Sentenza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 499 Anno 2025
Civile Sent. Sez. 5 Num. 499 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 09/01/2025
IRPEF AVVISO DI ACCERTAMENTO NOTIFICA DEL RICORSO
SENTENZA
sul ricorso iscritto al n. 16839/2021 R.G. proposto da:
ORSI IMMACOLATA, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME in virtù di procura speciale allegata al ricorso ed elettivamente domiciliata presso lo studio del difensore in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE con sede in Roma, in persona del Direttore Generale pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, ove per legge domicilia in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio n. 4088/3/2020 depositata il 17/12/2020;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 29 novembre 2024 dal consigliere NOME COGNOME
udito il Pubblico Ministero in persona del Sostituto Procuratore Generale dott. NOME COGNOME che ha concluso chiedendo il rigetto del ricorso;
udito l’Avv. NOME COGNOME comparso per la parte ricorrente, in sostituzione e per delega dell’Avv. NOME COGNOME udito l’Avv. NOME COGNOME dell’Avvocatura generale dello Stato per la controricorrente Agenzia delle Entrate.
FATTI DI CAUSA
L’Agenzia delle Entrate notificava a Orsi RAGIONE_SOCIALE l’avviso di accertamento TK3018302009/2017 con il quale si contestava alla contribuente l’omessa presentazione della dichiarazione dei redditi per l’anno di imposta 2013, l’accertata proprietà di una serie di immobili in Formello siti in diverse unità immobiliari, la locazione di decine di appartamenti ad altrettanti nuclei familiari risultati residenti nei medesimi immobili, la mancata registrazione dei contratti e l’omessa dichiarazione dei redditi tratti dagli immobili. L’Ufficio, riscontrata a suo avviso la mancata collaborazione della contribuente nel ricostruire la situazione dei vari immobili, procedeva ad un accertamento induttivo e contestava reddito imponibile per euro 225.541,00.
NOME impugnava l’avviso di accertamento con ricorso diretto alla Commissione tributaria provinciale di Roma. L’adita Commissione, con la sentenza 16925/16/2018 depositata in data 25.9.2018, dichiarava inammissibile il ricorso perché non notificato alla Agenzia delle Entrate.
Avverso detta decisione proponeva appello la contribuente. L’Agenzia delle Entrate si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. La Commissione tributaria regionale del Lazio, con la sentenza n. 4088/3/2020, depositata il 17/12/2020 rigettava l’appello.
NOME propone ricorso per cassazione articolato su due motivi. L’Agenzia delle Entrate resiste con controricorso.
Il procuratore generale ha concluso per l’inammissibilità e per l’infondatezza dei motivi di ricorso.
La contribuente ha depositato memoria ex art. 378 cod. proc. civ..
Il ricorso è stato discusso alla pubblica udienza del 29/11/2024.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo di ricorso la difesa di NOME RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e/o falsa applicazione dell’art. 132, secondo comma, n. 4), cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5), cod. proc. civ.. Secondo la ricorrente la sentenza impugnata sarebbe viziata perché avrebbe erroneamente ritenuto che la sentenza di primo grado avesse dichiarato inammissibile il ricorso per omessa notifica mentre, secondo la ricorrente, la sentenza di primo grado aveva rilevato la nullità della notifica piuttosto che la inesistenza della notifica e aveva escluso che il vizio fosse stato sanato dalla costituzione dell’Ufficio, circostanza che aveva ritenuto insussistente, a sua volta errando, perché l’Ufficio era costituito in primo grado.
1.1. Il motivo è infondato. Come rileva l’Agenzia delle Entrate nel controricorso, riportando più ampiamente e fedelmente la sentenza di primo grado senza essere specificamente contestata dalla parte ricorrente, la decisione della Commissione tributaria provinciale ha, in via del tutto preliminare, escluso l’esame del merito del ricorso e ha dichiarato l’inammissibilità dell’impugnazione ai sensi degli artt. 21 e 22 d.lgs. 31/12/1992, n. 546 per non avere la parte ricorrente prodotto la notifica del ricorso cioè rilevando l’integrale mancanza della notifica perché, afferma la sentenza, «l’unico atto prodotto dal ricorrente è il ricorso depositato presso questa Commissione». Dunque il motivo è destituito di fondamento perché travisa il contenuto della sentenza di primo grado e, per questa via, la motivazione offerta dalla Commissione tributaria regionale. Va, peraltro, considerato che l’eventuale errore della sentenza di appello circa l’argomentazione giuridica utilizzata dalla sentenza di primo grado, del tutto insussistente come sopra chiarito, non
sarebbe nemmeno stato decisivo ai fini di determinare la dedotta nullità della sentenza perché non avrebbe riguardato un fatto storico decisivo per il giudizio e discusso tra le parti, ma una questione giuridica (l’intervenuta notifica o la mancata notifica del ricorso e il vizio di seguito configurabile) che di seguito è stata autonomamente rivalutata dalla Commissione tributaria regionale. In tal senso, si consideri che in tema di ricorso per cassazione, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c. – nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.lgs. n. 40 del 2006 – il vizio relativo all’omessa, insufficiente o contraddittoria motivazione deve essere riferito ad un «fatto», da intendere quale specifico accadimento in senso storico-naturalistico (Cass 03/10/2018, n. 24035 del 03/10/2018).
Con il secondo motivo di ricorso la difesa di NOME RAGIONE_SOCIALE deduce violazione e/o falsa applicazione degli artt. 111 Cost., 6 CEDU, 156, terzo comma, cod. proc. civ., 160 cod. proc. civ. e 164, comma 3, cod. proc. civ. in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo la parte ricorrente la sentenza impugnata sarebbe errata perché non avrebbe rilevato che non si trattava di inesistenza della notifica ma di nullità della notifica del ricorso in primo grado e che il vizio in questione sarebbe stato sanato dalla costituzione in giudizio dell’Ufficio che si era difeso in primo e in secondo grado nel merito.
2.1. Il motivo è infondato innanzi tutto perché non attinge la ratio decidendi della sentenza della Commissione tributaria regionale, che argomentava come di seguito: «l’appello appare infondato perché correttamente la sentenza di primo grado ha ritenuto l’inammissibilità del ricorso in primo grado per omessa notifica. L’art. 21 del d.lgs. 546/1992 prevede espressamente che il ricorso deve essere proposto a pena di inammissibilità entro sessanta giorni dalla data di notificazione dell’atto impugnato. La sanzione della inammissibilità è rilevabile in ogni stato e grado del giudizio e
la perentorietà del termine determina la indisponibilità ad opera delle parti anche ai fini di una eventuale sanatoria con la conseguente inapplicabilità dell’art. 156 cod. proc. civ.. Peraltro non si può nemmeno argomentare in termini di nullità o inesistenza della notifica perché nel caso di specie non risulta impugnato l’atto». Orbene la sentenza di primo grado rilevava che il ricorrente non aveva depositato la notifica e che «l’unico atto prodotto dal ricorrente è il ricorso depositato presso questa Commissione» e ne aveva tratto le conseguenze stabilite dall’art. 21 d.lgs. 546/1992. La sentenza di secondo grado nel convalidare la motivazione, sottolinea come la sanzione della inammissibilità fosse del tutto necessitata una volta accertato che era mancato il deposito dell’atto notificato. Ogni discussione circa la natura del vizio della notifica secondo la sentenza di appello era preclusa. Non solo è mancata la consegna dell’atto, con inesistenza della notifica, ma è mancato il deposito presso la Commissione tributaria provinciale dell’atto notificato ai sensi dell’art. 22, comma 1, d.lgs 546 1992.
2.2. Non possono assumere rilievo in senso contrario i principi invocati dalla difesa della parte ricorrente e affermati da Cass. 30/10/2023, n. 30082: secondo la citata pronuncia «in tema di notificazioni a mezzo PEC, qualora il messaggio regolarmente pervenuto al destinatario indichi chiaramente gli estremi essenziali della notificazione (soggetto notificante, destinatario e oggetto della notifica), qualsiasi anomalia che renda illeggibili gli allegati (atti notificati e relata di notifica) comporta la nullità, e non l’inesistenza, della notificazione». Nel caso del ricorso di primo grado proposto dalla difesa di NOME mancavano proprio gli elementi essenziali della notificazione (l’oggetto della notifica e l’atto notificato, con riguardo all’accertamento impugnato), mentre era stato notificato per tre volte il ricorso relativo ad un diverso accertamento e per diverso anno di imposta.
Il ricorso deve, allora, essere integralmente respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso;
condanna la società ricorrente al pagamento delle spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.600,00 (cinquemilaseicento) oltre spese prenotate a debito;
ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater , del d.P.R. n. 115/2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei ricorrenti, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso, in Roma, nella camera di consiglio del 29 novembre