Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 19720 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 19720 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME COGNOME
Data pubblicazione: 16/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 18860/2018 R.G. proposto da
AGENZIA DELLE ENTRATE –COGNOME e NOME COGNOME;
: RISCOSSIONE, con gli Avvocati NOME
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALE
-intimata- avverso la Sentenza della Commissione Tributaria Regionale del Lazio -Sezione Staccata di Latina n. 7489/2017, depositata il 15/12/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 4 giugno 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La Commissione tributaria provinciale di Latina, con sentenza n. 992/2016, accoglieva il ricorso proposto da RAGIONE_SOCIALE avverso l’avviso di intimazione n. NUMERO_CARTA ritenendo inesistente la notifica dell’avviso in questione avvenuto a mezzo PEC, in quanto tale mezzo di notifica non garantisce la certezza della
conoscenza legale dell’atto e, inoltre, l’atto notificato non recava la firma.
L’Agenzia delle Entrate proponeva appello e la Commissione territoriale, con la sentenza indicata in epigrafe, rigettava l’impugnazione, confermando l’orientamento espresso dal giudice di primo grado.
Avverso detta sentenza ha proposto ricorso per cassazione
l’Agenzia delle Entrate sulla base di due motivi. La società contribuente è rimasta intimata.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo, rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 156 cpc in relazione all’art . 360 comma 1 n. 3 c.p.c. , l’ Agenzia delle Entrate – Riscossione censura il rilievo di inesistenza della notificazione a mezzo PEC e afferma che, laddove invece si ritenesse nulla e non inesistente la notifica della intimazione di pagamento in oggetto, essa risulterebbe comunque sanata per il raggiungimento dello scopo ex art. 156 c.p.c., in quanto la società ne venne a conoscenza in tempo utile, impugnandola nei termini di legge ed allegandola al ricorso introduttivo.
Con il secondo motivo, rubricato: Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 del DPR 602/73, come integrato dall’art. 38, comma 4, del D.L. 31/5/10 n. 78, in relazione all’art . 360 comma 1 n. 3 c.p.c. , la ricorrente deduce che la disciplina normativa sul punto, ed in particolare l’art. 26 DPR 602/73, prevede che l a prova della trasmissione tramite PEC e della consegna nella casella del destinatario costituiscano la prova dell’invio e della ricezione dell’atto , senza che si rendano necessarie ulteriori formalità.
2.1. Sotto altro profilo, sostiene che la CTR avrebbe errato nel presupporre che l’atto esattoriale notificato alla società fosse una copia dell’originale predisposto in formato cartaceo e osserva che l’atto esattoriale allegato al messaggio PEC ricevuto dalla contribuente costituiva l’originale e non una copia foto-riprodotta
dell’atto , sì che non era necessaria alcuna sottoscrizione con firma digitale o attestazione di conformità.
I motivi, da esaminarsi congiuntamente stante la stretta connessione, sono fondati nei termini che seguono.
3.1. In primo luogo, va evidenziato che le Sezioni Unite di questa Corte hanno già affermato, in tema, che l’irritualità della notificazione di un atto a mezzo di posta elettronica certificata non ne comporta la nullità se la consegna in via telematica dell’atto ha comunque prodotto il risultato della sua conoscenza e determinato così il raggiungimento dello scopo legale (Cass. S.U. 28/09/2018, n. 23620; Cass. S.U. 18/04/2016, n. 7665).
3.2. Per quanto attiene alla seconda doglianza sollevata, con cui si censura il rilievo del difetto di riferibilità dell’atto al mittente che ha effettuato la notifica a mezzo PEC, si osserva quanto segue, richiamando il consolidato orientamento di questa Corte (cfr. Cass. Sez. 5, n. 35541 del 19/12/2023).
3.3. Non risponde ai principi di legge l’affermazione contenuta nella sentenza impugnata, secondo cui l’atto inviato attraverso PEC non è idoneo a garantire l’autore dello stesso, ove privo di attestazione di conformità all’originale ovvero di firma digitale.
3.4. Va premesso che la notifica della cartella di pagamento può poi avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d. “atto nativo digitale”), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. “copia informatica”) (cfr. Cass. 27/11/2019, n. 30948; conf., ex multis, Cass. 05/10/2020, n. 21328; Cass. 08/07/2020, n. 14402; v., di recente, anche Cass. 28/12/2023, n. 36265).
3.5. E’ importante, inoltre, ricordare che l’art. 1, lett. f), del d.p.r. n. 68 del 2005 (Regolamento recante disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata) definisce il messaggio di posta elettronica certificata, come «un documento informatico composto
dal testo del messaggio, dai dati di certificazione e dagli eventuali documenti informatici allegati». La lett. i-ter), dell’art. 1 del CAD inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, poi, definisce «copia per immagine su supporto informatico di documento analogico» come «il documento informatico avente contenuto e forma identici a quelli del documento analogico», mentre la lett. lett. i-quinquies), dell’art. 1 del medesimo CAD inserita dall’art. 1, comma 1, lett. c), del D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 235 -, nel definire il «duplicato informatico» parla di «documento informatico ottenuto mediante la memorizzazione, sullo stesso dispositivo o su dispositivi diversi, della medesima sequenza di valori binari del documento originario».
3.6. A seguire, come già chiarito da questa Corte, non è necessaria l’attestazione di conformità atteso che, ai sensi dell’art. 22 CAD, comma 3 – come modificato dal D.Lgs. 13 dicembre 2017, n. 217, art. 66, comma 1 – «le copie per immagine su supporto informatico di documenti originali formati in origine su supporto analogico nel rispetto delle Linee guida hanno la stessa efficacia probatoria degli originali da cui sono tratte se la loro conformità all’originale non è espressamente disconosciuta» (cfr. Cass. n. 21328 del 5/10/2020; Cass. n. 35541 del 19/12/2023; Cass. n. 36265 del 28/12/2023).
3.7. Nel caso in esame l’odierna controricorrente, originaria ricorrente, non ha, nel corso del processo, disconosciuto espressamente la conformità della copia informatica della cartella di pagamento, allegata alla PEC ricevuta, all’originale che la contribuente assume essere stato formato su supporto analogico, in possesso dell’Amministrazione. E tanto è sufficiente per l’accoglimento della doglianza dell’Agenzia ricorrente.
In conclusione, il ricorso va accolto e la sentenza impugnata va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -Sezione Staccata di Latina affinché, in diversa
composizione, proceda a nuovo e motivato esame, oltre a provvedere sulle spese del presente giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il ricorso, cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio -Sezione Staccata di Latina affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, oltre a provvedere sulle spese del giudizio di cassazione.
Così deciso in Roma, il 4 giugno 2025.