Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34561 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34561 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 27/12/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 5110/2022 R.G. proposto da : RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliato in Patti Agliastri INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME
-intimato- avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG.SEZ.DIST. MESSINA n. 6885/2021 depositata il 22/07/2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/10/2024 dal Consigliere NOME COGNOME
RITENUTO CHE
In data 27/05/2013 il Sig. Di COGNOME Giuseppe impugnava l’intimazione di pagamento , con la quale gli era stato richiesto il pagamento di euro 13.031,74 in relazione a precedente cartella, relativa ad omessi versamenti IRAP, IRPEF ed IRAP per l’anno di imposta 2006.
Nel giudizio instaurato avanti alla CTP di Messina l’agente della riscossione eccepiva la tardività dell’impugnazione ; tale eccezione veniva rigettata ed accolto, al contrario, il ricorso del contribuente.
Il successivo appello promosso dall’amministrazione finanziaria è stato ugualmente respinto dalla CTR della Sicilia -Messina, con la sentenza oggetto del presente ricorso.
Ha proposto ricorso l’Agenzia delle Entrate Riscossione, affidandosi a due mezzi di impugnazione.
Il contribuente è rimasto intimato.
7 . E’ stata fissata udienza in camera di consiglio per il successivo 16 ottobre 2024.
CONSIDERATO CHE
I due motivi di ricorso proposti da RAGIONE_SOCIALE possono di seguito compendiarsi come segue:
Violazione e/o falsa applicazione dell’art. 21, comma 1, d.lgs. 546/92, in relazione all’art. 360, comma 1 n. 3 c.p.c.; secondo la ricorrente, l’art. 21, comma 1, del d.lgs. 546/92, nell’affermare che ‘il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato’, sarebbe stato violato, conseguendone l’inammissibilità per tardività dell’avversa impugnazione;
II) Violazione e/o falsa applicazione artt. 115 e 116 c.p.c. e degli artt. 19 e 21, comma 1^ del d. lgs. 546/92, in relazione all’art.
360, comma 1 n. 3 c.p.c.; la ricorrente contesta l’accertamento compiuto del giudice del merito in ordine all’assenza di prova della regolare notificazione dell’atto presupposto a quello impugnato, rappresentato da una cartella di pagamento relativa all’anno di imposta 2006.
Il primo motivo di ricorso è infondato.
La ricorrente richiama una decisione della S.C. del 2006 secondo cui quando il ricorso sia spedito per posta, ma in busta chiusa, la data cui ancorare la sua tempestività o meno dovrebbe essere rappresentata dal timbro di ricezione dell’ente impositore.
Il mezzo è palesemente infondato e non tiene conto dell’evoluzione giurisprudenziale in punto di notificazione e di scissione dei relativi effetti fra notificante e notificato.
Va in primo luogo premesso che appare corretta la decisione di merito ove rileva che ‘L’eccezione di inammissibilità per tardività del ricorso, sollevata dalla società resistente nelle sue controdeduzioni, è priva di pregio: essendo stata, invero, notificata l’intimazione di pagamento per compiuta giacenza, il procedimento di notifica deve intendersi perfezionato alla data del 5 aprile 2013, ovvero dieci giorni dopo il compimento delle prescritte formalità’.
A tal punto, la tempestività dell’impugnazione va misurata a sua volta, per quanto riguarda il ricorso del contribuente, con la data di spedizione del plico postale che la contiene.
Va a tal punto ricordata la sentenza della Corte costituzionale 26 novembre 2002, n. 477, la quale, con riferimento all’art. 4 della legge n. 890 del 1982 sulle notificazioni a mezzo posta, ha affermato il principio -valevole in ogni caso come regola ermeneutica -secondo il quale gli effetti della notificazione debbono essere ricollegati, per quanto riguarda il notificante, al solo compimento delle formalità a lui direttamente imposte dalla legge (essendo l’attività degli organi della notificazione sottratti alla sua sfera di disponibilità), dovendo perciò affermarsi che, anche nel
caso previsto dall’art. 8 legge cit., gli effetti della notificazione, per il notificante, si producono dal compimento delle formalità a lui imposte dalla legge (Sez. 1, sent. n. 10844 del 10/07/2003 – Rv. 564941 -01; più recentemente anche Sez. U, ord. n. 32091 del 20/11/2023, con riferimento alla notifica a mezzo PEC, nonché Sez. 5, ord. n. 17722 del 27/06/2024, con riferimento al tempestivo esercizio del potere impositivo, principio che per il principio costituzionalmente orientato della ‘parità delle armi’ non può che valere, specularmente, anche rispetto all’esercizio del diritto di impugnazione del contribuente). Trattasi di principio ormai costantemente affermato, dal quale non vi è motivo per discostarsi nel caso in esame, ove è pacifico che la spedizione per la notifica del ricorso sia avvenuta entro i sessanta giorni dalla ricezione dell’intimazione.
3.Il secondo motivo di ricorso risulta inammissibile.
Esso appare infatti rivolto , al di là della formale evocazione dell’art. 360 n. 3 c.p.c., a mettere in discussione la valutazione delle prove condotta in modo conforme nei due gradi del giudizio di merito, nonché a riproporre una serie di contestazioni di carattere meritale circa la valenza probatoria dei documenti che -sia per la CTP che per la CTR -non appaiono idonei a dimostrare l’avvenuta regolare notifica della cartella di pagamento quale atto presupposto di quello impugnato.
Anche recentemente si è, infatti, osservato che in tema di ricorso per cassazione, deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale, pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme (Cass. civ. n. 10927 del 23/04/2024). Tale conclusione è indubbiamente rafforzata dall’importante
decisione resa da Sez. U, sent. n. 5792 del 05/03/2024, secondo cui il travisamento del contenuto oggettivo della prova – che ricorre in caso di svista concernente il fatto probatorio in sé e non di verifica logica della riconducibilità dell’informazione probatoria al fatto probatorio -trova il suo istituzionale rimedio nell’impugnazione per revocazione per errore di fatto, laddove ricorrano i presupposti richiesti dall’art. 395, n. 4, c.p.c., mentre se il fatto probatorio ha costituito un punto controverso sul quale la sentenza ebbe a pronunciare e, cioè, se il travisamento rifletta la lettura del fatto probatorio prospettata da una delle parti – il vizio va fatto valere ai sensi dell’art. 360, n. 4, o n. 5, c.p.c., a seconda che si tratti di fatto processuale o sostanziale.
Ma tale paradigma censorio non è affatto evocato dal ricorso che conclusivamente afferma ‘…la Commissione Regionale di Palermo, Sezione Staccata di Messina, avrebbe dovuto dichiarare l’inammissibilità delle eccezioni sollevate dal Di COGNOME e relative al merito dell’imposizione, valutando correttamente le prove proposte dall’appellante Concessionario …’. Il che, appunto, riporta all’inammissibilità di tale contestazione meritale, di cui va rimarcat a -al contempo – la assoluta genericità.
In definitiva, il ricorso proposto deve essere respinto.
Non occorre tuttavia provvedere sulle spese, non avendo il contribuente svolto attività difensiva.
Inoltre, poiché risulta soccombente la parte ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica l’art. 13, comma 1 – quater del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio della Quinta Sezione