Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 16861 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 16861 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: LIBERATI NOME
Data pubblicazione: 23/06/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 13914/2018 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE rappresentato e difeso dall’avvocato COGNOME (CPSSNS51A04D789F)
-ricorrente-
contro
RAGIONE_SOCIALEgià RAGIONE_SOCIALE CONCESSIONARIA RISCOSSIONE TRIBUTI COMUNE DI CORSICO, rappresentata e difesa da ll’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE unitamente all’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE
-controricorrente-
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia, sede di MILANO n. 4484/2017 depositata il 07/11/2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 13/06/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La società ricorrente, con ricorso alla Commissione Tributaria Provinciale di Milano, ha chiesto l’annullamento dell’ingiunzione di pagamento emessa dalla concessionaria per l’accertamento, la liquidazione e la riscossione dell’imposta comunale sulla pubbl icità e dei diritti sulle pubbliche affissioni in nome e per conto del Comune di Corsico per imposta sulla pubblicità relativa all’anno 2012, conseguente ad avviso di accertamento numero 193/2012 del 07.06.2012 notificato in data 14.06.2012, lamentando che l’avviso di accertamento prodromico all’impugnata ingiunzione di pagamento non le sarebbe stato ritualmente notificato e che ne avrebbe quindi avuta notizia solamente per effetto della notifica dell’atto opposto.
Con sentenza numero 8885/2016 la C.T.P. di Milano ha rigettato il ricorso rilevando la ritualità della notifica presso la sede indicata nell’avviso di accertamento, ritenendo che l’eccezione fosse infondata perché smentita dalla documentazione prodotta dalla controparte. In particolare, è stato dimostrato che l’avviso è stato regolarmente notificato presso la RAGIONE_SOCIALE INDIRIZZO in Novara, con firma per ricevuta da parte di un soggetto che non ha sollevato obiezioni. La notifica sarebbe quindi valida ed efficace, poiché spettava al contribuente comunicare l’eventuale cambio di sede, come previsto dall’art. 36 del DPR 600/1973, che stabilisce un principio generale di correttezza nei rapporti tra contribuente e fisco.
Avverso la sentenza della CRAGIONE_SOCIALE di Milano ha proposto rituale appello la società odierna ricorrente, chiedendo l’integrale riforma della sentenza impugnata, lamentando la violazione dell’art.112 c.p.c. con riferimento all’art.2697 c .c. e la violazione e falsa applicazione delle
norme di cui al l’ art.36 e 60 DPR 600/1973 in riferimento all’art.145 c.p.c.
La CTR della Lombardia, con la sentenza in epigrafe indicata, ha respinto l’appello rilevando che l’appello si limitava a riproporre le medesime argomentazioni presentate nel ricorso introduttivo, senza aggiungere elementi nuovi e ritenendo che la notifica dell’atto impositivo fosse pienamente legittima e idonea a portare a conoscenza della parte appellante i termini dell’accertamento, consentendo una difesa appropriata, espressamente condividendo la decisione di prime cure.
Avverso la suddetta sentenza di gravame la società contribuente ha proposto ricorso per cassazione affidato a n. 5 motivi, cui ha resistito con controricorso la intimata.
Successivamente RAGIONE_SOCIALE ha depositato memoria illustrativa.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso, si deduce l’omesso esame di un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti, ai sensi dell’art. 360, c. 1, n. 5 c.p.c., sotto il profilo della motivazione inesistente, apparente e perplessa e della motivazione incomprensibile.
1.1. La ricorrente aveva censurato la sentenza sia per violazione degli artt. 112 e 2697 e 2712 c.c., sia per violazione e falsa applicazione degli artt. 36 e 60 del d.P.R. n. 600/1973 in relazione all’art. 145 c.p.c., poiché la notifica era avvenuta in un luogo del tutto estraneo alla società e nelle mani di un soggetto non qualificato, mentre la sentenza gravata si sarebbe limitata a rigettare l’appello senza alcuna motivazione sui motivi di impugnazione.
1.2. Il motivo è inammissibile. Sotto il profilo della denuncia del vizio motivazionale, la censura si scontra con il divieto di cui all’art. 348 ter c.p.c. in presenza di c.d. doppia conforme, e senza che la ricorrente
abbia dimostrato una divergenza delle ragioni di fatto alla base delle due decisioni di merito (Cass. 28/05/2024, n. 14846)
1.3. La censura è anche infondata in fatto.
La decisione gravata non è affatto priva di motivazione, e la stessa richiama anche la motivazione di prime cure, facendola propria.
1.4. Per costante giurisprudenza, invero, la mancanza di motivazione, quale causa di nullità della sentenza impugnata, va apprezzata, tanto nei casi di sua radicale carenza, quanto nelle evenienze in cui la stessa si dipani in forme del tutto inidonee a rivelare la ratio decidendi posta a fondamento dell’atto, poiché intessuta di argomentazioni fra loro logicamente inconciliabili, perplesse od obiettivamente incomprensibili (tra le tante: Cass., Sez. 5^, 30 aprile 2020, n. 8427; Cass., Sez. 6^- 5, 15 aprile 2021, n. 9975; Cass., Sez. 5^, 20 dicembre 2022, n. 37344; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354).
1.5. Tra l’altro, si è in presenza di una tipica fattispecie di ‘motivazione apparente’, allorquando la motivazione della sentenza impugnata, pur essendo graficamente (e, quindi, materialmente) esistente e, talora, anche contenutisticamente sovrabbondante, risulta, tuttavia, essere stata costruita in modo tale da rendere impossibile ogni controllo sull’esattezza e sulla logicità del ragionamento decisorio, e quindi tale da non attingere la soglia del “minimo costituzionale” richiesto dall’art. 111, sesto comma, Cost. (Cass. 20/07/2023 n. 2023, che cita, tra le tante: Cass., Sez. 1^, 30 giugno 2020, n. 13248; Cass., Sez. 6^-5, 25 marzo 2021, n. 8400; Cass., Sez. 6^- 5, 7 aprile 2021, n. 9288; Cass., Sez. 5^, 13 aprile 2021, n. 9627; Cass., Sez. 6^-5, 24 febbraio 2022, n. 6184; Cass., Sez. 5^, 18 aprile 2023, n. 10354).
1.6. Tali vizi non ricorrono nel caso di specie.
1.7. Il motivo va dunque rigettato.
Con il secondo motivo di ricorso, parte ricorrente contesta la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c. con riferimento all’art. 2697 e 2712 c.c. circa la contestata idoneità dell’avviso di ricevimento ad attestare la avvenuta notifica dell’avviso di accertamento 193/12 anche ai sensi dell’art. 27 D.M. 1.10.2008 in relazione all’art.360, c. 1, n. 3 c.p.c.
2.1. La ricorrente lamenta che la sentenza gravata non avrebbe esaminato, in conformità all’art. 112 c.p.c., la contestazione sull’idoneità dell’avviso di ricevimento a fornire la prova della notifica dell’avviso di accertamento. Nello specifico, viene evidenziato che l’avviso di ricevimento postale, come riportato nel primo motivo d’appello, era stato deposita to in fotocopia e non dichiarato conforme all’originale e, inoltre, non conteneva alcun elemento che potesse ricondurlo all’avviso di accertamento n° 193/2012. Infine, la ricorrente aveva contestato la sottoscrizione del ricevente, in quanto l’ufficiale postale non ne aveva indicato la qualifica, in presunta violazione dell’art. 27 D.M. 1.10.2008.
2.2. Il secondo motivo di ricorso deduce sostanzialmente un error in indicando e viene contestualmente lamentata, da una parte la violazione del principio processuale di corrispondenza tra il chiesto ed il pronunciato, e dall’altra la violazione di regole di diritto sostanziale inerenti la prova dei fatti oggetto di decisione (artt. 2697 e 2712 c.c. e la norma regolamentare secondaria di cui all’articolo 27, D.M. 01.10.2008). La CTR non avrebbe dichiarato l’idoneità dell’avviso di ricevimento a fornire la p rova dell’avvenuta notifica dell’avviso di accertamento opposto nelle fasi di merito da controparte.
2.3. Anche questa censura si palesa come inammissibile, in quanto attinente alla valutazione del fatto, di cui si chiede alla Corte di legittimità di operare una nuova valutazione: il ricorrente per cassazione non può rimettere in discussione, contrapponendone uno difforme, l’apprezzamento in fatto dei giudici del merito, tratto
dall’analisi degli elementi di valutazione disponibili ed in sé coerente, atteso che l’apprezzamento dei fatti e delle prove è sottratto al sindacato di legittimità, in quanto, nell’ambito di quest’ultimo, non è conferito il potere di riesaminare e valutare il merito della causa, ma solo quello di controllare, sotto il profilo logico formale e della correttezza giuridica, l’esame e la valutazione del giudice di merito, a cui resta riservato di individuare le fonti del proprio convincimento e, all’uopo, di valutare le prove, controllarne attendibilità e concludenza e scegliere, tra esse, quelle ritenute idonee a dimostrare i fatti in discussione (Cass. 13/02/2025, n. 3730, che cita anche, tra varie, Cass. n. 32505/23).
Con il terzo motivo di ricorso, si lamenta la violazione e falsa applicazione degli art. 2193 e 46 c. 1 c.c. con riferimento all’avvenuto trasferimento della sede in relazione all’art. 360, c. 1, n. 3 c.p.c.
3.1. La ricorrente contesta la validità della notifica, affermando che essa sarebbe avvenuta il 14 giugno 2012 in una sede che non apparteneva più alla società, la quale si era trasferita dal 13 febbraio 2012 in INDIRIZZO come risultante dalla visura camerale storica depositata in giudizio. Sostiene che tale trasferimento, regolarmente comunicato al registro delle imprese, è opponibile all’amministrazione ai sensi degli artt. 46 e 2193 c.c. e che spetta(va) al notificante provare l’esistenza della sede e ffettiva.
3.2. Parte controricorrente ha per contro evidenziato che il motivo si paleserebbe inammissibile, trattando di questioni di fatto, e comunque anche infondato, dal momento che una semplice comparazione della varie sottoscrizioni apposte in calce alle cartoline di ricevimento dei vari atti che si sono succeduti – che sono stati tra l’altro notificati in sequenza, prima in INDIRIZZO, e poi in INDIRIZZO renderebbe manifesta l’identità speculare sottoscrizioni (quasi sovrapponibili), potendosi evincere che presso il primo indirizzo era evidentemente rimasta la sede effettiva della società o comunque
un luogo presso il quale avrebbero potuto ancora essere indirizzati gli atti ai fini di una regolare notifica.
3.3. Anche per tale motivo vale quanto già affermato: trattasi di censura che involge un accertamento in fatto, precluso in questa sede di legittimità.
3.4. La censura è dunque da rigettare.
Con il quarto motivo di ricorso, si deduce la violazione e falsa applicazione dell’art 45 c.p.c. e dell’art 36 d.P.R. 600/73 con riferimento agli artt. 2193 e 46 c.c., nonché la violazione e falsa applicazione dell’art. 35 DPR 633/72, c. 8, con riferimento all’obbligo di comunicazione del trasferimento ed opponibilità del trasferimento con riferimento agli arti. 2193 e 4 6 cc tutti in relazione all’art.360, c. 1, n. 3 c.p.c.
4.1. La notifica sarebbe avvenuta il 14.6.2012 in una sede del tutto estranea alla società, rispetto a quella di INDIRIZZO dove si era trasferita da INDIRIZZO sin dal 13.2.2012 e il trasferimento, in quanto comunicato al registro delle imprese e attestato dalla visura camerale storica depositata l’11.10.2016, sarebbe opponibile all’ente impositore ai sensi degli artt. 46 e 2193 c.c.
4.2. Al di là della natura in fatto della contestazione, ed in aggiunta alle considerazioni esposte anche nei precedenti punti, deve in ogni caso rilevarsi l’avvenuto raggiungimento dello scopo a cui il procedimento notificatorio è funzionale. Si sono quindi in ogni caso prodotti gli effetti sananti di cui a ll’ articolo 156 c.p.c.
4.3. La censura non può essere accolta.
Con il quinto motivo di ricorso, si contesta infine la violazione e falsa applicazione di legge dell’art. 145 c.p.c. con riferimento agli artt. 2697 e 46 c. 1 c.c. circa il relativo onere probatorio in relazione all’art. 360 n° 3 c.p.c.
5.1. La ricorrente contesta che la sentenza impugnata non abbia esaminato la censura relativa alla violazione dell’art. 145 c.p.c.,
sollevata a seguito della contestazione della firma sull’avviso di ricevimento, atteso che la notifica alle persone giuridiche deve avvenire nella sede legale, a mani del rappresentante, di un incaricato alla ricezione o, in mancanza, di persona addetta alla sede o del portiere. Nel caso specifico, la firma presente sull’avviso è stata contestata e non risulta indicata la qualifica del ricevente. Inoltre, l’ufficiale postale non ha identificato il destinatario, mancando così un requisito essenziale per la validità della notifica.
5.2. Anche questo motivo è da ritenere inammissibile, in quanto richiede un nuovo esame dei fatti, che è precluso nel giudizio di Cassazione. Il motivo è comunque anche infondato: l’atto risulta regolarmente ricevuto all’indirizzo di INDIRIZZO e non è stata proposta querela di falso sull’avviso di ricevimento.
Il mancato accoglimento di tutti i motivi di ricorsi rende superflua l’analisi delle questioni pregiudiziali sollevate da parte controricorrente, la quale ha eccepito (e ribadito con memoria) l’inammissibilità dei ricorso per cassazione per omessa impugnazione della parte della decisione che ha statuito sull’inammissibilità dell’appello per violazione del principio di specificità dei motivi di appello e di divieto di domande ed eccezioni nuove, e l’inammissibilità del ricorso avverso l’ingiunzione di pagamento per tardività dell’opposizione avverso il prodromico avviso di accertamento ai sensi dell’articolo 21, d.lgs. 31.12.199 n.546.
Il ricorso va dunque rigettato.
Le spese del giudizio di legittimità seguono la soccombenza, e sono liquidate nella misura indicata in dispositivo, dovendosi applicare i valori medi, in considerazione della non eccessiva complessità, e non risultando quindi accoglibile quanto richiesto nella nota spese.
In conseguenza dell’esito del giudizio ricorrono i presupposti processuali per dichiarare la sussistenza dei presupposti per il pagamento di una somma pari al contributo unificato previsto per la
presente impugnazione, se dovuto, ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna il ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 3.000,00 per compensi oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti per il versamento, da parte del ricorrente principale, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dov uto per il ricorso principale, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13.
Così deciso in Roma, il 13/06/2025.