Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 24941 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 24941 Anno 2025
Presidente: NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 10/09/2025
ORDINANZA
sul ricorso (iscritto al n. 18185/2023 R.G.) proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (Codice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato e domiciliata ‘ ope legis ‘ presso gli uffici di quest’ultima, siti in Roma, alla INDIRIZZO (indirizzo p.e.c.: EMAIL) ;
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in San Benedetto del Tronto (AP), alla INDIRIZZOCodice Fiscale: CODICE_FISCALE, in persona del legale rappresentante pro tempore ;
-intimata –
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche n. 397/03/2023, pubblicata il 24 aprile 2023;
udita la relazione della causa svolta, nella camera di consiglio del 10 aprile 2025, dal Consigliere relatore dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
1.- La controversia scaturisce da una verifica effettuata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE, importatrice abituale di prodotti esteri, tra i quali anche corde n. 18185/2023 R.G.
COGNOME
Rep.
A.C. 10 aprile 2025
OGGETTO : Dazi doganali – Atto di contestazione e applicazione di sanzioni -Funzionario sottoscrittore -Delega di firma.
in polipropilene acquistate in India. L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Ancona, con verbale n. 3423 del 21 gennaio 2008, provvedeva a prelevare, sulla bolletta doganale n. IM413472/H del 27 dicembre 2007, campioni di corde in polipropilene importate dall’India e li sottoponeva a verifica da parte del laboratorio di Analisi Chimiche di Roma.
A seguito degli esiti del controllo, l’Agenzia contestava l’errata classificazione delle merci nella voce 5607499000 invece che nella corretta voce doganale 5607491900 e notificava, alla società contribuente, un p.v.c. per violazione dell’art. 330 del d.P.R. n. 43 del 1973 (Testo Unico delle disposizioni in materia doganale) e, quindi, nei termini, emetteva l’atto di contestazione ed irrogazione sanzioni n. A305000-22-2014 del 4 febbraio 2014.
La contribuente società RAGIONE_SOCIALE dichiarando la propria buona fede, provvedeva al versamento delle imposte dovute ma proponeva ricorso avverso l’irrogazione delle sanzioni dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Ancona eccependo: la nullità dell’atto per erronea individuazione della dichiarazione doganale contestata; -la nullità/inesistenza dell’avviso di contestazione ed irrogazione sanzioni per vizio di sottosc rizione dell’atto impositivo; -la carenza dell’elemento soggettivo per l’assoluta buona fede nei fatti e nei comportamenti dell’ impresa.
La CTP di Ancona, con la sentenza di primo grado accoglieva il ricorso giudicando l’atto impositivo nullo, poiché sottoscritto da soggetto non legittimato. Ciò in quanto la delega rilasciata dal direttore dell’ufficio aveva valenza per un preciso lasso temporale, mentre la sottoscrizione del funzionario delegato era avvenuta in periodo successivo.
2.L’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli proponeva appello avverso la pronuncia di primo grado formulando due motivi di impugnazione.
Con il primo motivo, lamentava l’erroneità della sentenza di primo grado nella parte in cui l’atto era stato considerato illegittimo in mancanza della sua corretta sottoscrizione, evidenziando che il difetto di firma autografa di un atto amministrativo non è, di per sé, motivo di invalidità dello stesso ove esso sia comunque riferibile all’amministrazione che lo ha emesso. Evidenziava altresì che la data di protocollazione e la data di
sottoscrizione non devono necessariamente coincidere e che, nel caso in esame, detto atto era stato sottoposto all’attenzione del funzionario e da quest’ultimo sottoscritto nel breve periodo temporale, (assenza per ferie del direttore), entro il quale era stato validamente delegato, pur venendo protocollato solo successivamente.
Con il secondo motivo d’appello, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli deduceva la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 -octies l. n. 241 del 1990, ritenendo la sentenza viziata in relazione alla reiezione dell’eccezione in base alla quale il vizio di nomina avrebbe dovuto essere considerato non invalidante, stante la necessità di garantire, in base a giurisprudenza consolidata, la prevalenza della sostanza sulla forma.
La CGT2 Marche, con la sentenza impugnata, rigettava l’appello.
A sostegno di tale pronuncia, affermava: « A riguardo la Corte di Cassazione, con ordinanza numero 32386 del 3 novembre 2022, ha nuovamente chiarito che l’accertamento è nullo ai fini delle imposte se sottoscritto da un funzionario che non abbia rispettato il contenuto (e dunque i limiti) della delega di firma emessa dal capo dell’ufficio. A tal proposito va infatti considerato che la correttezza del procedimento di formazione della pretesa tributaria è assicurata mediante il rispetto di una sequenza procedimentale di determinati atti, sicché negli atti dell’Amministrazione Finanziaria rilevano non solo gli aspetti sostanziali per la determinazione del quantum, ma anche gli aspetti procedurali il cui difetto, anche se parziale, può determinare la nullità dell’atto conclusivo del procedimento. In particolare, per quanto concerne gli avvisi di accertamento delle imposte sui redditi, l’art. 42 del DPR n. 600/73, (applicabile anche alle altre imposte), ne prevede espressamente la nullità se non recano, tra l’altro, ‘la sottoscrizione…di cui al presente articolo’, ovvero se non sono ‘sottoscritti dal capo dell’ufficio o da altro impiegato della carriera direttiva da lui delegato’, disposizione che è integrata da quella contenuta nell’art. 61, II comma, dello stesso DPR n. 600/73, che dispone che la detta nu llità ‘deve essere eccepita, a pena di decadenza, in primo grado’. È bene precisare che la delega deve essere valida ed efficace poiché, come pacificamente ritenuto dalla Suprema Corte, ‘non soddisfa il requisito di sottoscrizione, previsto a pena di nullità, dalla legge, la firma di un soggetto non validamente ed efficacemente delegato, in quanto il
soggetto istituzionalmente competente a sottoscriverli è solo il capo dell’ufficio emittente’ (Cass. n. 25280/2015). Invero, l’avviso di accertamento è un atto della Pubblica Amministrazione avente rilevanza esterna, pertanto la sottoscrizione dello stesso da parte di funzionario diverso da quello istituzionalmente competente ad emetterlo, (ossia il capo dell’ufficio), o da parte di un soggetto da esso non validamente ed efficacemente delegato, non soddisfa il requisito di sottoscrizione previsto, a pena di nullità, dall’art. 42 del DPR n. 600/73 (v. Cass. n. 14195/2000). Il Supremo Consesso, (Cass. n. 18758/2014), a riguardo, ha già da tempo chiarito il principio dal quale deriva la prevista sanzione di nullità ‘..trova giustificazione nel fatto che gli avvisi di accertamento costituiscono la più complessa espressione del potere impositivo e incidono con particolare profondità nella realtà economica e sociale, discostandosi e contestando le affermazioni del contribuente’, così da richiedere un rafforzamento delle ‘qualità professionali di chi emana l’atto le quali integrano una essenziale garanzia per il contribuente’. Nel caso de quo l’avviso è stato chiaramente sottoscritto dopo la scadenza della delega rilasciata, pertanto l’assenza in capo al funzionario firmatario di qualsiasi potere delegato ne comporta l’illegittimità. La presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio è adottato, sostenuta dall’Ufficio, attiene invece altre fattispecie, com e ad esempio la cartella esattoriale, il diniego di condono, l’avviso di mora o l’attribuzione di rendita, poiché in assenza di una sanzione di nullità espressamente prevista per legge, opera la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amm inistrativo che ha emesso il provvedimento. Essa non è dunque applicabile al caso oggetto di controversia. Neanche risulta accoglibile la tesi della giustificabile discrasia tra il momento della sottoscrizione dell’atto contestato e quello della sua protoc ollazione. Infatti in caso di contestazione da parte del contribuente incombe all’Ufficio l’onere di dimostrare il corretto esercizio del potere sostitutivo, (cfr. Cass. 19190/2019 e 22800/2015), consistente nel dare prova dell’esistenza di tale delega e d el suo corretto esercizio, quale effetto diretto dell’espressa previsione della tassativa sanzione legale di nullità dell’avviso di accertamento. Tale onere non può essere validamente assolto per mezzo di una dichiarazione meramente labiale, per cui va considerato che
l’appellante non ha in merito prodotto alcuna concreta prova a sostegno della propria asserzione. ».
3.- Avverso la menzionata sentenza d’appello, l’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli propone ricorso per cassazione, affidato a un unico motivo.
4.- La contribuente società RAGIONE_SOCIALE risulta essere rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
1.- Con l’unico motivo, la ricorrente denuncia , ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3), c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 42, commi 1 e 3, d.P.R. n. 600 del 1973.
Sostiene, al riguardo, che l’ errore di diritto in cui sarebbe incorsa la Corte di secondo grado si sostanzierebbe nell’aver ritenuto, diversamente dalla giurisprudenza consolidata, che la disciplina prevista all’art. 42, commi 1 e 3, del d.P.R. n. 600 del 1973 in materia di accertamento delle imposte sui redditi abbia portata generale applicabile a tutte le imposte e, per quanto ci occupa, ai tributi doganali a prescindere da un’espressa previsione. La CGT2 Marche avrebbe pertanto ritenuto nullo l’atto impugnato inopinatamente estendendo l’applicabilità di una norma di stretta interpretazione. A ben vedere, infatti e secondo la prospettazione della ricorrente, ciò sarebbe chiaramente confermato dalla stessa Ordinanza n. 32386 del 2022 della Suprema Corte che la CGT-2 Marche ha richiamato a sostegno del proprio ragionamento.
La ricorrente deduce altresì che la pronuncia impugnata sarebbe in contrasto con il principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributari, in base al quale devono considerarsi nulli o annullabili solo gli atti tributari emanati in violazione di una specifica disposizione di legge che abbia espressamente comminato l’invalidità una volta valutata la gravità del vizio da parte dell’ordinamento tributario. Ne conseguirebbe che, in difetto di una specifica previsione che preveda, in materia doganale, una causa di nullità dell’atto impositivo per vizio di sottoscrizione, opererebbe la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio lo stesso è adottato, non potendo considerarsi che la contestazione sulla carenza di legittimazione equivalga a sostenere l’usurpazione del potere da parte del funzionario firmatario dell’atto, senza contestualmente almeno allegare
che lo stesso non appartiene ai ranghi dell’Agenzia delle Dogane (allegazione, nella specie, mai avvenuta).
2.- La censura è pienamente fondata.
Ed invero, come più volte chiarito da questa Corte regolatrice , l’art. 42 d.P.R. n. 600 del 1973 si applica alle imposte dirette e all’IVA sulla base del richiamo implicito contenuto nell’art. 56 d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, dovendo invece escludersi ogni estensione ad altro tributo – inclusi, dunque, i dazi doganali – in difetto di espresso richiamo.
In particolare, risulta senz’altro in linea con tale interpretazione, quanto affermato da Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 7077 del 12 marzo 2020, Rv. 657387-01, pronunciata in un caso del tutto speculare a quello oggetto del presente giudizio di legittimità e, cioè, relativo all’eccezione di nullità sollevata nei riguardi un avviso di pagamento emesso dal funzionario di terza area dell’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli, in difetto di delega. La Corte, infatti, ha chiarito che « La nullità per difetto di sottoscrizione del capo dell’Ufficio, ovvero di un funzionario da lui delegato, prevista per gli avvisi di accertamento in tema di imposte dirette e di IVA non si applica agli avvisi di pagamento emessi dall’Agenzia delle Dogane per violazioni sulle accise, per essere l’art. 42, comma 1, del d.P.R. n. 600 del 1973 e l’art. 56 del d.P.R. n. 633 del 1972 norme di stretta interpretazione; né la contestazione sull’assenza della delega di firma può considerarsi equivalente all’eccezione di usurpazione dei poteri ad opera del soggetto firmatario dell’atto, qualora non sia allegato che tale soggetto non appartenga all’Ufficio emittente. »).
Pienamente condivisibili risultano, pertanto, le considerazioni sviluppate dall’amministrazione finanziaria nel ricorso introduttivo del presente giudizio di legittimità. Ed invero, la pronuncia impugnata risulta in contrasto con il principio della tassatività delle cause di nullità degli atti tributari, in base al quale devono considerarsi nulli o annullabili solo quegli atti emanati in violazione di una specifica disposizione di legge che abbia espressamente comminato l’invalidità , una volta valutata la gravità del vizio da parte dell’ordinamento tributario (Cass. civ., Sez. 5, sentenza n. 22800 del 9 novembre 2015, Rv. 627176-01, in motivazione). Ne consegue che, in difetto di una specifica previsione che preveda, in materia doganale, una causa di nullità dell’atto impositivo per vizio di
sottoscrizione, oper a senz’altro la presunzione generale di riferibilità dell’atto all’organo amministrativo titolare del potere nel cui esercizio lo stesso è adottato (Cass. civ., Sez. 5, ordinanza n. 27873 del 31 ottobre 2018, non massimata) non potendo considerarsi che la contestazione sulla carenza di legittimazione equivalga a sostenere l’usurpazione del potere da parte del funzionario firmatario dell’atto, senza contestualmente almeno allegare che lo stesso non appartiene ai ranghi dell’Agenzia delle Dogane.
Nella specie, infatti, alcuna contestazione circa la concreta appartenenza del funzionario sottoscrittore all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli di Ancona risulta essere stata mai sollevata dalla società contribuente (ed odierna intimata) nell’ambito del giudizio di merito.
4.Dalle considerazioni finora sviluppate deriva, dunque, l’accoglimento del ricorso .
5.Deve, conseguentemente, disporsi, ai sensi dell’art. 384, comma 2, prima parte, c.p.c., la cassazione della sentenza impugnata con rinvio alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, la quale procederà a un nuovo esame della controversia uniformandosi ai principi di diritto sopra espressi e provvedendo, altresì, a statuire sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte Suprema di Cassazione
Accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia la causa alla Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado delle Marche, in diversa composizione, anche per la pronuncia sulle spese del presente giudizio di legittimità.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione Tributaria,