Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 9161 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 9161 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: NOME
Data pubblicazione: 08/04/2025
ORDINANZA
Sul ricorso n. 11180-2017, proposto da:
COGNOME NOMECOGNOME c.f. CODICE_FISCALE, COGNOME NOME Roberto COGNOME c.f. CODICE_FISCALE elettivamente domiciliati in Roma, presso la cancelleria della Corte di cassazione, rappresentati e difesi dall’avv. NOME COGNOME
Ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE (Incorporante RAGIONE_SOCIALE) cf. 13756881002, in persona del legale rappresentante p.t., elettivamente domiciliato in Roma, INDIRIZZO presso lo studio dell’avv. NOME COGNOME rappresentata e difesa dall’avv. NOME COGNOMERAGIONE_SOCIALE , cf NUMERO_DOCUMENTO, in persona del Direttore p.t., elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura Generale dello Stato, che la rappresenta e difende –
Controricorrenti
Avverso la sentenza n. 5338/28/2016 della Commissione tributaria regionale della Lombardia, depositata il 17.10.2016;
Intimazione di pagamento Omessa notifica della cartella -Notifica del ricorso a società incorporata
udita la relazione della causa svolta nell’ adunanza camerale del 30 gennaio 2025 dal Consigliere dott. NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
Dalla sentenza impugnata si evince che i ricorrenti proposero ricorso avverso due intimazioni di pagamento di Equitalia Nord s.p.a., denunciando la mancata notifica degli atti opposti, la mancata notifica della cartella presupposta, l’omessa motivazione delle intimazioni, l’inesistenza del credito erariale, e comunque la sua intervenuta prescrizione.
La Commissione tributaria provinciale di Milano accolse il ricorso con sentenza n. 330/17/2016. L’Ente riscossore propose appello, che fu accolto dalla Commissione tributaria regionale della Lombardia con sentenza n. 5338/28/2016. Il giudice regionale ha ritenuto che Equitalia avesse provato la rituale notifica della prodromica cartella di pagamento, mediante l’allegazione della notifica alla RAGIONE_SOCIALE, incorporata per fusione nella RAGIONE_SOCIALE, della quale gli odierni ricorrenti erano stati soci accomandatari illimitatamente responsabili; ha rilevato che sarebbe stato onere dei contribuenti dimostrare che nel plico notificato non vi fosse l’atto impositivo ma altro, né comunque la cartella era stata mai oggetto di impugnazione. Ha rigettato le doglianze dei contribuenti in ordine alla tardività ed all’irregolarità dell’appello perché notificato in busta chiusa, al contrario rilevando la notifica tempestiva dell’intero atto in plico raccomandato. Ha rigettato inoltre la denunciata irregolarità della notifica della cartella, indirizzata alla RAGIONE_SOCIALE, ormai estinta per incorporazione, sostenendo che l’eccezione fosse stata tardivamente presentata in secondo grado.
Avverso la sentenza i ricorrenti hanno proposto ricorso per cassazione affidato a cinque motivi, ulteriormente illustrati da memoria, cui hanno resistito con controricorso l’agente della riscossione e l’Agenzia delle entrate, il primo illustrando ulteriormente le proprie difese con memoria.
Nell’adunanza camerale del 30 gennaio 2025 la causa è stata decisa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo i ricorrent i hanno denunciato «la violazione dell’art. 360 nn. 3) e 5) per omessa e/o insufficiente motivazione della sentenza gravata, giacché i giudici di appello hanno errato nella valutazione sulla inammissibilità dell’atto di appello principale proposto da RAGIONE_SOCIALE
s.p.a. per tardività dello stesso stante che è stato spedito in busta chiusa e non in plico raccomandato senza busta in palese violazione dell’art. 20 D.GLS 546/92».
A parte l’erroneo richiamo al vizio di motivazione della sentenza, correttamente collocandosi la critica nell’error iuris in iudicando, di cui al n. 3 del primo comma, il motivo è infondato.
Sulle modalità con le quali debba essere spedito il ricorso, questa Corte con la giurisprudenza richiamata dalla difesa dei contribuenti, ha pur affermato che nel processo tributario, in forza del disposto dell’art. 20, comma 2, del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 – il ricorso si intende proposto al momento della spedizione, ove a ciò si sia provveduto con plico raccomandato senza busta con avviso di ricevimento (Cass., 18 dicembre 2006, n. 27067). Tuttavia, la giurisprudenza di legittimità ha chiarito intanto che la spedizione del ricorso o dell’atto d’appello a mezzo posta in busta chiusa, pur se priva di qualsiasi indicazione relativa all’atto in esso racchiuso anziché in plico senza busta come previsto dall’art. 20 del d.lgs. n. 546 del 1992, costituisce una mera irregolarità se il contenuto della busta e la riferibilità alla parte non siano contestati, essendo, altrimenti, onere del ricorrente o dell’appellante dare la prova dell’infondatezza della contestazione formulata (Cass., 12 giugno 2009, n. 13666). Peraltro, qualora debba accertarsi il perfezionamento della notifica a mezzo posta dell’atto di appello per il notificante, occorre provare che nel termine di cui all’art. 327 c.p.c. vi sia stata la consegna dell’atto all’ufficio postale, essendo sufficiente che la data risulti dall ‘ elenco di trasmissione recante la dicitura ed il timbro datario delle Poste che attesta di aver ricevuto l’atto nel giorno indicato (Cass., 11 aprile 2017, n. 9340). Poiché nel caso di specie emerge che la data di spedizione certificata dall’ufficio postale era stata quella del 29 marzo 2016 (rispetto al termine di notifica della sentenza -27/01/2016ultimo giorno utile, per essere il primo giorno non festivo dopo la domenica di Pasqua e il lunedì dell’Angelo ), e che in ogni caso, nella causa riunita, Equitalia, nella posizione di controricorrente e ricorrente incidentale, aveva depositato il proprio atto difensivo in data 18 marzo 2016, l’ufficio non è incorso in alcuna intempestività.
C on il secondo motivo hanno lamentato la «violazione dell’art. 360 n. 3) e 5) per violazione e falsa applicazione degli 18 e 53 D. LGS 546/92
RGN 11180/2017 Consigliere rel. NOME
in combinato disposto con l’art. 342 c.p.c., ed inesistenza ed omessa motivazione della sentenza gravata, stante che i giudici regionali non si sono affatto pronunciati circa l’eccezione di inammissibilità dell’atto di appello principale proposto irritualmente da Equitalia in palese violazione alla nuova normativa prevista dagli artt. 18 e 53 D.LGS 546/92 in combinato disposto con l’art. 342 n. 1) e 2) come novellato dalla legge 134/2012».
Il motivo è infondato perché, già per come formulato, esso denuncia una insussistente inammissibilità dell’atto d’appello dell’ente riscossore, che sarebbe stato confezionato senza il rispetto di ‘uno schema che ricalchi il provvedimento deciso rio’ . Si tratta di un principio del tutto errato, atteso che, come chiarito dalla giurisprudenza di legittimità ai fini dell’osservanza dell’art. 342 cod. proc. civ., la cui elaborazione è ampiamente mutuata ne l contenzioso tributario, laddove si sostiene che la mancanza o l’assoluta incertezza dei motivi specifici di impugnazione, che ai sensi dell’art. 53, co. 1, del d.lgs. n. 546 del 1992 determinano l’inammissibilità del ricorso in appello, non sono ravvisabili qualora il gravame, benché formulato sinteticamente, contenga una motivazione interpretabile in modo inequivoco. Si sostiene a tal fine che gli elementi di specificità dei motivi possono essere ricavati anche per implicito dall’intero atto di impugnazione considerato nel suo complesso, comprese le premesse in fatto, la parte espositiva e le conclusioni (Cass., 24 agosto 2017, n. 20379; 21 luglio 2020, n. 15519). Ancora più nettamente si sostiene che nel processo tributario il requisito della specificità dei motivi di appello è soddisfatto ove le argomentazioni svolte, correlate con la motivazione della sentenza impugnata, contestino il fondamento logicogiuridico di quest’ultima, mentre non è richiesta una rigorosa enunciazione delle ragioni invocate, quando siano evincibili, anche implicitamente, dall’atto di impugnazione considerato nel suo complesso (Cass., 20 dicembre 2018, n. 32954; 7 aprile 2017, n. 9083), con l’unico concreto limite dell’atto di appello che ripr oduca le argomentazioni a sostegno della domanda disattesa dal giudice di primo grado, senza neppure il minimo riferimento alle statuizioni di cui è chiesta la riforma e senza alcuna parte argomentativa che miri a contestare il percorso logico-giuridico della sentenza impugnata (Cass., 20 gennaio 2017, n. 1461; 19 dicembre 2018, n. 32838). In conclusione la riproposizione, a supporto dell’appello proposto dal contribuente, delle ragioni di impugnazione del
provvedimento impositivo in contrapposizione alle argomentazioni adottate dal giudice di primo grado assolve l’onere di impugnazione specifica imposto dall’art. 53, d.lgs. n. 546/1992, atteso il carattere devolutivo pieno, in tale giudizio, dell’appello, quale mezzo di gravame non limitato al controllo di vizi specifici, ma volto ad ottenere il riesame della causa nel merito (Cass., 23 novembre 2018, n. 30525; 22 gennaio 2016, n. 1200; 29 febbraio 2012, n. 2012).
Con il terzo motivo i ricorrenti hanno denunciato la «violazione dell’art. 36 n. 3) e 59 per violazione e falsa applicazione dell’art. 22 D.LGS 546/92, ed inesistenza ed omessa motivazione della sentenza gravata, stante che i giudici regionali non si sono affatto pronunciati circa l’eccezione di inammissibi lità dell’atto di appello principale proposto irritualmente da Equitalia in palese violazione all’art. 22 richiamato stante che l’appello principale è stato notificato in copia e non in originale come prescritto dall’art. 22 d.LGS 546/92».
Il motivo è infondato per assenza di specificità, non comprendendosi, dalle poche parole richiamate delle controdeduzioni dei contribuenti, cosa fosse stato denunciato, ossia di cosa l’atto d’appello fosse effettivamente carente. È peraltro atto inammissibile, perché nella sentenza il giudice regionale riconosce assertivamente che l’atto d’appello risultava completo in tutte le pagine. Si tratta di un accertamento in fatto, non contestabile in sede di legittimità.
Con il quarto motivo si sono doluti della «violazione dell’art. 360 n. 3) e 5) per violazione e falsa applicazione dell’art. 57 LGS. 546/92, ed inesistenza ed illogica motivazione della sentenza gravata, stante che i giudici regionali hanno omesso e/o hanno errato nel pronunciarsi sulla eccezione di inammissibilità dell’atto di appello principale proposto irritualmente da Equitalia per infondatezza nel merito».
Con il quinto motivo hanno lamentato la «violazione dell’art. 360 n. 3) e 5) per violazione e falsa applicazione dell’art. 2495 c.c., ed inesistenza ed illogica motivazione della sentenza gravata, stante che i giudici regionali hanno omesso e/ o hanno errato nel pronunciarsi sull’eccezione di nullità e/o inesistenza giuridica della notifica della cartella di pagamento opposta presupposta alle intimazioni di pagamento impugnate poiché comunicata a
soggetto giuridicamente inesistente per avvenuta incorporazione della società debitrice originaria».
Quest’ultimo motivo è fondato.
La difesa dei ricorrenti lamenta che in primo grado il riscossore avrebbe affermato di aver correttamente notificato la cartella alla COGNOME NOME e al COGNOME Cesare, mentre in sede d’appello ha affermato che la medesima cartella sarebbe stata notificata alla RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE, e cioè dopo oltre un anno dal momento in cui la suddetta società era stata incorporata per fusione nella RAGIONE_SOCIALE (incorporata il 27.06.2012, notifica dell’8.03.2013).
Ebbene, a fronte di tale prospettazione, e nonostante la difesa dell’ente riscossore sostenga che la notifica della prodromica cartella fosse avvenuta presso la società incorporante, il giudice d’appello, nell’esposizione del fatto, riferisce che Equitalia Nord aveva depositato il ‘9 giugno 2015’ relata di notifica della cartella alla RAGIONE_SOCIALE Nella parte motiva della pronuncia, quindi , respinge l’eccezione di nullità della notifica della cartella, su cui insistevano i contribuenti perché compiutasi ad oltre un anno dalla estinzione per incorporazione della RAGIONE_SOCIALE, sull’assunto che tale eccezione era stata sollevata solo in sede d’appello e dunque era da considerarsi tardiva.
Sennonché la soluzione adottata dal giudice regionale stride con quanto esso stesso narra nella parte espositiva della vicenda. Qui, infatti, la commissione regionale ha riferito che nel costituirsi in primo grado RAGIONE_SOCIALE aveva dichiarato di aver notificato la cartella direttamente a COGNOME NOME e NOME COGNOME quali soci accomandatari della RAGIONE_SOCIALE n sede d’appello l’ente avrebbe invece affermato che la notifica si era compiuta nei confronti della società in accomandita semplice.
Ebbene, se le difese dell’ente riscossore hanno dato una diversa rappresentazione dei fatti, appare evidente come i contribuenti non potessero prima del giudizio d’appello contestare che comunque la notifica a società estinta per incorporazione fosse nulla. A tal fine è utile richiamare la giurisprudenza di legittimità, secondo la quale la notificazione dell’avviso di accertamento effettuata nei confronti di una società, incorporata per fusione in altra società, in data successiva alla sua cancellazione dal registro delle imprese, è nulla, poiché dopo l’avvenuta fusione e la cancellazione dal registro delle imprese, la società incorporata si estingue e non può più
vantare un’autonoma legittimazione processuale attiva o passiva (Cass., 9 agosto 2022, n. 24579).
Risulta pertanto evidente che la decisione del giudice d’appello sia contraddittoria quando non illogica, non comprendendosi neppure se tale notifica sia stata eseguita presso la nuova società incorporante o altrove, e comunque risultando erronea l’afferma zione del giudice regionale circa la tardività della sollevata eccezione, laddove era stata Equitalia a fornire una diversa prospettazione in ordine al soggetto o ai soggetti destinatari della notifica della cartella.
Il quinto motivo va dunque accolto, ed il quarto ne risulta assorbito.
La sentenza va dunque cassata, e il giudizio va rinviato alla Corte di giustizia tributaria di II grado della Lombardia, perché, in diversa composizione, provveda a chiarire i termini della controversia in ordine alla notifica della cartella, assumendo una decisione conseguente sul punto. Il medesimo giudice del rinvio provvederà alla liquidazione delle spese del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte accoglie il quinto motivo del ricorso, assorbito il quarto, rigettati gli altri. Cassa la sentenza in relazione al motivo accolto e rinvia la causa alla Corte di giustizia di II grado della Lombardia, cui demanda, in diversa composizione, anche la liquidazione delle spese del giudizio di legittimità. Così decisa in Roma, nella camera di consiglio del 30 gennaio 2025