Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16279 Anno 2024
Civile Sent. Sez. 5 Num. 16279 Anno 2024
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 12/06/2024
quali la violazione di legge e l’ omessa motivazione, non individuando neppure il pertinente paradigma processuale che non è il 360 primo comma n.4 cod. proc. civ.. Inoltre, la censura è anche manifestamente infondata. Il giudice di appello non ha omesso di motivare né violato la legge, ma si è conformato alla consolidata interpretazione giurisprudenziale ritenendo che il ricorso fosse stato presentato nei termini per il fatto che la contribuente aveva presentato all’RAGIONE_SOCIALE un ‘ istanza formalmente qualificata come «istanza di accertamento con adesione (art. 6, terzo comma, del d.lgs. n. 218 del 1997)». Va data continuità alla giurisprudenza della Sezione (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n.27274 del 24/10/2019) secondo la quale in caso di presentazione dell’istanza di accertamento con adesione la mancata comparizione del contribuente alla data fissata per la definizione in via amministrativa della lite, sia essa giustificata o meno, non interrompe la sospensione del termine di 90 giorni per l’impugnazione dell’avviso di accertamento, in quanto detto comportamento non è equiparabile alla formale rinuncia all’istanza né è idoneo a farne venir meno “ab origine” gli effetti. Eguali considerazioni valgono con riferimento al l’interpretazione del contenuto dell’istanza presentata RAGIONE_SOCIALE società, che non può
essere derubricata a richiesta di mera autotutela, in quanto diretta ad ottenere uno spatium deliberandi previsto RAGIONE_SOCIALE legge (Cass. Sez. 5 – , Ordinanza n. 21096 del 24/08/2018) secondo cui il decorso del termine di sospensione di novanta giorni per l’impugnazione dello stesso segue automaticamente alla presentazione dell’istanza di definizione.
7. Con il secondo motivo di ricorso, proposto in riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., viene prospettata l’o messa motivazione circa un fatto controverso e decisivo della causa, che ha formato oggetto di discussione tra le parti, in relazione anche all’art. 62, primo comma, d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546. La censura evidenzia che l’RAGIONE_SOCIALE aveva eccepito davanti alla CTR, sotto vari profili, l’inammissibilità del ricorso introduttivo e dell’appello per carenza di prova della legittimazione processuale del dott. COGNOME in persona del quale era stato proposto sia il ricorso introduttivo sia l’appello principale. L’ eccezione sarebbe stata rigettata con motivazione solo apparente, mancando sia la valutazione degli elementi addotti dall’RAGIONE_SOCIALE circa l’irritualità dell’intestazione dei predetti atti, sia della irrilevanza della qualifica di amministratore delegato posseduta dal dott. COGNOME, sia della inidoneità della delibera del CDA come da verbale del 21.11.2011 allegata da controparte in giudizio tardivamente perché non prodotta col ricorso introduttivo, sia della portata da attribuire all’ art. 2384 cod. civ.. La questione è stata ulteriormente rielaborata dall’RAGIONE_SOCIALE in sede di memoria illustrativa.
8. Il terzo motivo, in relazione all’art. 360, primo comma, nn. 3 e 4, cod. proc. civ., lamenta anche la violazione e falsa applicazione dell’art. 75, terzo comma, cod. proc. civ., e degli artt. 12 e 18 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, e dell’art. 2384 cod. civ. da parte della sentenza d’appello, nella parte concernente l’ammissibilità del ricorso introduttivo e dell’appello principale, perché il ricorso introduttivo non reca l’indicazione nominativa del “legale rappresentante” della società,
e perché questa lacuna non potrebbe ritenersi colmata RAGIONE_SOCIALE successiva indicazione della qualità di amministratore delegato – e non di legale rappresentante – in capo al dott. COGNOME.
I motivi, connessi, possono essere esaminati congiuntamente e sono inammissibili per più ragioni.
9.1. La formulazione della seconda censura, come eccepito in controricorso, non tiene conto dell ‘art. 54, comma primo, lett. b), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito con modificazioni RAGIONE_SOCIALE l. 7 agosto 2012, n. 134, che ha riformato il testo dell’art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., e si applica nei confronti della sentenza qui impugnata, depositata il 3 giugno 2014. Nel testo applicabile, il vizio motivazionale deve essere dedotto censurando l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti» e non più l’«omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione» circa un fatto controverso e decisivo per il giudizio come precedentemente previsto dal ‘vecchio’ n.5, con conseguente inammissibilità del motivo di ricorso il quale non ha tenuto conto del mutato quadro normativo processuale (cfr. Cass. Sez. U, Sentenza n. 19881 del 2014).
9.2. Inoltre, con riferimento ad entrambi i motivi in disamina, vale il principio di diritto (Cass. Sez. L, Sentenza n. 267 del 11/01/1995; conformi Cass. Sez. 3, Sentenza n. 8722 del 02/09/1998; Cass. Sez. 2, Sentenza n. 8826 del 30/04/2015) secondo il quale la legitimatio ad processum , riferita alla capacità delle parti a stare in giudizio, in proprio o con la debita rappresentanza, assistenza o autorizzazione, costituisce un presupposto che attiene alla regolare costituzione del rapporto processuale e l’accertamento della sua esistenza o della sua mancanza può essere compiuto in ogni stato e grado del processo, sinanche in sede di legittimità, con il solo limite della formazione del giudicato che preclude la proposizione o la riproposizione della relativa questione. Pertanto, la produzione dell’atto o documento da cui risulti la sussistenza di detta legittimazione, produzione ammissibile anche
nel giudizio di cassazione, ai sensi dell’art. 372, primo comma, cod. proc. civ., non essendo assoggettata alle preclusioni, anche di ordine cronologico, riguardanti l’acquisizione del materiale probatorio occorrente per decidere la causa nel merito, ha l’effetto di sanare retroattivamente le irregolarità che inficiano i precedenti gradi del giudizio, fermo restando che tale sanatoria non opera quando i giudici di merito abbiano già rilevato la mancanza del presupposto processuale, traendone le debite conseguenze in ordine alla validità dell’atto compiuto in mancanza di esso.
Nel caso in esame non solo non vi è un giudicato interno nel senso dell’assenza di legittimazione ad agire in giudizio conferita al Presidente dal Consiglio di RAGIONE_SOCIALE della società, ma esiste un accertamento del giudice in senso diametralmente opposto. Infatti, la CTR ha compiuto un accertamento motivato a riguardo, nei seguenti termini: «Per quanto attiene alla legitimatio di COGNOME NOME, ratione temporis, a rappresentare la ISE ed a conferire procura speciale per la lite, essa discende RAGIONE_SOCIALE qualità di amministratore delegato, all’uopo destinatario anche di apposita delibera del Consiglio RAGIONE_SOCIALE che dava facoltà ad agire ed a contestare in qualsiasi sede. Inoltre, sulla base della previsione di cui all’alt. 2384 cod. civ., “il potere di rappresentanza attribuito agli amministratori dallo statuto o RAGIONE_SOCIALE deliberazione di nomina è generale”. Alla data emergente dal conferimento della procura il COGNOME appariva ricoprire tale qualità.».
9.3. Nella sentenza impugnata la CTR ha motivato, compiendo precisi accertamenti fattuali circa il conferimento di poteri di rappresentanza generali in capo a chi ha conferito procura ai difensori per introdurre il ricorso in primo grado e l’impugnazione , anche sulla base del verbale del consiglio di amministrazione del 21.11.2011. È formalistica l ‘ulteriore doglianza dell’RAGIONE_SOCIALE secondo la quale tale delibera doveva essere allegata al ricorso introduttivo, non ostandovi la consolidata giurisprudenza di legittimità sopra citata, né la ricorrente ha dimostrato e
neppure allegato che tale carenza e la mancata indicazione nominativa del legale rappresentante della società avesse ragionevolmente determinato un concreto nocumento per la difesa erariale o incertezza assoluta circa l’identificazione della controparte.
9.4. Infine, non è accoglibile l’ulteriore elaborazione contenuta nella memoria illustrativa dell’RAGIONE_SOCIALE, anche ai fini della declaratoria di inammissibilità del controricorso nel giudizio di Cassazione, secondo la quale «il potere di rappresentanza non può trovare la propria fonte nella delega delle attribuzioni del consiglio di amministrazione, poiché il consiglio di amministrazione non è titolare del potere di rappresentanza» e la ricorrente sulla base della delibera del CDA dell’8.7.2014 «segnala in aggiunta il limite posto dal consiglio alla legittima assunzione di impegni, che esclude quelli di valore superiore ad euro 1.000.000», giusta visura alla CCIAA della società allegata alla memoria ex art.378 cod. proc. civ..
Il collegio osserva infatti da un lato che l ‘organo amministrativo di un ente è titolare del potere gestorio che si manifesta nella scelta delle attività da intraprendere al fine di raggiungere gli obiettivi per il quale l’ente è stato costituito e al suo presidente, investito dei poteri di impulso, coordinamento e guida dell’organo amministrativo compete la legale rappresentanza dell’ente, la legitimatio ad processum.
Dall’altro, è evidente che l’accertamento della CTR circa i poteri conferiti con delibera del CDA oggetto del motivo di ricorso si basa su una delibera anteriore a quella dell’8.7.2014 quale emerge RAGIONE_SOCIALE visura alla CCIAA del 24.11.2014 allegata alla memoria ex art.378 cod. proc. civ.. La questione è perciò sul piano cronologico astrattamente rilevante solo ai fini dell’eventuale inammissibiltà del controricorso. Inoltre, nel concreto, il limite invocato dall’RAGIONE_SOCIALE nella sua interpretazione della delibera non si estende alla costituzione nel presente processo di cassazione tramite controricorso, dal momento che la delibera conferisce
delega all’amministratore per «tutte le attribuzioni del CDA ad eccezione delle seguenti: a) gli impegni di qualsiasi tipo e sotto qualsiasi forma, di importo superiore ad euro 1.000.000», e la costituzione nel presente giudizio non risulta che di per sé abbia comportato alcun impegno in tal senso, ad esempio perché l’emolumento pattuito con i difensori possa travalicare tale limite, né l’esito del giudizio è scontato con conseguente assenza di impegno a riguardo.
10. Con il quarto motivo, ex art. 360, primo comma, n. 3. cod. proc. civ. si censura la violazione e falsa applicazione dell’art. 19 del d.P.R. 31 dicembre 1972, n. 633, per contraddittorietà tra la parte in cui la CTR afferma «la impugnata sentenza ha adeguatamente illustrato la cointeressenza tra le società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE, ha esaminato le modalità delle transazioni e della regolamentazione finanziaria, ha approfondito le vicende interne della società; e pertanto è correttamente pervenuta a ravvisare circostanze gravi precise e concordanti nel senso di una reale insussistenza di un reale scopo imprenditoriale alla base delle ripetute cessioni e retrocessioni» e il successivo annullamento dell’avviso di accertamento. La doglianza si riferisce alla complessiva argomentazione della CTR relativa alla ritenuta infondatezza della pronuncia di primo grado cui la C.T.R. dedica, formalmente secondo l’RAGIONE_SOCIALE , i punti da 5 a 11 della motivazione.
11. Il motivo è affetto da concorrenti profili di inammissibilità. La censura non individua il pertinente paradigma processuale rilevante, poiché il profilo del «contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili» nella motivazione avrebbe dovuto essere censurato ex art. 360, primo comma, n. 4. cod. proc. civ. o comunque doveva essere oggetto di una censura motivazionale (Cass. Sez. Un., 7 aprile 2014 n. 8053), e non per violazione di legge. Inoltre, la doglianza è inammissibile anche perché generica e non specifica, censurando come contraddittoria una motivazione molto ampia ai punti 5-11 della sentenza, che si dipana per 9 pagine e contiene numerosi e distinti apprezzamenti fattuali da parte
del giudice, capi suscettibili di essere oggetto di autonome doglianze. Tale prospettazione è inammissibile per consolidata interpretazione giurisprudenziale (già Cass. 30 dicembre 2015 n. 26110) dal momento che in tema di ricorso per cassazione, il vizio di violazione di legge consiste in un’erronea ricognizione da parte del provvedimento impugnato della fattispecie astratta recata da una norma di legge implicando necessariamente un problema interpretativo della stessa; viceversa, l’allegazione di un’erronea ricognizione della fattispecie concreta, mediante le risultanze di causa, inerisce alla tipica valutazione del giudice di merito la cui censura è possibile, in sede di legittimità, attraverso il vizio di motivazione.
12. Con la quinta censura, in rapporto all’ art. 360, primo comma, n. 5. cod. proc. civ., la ricorrente prospetta l’ omesso esame circa fatti controversi e decisivi della causa, che hanno formato oggetto di discussione tra le parti. Ad avviso dell’RAGIONE_SOCIALE ricorrente, i fatti determinanti della causa ai fini del riconoscimento del diritto alla detrazione dell’IVA, risultano completamente omessi nella motivazione della sentenza impugnata e sono: a) il fatto che, ai fini IVA, non vi sia stata alcuna generazione di valore aggiunto a seguito delle varie transazioni; b) la circostanza che, con riferimento al periodo di possesso dell’immobile da parte della contribuente (dall’1/11/2005 al 6/10/2006), essa non avrebbe provato in quale concreto processo produttivo l’immobile in questione sia stato impiegato; c) sul piano fiscale, le successive cessioni e retrocessioni hanno determinato un danno all’Erario in termini di costi dedotti e di IVA detratta; d) il riconoscimento del diritto alla detrazione non è condizionato dall’effettuazione dei versamenti dell’imposta; e) a causa della sequela di cessioni e retrocessioni sia la società RAGIONE_SOCIALE che la società RAGIONE_SOCIALE sono state sottoposte a commissariamento giudiziale.
13. Il motivo è inammissibile. Con riferimento al punto d) il Collegio constata che non è indicato un fatto il cui esame sia stato omesso, ma
un’interpretazione giu ridica della normativa sull’imposta armonizzata . Inoltre, con riferimento alle restanti circostanze, va rammentato il corretto procedimento logico che il giudice di merito deve seguire nella valutazione degli indizi ai fini della disamina della fondatezza delle riprese: la gravità, precisione e concordanza richieste RAGIONE_SOCIALE legge vanno desunte dal loro esame complessivo, in un giudizio non atomistico di essi (ben potendo ciascuno di essi essere insufficiente da solo), sebbene preceduto RAGIONE_SOCIALE considerazione di ognuno per individuare quelli significativi, perché è necessaria la loro collocazione in un contesto articolato, nel quale un indizio rafforza ed ad un tempo trae vigore dall’altro in vicendevole completamento (Cass. n. 12002 del 2017; Cass. n. 5374 del 2017). Ciò che rileva è che RAGIONE_SOCIALE valutazione complessiva emerga la sufficienza degli indizi a supportare la presunzione semplice di fondatezza della pretesa, fermo restando il diritto del contribuente a fornire la prova contraria. Il giudice ha compiuto tale valutazione attraverso una serie articolata di accertamenti fattuali da pag.3 a pag.11 della sentenza impugnata, con precisi ancoraggi nel quadro istruttorio raccolto nel processo che hanno portato ad escludere la detraibilità de ll’ IVA 20% per euro 24.092.224,00 gravante sul contratto rogato dal AVV_NOTAIO il 1.11.2005 e relativa fattura n. 1 del 2.11.2005 emessa da RAGIONE_SOCIALE in relazione al ritrasferimento del centro commerciale alla contribuente.
Inoltre, per consolidata interpretazione giurisprudenziale (Cass. Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014), l’omesso esame di elementi istruttori non integra di per sé il vizio di omesso esame di un fatto decisivo, se il fatto storico rilevante in causa sia stato comunque preso in considerazione, benché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie offerte dalle parti. Nella fattispecie, il fatto storico è indubbiamente stato considerato dal giudice, sia quanto alla contestata «carenza di razionalità economico-commerciale nella vendita in questione (…) » (cfr. pp.3 e ss. sentenza), sia al fatto che «A seguito di
azione giudiziaria dei soci di minoranza RAGIONE_SOCIALE, il tribunale civile nominò un amministratore giudiziario (…) » (cfr. pp.3 e 4 sentenza). Egualmente, è stato valutato anche il fatto che l’operazione «non avrebbe comportato creazione di ricchezza reale», mentre inconducente è il profilo relativo al danno erariale.
14. Il sesto mezzo di impugnazione, ai fini dell’ art. 360, primo comma, n. 3. cod. proc. civ., prospetta la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, d.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 28 della l. 16 febbraio 1913, n. 89 da parte della sentenza impugnata nella parte in cui non trae le debite conseguenze dai vizi di nullità che inficiano l’atto per AVV_NOTAIO del 1° novembre 2005, avente ad oggetto la rivendita del RAGIONE_SOCIALE alla contribuente e che ha comportato la contestata detrazione dell’imposta relativa. L ‘RAGIONE_SOCIALE rammenta che la nullità dell’atto può essere fatta valere da chiunque ne abbia interesse, oltre ad essere rilevabile d’ufficio dal giudice ai sensi dell’art. 1421 cod. civ. e comporta che la vendita stipulata sarebbe improduttiva di effetti e non potrebbe giustificare la detrazione dell’imposta relativa alla cessione.
15. Con il settimo motivo, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3. cod. proc. civ., si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art. 19, d.p.r. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione agli artt. 1343 e 1418 cod. civ. nella parte in cui la sentenza impugnata ha escluso la nullità del contratto per causa illecita ed assume che, in ogni caso, la nullità non avrebbe impedito il diritto alla detrazione.
16. I due motivi suddetti sono connessi in quanto entrambi incentrati sulla contestata nullità del contratto e le sue conseguenze sulla detrazione dell’imposta armonizzata, e possono essere trattati congiuntamente.
16.1. I motivi non sono inammissibili come eccepito in controricorso, perché è chiaro il riferimento da parte dei motivi all’art. 19, d.P.R. 31 dicembre 1992, n. 546, norma pertinente in relazione riprese oggetto
di controversia, come pure specifico è il riferimento alle norme sull’interpretazione del contratto e all’art.28 della legge notarile e le censure individuano il loro oggetto. Infatti, l ‘RAGIONE_SOCIALE ha denunciato la nullità del contratto rogato il 1.11.2005 dal AVV_NOTAIO COGNOME, fratello di COGNOME NOME, socia in MOKARK, in ISE e in RAGIONE_SOCIALE e moglie del COGNOME NOME, dominus del RAGIONE_SOCIALE e controllante tutte le predette società, avente ad oggetto il ritrasferimento della proprietà del centro commerciale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla contribuente, e censura la decisione della CTR che, attraverso una doppia motivazione, ha da un lato affermato la mera rilevanza disciplinare del comportamento del AVV_NOTAIO e, dall’altro, comunque la rilevanza dell’eventuale nullità solo ai fini civilistici e non tributari.
I motivi sono fondati, per le ragioni che seguono.
17.1. Il Collegio osserva in primo luogo che il AVV_NOTAIO è una figura che assomma in sè le componenti del munus pubblico, proprio del pubblico ufficiale, e quelle del libero professionista. È per tale ragione che l’art.28 della legge 16 febbraio 1913 n.89 nello statuire quali atti il AVV_NOTAIO non possa rogare, al fine di assicurare la posizione di terzietà del professionista, ai nn. 1 e 2, prevede che il AVV_NOTAIO non può ricevere atti se essi sono espressamente proibiti RAGIONE_SOCIALE legge o manifestamente contrari al buon costume e all’ordine pubblico, o se vi intervengono come parti la propria moglie o suoi parenti o affini in linea retta in qualunque grado, ed in linea collaterale fino al terzo grado inclusivamente. La previsione amplia ulteriormente l’arco degli atti interdetti, disponendo al n. 3 che tra essi vi sono quelli che «contengano disposizioni che interessino lui stesso, la moglie sua o alcuno dei suoi parenti o affini, fino al terzo grado inclusivamente, o persone delle quali egli sia procuratore per l’atto da stipularsi, salvo che la disposizione si trovi in testamento segreto (…)».
17.2. Inoltre, l’art. 58, comma 1, n. 3 della legge da ultimo citata sanziona con la nullità le disposizioni effettuate in violazione della precedente norma e la costante giurisprudenza della Corte afferma che il divieto previsto dall’art. 28, n. 3, della legge 16 febbraio 1913, n. 89, che interdice al AVV_NOTAIO di rogare atti che contengano disposizioni che interessino lui stesso, la moglie o alcuno dei suoi parenti o affini, in linea retta o in linea collaterale fino al terzo grado, o persone di cui sia procuratore, è posto a presidio della terzietà del AVV_NOTAIO stesso, garantendo la tutela anticipata dell’imparzialità e della trasparenza della sua attività, sicché la valutazione dell’esistenza di un interesse personale del rogante, o degli altri soggetti che sono indicati nella norma, va effettuata ex ante , in termini di mera potenzialità o pericolosità, senza che rilevi se le parti abbiano in concreto ricevuto o meno un danno dall’atto rogato (cfr. Cass. 29 maggio 2013 n.26848). «L’art. 58, comma 1, n. 3 della stessa legge, sanziona con la nullità le disposizioni effettuate in violazione della precedente norma (giacché la funzione notarile “non solo deve svolgersi nell’ambito della più rigorosa legalità, ma deve essere esplicitata pure in modo da ispirare la massima fiducia ed allontanare possibilmente anche il sospetto che negli atti possa esservi un interesse personale del notaro che li riceve”, così Cass. 4 agosto 1942 n. 2449). Osserva questa Corte che, come tutti i divieti sanzionati da nullità, con il conseguente regime della rilevabilità d’ufficio o su istanza di qualunque terzo interessato e della imprescrittibilità della relativa azione (artt.1421 e 1422 cod. civ.), il divieto in esame presidia superiori e generali interessi e non già quelli propri ed esclusivi delle parti del contratto ed assume una valenza precettiva meramente formale, laddove configura come illegittime situazioni tipiche di mera condotta e non anche le situazioni produttive di danno per alcuni soggetti o di vantaggio per il AVV_NOTAIO o per i prossimi congiunti indicati RAGIONE_SOCIALE norma» (così Cass. 29 maggio 2013 n.26848 in parte motiva; conforme, tra le altre, Cass. 23 maggio 2001 n.7028). L’interpretazione
consolidata afferma dunque che tale nullità, rilevabile anche d’ufficio e denunciabile da chiunque vi abbia interesse ex art.1421 cod. civ., presidia la funzione notarile, la quale non solo deve svolgersi nell’ambito della più rigorosa legalità, ma deve essere esplicitata pure in modo da ispirare la massima fiducia ed allontanare possibilmente anche il sospetto che negli atti possa esservi un interesse personale del notaro che li riceve.
17.3. Non è perciò logica quella parte della motivazione del giudice d’appello che ha affermato che il rogito del 1.11.2005 comporterebbe una violazione dell’art.28 cit. con rilevanza meramente disciplinare per il AVV_NOTAIO. Secondo una valutazione ex ante , anche in termini di mera potenzialità, il fatto che l’atto possa essere stato rogato al fine di soddisfare l’interesse di soggetti contemplati RAGIONE_SOCIALE norma non è stato considerato dal giudice, tenuto conto che è incontestato il fatto che il AVV_NOTAIO al tempo è parente in linea collaterale di primo grado di COGNOME NOME, socia in MOKARK, in ISE e in RAGIONE_SOCIALE e moglie del COGNOME NOME, dominus del RAGIONE_SOCIALE e nel controllo di tutte le già menzionate società. Il contratto avente ad oggetto la retrocessione della proprietà del centro commerciale RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE alla contribuente da lui rogato in data 1.11.2005 è dunque nullo e anche l’RAGIONE_SOCIALE finanziaria è un soggetto che ha interesse a far valere ex art.1421 cod. civ. tale nullità.
18. Nella concorrente motivazione espressa dal giudice d’appello, si afferma anche che, comunque, nessuna rilevanza avrebbe tale nullità di origine civilistica sul piano del diritto tributario e sull’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA ad aliquota del 20% pari ad euro 24.092.224 gravante sul contratto di cui al rogito per AVV_NOTAIO del 1.11.2005 (imponibile euro 120.461.123) e alla relativa fattura n.1 del 2.11.2005 emessa RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE
18.1. Di recente la Corte di Giustizia UE nella sentenza C-114/22 del 25 maggio 2023, ha statuito che è illegittimo il divieto, basato sulla
normativa nazionale, in forza della quale il soggetto passivo è privato del diritto alla detrazione dell’imposta sul valore aggiunto assolta a monte, per il solo fatto che un’operazione economica imponibile è considerata simulata e viziata da nullità ai sensi delle disposizioni del diritto civile nazionale, a meno che non sia necessario dimostrare che sussistono gli elementi che consentono di qualificare, alla luce del diritto dell’Unione, tale operazione come simulata oppure, qualora detta operazione sia stata effettivamente realizzata, che essa trae origine da un’evasione dell’imposta sul valore aggiunto o da un abuso di diritto.
18.2. Nel caso deciso dal giudice del Lussemburgo la domanda di pronuncia pregiudiziale ha riguardato l’interpretazione dell’articolo 167, dell’articolo 168, lettera a), dell’articolo 178, lettera a), e dell’articolo 273 della direttiva 2006/112/CE del Consiglio del 28 novembre 2006 relativa al sistema comune d’imposta sul valore aggiunto, come modificata RAGIONE_SOCIALE direttiva 2010/45/UE del Consiglio, del 13 luglio 2010, letti alla luce dei principi di neutralit à fiscale e di proporzionalit à . L’RAGIONE_SOCIALE finanziaria nazionale (polacca) ha rimesso in discussione il diritto alla detrazione dell’IVA di cui aveva beneficiato la contribuente, con la motivazione che la cessione dei marchi di cui trattasi era nulla in forza della disciplina civilistica.
18.3. La Corte di Giustizia ha ricordato che secondo l’articolo 167 della direttiva 2006/112, il diritto a detrazione sorge quando l’imposta detraibile diventa esigibile, mentre l’esigibilità di tale imposta si verifica, ai sensi dell’articolo 63 di tale direttiva, nel momento in cui è effettuata la cessione di beni o la prestazione di servizi. Ne consegue che il diritto a detrazione è , in linea di principio, subordinato alla prova della realizzazione effettiva dell’operazione (CGUE, sentenze del 26 maggio 2005, NOME, C-536/03, punti 24 e 25; del 27 giugno 2018, SGI e Val é riane, C-459/17 e C-460/17, punti 34 e 35; del 29 settembre 2022, RAGIONE_SOCIALE, C-235/21, punto 40). Pertanto, in mancanza
di un’effettiva realizzazione della cessione di beni o della prestazione di servizi, non pu ò sorgere alcun diritto a detrazione.
18.4. La giurisprudenza eurounitaria ha peraltro gi à da tempo dichiarato che è inerente al meccanismo dell’IVA il fatto che un’operazione di acquisto simulata, e dunque fittizia, non possa dare diritto ad alcuna detrazione di tale imposta, poich é una siffatta operazione non pu ò avere alcun collegamento con le operazioni tassate a valle (CGUE sentenza dell’8 maggio 2019, EN.SA., C-712/17, punti 24 e 25).
19. Sulla base di tali premesse, con riferimento al caso concreto oggetto del presente ricorso, il rifiuto di concedere ad un soggetto passivo il diritto a detrazione pu ò essere giustificato: o RAGIONE_SOCIALE constatazione che non è stata fornita la prova dell’effettiva realizzazione dell’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione perché fittizia, oppure dall’individuazione di una fattispecie abusiva del diritto o, comunque, dal fatto che trae origine da una evasione.
19.1. Quanto al primo profilo, per poter stabilire l’esistenza, in linea di principio, del diritto a detrazione è necessario verificare se l’operazione a fondamento di tale diritto sia stata effettivamente realizzata e se i marchi di cui trattasi siano stati impiegati dal soggetto passivo ai fini delle sue operazioni soggette ad imposta.
A tal proposito, per il diritto eurounitario l’onere della prova grava sul soggetto passivo, il quale è tenuto a fornire una dimostrazione oggettiva del fatto che beni e servizi gli siano stati effettivamente ceduti o prestati a monte da un altro soggetto passivo, ai fini della realizzazione di proprie operazioni soggette ad IVA e con riguardo alle quali l’ imposta sia stata effettivamente assolta (CGUE sentenze del 21 novembre 2018, V ă dan, C-664/16, punto 44; dell’11 novembre 2021, COGNOME, C281/20, punto 39; del 16 febbraio 2023, DGRFP Cluj, C-519/21, punto 100). Qualora, invece, da tale valutazione globale risulti che la cessione è stata effettivamente realizzata e che i beni ceduti sono stati impiegati a valle dal soggetto passivo ai fini delle sue operazioni soggette ad
imposta, il diritto a detrazione non pu ò , in linea di principio, essergli negato.
19.2. Quanto al secondo profilo, il diritto alla detrazione pu ò comunque essere negato al soggetto passivo qualora sia dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che esso viene invocato in modo fraudolento o abusivo. Infatti, la lotta contro evasioni, elusioni ed eventuali abusi costituisce un obiettivo riconosciuto e incoraggiato RAGIONE_SOCIALE direttiva 2006/112 e la Corte di Giustizia UE costantemente afferma che i singoli non possono avvalersi fraudolentemente o abusivamente delle norme del diritto dell’Unione. Pertanto, quand’anche siano soddisfatte le condizioni sostanziali del diritto a detrazione, spetta alle autorità e ai giudici nazionali negare il beneficio di tale diritto se è dimostrato, alla luce di elementi obiettivi, che detto diritto viene invocato in modo fraudolento o abusivo (CGUE sentenze del 3 marzo 2005, Fini H, C-32/03, punti 34 e 35; del 19 ottobre 2017, Paper Consult, C-101/16, punto 43; del 1° dicembre 2022, RAGIONE_SOCIALE, C-512/21, punto 26).
Riguardo alla questione se lo scopo essenziale di un’operazione si limiti all’ottenimento di tale vantaggio fiscale, in materia di IVA è acquisito che se il soggetto passivo ha la scelta tra due operazioni, non è obbligato a scegliere quella che implica un maggiore pagamento di imposta, e ha il diritto di scegliere la forma di conduzione degli affari che gli permette di ridurre la sua contribuzione fiscale.
Ciò che è vietato sono le costruzioni meramente artificiose, prive di effettività economica, realizzate al solo scopo di ottenere un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria agli obiettivi della direttiva 2006/112 (CGUE ordinanza del 9 gennaio 2023, A.T.S. 2003, C289/22, punto 41). Per la giurisprudenza Halifax (CGUE Halifax e a., C-255/02, punti 74 e 75), poi sempre reiterata, l’accertamento di un comportamento abusivo in materia di IVA richiede, da un lato, che le operazioni di cui trattasi debbano, nonostante l’applicazione formale delle condizioni previste dalle pertinenti disposizioni della direttiva
2006/112 e della normativa nazionale di recepimento, avere come risultato l’ottenimento di un vantaggio fiscale la cui concessione sarebbe contraria all’obiettivo perseguito da dette disposizioni. D all’altro, è richiesto che da un insieme di elementi oggettivi risulti che lo scopo essenziale di dette operazioni si limita all’ottenimento di tale vantaggio fiscale.
19.3. Quanto al profilo dell’evasione dell’IVA , per giurisprudenza eurounitaria consolidata il beneficio del diritto a detrazione dev ‘ essere negato non solamente quando un’evasione sia commessa dal soggetto passivo stesso, ma anche allorquando si dimostri, alla luce di elementi obiettivi, che il soggetto passivo, al quale sono stati ceduti i beni o prestati i servizi posti a fondamento del diritto a detrazione, sapeva o avrebbe dovuto sapere che, con l’acquisto di tali beni e servizi, partecipava ad un’operazione che si iscriveva in un ‘ evasione (CGUE sentenze del 6 dicembre 2012, COGNOME, C-285/11, punto 40; dell’11 novembre 2021, COGNOME, C-281/20, punto 48; del 1° dicembre 2022, COGNOME RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE Com, C-512/21, punto 27). In questo caso, per consolidata interpretazione incombe sull’RAGIONE_SOCIALE finanziaria dimostrare adeguatamente gli elementi oggettivi che consentono di concludere nel senso che il soggetto passivo ha commesso un’evasione dell’IVA o sapeva o avrebbe dovuto sapere che l’operazione invocata a fondamento del diritto a detrazione si iscriveva in una simile evasione.
20. L’insegnamento che precede dev’essere calato nella fattispecie con affermazione del seguente principio di diritto:
« Ai fini dell’esercizio del diritto alla detrazione dell’IVA da parte della cessionaria in caso di nullità del contratto di cessione del bene e relativa fattura emessa RAGIONE_SOCIALE cedente, in applicazione della giurisprudenza della Corte di Giustizia UE sentenza C114/22 del 25 maggio 2023, il soggetto passivo non è privato del diritto alla detrazione per il solo fatto che il contratto è viziato da nullità sulla base del diritto civile, se non è dimostrato
che sussistono gli elementi che consentono di qualificare tale operazione ai sensi del diritto unionale come fittizia oppure, qualora detta operazione sia stata effettivamente realizzata, che essa trae origine da un’evasione dell’imposta o da un abuso di diritto. ».
20.1. La sentenza di appello non ha compiuto tali valutazioni se non in modo parziale, con riferimento al motivo illecito comune in rapporto all’abuso del diritto, e manca del tutto una specifica e motivata valutazione sull’ effettiva realizzazione dell’operazione ed esclusione che fosse fittizia e che non tragga origine da un’evasione fiscale, derivandone la falsa applicazione delle previsioni di legge oggetto delle due censure in disamina.
21. L’accoglimento delle precedenti due censure determina l’assorbimento del l’ottavo motivo con il quale, ex art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., si censura la violazione e falsa applicazione del principio comunitario del divieto di abuso del diritto, nella parte in cui il giudice d’appello nega che nella fattispecie in esame sia configurabile un ‘ ipotesi di abuso del diritto, per l’avvenuto compimento di un atto privo di effettiva razionalità economica, diretto al solo scopo di ottenere un indebito vantaggio fiscale, perché l’intera questione dovrà essere riesaminata dal giudice del rinvio alla luce del principio di diritto che precede.
22. Per effetto dell’accoglimento del sesto e settimo motivo, assorbito l’ottavo, disattesi i restanti, la sentenza impugnata va cassata con rinvio al giudice del merito, in diversa composizione, per i suddetti profili, oltre che per il regolamento delle spese di lite.
P.Q.M.
La Corte accoglie il sesto e settimo motivo del ricorso, assorbito l’ottavo, disattesi i restanti, cassa la sentenza impugnata e rinvia, anche
per le spese, alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Campania, in diversa composizione.
Così deciso in Roma in data 14 febbraio 2024