Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9121 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9121 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 07/04/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 19073/2023 R.G. proposto da :
NOME COGNOME elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato COGNOME NOME (CODICE_FISCALE , pec , che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE, elettivamente domiciliati in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (NUMERO_DOCUMENTO) che li rappresenta e difende
-controricorrenti-
nonché
contro
REGIONE CALABRIA, COMUNE DI COGNOME
-intimati-
Avverso la SENTENZA della CORTE di GIUSTIZIA TRIBUTARIA DI SECONDO GRADO della CALABRIA n. 2069/2023 depositata il 24/07/2023.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 28/02/2025 dalla Consigliera NOME COGNOME
Rilevato che:
La Corte di giustizia di secondo grado della Calabria ( hinc: CGT2) con sentenza n. 2069/2023 depositata in data 24/07/2023, ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate contro la sentenza n. 148/2022, con la quale la Commissione Tributaria Provinciale di Crotone, in data 23/06/2022, aveva accolto il ricorso proposto dal sig. NOME COGNOME contro l’atto di intimazione avente per oggetto diverse cartelle di pagamento.
La CGT2 ha ritenuto che il solo accertamento rilevante ai fini della decisione riguardava quello inerente alla notificazione de ll’intimazione di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata ai sensi del combinato disposto degli art. 26, comma 4, d.P.R. 602/1973 e 60, comma 1, lett. 6 , del d.P.R. n. 600 del 1973. Ha quindi rilevato che d all’avviso di ricevimento risulta sbarrata dal messo la casella relativa alla irreperibilità del destinatario con deposito nell’albo del Comune dove risulta essere stata tentata la notificazione. Il certificato anagrafico relativo ai dati del destinatario fornisce anche un riscontro
delle ricerche del messo nel Comune dove era situato il domicilio fiscale del contribuente.
2.1. La CTR ha, quindi, richiamato la pronuncia di questa Corte secondo la quale la notificazione degli avvisi e degli atti tributari impositivi, nel sistema delineato dall’art. 60 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, va effettuata secondo il rito previsto dall’art. 140 cod. proc. civ. quando siano conosciuti la residenza e l’indirizzo del destinatario, ma non si sia potuto eseguire la consegna perché questi (o ogni altro possibile consegnatario) non è stato rinvenuto in detto indirizzo, per essere ivi temporaneamente irreperibile, mentre va effettuata secondo la disciplina di cui all’art. 60 cit., comma 1, lett. e), quando il messo notificatore non reperisca il contribuente perché risulta trasferito in luogo sconosciuto, accertamento, questo, cui il messo deve pervenire dopo aver effettuato ricerche nel Comune dov’è situato il domicilio fiscale del contribuente, per verificare che il suddetto trasferimento non si sia risolto in un mero mutamento di indirizzo nell’ambito dello stesso Comune. Rispetto a tali principi, nulla ha innovato la sentenza della Corte costituzionale del 22 novembre 2012, n. 258 la quale nel dichiarare “in parte qua”, con pronuncia di natura “sostitutiva”, l’illegittimità costituzionale del terzo comma (corrispondente all’attualmente vigente quarto comma) dell’art. 26 del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 602, ovvero la disposizione concernente il procedimento di notifica delle cartelle di pagamento, ha soltanto uniformato le modalità di svolgimento di detto procedimento a quelle già previste per la notificazione degli atti di accertamento, eliminando una diversità di disciplina che non appariva assistita da alcuna valida “ratio” giustificativa e non risultava in linea con il fondamentale principio posto dall’art. 3 della Costituzione (Cass. n. 16696/2013).
Contro la sentenza della CTR il contribuente ha proposto ricorso in cassazione con quattro motivi.
L’Agenzia delle Entrate ha resistito con controricorso.
Con decreto 26/07/2024, è stata avanzata la seguente proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c.: « Osserva quanto segue. i primi tre motivi sono inammissibili: 1) la CGT2 ha accertato che la notificazione era stata ritualmente effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ivi inclusa l’affissione nell’albo del comune, come risultante dalla relata della notificazione, sicché, da un lato, la notificazione si è validamente perfezionata e, dall’altro, le doglianze mirano a contestare, in carenza di specificità, vuoi l’accertamento del giudice di merito, vuoi l’efficacia probatoria, fino a querela di falso, del la attestazione dell’agente notificatore ; 2) inoltre, i dedotti vizi relativi alla ‘attestazione di affissione’ sono inammissibili per novità non essendo stati dedotti con il ricorso in primo grado e, in ogni caso, sono irrilevanti, non confluendo tale attestazione nel processo notificatorio ma riguardando il compiuto decorso del termine, e infondati attesa l’attestazione di avvenuta affissione da parte dell’ufficiale di riscossione; – il quarto motivo è inammissibile, posto che la liquidazione delle spese appartiene alla discrezionalità del giudice, salva l’osservanza dei minimi e massimi tabellari, neppure oggetto di contestazione, sicché la doglianza si risolve in un’inammissibile istanza di revisione del merito. »
In data 03/10/2024 la parte ricorrente ha proposto opposizione e, in data 17/12/2024 ha depositato una memoria, insistendo per la cassazione della sentenza impugnata.
…
Considerato che :
Con il primo motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione dell’art. 21 septies Legge n. 241/1990 ss. mm. e ii, degli artt. 2699 ss. cc, dell’art. 24 Cost. e dell’art. 60 comma 1, lett. e) del
D.P.R. n. 600 del 1973, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Con il secondo motivo è stato denunciato l ‘o messo esame circa un fatto decisivo per il giudizio oggetto di discussione tra le parti, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 5, c.p.c., con riferimento alla data di protocollazione successiva all’affissione presso l’albo pretorio.
Con il terzo motivo è stata censurata la violazione e falsa applicazione dell’art. 18 bis della Legge n. 241/1990 in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, c.p.c.
Con il quarto motivo è stata denunciata la violazione e falsa applicazione degli artt. 82, 87 e 91 cpc e dell’art. 15, comma 2 -sexies, d.lgs. n. 31/12/1992, n. 546, in relazione all’art. 360 , primo comma, n. 3, c.p.c.
La proposta di definizione anticipata deve essere condivisa e confermata.
5.1. Nel primo motivo di ricorso la parte ricorrente evidenzia, infatti, che: « È di pronto riscontro come l’attestazione relativa all’avviso di deposito da pubblicare nell’Albo Pretorio del Comune di Cirò Marina non sia mai stata rogata né sottoscritta da alcun funzionario comunale incaricato che, nel recepire il contenuto di un atto precompilato unilateralmente da un soggetto estraneo al comune stesso, avrebbe quanto meno dovuto redigerlo ai sensi dell’art. 2699 cc ed attribuirgli la pubblica fede di cui al successivo art. 2700 cc.
Per il vero, neppure ricorrono i presupposti di cui all’art. 2701 cc, in quanto non vi è prova della formazione da parte di un ufficiale pubblico incompetente o incapace ovvero senza le osservanze delle formalità prescritte. Per cui il documento in parola, ossia l’atto da depositare e quindi da pubblicare nell’albo suddetto, assume piena efficacia limitatamente a quanto espletato giusta dichiarazione dello stesso messo notificatore fino alla data del 2.03.2018; restando al contrario
sfornita di pubblica fede la dichiarazione posta in calce al medesimo documento .»
Sul punto è condivisibile quanto rilevato nella proposta ex art. 380 bis c.p.c. e cioè che « la CGT2 ha accertato che la notificazione era stata ritualmente effettuata ai sensi dell’art. 140 c.p.c., ivi inclusa l’affissione nell’albo del comune, come risultante dalla relata della notificazione, sicché, da un lato, la notificazione si è validamente perfezionata e, dall’altro, le doglianze mirano a contestare, in carenza di specificità, vuoi l’accertamento del giudice di merito, vuoi l’efficacia probatoria, fi no a querela di falso, della attestazione dell’agente notificatore .»
Parimenti, difettano del requisito di specificità, il secondo e il terzo motivo di ricorso, nella misura in cui la parte ricorrente -nonostante il riferimento contenuto nel secondo motivo di ricorso alle memorie illustrative davanti al giudice di prime cure -non indica in quale parte del ricorso introduttivo (considerati i limiti alla proposizione di motivi aggiunti previsti nell’art. 24 d.lgs. n. 546 del 1992 ) ha evocato le questioni inerenti all’affissione all’albo. Come rilevato nella proposta ex art. 380 bis c.p.c. tali questioni comunque « sono irrilevanti, non confluendo tale attestazione nel processo notificatorio ma riguardando il compiuto decorso del termine, e infondati attesa l’attestazione di avvenuta affissione da parte dell’ufficiale di riscossione ».
Infine, integra un’inammissibile istanza di revisione del merito la censura articolata sulla liquidazione delle spese a carico della parte soccombente oggetto del quarto motivo di ricorso. Peraltro, tale motivo incorre, in un ulteriore profilo di inammissibilità, riconducibile a un difetto di specificità, dal momento che la ricorrente, pur evocando una pretesa riduzione del venti per cento dell’ammontare delle spese liquidate per l’ipotesi in cui l’amministrazione sia difesa in giudizio da un proprio funzionario, non indica quale avrebbe dovuto essere l’importo spettante alla parte vittoriosa in applicazione dei criteri
proposti con il motivo di ricorso in esame, chiamando, quindi, questa Corte a una (inammissibile) integrazione dei contenuti del motivo di ricorso.
Alla luce di quanto sin qui evidenziato la proposta di definizione anticipata ex art. 380 bis c.p.c. deve trovare conferma e il ricorso deve essere, conseguentemente, rigettato , con l’applicazione, in punto di spese, di quanto previsto nell’art. 96, commi terzo e quarto, c.p.c., al quale rinvia l’art. 380 bis, ultimo comma, c.p.c.
6.1. Difatti, secondo le Sezioni Unite di questa Corte (Cass., Sez. U, 13/10/2023, n. 28540), in tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380-bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d.lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente.
…
P.Q.M.
rigetta il ricorso; condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente le spese del presente giudizio, liquidate in Euro 30.000,00, oltre spese prenotate a debito; visto l’art. 96, comma 3, c.p.c. condanna la parte ricorrente a pagare in favore della parte controricorrente l’importo di Euro 15.000; visto l’art. 96, comma 4, c.p.c. condanna la parte ricorrente a pagare in favore della cassa delle ammende Euro 5.000,00;
a i sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto. Così deciso in Roma, il 28/02/2025.