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Notifica via PEC: valida anche senza firma digitale

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza n. 19720/2025, ha stabilito un principio fondamentale sulla notifica via PEC degli atti fiscali. Anche se un atto notificato tramite Posta Elettronica Certificata è privo di firma digitale o attestazione di conformità, la notifica è da considerarsi valida se ha raggiunto il suo scopo, ovvero portare l’atto a conoscenza del destinatario. L’eventuale nullità viene sanata se il contribuente impugna l’atto, dimostrando di averlo ricevuto. Inoltre, spetta al destinatario l’onere di contestare espressamente la conformità della copia ricevuta all’originale.

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Pubblicato il 24 agosto 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica via PEC: la Cassazione conferma la validità anche senza firma digitale

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio cruciale per la digitalizzazione dei processi fiscali: la notifica via PEC di un atto impositivo è valida ed efficace anche se il file allegato non reca una firma digitale o un’attestazione di conformità. Questa pronuncia chiarisce che la semplice ricezione dell’atto e la conseguente impugnazione da parte del contribuente sanano qualsiasi vizio formale, confermando la piena validità della comunicazione.

I Fatti di Causa

Una società di costruzioni riceveva un avviso di intimazione da parte dell’Agenzia delle Entrate – Riscossione tramite Posta Elettronica Certificata. La società decideva di impugnare l’atto, sostenendo che la notifica fosse giuridicamente inesistente. Le ragioni addotte erano principalmente due: la PEC, a loro dire, non garantiva la certezza della conoscenza legale dell’atto e, inoltre, il documento allegato era privo di firma.

Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale accoglievano le ragioni della società, confermando l’invalidità della notifica. L’Agenzia delle Entrate, non condividendo tale interpretazione, proponeva ricorso per Cassazione, basando la sua difesa su due motivi principali.

L’Analisi della Corte e la validità della notifica via PEC

La Suprema Corte ha accolto integralmente il ricorso dell’Agenzia, ribaltando le decisioni dei giudici di merito. L’analisi dei giudici si è concentrata su due aspetti fondamentali della vicenda.

Il Principio del Raggiungimento dello Scopo

In primo luogo, la Corte ha richiamato il consolidato orientamento delle Sezioni Unite, secondo cui l’irregolarità di una notifica non ne causa la nullità se la consegna telematica ha comunque raggiunto il suo scopo. In questo caso, il fatto che la società avesse impugnato l’avviso di intimazione, allegandolo al proprio ricorso, era la prova inconfutabile che ne era venuta a conoscenza. Questo comportamento ha “sanato” qualsiasi vizio procedurale, rendendo la notifica pienamente efficace ai sensi dell’art. 156 del codice di procedura civile.

La validità del documento allegato alla notifica via PEC

In secondo luogo, la Cassazione ha smontato la tesi secondo cui l’atto allegato alla PEC dovesse necessariamente essere firmato digitalmente o avere un’attestazione di conformità. La normativa vigente (in particolare l’art. 26 del D.P.R. 602/73) stabilisce che la prova della trasmissione e della consegna tramite PEC è sufficiente a dimostrare l’avvenuto invio e ricezione. La legge non impone ulteriori formalità.

Le Motivazioni della Decisione

La Corte ha chiarito che la notifica può avvenire allegando al messaggio PEC indifferentemente un “atto nativo digitale” (creato direttamente in formato elettronico) o una “copia informatica” (scansione di un documento cartaceo). In base al Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD), la copia per immagine di un documento analogico ha la stessa efficacia probatoria dell’originale, a meno che la sua conformità non venga “espressamente disconosciuta” dalla parte che la riceve. Nel caso di specie, la società contribuente non aveva mai contestato formalmente che il file ricevuto non fosse conforme all’originale in possesso dell’Amministrazione. Questo mancato disconoscimento ha reso la copia pienamente valida a tutti gli effetti di legge, senza necessità di alcuna firma digitale o attestazione aggiuntiva.

Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale favorevole alla digitalizzazione e alla semplificazione dei rapporti tra Fisco e contribuente. Il messaggio per le imprese è chiaro: ignorare una notifica via PEC o contestarla per meri vizi di forma, come l’assenza di una firma digitale, è una strategia rischiosa e con poche probabilità di successo. Se l’atto è stato ricevuto e compreso, la notifica è da considerarsi valida. L’unica via per contestare efficacemente un documento ricevuto via PEC è dimostrare, con un atto formale di disconoscimento, che la copia ricevuta non corrisponde all’originale.

Una notifica via PEC è valida anche se l’allegato non ha la firma digitale?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, la notifica è valida se ha raggiunto il suo scopo di informare il destinatario. L’assenza di firma digitale o attestazione di conformità non la rende nulla, a meno che il destinatario non disconosca espressamente la conformità della copia ricevuta all’originale.

Cosa succede se un contribuente impugna un atto ricevuto tramite una notifica via PEC irregolare?
L’impugnazione stessa sana qualsiasi vizio della notifica. Agendo in giudizio, il contribuente dimostra di aver ricevuto l’atto e di averne compreso il contenuto, realizzando così lo scopo legale della comunicazione. Di conseguenza, la notifica diventa pienamente efficace.

A chi spetta l’onere di provare che un documento ricevuto via PEC non è conforme all’originale?
L’onere spetta al destinatario. La legge presume che la copia informatica sia conforme all’originale. Per contestarne la validità, il contribuente deve attivarsi con un formale ed espresso atto di disconoscimento, spiegando le ragioni della non conformità.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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