Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 642 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 642 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
ORDINANZA
ha pronunciato la seguente sul ricorso n. 2417/2016 proposto da:
Agenzia delle Entrate, nella persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici è elettivamente domiciliata, in Roma, INDIRIZZO
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE nella persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME con domicilio eletto presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME, in Roma, INDIRIZZO giusta procura in calce al controricorso.
– controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della SICILIA, n. 3770/21/2015, depositata in data 4 settembre 2015, non notificata;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 22 novembre 2023 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
La Commissione tributaria provinciale di Caltanissetta, con sentenza n. 556/1/11 depositata il 31 ottobre 2011, aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE nei confronti dell’avviso di accertamento n. CODICE_FISCALE, notific ato il 23 ottobre 2009, relativo ad IVA, anno d’imposta 2004, con il quale l’Agenzia delle Entrate aveva accertato una maggiore Iva dovuta pari ad euro 82.126,00, a seguito del provvedimento prot. n. 83547 del 13 ottobre 2008 emesso dalla Direzione Regionale della Sicilia, con il quale veniva disposta la cancellazione dell’associazione dall’anagrafe tributaria delle ONLUS, con effetto dal 15 febbraio 2001, data di presentazione della comunicazione, per l’insussistenza dei requisiti formali previsti dall’art. 10 del decreto legislativo n. 460 del 1997, per cui l’associazione non poteva godere ai fini Iva del regime agevolativo previsto per le ONLUS.
La Commissione tributaria regionale ha ritenuto inammissibile il gravame, perché la sentenza di primo grado era stata notificata, a mezzo raccomandata A/R n. 14368047129, in data 10 gennaio 2012, mentre l’appello era stato proposto in data 27 aprile 2012, oltre il termine di sessanta giorni (scadente il 10 marzo 2012) previsto, a pena d’inammissibilità, all’art. 51, comma 1, del decreto legislativo n. 546/92.
I giudici di secondo grado, nel merito, hanno evidenziato che:
-) non risultava provata dall’Ufficio la spedizione della richiesta di chiarimenti inoltrata all’Associazione e che il mancato riscontro dell’asserita comunicazione aveva determinato con incomprensibile ritardo l’avvio della procedura di cancellazione, ritardo che non appariva giustificato stante l’attività sociale che veniva assicurata dalle associazioni Onlus;
-) l’Ufficio aveva effettuato una verifica formale e non sostanziale sul possesso dei requisiti dell’ Associazione, verifica ritenuta superflua in considerazione della mancata collaborazione dell’Associazione; né l’Ufficio aveva avanzato rilievi sulla copiosa documentazione (fatture, convenzioni, decreti) prodotta dall’Associazione, che quindi aveva prestato acquiescenza alla circostanza che l’attività realmente svolta rispettava le condizioni previste dalla legge come dimostrato dalla reiscrizione all’anagrafe delle Onlus dell’Associazione, avvenuta da parte della Direzione Regionale con provvedimento n. 2010/11004 del 9 febbraio 2010, a seguito del successivo intervento dell’Associazione che aveva modificato le formule letterali dello statuto, rendendole conformi al dettato normativo.
L’Agenzia delle Entrate ha proposto ricorso per cassazione con atto affidato a tre motivi.
L’RAGIONE_SOCIALE resiste con controricorso.
CONSIDERATO CHE
Il primo mezzo deduce la nullità della sentenza per violazione di norme procedurali, con riferimento agli artt. 38 e 51 del decreto legislativo n. 546/1992, nonché con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata era errata per avere i Giudici di appello, in palese violazione delle norme in epigrafe, ritenuto l’appello inammissibile in quanto tardivo, in quanto, ai fini della validità della notificazione della sentenza, effettuata a mezzo del servizio postale, la sentenza doveva essere notificata in plico
raccomandato, senza busta e con avviso di ricevimento e in copia autentica, previo assolvimento dell’imposta di bollo, rilasciata dalla segreteria della Commissione tributaria, ai sensi del comma 1 dell’art. 38 del decreto legislativo n. 546/1992. Inoltre, la sentenza non aveva costituito oggetto di notifica diretta all’Ufficio bensì era stata semplicemente allegata ad una istanza di rimborso sicché, detto Ufficio non era stato posto nelle condizioni di conoscere tempestivamente ed utilmente la pronuncia. Da ultimo, la copia della sentenza notificata non era stata depositata presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale.
Il secondo mezzo deduce la nullità della sentenza per violazione dell’art. 36 del decreto legislativo n. 546/1992, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 4, cod. proc. civ.. La sentenza impugnata era priva di motivazione, atteso che la motivazione esposta era basata essenzialmente sulla legittimità dell’iscrizione della Associazione nel registro delle ONLUS, laddove, invece, l’ oggetto del presente giudizio riguardava la legittimità dell’avviso di accertamento, con il quale l’Ufficio aveva assoggettato ad IVA con aliquota ordinaria del 20% tutte le prestazioni rese e fatturate dalla società, accertando una maggiore IVA dovuta pari a euro 82.126,00. L’avere prestato acquiescenza alla sentenza della Commissione tributaria regionale n. 2392/35/15, depositata in data 23 luglio 2014, con la quale detto collegio aveva rigettato l’appello proposto dall’Ufficio contro la sentenza n. 142/12/10 della Commissione tributaria provinciale di Palermo riguardante la cancellazione dell’appellata dall’anagrafe delle ONLUS, non spiegava alcun effetto nella controversia in esame, né rilevava, in alcun modo, l’intervenuta reiscrizione dell’Associazione nell’anagrafe delle ONLUS.
Il terzo mezzo deduce l’omessa motivazione su un punto decisivo della controversia, oggetto di contestazione tra le parti, con riferimento all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ.. Nell’atto
di appello, alle pagine 3-10 del ricorso in appello (trascritto alle pagine 6 – 10 del ricorso per cassazione), l’Ufficio aveva mosso numerosi rilievi, evidenziando come diverse operazioni fossero errate per mancanza dei requisiti, soggettivi (riferibili all’Ente) ovvero oggettivi (riferibili alle specifiche prestazioni non rientranti tra quelle previste dal n. 41 bis della Tabella A – parte II allegata al d.P.R. n. 633/72), ovvero assoggettate all’aliquota agevolata del 4% malgrado la medesima società invocasse l’esenzione della prestazione ai sensi dell’art. 10, comma 1, n. 21 del d.P.R. n. 633/72, che non erano stati presi in considerazione dai giudici di secondo grado. Contrariamente a quanto sostenuto dai giudici di secondo grado, l’Ufficio aveva proceduto alla disamina delle fatture emesse e, nell’atto di appello, aveva sottoposto all’attenzione dei giudici ulteriori contraddizioni sull’attività prestata nei confronti dei comuni di Castel Goffredo, di Adrano e di Caltanissetta e sull’attività prestata nei confronti della RAGIONE_SOCIALE e dell’Istituto per ciechi Ardizzone. Analizzando, dunque, gli elementi dedotti dall’Ufficio, i Giudici di secondo grado sarebbero dovuti pervenire ad una soluzione favorevole alle tesi dell’Ufficio, non potendosi ravvisare in capo alla controparte un comportamento fiscale corretto, mentre i predetti elementi non erano stati affatto considerati dalla Commissione tributaria regionale.
In via preliminare osserva il Collegio che l’Associazione controricorrente ha sollevato l’eccezione di inammissibilità del ricorso per il passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria provinciale n. 555/11, poi confermata dalla Commissione tributaria regionale n. 3769/21/15, relativa al medesimo avviso di accertamento favorevole alla coobligata, quale presidente pro tempore dell’associazione, Ventimiglia Francesca.
4.1 L’eccezione è inammissibile, non essendovi prova, in atti, del passaggio in giudicato della sentenza n. 3769/21/14. Vi è, in atti,
soltanto l’attestazione del passaggio in giudicato della sentenza della Commissione tributaria regionale n. 2392/35/14, depositata in data 23 luglio 2014, avente ad oggetto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Palermo n. 142 del 24 marzo 2010, che aveva accolto il ricorso proposto dalla RAGIONE_SOCIALE avverso il provvedimento n. 83547 del 13-15 ottobre 2008, con cui era stata comunicata la cancellazione dall’anagrafe delle ONLUS, con effetto dalla data di presentazione della domanda (15 febbraio 2001), per la mancanza dei requisiti formali.
4.2 Ed invero, secondo la giurisprudenza di questa Corte affinché il giudicato esterno possa fare stato nel processo è necessaria la certezza della sua formazione, che deve essere provata, pur in assenza di contestazioni, attraverso la produzione della sentenza munita del relativo attestato di cancelleria (Cass., 23 agosto 2018, n. 20974); la parte che eccepisce il giudicato esterno ha, dunque, l’onere di fornirne la prova, non soltanto producendo la sentenza emessa in altro procedimento, ma anche corredandola della idonea certificazione ex art. 124 disp. att. cod. proc. civ., dalla quale risulti che la stessa non è soggetta ad impugnazione, non potendosi ritenere che la mancata contestazione di controparte sull’affermato passaggio in giudicato significhi ammissione della circostanza, né che sia onere della controparte medesima dimostrare l’impugnabilità della sentenza (cfr. Cass., 2 marzo 2022, n. 6868).
Tanto premesso, l’esame delle esposte censure porta al rigetto del primo motivo di ricorso, con assorbimento dei restanti motivi.
5.1 Ed invero, le Sezioni Unite di questa Corte, nel rito tributario, hanno statuito il principio, poi ribadito nella giurisprudenza successiva, secondo cui le disposizioni degli artt. 1, comma 2 e 49, comma 1, del decreto legislativo n. 546 del 1992, relative al processo e alle impugnazioni in generale, istituiscono « un’autentica specialità del rito
tributario, sancendo la prevalenza della norma processuale tributaria, ove esistente, sulla norma processuale ordinaria, la quale ultima si applica, quindi, in via del tutto sussidiaria, oltre che nei limiti della compatibilità » (Cass., 7 aprile 2014, n. 8053; Cass., 20 luglio 2016, n. 14916).
5.2 Tale specialità, quanto alla disciplina processuale applicabile, come è stato detto da questa Corte, si riverbera sull’individuazione delle norme alle quali occorre fare riferimento in materia di notificazioni e in particolare, per quanto qui rileva, di notificazione della sentenza di merito ai fini della decorrenza del termine breve per impugnare. Nel processo tributario, la notificazione della sentenza, dalla data della quale decorre il termine breve per l’appello ai sensi dell’art. 51, comma 1, è regolata dall’art. 38 del decreto legislativo n. 546 del 1992; esso, nella formulazione originaria, prevedeva solo che la notificazione della sentenza dovesse avvenire ai sensi dell’art. 137 e ss. cod. proc. civ. L’art. 38, citato, è stato, poi, novellato dall’art. 3 del decreto legge n. 40 del 2010, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 73 del 2010, che ha esteso alla notificazione della sentenza le regole generali previste nel processo tributario in materia di notificazioni, mediante un rinvio all’art. 16 del decreto legislativo n. 546 del 1992 (Cass., 13 settembre 2023, n. 26416, in motivazione).
5.3 . In tema di notificazioni nel processo tributario, l’art. 16, comma 2, in primo luogo rinvia a sua volta all’art. 137 cod. proc. civ., salve, quanto al luogo di essa, le specifiche previsioni dell’art. 17; l’art. 16, comma 3, prevede poi forme alternative di notificazione (Cass., Sez. U., 29 maggio 2017, nn. 13452 e 13453; Cass., Sez. U., 10 gennaio 2020, n. 299). In particolare, l’art. 16, comma 3, prevede due forme di notificazione c.d. diretta, che, dunque, possono effettuarsi dalla parte senza il ministero dell’ufficiale giudiziario o di altro soggetto equiparato, quali il messo comunale e il messo autorizzato dall’amministrazione finanziaria e l’avvocato autorizzato dall’ordine
forense: a) la notificazione «a mezzo del servizio postale mediante spedizione dell’atto in plico senza busta raccomandato con avviso di ricevimento, sul quale non sono apposti segni o indicazioni dai quali possa desumersi il contenuto dell’atto»; b) ovvero la notificazione, consentita al solo contribuente, all’ufficio del Ministero delle finanze ed all’ente locale mediante consegna dell’atto all’impiegato addetto che ne rilascia ricevuta sulla copia. Avuto riguardo alle modalità che la norma prescrive, nella prima, l’atto in plico senza busta raccomandato è spedito per posta e la prova della ricezione è fornita dall’avviso di ricevimento; nella seconda, l’atto è consegnato all’impiegato addetto e la prova della consegna è fornita dalla ricevuta sulla copia dell’atto stesso rilasciata dall’impiegato addetto.
5.4 L’art. 17, poi, richiamato dall’art. 16, comma 2, regola il luogo in cui esse vanno fatte e prevede che esse « sono fatte, salva la consegna in mani proprie, nel domicilio eletto o, in mancanza, nella residenza o nella sede dichiarata dalla parte all’atto della sua costituzione in giudizio…. » (comma 1) e che «« l’indicazione della residenza o della sede e l’elezione del domicilio hanno effetto anche per i successivi gradi del processo » (comma 2) e, al riguardo, la prevalente giurisprudenza di questa Corte, ha ritenuto valida la notifica effettuata mediante consegna a mani proprie anche in presenza di elezione di domicilio (cfr. Cass., 13 settembre 2023, n. 26416, citata; Cass., 25 gennaio 2023, n. 2303; Cass., 22 giugno 2018, n. 16554; Cass., 26 febbraio 2016, n. 3795; Cass., 24 settembre 2015, n. 18936).
5.5 Ancora questa Corte ha affermato che « In tema di contenzioso tributario, ai fini del decorso del termine “breve” per impugnare le sentenze, fissato dall’art. 51 del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, assume rilievo la consegna del provvedimento direttamente all’ufficio finanziario o all’ente locale, ovvero la spedizione dello stesso mediante il servizio postale, in plico raccomandato, senza busta e con avviso di ricevimento, atteso che, a seguito della modifica dell’art. 38 del d.lgs.
31 dicembre 1992, n. 546, per effetto dell’art. 3, comma primo, lett. a), del d.l. 25 marzo 2010, n. 40, che ha sostituito il rinvio agli artt. 137 e seguenti del cod. proc. civ. con il rinvio all’art. 16 d.lgs. n. 546 del 1992, è possibile notificare con tali modalità le sentenze dei giudici tributari. Né l’applicazione di tali disposizioni alle decisioni delle Commissioni tributarie regionali, in forza del generale richiamo fatto per il processo tributario di secondo grado alle norme dettate per il primo grado, trova ostacolo nella disciplina del ricorso per cassazione, interamente regolato dal codice di procedura civile, poiché la notifica delle sentenze di appello resta fuori del giudizio di legittimità, mirando solo alla più celere formazione del giudicato formale » (Cass., 13 aprile 2012, n. 5871; Cass., 8 novembre 2017, n. 26449) e che « Nel processo tributario, la notifica della sentenza effettuata a mani della parte soccombente, ai sensi dell’art 38 del d.lgs. n. 546 del 1992, nella formulazione successiva alle modifiche apportate dall’art. 3 del d.l. n. 40 del 2010 (conv., con modif., dalla l. n. 73 del 2000), è idonea a far decorrere il termine cd. “breve” per impugnare, in quanto è stata riconosciuta alle parti private la facoltà di notificare la sentenza mediante consegna diretta ex art. 16, comma 3, dello stesso d.lgs. n. 546 del 1992 » (Cass., 28 febbraio 2018, n. 4616) ed ancora che « Nel processo tributario, è idonea a far decorrere il termine cd. breve per impugnare, ai sensi dell’art. 38, comma 2, del d.lgs. n. 546 del 1992 (come novellato dall’art. 3 del d.l. n. 40 del 2010, conv. in l. n. 73 del 2010), la consegna della sentenza direttamente alla parte pubblica individuata dall’art. 10 del detto decreto ovvero la spedizione di essa, a cura della parte o del suo procuratore, effettuata mediante il servizio postale, nei luoghi di cui all’art. 17 del d.l.gs. n. 546 del 1992 ed in plico raccomandato, senza busta e con avviso di ricevimento » (Cass., 22 giugno 2018, n. 16554).
5.6 Orbene, in tale prospettiva, la notifica della sentenza eseguita mediante il servizio postale, unitamente all’istanza di rimborso delle
somme pignorate dall’Agente della riscossione, deve ritenersi idonea alla decorrenza del termine breve di impugnazione, in quanto l’Amministrazione finanziaria è stata in grado di avere la conoscenza legale del contenuto della sentenza di primo grado e nelle condizioni, in quanto parte soccombente nel giudizio di primo grado, di impugnare la sentenza in sede di appello entro il termine breve di cui all’art. 325, secondo comma, cod. proc. civ.. Rileva, peraltro, per quanto emerge a pag. 11 del controricorso, che l’Agenzia delle Entrate di Caltanissetta, a seguito della notifica dell’istanza di rimborso e della sentenza di primo grado, ha emesso provvedimento di sgravio dei ruoli. Né la mancanza, nella copia della sentenza notificata, della attestazione di conformità all’originale, rilasciata dal cancelliere, incide sulla validità della notificazione, attesa la tassatività dei casi di nullità previsti dall’art. 160 cod. proc. civ. (cfr. Cass., 29 marzo 2022, n. 10138) e, parimenti, è a dirsi con riguardo all’asserito mancato deposito, presso la segreteria della Commissione tributaria provinciale, della copia della sentenza notificata, incombente non previsto espressamente a pena di nullità dal legislatore.
5.7 La sentenza impugnata è, dunque, conforme ai principi suesposti, laddove ha ritenuto inammissibile l’appello, in quanto tardivo, facendo decorrere il termine di impugnazione dalla notifica della sentenza di primo grado, eseguita con raccomandata A/R n. NUMERO_DOCUMENTO in data 10 gennaio 20212.
Per le ragioni di cui sopra, va rigettato il primo motivo, con assorbimento dei restanti motivi e l’Agenzia delle Entrate va condannata al pagamento delle spese processuali, sostenute dall ‘Associazione controricorrente e liquidate come in dispositivo.
6.1 Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione, nel respingere integralmente la stessa (ovvero nel dichiararla inammissibile o improcedibile), disponga, a carico della parte che
l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater , del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti delle Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso e condanna l’Agenzia ricorrente al pagamento, in favore dell ‘Associazione controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 5.500,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00 ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023.