Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 776 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 776 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2024
Oggetto: Tributi –
Accertamento
ordinanza
sul ricorso iscritto al n. 3943/2018 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dagli avvocati NOME COGNOME e NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, INDIRIZZO (pec: EMAIL), giusta procura speciale in calce al ricorso
-ricorrente –
Contro
Agenzia delle entrate , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Toscana n. 1582/09/2017, depositata il 23.06.2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 9 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RILEVATO CHE
La RAGIONE_SOCIALE esercente attività edilizia, proponeva ricorso avverso distinti avvisi di accertamento emessi per imposte dirette e IVA, in relazione agli anni 2006 e 2007, con i quali erano stati ripresi a tassazione maggiori ricavi accertati sulla base della differenza tra il prezzo indicato nei contratti di compravendita delle unità abitative realizzate dalla contribuente in Sociville (SI) e gli importi dei mutui contratti dagli acquirenti di detti immobili;
la CTP di Siena rigettava, previa riunione, i predetti ricorsi;
-la CTR della Toscana, con la sentenza indicata in epigrafe, accoglieva parzialmente l’appello proposto dal la contribuente, ritenendo legittima la ripresa, con esclusione di uno dei contratti di compravendita oggetto di verifica, in quanto vi erano delle incongruenze tra il prezzo dichiarato nei contratti di compravendita degli immobili, il valore dei mutui richiesti dagli acquirenti di detti immobili ed i valori indicati dall’Osservatorio del mercato immobiliare (OMI); lo studio di settore, inoltre, era stato ritenuto non congruo e non coerente;
la CTR ha poi osservato che la censura sulla invalidità della sottoscrizione dell’atto impugnato era inammissibile, in quanto proposta solo in grado di appello;
la società contribuente impugnava la sentenza della CTR con ricorso per cassazione, affidato a quattro motivi;
-l’Agenzia delle entrate resisteva con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo, la ricorrente lamenta la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973, 56, comma 1, del d.P.R. n. 633 del 1972, 2697 cod. civ. e 7, comma 1, l. n. 212 del 2000, in relazione all’ art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., per non avere la CTR rilevato anche d’ufficio la nullità degli avvisi di accertamento impugnati, in quanto emessi e sottoscritti
da un funzionario non autorizzato, oltre che decaduto, a seguito della sentenza della Corte Costituzionale n. 37 del 2015, non avendo l’Amministrazione allegato a detti avvisi né la delega né l’indicazione del valore e del limite temporale della stessa;
con il secondo motivo, deduce la violazione e/o falsa applicazione degli artt. 39 del d.P.R. n. 600 del 1973, 10, comma 4-bis, della l. n. 146 del 1998 e 2727 cod. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., non avendo la CTR rilevato che l’accertamento induttivo era stato disposto in presenza di contabilità regolare e attendibile, lo studio di settore (SG69U) era congruo e coerente, nei verbali di accertamento sono stati considerati, in mancanza di contraddittorio, documenti (perizia di stima e contratti di mutuo) non conosciuti dalla contribuente, che dovevano essere espunti dal giudizio, ed erano state considerate presunzioni prive dei requisiti di gravità, precisione e concordanza;
con il terzo motivo, denuncia la nullità della sentenza impugnata, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ., riproponendo sotto altro profilo la censura mossa con il primo motivo; -con il quarto motivo, deduce l’omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio, che è stato oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., lamentando il manca to annullamento dell’accertamento anche in relazione agli altri contratti di compravendita, del tutto sovrapponibili a quello del 18.04.2005, escluso dalla ripresa, dovendosi considerare anche la valenza probatoria degli atti pubblici notarili rispetto alle mere presunzioni invocate dall’Agenzia delle entrate;
il primo e il terzo motivo, che vanno esaminati congiuntamente, in quanto connessi, sono inammissibili;
-il vizio denunciato, infatti, non determina la nullità dell’accertamento, in quanto non è rilevabile d’ufficio, dovendo essere
eccepito dal contribuente fin dal primo atto introduttivo del giudizio (cfr. Cass. 18.05.2018, n. 12313);
occorre rammentare che, secondo questa Corte, “in tema di contenzioso tributario, il giudice d’appello, attesa la particolare natura del giudizio, non può decidere la controversia sulla base di un’eccezione (nella specie, relativa alla mancanza di qualifica dirigenziale del sottoscrittore dell’atto impositivo) non ritualmente dedotta con l’originario ricorso introduttivo” (Cass. 23.06.2017, n. 15769);
nel processo tributario, il divieto di nova in appello, ai sensi dell’art. 57 del d.lgs. n. 546 del 1992, si applica sia alle domande che alle eccezioni in senso proprio, intese come lo strumento processuale con cui il contribuente, fa valere un fatto giuridico avente efficacia impeditiva, modificativa o estintiva della pretesa fiscale, che implica la deduzione di fatti che richiedono una specifica indagine, non effettuabile per la prima volta in appello (Cass., 30.10.2018, n. 27562);
la contribuente non ha dimostrato di avere dedotto, con il ricorso introduttivo, l’eccezione riguardante l’asserita carenza di potere del funzionario sottoscrittore dell’atto impugnato;
in ogni caso va ribadito che, ‘In tema di accertamento tributario, ai sensi dell’art. 42, primo e terzo comma, del d.P.R. n. 600 del 1973, gli avvisi di accertamento in rettifica e gli accertamenti d’ufficio devono essere sottoscritti a pena di nullità dal capo dell’ufficio o da altro funzionario delegato di carriera direttiva, cioè da un funzionario di area terza di cui al contratto del comparto agenzie fiscali per il quadriennio 2002 -2005, di cui non è richiesta la qualifica dirigenziale, con la conseguenza che nessun effetto sulla validità di tali atti può conseguire dalla declaratoria d’incostituzionalità dell’art. 8, comma 24, del d.l. n. 16 del 2012, convertito dalla l. n. 44 del
2012’ (Cass. 26/02/2020, n. 5177; conformi, ex plurimis , Cass. 10/12/2019, n. 32172; Cass. 09/11/2015, n. 22800);
ai fini della validità dell’avviso di accertamento, pertanto, non è richiesta la qualifica dirigenziale né per il capo dell’Ufficio né per il funzionario da lui delegato a sottoscrivere l’avviso di accertamento, in quanto il ruolo dirigenziale eventualmente ricoperto esaurisce i propri effetti nell’ambito del rapporto di servizio con l’Amministrazione (Cass. 10/08/2010, n. 18515); ne deriva che, per il mero effetto della richiamata pronuncia del giudice delle leggi sulla legittimità della qualifica dirigenziale del soggetto che ha sottoscritto l’atto, non si produce la nullità degli accertamenti, eccepita dalla contribuente;
il secondo motivo è inammissibile per difetto di specificità, non avendo la contribuente riportato nel corpo del ricorso il contenuto dell’atto impositivo e non avendo neppure precisato quale fosse il metodo di accertamento adottato dall’Amministrazione finanziaria, considerato che l’accertamento analitico induttivo può essere adottato, ai sensi dell’art. 39, comma 1, lett. d), del d.P.R. n. 600 del 1973, anche in presenza di contabilità formalmente regolare;
anche il quarto motivo è inammissibile;
-con la nuova formulazione dell’ art. 360, comma 1, n. 5, cod. proc. civ., nel testo novellato dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, è stato introdotto nell’ordinamento un vizio specifico denunciabile per cassazione, relativo all’omesso esame di un fatto storico, principale o secondario, la cui esistenza risulti dal testo della sentenza o dagli atti processuali, che abbia costituito oggetto di discussione tra le parti e abbia carattere decisivo (vale a dire che, se esaminato, avrebbe determinato un esito diverso della controversia);
si tratta di censura che, tuttavia, impone a chi la denunci di indicare, nel rigoroso rispetto delle previsioni degli artt. 366, comma
1, n. 6, e 369, secondo comma, n. 4, cod. proc. civ., il “fatto storico”, il cui esame sia stato omesso, il “dato”, testuale o extratestuale, da cui esso risulti esistente, il “come” e il “quando” tale fatto sia stato oggetto di discussione processuale tra le parti e la sua “decisività” ( ex multis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
resta fermo che l’omesso esame di elementi istruttori non integra, di per sé, il vizio di omesso esame di un fatto decisivo qualora il fatto storico, rilevante in causa, sia stato comunque preso in considerazione dal giudice, ancorché la sentenza non abbia dato conto di tutte le risultanze probatorie ( ex plurimis , Cass. Sez. U. n. 8053/2014 cit.);
la ricorrente non si è attenuta alle suddette prescrizioni, in quanto non ha trascritto nel ricorso, neppure in modo indiretto, nelle loro parti essenziali, ai fini della percezione della doglianza, gli atti dai quali risulterebbero l’allegazione di tali fatti e la loro discussione, e ha formulato un motivo generico che mira, in realtà, ad attingere il giudizio di fatto operato dal giudice di appello con riferimento alla valutazione delle prove;
il ricorso va, dunque, rigettato e la ricorrente va condannata al pagamento, in favore della controricorrente, delle spese del giudizio, che si liquidano come in dispositivo.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna la RAGIONE_SOCIALE al pagamento, in favore dell’Agenzia delle entrate, delle spese del giudizio, che liquida in € 8.000,00, oltre alle spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13 comma 1-quater d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della parte ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di
contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così d eciso in Roma, nell’adunanza camerale del 9 novembre 2023