGIONE_SOCIALE stesso giudizio di appello (d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, artt. 32 e 61);
4.2 – in termini generali, la Corte ha ripetutamente statuito che -tenuto conto (anche) della struttura impugnatoria del processo tributario, nel quale la contestazione della pretesa fiscale è suscettibile di essere prospettata solo attraverso specifici motivi di impugnazione dell’atto – le forme di invalidità dell’atto tributario, ove anche dal legislatore indicate sotto il nomen di nullità, si riferiscono ad annullabilità, ciò in quanto l’atto nullo produce effetti nel mondo
giuridico fiscale come se fosse valido, tanto che costituisce titolo per la riscossione ed è suscettibile di divenire definitivo, rendendo irrilevanti gli eventuali vizi, se l’interessato non propone ricorso al giudice tributario (v., ex plurimis , Cass., 18 maggio 2018, n. 12313; Cass., 18 settembre 2015, n. 18448);
– si è, quindi, precisato che il contenzioso tributario ha un oggetto rigidamente delimitato dai motivi di impugnazione avverso l’atto impositivo dedotti col ricorso introduttivo, i quali costituiscono la causa petendi entro i cui confini si chiede l’annullamento dell’atto e la cui formulazione soggiace alla preclusione stabilita dal d.lgs. n. 546 del 1992, art. 24, comma 2, cit., quanto alla proposizione di motivi aggiunti (Cass., 21 gennaio 2021, n. 1177; Cass., 24 luglio 2018, n. 19616; Cass., 24 ottobre 2014, n. 22662; Cass., 2 luglio 2014, n. 15051; Cass., 20 ottobre 2011, n. 21759; Cass., 24 giugno 2011, n. 13934; Cass., 18 giugno 2003, n. 9754);
4.3 -con riferimento, poi, alle questioni (di nullità) poste davanti al giudice del gravame, si è rimarcato che la deduzione dell’omessa notifica dell’atto impugnato non può far ritenere acquisito al thema decidendum l’esame di qualsiasi vizio di invalidità del procedimento notificatorio, non ponendosi una relazione di continenza tra l’inesistenza ed i vizi di nullità di tale procedimento, e altrimenti derivandone un’inammissibile scissione tra il tipo di invalidità denunciato con la formulata eccezione di merito e la specifica deduzione dei fatti sui quali essa si fonda, il cui onere di allegazione ricade esclusivamente sulla parte qualora si facciano valere eccezioni in senso stretto (così Cass., 2 marzo 2017, n. 5369; Cass., 5 aprile 2013, n. 8398);
né, del resto, come anticipato, le esaminate questioni di nullità erano state proposte con lo stesso atto di appello, la violazione del divieto RAGIONE_SOCIALE jus novorum (qui) conseguendo (anche) dalla stessa sede
di articolazione RAGIONE_SOCIALE censure che, costituita da memorie depositate in relazione alla fissata udienza di discussione, non avrebbero potuto risolversi -piuttosto che nella sola illustrazione RAGIONE_SOCIALE difese già in contestazione tra le parti – nella devoluzione al giudizio di questioni volte a prospettare nuove eccezioni con ampliamento del thema decidendum ;
-l’impugnata sentenza va, pertanto, cassata e, non essendo necessari ulteriori accertamenti di fatto, la causa va decisa nel merito con rigetto del ricorso originario del contribuente;
-le spese del giudizio seguono la soccombenza di parte controricorrente e vanno liquidate come da dispositivo, quanto ai gradi di merito tenuto conto della (incontestata) liquidazione RAGIONE_SOCIALE spese portata dalla gravata sentenza (in € 12.000,00) da ridurre del 20% in relazione alla difesa personale svolta dall’RAGIONE_SOCIALE ( d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, art. 15, comma 2sexies ) – oltreché della costituzione di RAGIONE_SOCIALE nel solo primo grado di giudizio.
P.Q.M.
La Corte
-accoglie il primo motivo dei ricorsi proposti dall’RAGIONE_SOCIALE e da RAGIONE_SOCIALE, assorbito il secondo motivo di ciascuno di detti ricorsi;
-cassa la sentenza impugnata e, decidendo la causa nel merito, rigetta il ricorso originario del contribuente;
-condanna COGNOME alle spese del doppio grado del giudizio di merito che liquida, quanto all’ RAGIONE_SOCIALE, nell’importo di € 9.600,00 e, quanto ad RAGIONE_SOCIALE , in € 6.000,00, oltre rimborso spese generali della difesa (15%), ed altri accessori come per legge;
-condanna NOME NOME al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in € 15.000,00 per compensi
professionali, oltre spese prenotate a debito, quanto alla RAGIONE_SOCIALE, ed in € 15.000,00 per compensi professionali ed € 200,00 per esborsi, oltre rimborso forfettario RAGIONE_SOCIALE spese generali nella misura del 15% ed altri accessori di legge, quanto ad RAGIONE_SOCIALE
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 6 dicembre 2023.