Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 673 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 673 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: NOME COGNOME
Data pubblicazione: 10/01/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27379/2021 R.G. proposto da COGNOME, rappresentata e difesa dalle avvocate COGNOME NOME (domicilio digitale: EMAIL) e NOME (domicilio digitale: EMAIL
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso gli uffici dell’Avvocatura Generale dello Stato, dalla quale è rappresentata e difesa «ope legis»
-controricorrente-
avverso la SENTENZA della COMMISSIONE TRIBUTARIA REGIONALE DELLA PUGLIA, SEZIONE STACCATA DI FOGGIA, n. 1776/2020 depositata il 9 settembre 2020
Udita la relazione svolta nell’adunanza camerale del 28 novembre 2024 dal Consigliere COGNOME NOME
FATTI DI CAUSA
La Direzione Provinciale di Foggia dell’Agenzia delle Entrate notificava ad NOME COGNOME un avviso di accertamento
mediante il quale determinava con metodo sintetico, ai sensi dell’art. 38, commi 4 e seguenti, del D.P.R. n. 600 del 1973, il reddito complessivo della contribuente da sottoporre a tassazione ai fini dell’IRPEF in relazione all’anno 2010.
La Bancone impugnava tale avviso di accertamento dinanzi alla Commissione Tributaria Provinciale di Foggia, che accoglieva il suo ricorso, annullando l’atto impositivo.
La decisione veniva, però, successivamente riformata dalla Commissione Tributaria Regionale della Puglia, sezione staccata di Foggia, la quale, con sentenza n. 1776/2020 del 9 settembre 2020, in accoglimento dell’appello erariale, rigettava l’originario ricorso della contribuente, rimasta contumace nel giudizio di secondo grado.
Contro questa sentenza la RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso, eccependo, in via pregiudiziale, la tardività dell’avverso gravame.
La causa è stata avviata alla trattazione in camera di consiglio, ai sensi dell’art. 380 -bis .1 c.p.c..
Nel termine di cui al comma 1, terzo periodo, del citato articolo la ricorrente ha depositato memoria illustrativa.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, formulato ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., viene denunciata la nullità del procedimento e della sentenza d’appello per violazione dell’art. 16, comma 3, prima parte, del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 101, comma 1, c.p.c..
1.1 A sostegno della sollevata censura si deduce quanto segue: né la Bancone, né il suo difensore domiciliatario nel giudizio di primo grado, rag. NOME COGNOME erano a conoscenza del giudizio di appello introdotto dall’Amministrazione Finanziaria; – soltanto dopo la pubblicazione della sentenza qui impugnata la contribuente ha
appreso che la notifica dell’atto di appello era stata eseguita dall’Agenzia delle Entrate direttamente a mezzo del servizio postale, ai sensi dell’art. 16, comma 3, prima parte, del D. Lgs. n. 546 del 1992, in plico raccomandato spedito all’indirizzo del predetto rag. Fiume; quest’ultimo, tuttavia, non ha mai ricevuto il plico in questione, né ha rinvenuto l’avviso di giacenza all’interno della cassetta della posta; – in mancanza di valida instaurazione del contraddittorio nei confronti della parte appellata, l’intero giudizio di secondo grado risulta affetto da nullità.
Con il secondo motivo, anch’esso proposto a norma dell’art. 360, comma 1, n. 4) c.p.c., è lamentata la violazione dell’art. 16, comma 3, del D. Lgs. n. 546 del 1992 e dell’art. 327, comma 1, c.p.c..
2.1 Si sostiene che la notifica dell’atto di appello era da considerare soltanto tentata, sicchè l’Agenzia delle Entrate avrebbe dovuto attivarsi per la tempestiva ripresa del procedimento notificatorio.
Non essendosi a tanto provveduto, l’appello andava dichiarato inammissibile per decadenza della parte erariale dal potere di impugnazione, stante l’intervenuto decorso del termine di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c..
In via pregiudiziale, va dichiarata l’inammissibilità del ricorso.
3.1 Dall’esame del fascicolo processuale si evince che esso è stato notificato a mezzo p.e.c. in data 10 novembre 2021, ben oltre il termine lungo semestrale di impugnazione stabilito dal comma 1 dell’art. 327 c.p.c. -richiamato dal primo periodo del comma 3 dell’art. 38 del D. Lgs. n. 546 del 1992, cui a sua volta rinvia il comma 1 del successivo art. 51 dello stesso decreto-, decorrente dalla data di pubblicazione della sentenza (9 settembre 2020).
3.2 A fronte di tale evidenza , considerato che nel giudizio d’appello la COGNOME è rimasta contumace, deve soltanto verificarsi se nel caso di specie ricorra l’ipotesi contemplata dal secondo periodo dell’art. 38, comma 3, innanzi citato, il quale -con una previsione di
tenore analogo a quello dell’art. 327, comma 2, c.p.c. – stabilisce che la disposizione contenuta nel periodo precedente «non si applica se la parte non costituita dimostri di non avere avuto conoscenza del processo per nullità della notificazione del ricorso e della comunicazione dell’avviso di fissazione dell’udienza».
3.3 Sul tema giova richiamare la costante giurisprudenza di questa Corte secondo la quale, affinché il contumace involontario possa evitare la decadenza dal diritto di proporre impugnazione per decorso del termine lungo (annuale o semestrale), non è sufficiente, ai sensi dell’art. 327, comma 2, c.p.c., la sola deduzione della condizione oggettiva della nullità della notificazione, essendo invece necessario che egli alleghi anche, a pena d’inammissibilità, il presupposto di fatto della conseguente mancata conoscenza del processo (cfr. Cass. n. 5366/2023, Cass. n. 16080/2022).
3.4 È stato, inoltre, precisato che, al fine di stabilire se sia ammissibile l’impugnazione tardivamente proposta dalla parte rimasta contumace che assuma di non aver avuto conoscenza del processo a causa di un vizio della notificazione dell’atto introduttivo, occorre distinguere due ipotesi: se la notifica è inesistente, la mancata conoscenza della pendenza della lite ad opera dell’impugnante si presume «iuris tantum» e in tal caso è onere dell’altra parte dimostrare che egli avesse comunque avuto contezza del processo; se invece la notificazione è nulla, si presume la conoscenza della pendenza del giudizio da parte dell’impugnante e spetterà, pertanto, a quest’ultimo fornire, anche mediante presunzioni, la prova di circostanze di fatto positive dalle quali si possa desumere il difetto di conoscenza anteriore o l’acquisizione della stessa soltanto in una certa data (cfr. Cass. n. 5133/2018, Cass. n. 1308/2018, Cass. n. 2817/2009, Cass. n. 18243/2008).
3.5 In questa prospettiva, risulta di fondamentale importanza la
«regula iuris» enunciata dalle Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 14916/2016, secondo la quale, in base ai princìpi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, l’inesistenza della notificazione è configurabile, oltre che in caso di totale mancanza materiale della stessa, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo nella categoria della nullità ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale.
Tali elementi consistono: (a)nell’attività di trasmissione svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività; (b)nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (cioè degli esiti in virtù dei quali la stessa debba comunque considerarsi, ‘ex lege’ , eseguita), restando esclusi i soli casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da doversi reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, e quindi, in definitiva, omessa.
3.6 Chiarito ciò, e tornando alla fattispecie in esame, dalla ricostruzione operata dalla stessa ricorrente emerge che: – in data 17 agosto 2017 il plico contenente l’atto di appello giunse all’indirizzo del rag. NOME COGNOME difensore domiciliatario della Bancone nel giudizio di primo grado; – in assenza del destinatario e di altre persone abilitate alla ricezione, l’addetto al recapito lasciò l’avviso di giacenza previsto dal regolamento postale (applicabile in ipotesi di utilizzo della procedura semplificata di notificazione di cui all’art. 16, comma 3, prima parte, del D. Lgs. 546 del 1992), come si ricava dall’annotazione apposta a penna sulla busta, riprodotta a pag. 7 del ricorso.
3.7 Nel descritto contesto, il mancato rinvenimento di tale avviso nella cassetta della posta del destinatario -circostanza che peraltro
si risolve in un asserto indimostratonon rappresenterebbe comunque causa di inesistenza della notificazione, semmai di nullità della stessa (cfr. Cass. n. 25095/2016; id. , Cass. n. 4151/2020, Cass. n. 5762/2020, Cass. n. 29552/2023).
3.8 In presenza di un simile vizio, la Bancone era, dunque, tenuta, alla luce dei ricordati princìpi di diritto, a dare prova di non aver acquisito tempestiva conoscenza del giudizio d’appello e della sentenza che lo ha definito.
3.9 Ella, tuttavia, non ha assolto l’onere probatorio posto a suo carico, essendosi limitata ad affermare di aver appreso -senza nemmeno indicare quando e come- e di aver conferito incarico a un , il quale, a sèguito di accesso presso la sede della CTP di Foggia effettuato in data 26 ottobre 2021, sarebbe venuto a sapere che la sentenza di primo grado era stata riformata in accoglimento del gravame esperito dall’Amministrazione Finanziaria.
3.10 Difettano, pertanto, le condizioni richieste dall’art. 38, comma 3, secondo periodo, del D. Lgs. n. 546 del 1992 per l’inapplicabilità del termine lungo di impugnazione di cui all’art. 327, comma 1, c.p.c..
3.11 Per completezza espositiva, va osservato che si appalesa inconferente il richiamo fatto dall’impugnante nella memoria illustrativa ex art. 380bis .1, comma 1, terzo periodo, c.p.c. alla norma di cui all’art. 2, comma 4 -bis , della L. n. 212 del 2000 (statuto del contribuente), introdotta dall’art. 1, comma 1, lettera b), del D. Lgs. n. 219 del 2023, da lei considerata come espressione del di in àmbito tributario.
3.12 In disparte ogni rilievo circa l’operatività «ratione temporis» della suddetta disposizione, è appena il caso di notare come la
stessa si riferisca all’applicazione delle «norme tributarie impositive che recano la disciplina del presupposto tributario e dei soggetti passivi», e non di quelle regolanti la notificazione degli atti del processo.
Le spese del presente giudizio seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo.
Stante l’esito dell’impugnazione, viene resa nei confronti della ricorrente l’attestazione contemplata dall’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), inserito dall’art. 1, comma 17, della L. n. 228 del 2012.
P.Q.M.
La Corte dichiara il ricorso inammissibile e condanna la ricorrente a rifondere all’Agenzia delle Entrate le spese del presente giudizio di legittimità, liquidate in complessivi 5.600 euro, oltre ad eventuali oneri prenotati a debito.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del D.P.R. n. 115 del 2002 (Testo Unico delle spese di giustizia), dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte della ricorrente di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per la proposta impugnazione, a norma del comma 1bis dello stesso articolo, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Sezione