Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 568 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 568 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 08/01/2024
Tributi – intimazione di pagamento – atti presupposti – notificazione – prescrizione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 4452/2022 R.G. proposto da:
COGNOME (C.F. CODICE_FISCALE), rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOMEC.F. CODICE_FISCALE in virtù di procura speciale in calce al ricorso, elettivamente domiciliata presso il suo indirizzo PEC
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. 13756881002), in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania -Sezione staccata di Salerno, n. 5509/04/21 depositata in data 5 luglio 2021.
Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del 22 novembre 2023.
RILEVATO CHE
La contribuente COGNOME ha impugnato una intimazione di pagamento, deducendo l’omessa notificazione degli atti prodromici, costituiti da diverse cartelle di pagamento, con conseguente decadenza dalla riscossione e prescrizione del credito.
La CTP di Salerno ha rigettato il ricorso.
La CTR della Campania, Sezione staccata di Salerno, con sentenza in data 5 luglio 2021, ha rigettato l’appello della contribuente, ritenendo le cartelle correttamente notificate e ritenendo non decorso il termine di prescrizione alla data di notificazione dell’intimazione di pagamento, avvenuta a mezzo PEC.
Propone ricorso per cassazione la contribuente, affidato a tre motivi. Resiste con controricorso l’Agente della Riscossione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 4 cod. proc. civ., nullità della sentenza in violazione dell’art. 36 d.lgs. n. 546/1992 e dell’art. 118 disp. att. cod. proc. civ., per essersi il giudice di appello limitato a un richiamo per relationem della sentenza di primo grado, senza confrontarsi con le doglianze proposte in grado di appello, che parte ricorrente trascrive analiticamente. Il ricorrente deduce, inoltre, mancanza assoluta di motivazione, non essendo evincibile il percorso logico seguito dal giudice di appello nel motivare la propria decisione.
Il motivo è infondato in relazione a entrambi i profili dedotti. Deve ritenersi che il giudice possa motivare la propria decisione
richiamandosi alle argomentazioni del giudice di primo grado, purché ciò avvenga con autonomo, benché sintetico, percorso logico e non con una acritica adesione al provvedimento impugnato (Cass., Sez. V, 25 settembre 2023, n. 27273; Cass., Sez. III, 3 febbraio 2021, n. 2397), con specifico riferimento alle contestazioni e alla documentazione versata in atti, tale da legittimare una compiuta, benché sintetica, motivazione per relationem alla sentenza di primo grado (Cass., Sez. V, 11 gennaio 2023, n. 578; Cass., Sez. V, 13 gennaio 2021, n. 342; Cass., Sez. I, 5 agosto 2019, n. 20883). Ugualmente, la nullità della sentenza si apprezza solo ove la sentenza impugnata faccia difetto della esposizione del percorso logico-giuridico che ha condotto alla decisione, ovvero laddove il percorso motivazionale sia meramente apparente e non consenta la compiuta ricostruzione delle ragioni della decisione (Cass., Sez. U., 7 aprile 2014, n. 8053).
Nella specie, il giudice di appello ha ritenuto di confermare la sentenza di primo grado, laddove aveva ritenuto correttamente notificate le cartelle (gli « atti presupposti »), osservando che non è decorso il termine prescrizionale dalla notificazione delle singole cartelle e ha ritenuto correttamente notificato l’atto di intimazione a mezzo PEC.
Ugualmente, al fine di assolvere l’onere di adeguatezza della motivazione, il giudice di appello non è tenuto ad esaminare tutte le allegazioni delle parti, essendo necessario e sufficiente che egli esponga concisamente le ragioni della decisione così da doversi ritenere implicitamente rigettate tutte le argomentazioni logicamente incompatibili con esse (Cass., Sez. VI, 2 dicembre 2014, n. 25509; Cass., Sez. III, 20 novembre 2009, n. 24542), senza che sia necessaria l’analitica confutazione delle tesi non accolte o la disamina degli elementi di giudizio non ritenuti significativi (Cass., Sez. V, 2 aprile 2020, n. 7662; Cass., Sez. V, 30 gennaio 2020, n. 2153).
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., violazione e falsa applicazione di « norme di diritto », poi individuate negli artt. 26, quinto comma, d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602 , nell’art. 60 d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e nell’art. 16 -ter , comma 1, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179, ritenendo nulla la notificazione dell’atto di intimazione per essere stata la notificazione eseguita da un indirizzo PEC non risultante da pubblici elenchi.
Il motivo è infondato, atteso che in tema di notificazione a mezzo PEC , l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale, benché non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3bis , comma 1, l. n. 53/1994 (norma, peraltro, non censurata da parte ricorrente), detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’indice di cui all’art. 6ter del d.lgs. n. 82/2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (Cass., Sez. U., 18 maggio 2022, n. 15979).
Con il terzo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., violazione dell’art. 2 948, quarto comma, cod. civ., nella parte in cui il giudice di appello ha ritenuto che non sia maturata la prescrizione delle pretese azionate con l’atto di intimazione, ritenendo doversi fare applicazione della prescrizione quinquennale.
Il terzo motivo -in disparte l’inammissibilità per assenza di specificità, non essendo state prodotte, né allegate le cartelle di pagamento con le relative relate di notificazione -è infondato, posto che ai diritti di credito erariali si applica la prescrizione ordinaria (Cass., Sez. V, 25 gennaio 2023, n. 2359; Cass., Sez. U., 17 novembre 2016, n. 23397; Cass., Sez. VI, 16 dicembre 2020, n. 28846; Cass., Sez. V, 27 novembre 2020, n. 27188; Cass., Sez. V, 3 novembre 2020, n. 24278).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali del giudizio di legittimità in favore di parte controricorrente, che liquida in complessivi € 4.300,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 22 novembre 2023