Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 3172 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 3172 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 02/02/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 9666/2015 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE) rappresentato e difeso dall’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALE)
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 5309/2014 depositata il 14/10/2014;
sul ricorso iscritto al n. 4667/2016 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, domiciliata ex lege in INDIRIZZO, presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO (P_IVAP_IVA che la rappresenta e difende
-ricorrente-
contro
COGNOME NOME, elettivamente domiciliato in INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato NOME COGNOME (CODICE_FISCALECODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA di COMM.TRIB.REG. LOMBARDIA n. 3348/2015 depositata il 15/07/2015.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 11/01/2024 dal Consigliere NOME COGNOME.
FATTI DI CAUSA
In data 28 novembre 2012 l’RAGIONE_SOCIALE notificava a NOME COGNOME l’avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO, avente oggetto Irpef e relative addizionali, per l’anno 2003, oltre a sanzioni ed interessi.
1.1. L’atto traeva origine dal PVC notificato il 5.11.2012, redatto dalla Guardia RAGIONE_SOCIALE che, previa autorizzazione dell’Autorità giudiziaria, aveva utilizzato gli elementi istruttori raccolti nel procedimento penale n. 440/2007 R.G.N.R. della Procura della Repubblica presso il Tribunale di RAGIONE_SOCIALE, promosso nei confronti di vari indagati, tra i quali NOME COGNOME, per i reati di cui agli artt. 2, 3, 4, 8, 10, 10 quater D.Lgs. n. 74/2000.
1.2. Per quanto qui rileva, dall’esame degli estratti di conto corrente e della documentazione bancaria pervenuta dagli istituti di credito risultavano: a) 380 assegni (bancari e/o circolari) emessi dalle società sopra citate nel periodo 1 gennaio 2003 – 31 dicembre 2008; b) 73 assegni (bancari e/o circolari) emessi a firma di COGNOME NOME, figlio del contribuente, su conti correnti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE.
In particolare, dall’analisi dei movimenti sub a) emergeva che gli assegni erano stati sottoscritti da NOME COGNOME in qualità di amministratore RAGIONE_SOCIALE società e riportavano quale beneficiario le diciture “noi stessi”, ‘..ns. proprio’, la denominazione della società emittente e/o il nominativo dello stesso NOME COGNOME; risultavano girati a sua firma ed erano stati tutti cambiati in
contanti direttamente dal COGNOME oppure da dipendenti della società da questi delegati.
Dall’analisi dei movimenti sub b) emergeva che le firme sugli assegni emessi sui conti RAGIONE_SOCIALE società RAGIONE_SOCIALE e RAGIONE_SOCIALE erano state apposte da NOME COGNOME in qualità di delegato ad operare sul relativo conto corrente e, come i primi, recavano come beneficiario le diciture ‘noi stessi”, “ns. proprio”, la denominazione della società emittente e/o il nominativo dello stesso NOME COGNOME; risultavano girati a sua firma e sono stati tutti cambiati in contanti direttamente dal COGNOME oppure da dipendenti RAGIONE_SOCIALE società da questi delegati.
1.3. I verificatori richiedevano a NOME COGNOME di fornire i chiarimenti e le giustificazioni ai fini reddituali, ai sensi dell’art. 32 del DPR 600/73, ed il contribuente, nonostante la concessione di adeguato termine, poi prorogato, riferiva di non essere in grado di produrre documentazione e comunque di ricostruire le movimentazioni richieste.
1.4. L’Amministrazione finanziaria imputava quindi al contribuente, a titolo reddito da lavoro dipendente, gli importi prelevati, da lui e dal figlio NOME COGNOME, dai conti correnti RAGIONE_SOCIALE società di cui NOME COGNOME era legale rappresentante.
1.5. Va infine rilevato che l’accertamento recita testualmente (pag. 7): “il presente accertamento viene notificato prima del termine previsto dall’art. 12, comma 7, L. 212/2000 in quanto ricorrono motivi di particolare urgenza dettati dalla necessità di rispettare i termini decadenziali previsti dall’art. 43 DPR 600/73 e dall’art. 57 DPR 633/72”.
Il ricorso proposto dal contribuente avverso il predetto avviso di accertamento veniva accolto dalla CTP di RAGIONE_SOCIALE, con sentenza che veniva confermata dalla CTR della Lombardia, che rigettava l’appello dell’Amministrazione con sentenza n. 5309/2014 depositata il 14/10/2014.
Avverso la predetta sentenza l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto sia ricorso per revocazione alla Commissione tributaria regionale della Lombardia Molise, sia ricorso per cassazione affidato a due motivi.
In sede di ricorso per cassazione, il contribuente ha resistito con controricorso, illustrato con successiva memoria ex art. 380.1 bis cod. proc. civ.
Il ricorso per revocazione della sentenza di appello è stato dichiarato inammissibile con sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3348/2015 depositata il 15/07/2015.
5.1. In particolare, la CTR ha osservato che il vizio revocatorio lamentato dall’Amministrazione ricorrente sub specie del mancato esame della denuncia penale che la CTR avrebbe erroneamente ritenuto non prodotta in atti – attingeva in tesi una sola RAGIONE_SOCIALE rationes decidendi autonome su cui si fondava la sentenza impugnata, in quanto i giudici di appello, respingendo l’appello dell’Ufficio, avevano ritenuto la nullità dell’avviso di accertamento in ragione dell’assorbente vizio invalidante dell’assoluta mancanza dei motivi di urgenza che avrebbero giustificato l’anticipata emissione dell’avviso di accertamento rispetto al termine dilatorio previsto dall’art. 12, comma 7, L. 212/2000.
Avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3348/2015 l’RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per cassazione sorretto da unico motivo.
Il contribuente ha resistito con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente deve essere disposta la riunione del ricorso n. 4667/2016 R.G. a quello recante il n. 9666/2015 R.G.
1.1. Deve darsi, al riguardo, continuità al principio affermato da questa Corte secondo cui «i ricorsi per cassazione, proposti, rispettivamente, contro la decisione della Corte d’appello e contro
quella che decide l’impugnazione per revocazione avverso la prima debbono, in caso (come quello in esame) di contemporanea pendenza in sede di legittimità, essere riuniti in applicazione analogica, trattandosi di gravami avversi distinti provvedimenti, della norma dell’art. 335 cod. proc. civ., che impone la trattazione in un unico giudizio di tutte le impugnazioni proposte contro la stessa sentenza. Infatti, la riunione dei ricorsi, pur non espressamente prevista dalla norma del codice di rito, discende dalla connessione esistente tra le due pronunce, atteso che sul ricorso per cassazione proposto contro la sentenza resa in sede di appello può risultare determinante la pronuncia di cassazione riguardante la sentenza resa in sede di revocazione» (cfr. Cass, 5 agosto 2016, n. n. 16435 e, più di recente, Cass., 6 luglio 2022, n. 21315).
Il carattere pregiudiziale RAGIONE_SOCIALE questioni inerenti alla revocazione, poste nel ricorso avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3348/2015 depositata il 15/07/2015 comporta che il loro esame abbia la precedenza su quello del ricorso proposto conto la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 5309/2014 depositata il 14/10/2014.
Ricorso n. 4667/2016 R.G. avente ad oggetto la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3348/2015 depositata il 15/07/2015.
Con l’unico motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la «Violazione degli artt. 100 e 395, comma 1, n. 4 c.p.c. in relazione all’art. 360, comma 1, n. 4 c.p.c.».
Lamenta l’Amministrazione ricorrente che, pur avendo la CTR della Lombardia dichiarato l’illegittimità dell’atto impositivo in accoglimento dell’eccezione di violazione dell’art. 12, comma 7, della L. n. 212/2000 riproposta dal contribuente con appello incidentale, i giudici di appello hanno comunque evidenziato, con
statuizione che costituisce autonoma ratio decidendi che «Non solo … l’Ufficio stesso, omettendo (anche nella presente sede di gravame) di produrre denuncia penale ex art. 331 cpp a carico del COGNOME… ha impedito al giudice di valutare in via di prognosi postuma la fondatezza o meno della denunzia stessa».
3.1. L’errore di fatto su cui si fonda tale statuizione, di per sé sola idonea a sorreggere la decisione, rivestirebbe per tale ragione carattere decisivo e i giudici della revocazione avrebbero quindi errato nel ritenere tale errore ‘assorbito’ dall’ulteriore motivazione posta a sostegno della sentenza di appello.
Vanno rigettate le preliminari eccezioni di inammissibilità sollevate dal controricorrente, sia per quanto attiene al rispetto del principio di autosufficienza, adempiuto mediante l’indicazione degli atti rilevanti per la decisione e la trascrizione RAGIONE_SOCIALE parti salienti degli stessi nel corpo del ricorso, sia per quanto riguardo la contestazione di omesso deposito degli atti e documenti sui quali il ricorso si fonda, avendo provveduto l’RAGIONE_SOCIALE al rituale deposito dell’istanza ex art. 369, ultimo comma cod. proc. civ.
Il ricorso è peraltro inammissibile, dovendosi rilevare, in consonanza con il giudice della revocazione, il difetto del requisito della decisività dell’errore di fatto denunciato.
Ha affermato questa Suprema Corte che «L’errore di fatto rilevante ai fini della revocazione della sentenza, compresa quella della Corte di cassazione, presuppone l’esistenza di un contrasto fra due rappresentazioni dello stesso oggetto, risultanti una dalla sentenza impugnata e l’altra dagli atti processuali; il detto errore deve: a) consistere in un errore di percezione o in una mera svista materiale che abbia indotto, anche implicitamente, il giudice a supporre l’esistenza o l’inesistenza di un fatto che risulti incontestabilmente escluso o accertato alla stregua degli atti di causa, sempre che il fatto stesso non abbia costituito oggetto di un punto controverso sul quale il giudice si sia
pronunciato; b) risultare con immediatezza ed obiettività senza bisogno di particolari indagini ermeneutiche o argomentazioni induttive; c) essere essenziale e decisivo, nel senso che, in sua assenza, la decisione sarebbe stata diversa (Cass. 28/02/2007, n. 4640; Cass. 20/02/2006, n. 3652; Cass. 11/04/2001, n. 5369; Cass. Sez. 6, 10/06/2021, n. 16439; Cass. 17/03/2023, n. 11870).»
Nel caso di specie, i giudici della revocazione hanno correttamente rilevato come, nella sentenza di cui si chiedeva la revoca, la CTR avesse motivato «la nullità dell’avviso di accertamento di cui trattasi in merito all’assorbente vizio invalidante dell’assoluta mancanza dei motivi di urgenza che avrebbero giustificato l’anticipata emissione dell’avviso di accertamento».
7.1. Va a tale riguardo evidenziato che dalla motivazione della sentenza n. 5394/2014, riprodotta per estratto nel ricorso dell’RAGIONE_SOCIALE, emerge come i giudici di appello, pur riscontrando la mancata produzione della denuncia penale, abbiano affermato, con autonoma statuizione non affetta, neppure in tesi, dall’eventuale errore di fatto denunciato, che «… ancor prima, deve rilevarsi la fondatezza della eccezione pregiudiziale (non scrutinata dalla CTP perché ritenuta assorbita) riproposta dal contribuente in via di appello incidentale, del mancato rispetto del termine dilatorio di 60 giorni…prescritto dall’art. 12, co. 7, l. 212/2000…».
In conclusione, il ricorso proposto avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Lombardia n. 3348/2015 depositata il 15/07/2015, deve essere dichiarato inammissibile, con conseguente condanna della ricorrente al rimborso, in favore della controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale
dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
Ricorso n. 9666/2015 R.G. avente ad oggetto la sentenza della Commissione tributaria regionale n. 5309/2014, depositata in data 14 ottobre 2014.
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia la «1) Violazione e falsa applicazione dell’art. 43, comma 3, del D.P.R. n. 600/1973, introdotto dall’art 37, comma 24, del decreto legge 4 luglio 2006 n. 223 (convertito, con modificazioni, dalla legge 4 agosto 2006, n. 248), dell’art 4 della legge n. 74/2000 e dell’art 331 c.p.p., in relazione all’art 360, comma I, n. 3 c.p.c.», lamentando che la CTR abbia respinto l’appello dell’Ufficio in primo luogo attribuendo rilevanza, ai fini dell’operatività del raddoppio dei termini, alla circostanza che l’Ufficio non avesse prodotto, neanche in sede di gravame, la denuncia penale dei confronti del sig. COGNOME.
Con il secondo motivo di ricorso, l’Amministrazione lamenta la «Falsa applicazione dell’art. 12, comma 7, della legge n. 2012/2000, in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c.», censurando la decisione della CTR anche nella parte in cui ha ritenuto nullo l’avviso di accertamento in quanto notificato prima dello scadere del termine dilatorio di cui alla norma indicata in rubrica, ritenendo a tale fine del tutto insufficiente la giustificazione offerta dall’Ufficio circa la sussistenza di particolari ragioni d’urgenza, rappresentati dalla necessità di rispettare i termini decadenziali per l’emissione dell’avviso di accertamento, non avendo l’Ufficio provato l’esistenza di ragioni estranee a sé idonee a giustificare l’inosservanza del termine stesso.
Il contribuente ha eccepito l’inammissibilità del ricorso avversario perché notificato oltre il termine di decadenza di cui all’art. 327 c.p.c., e comunque perché notificato in maniera giuridicamente inesistente.
11.1. La Difesa erariale afferma di avere notificato il ricorso in data 11 giugno 2015, e dunque oltre il termine semestrale di cui all’art. 327, primo comma, c.p.c., che spirava il 14.4.2015 con riferimento al 14.10.2014, data di pubblicazione della sentenza d’appello, perché l’AVV_NOTAIO, difensore domiciliatario del contribuente nei primi due gradi di giudizio, non aveva comunicato lo spostamento dello studio da INDIRIZZO a INDIRIZZO, sempre in Milano.
11.2. Osserva a tale riguardo il controricorrente che l’AVV_NOTAIO, in data 3.12.2014, aveva comunicato all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE di RAGIONE_SOCIALE che il domicilio eletto del COGNOME. COGNOME, per l’eventuale notifica del ricorso per Cassazione o di altro atto processuale, non era più presso il proprio studio, bensì presso la residenza del COGNOME in Bosnia.
Recita testualmente la comunicazione dell’AVV_NOTAIO, con apposito atto spedito a mezzo raccomandata A.R. all’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE e ricevuta il 3.12.2014 (cfr. doc. 9 RAGIONE_SOCIALE produzioni del controricorrente): «RAGIONE_SOCIALE Legale modifica domicilio eletto Il sottoscritto AVV_NOTAIO, difensore del COGNOME NOME COGNOME, nel procedimento pendente presso la Commissione Tributaria Regionale di Milano, di cui al RGA n. 396/2014, conclusosi con sentenza n. 5309/42/14, depositata lo scorso 14 ottobre 2014, premesso che – il sottoscritto difensore non è abilitato a patrocinare innanzi alla Corte di Cassazione; conseguentemente, il contribuente, nell’ipotesi in cui l’Amministrazione finanziaria decida di impugnare la sentenza di cui sopra, dovrà incaricare un nuovo difensore; – è necessario, quindi, che il contribuente possa avere contezza immediata dell’eventuale impugnazione della sentenza; tutto ciò premesso, il sottoscritto AVV_NOTAIO COGNOME comunica la modifica, ai fini del presente procedimento e dei successivi gradi di giudizio,
dell’attuale domicilio sito presso il proprio Studio, con il domicilio fiscale del sig. NOME COGNOME, ossia in INDIRIZZO. Analoga comunicazione viene inviata anche alla Commissione Tributaria Regionale di Milano. AVV_NOTAIO». Analoga comunicazione l’AVV_NOTAIO depositava presso la CTR di Milano in data 4.12.2014 (cfr. doc. 10).
11.3. Osserva ancora il contribuente che l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE dava contezza di avere ricevuto la comunicazione della variazione di domicilio del COGNOME NOME COGNOME nella presente vertenza, tant’è che notificava nei termini di legge il ricorso per revocazione al contribuente presso la sua residenza in Bosnia (cfr. doc. 11).
11.4. L’esito negativo della notificazione non sarebbe pertanto ascrivibile a cause non imputabili al richiedente e per tale ragione dovrebbe ritenersi spirato il termine per l’impugnazione, con conseguente inammissibilità del ricorso.
12. L’eccezione è fondata.
12.1. Deve in primo luogo rammentarsi che questa Corte ha affermato che «In tema di notificazioni degli atti processuali, qualora la notificazione dell’atto, da effettuarsi entro un termine perentorio, non si concluda positivamente per circostanze non imputabili al richiedente, questi ha la facoltà e l’onere – anche alla luce del principio della ragionevole durata del processo, atteso che la richiesta di un provvedimento giudiziale comporterebbe un allungamento dei tempi del giudizio – di richiedere all’ufficiale giudiziario la ripresa del procedimento notificatorio, e, ai fini del rispetto del termine, la conseguente notificazione avrà effetto dalla data iniziale di attivazione del procedimento, sempreché la ripresa del medesimo sia intervenuta entro un termine ragionevolmente contenuto, tenuti presenti i tempi necessari secondo la comune diligenza per conoscere l’esito negativo della notificazione e per assumere le informazioni ulteriori conseguentemente necessarie.
(Cass. Sez. U, Sentenza n. 17352 del 24/07/2009; conf., ex multis. n. 6846 del 22/03/2010; n. 18074 del 19/10/2012; n. 24641 del 19/11/2014; n. 24660 del 19/10/2017).
12.2. Con riguardo alla specifica fattispecie, si è inoltre affermato che «Quando la notifica dell’atto di impugnazione sia avvenuta al domicilio precedentemente eletto dal difensore della controparte senza che consti alcuna formale comunicazione del suo mutamento od altra negligenza del notificante, deve ritenersi ugualmente rispettato, a tutela dell’affidamento dell’impugnante, il termine di proposizione dell’impugnazione, pur formalmente tardiva, purché risulti che nel corso degli adempimenti di notificazione, acquisita formale conoscenza del trasferimento dello studio professionale del difensore, il notificante si sia attivato con immediatezza, e comunque entro un termine ragionevole, a riprendere il procedimento notificatorio, andato poi a buon fine» (Cass. n. 24660 del 19/10/2017).
12.3. Questa Corte ha quindi precisato che «In caso di notifica di atti processuali impugnatori non andata a buon fine, il notificante, se il mancato perfezionamento è dovuto a ragioni a lui non imputabili, appreso dell’esito negativo, per conservare gli effetti collegati alla richiesta originaria, deve riattivare il processo notificatorio con immediatezza e svolgere gli atti necessari al suo completamento, senza superare il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., salvo circostanze eccezionali che vanno rigorosamente provate» (Cass. S.U. 15 luglio 2016, n. 14594; Cass n. 15056 del 11/06/2018; Cass. n. 8618 del 28/03/2019; Cass. n. 23876 del 1/08/2022)
13. Il principio del persistente riferimento al momento iniziale (della consegna all’ufficiale giudiziario o della spedizione del plico a mezzo posta) nel caso in cui la fattispecie notificatoria non si perfezioni, subordinato alla duplice condizione della non imputabilità del mancato perfezionamento al fatto della parte ed
alla tempestività del rinnovo della notificazione, non può qui trovare applicazione per difetto di entrambi i presupposti.
13.1. In primo luogo, a fronte della comunicazione effettuata dal difensore del contribuente, il mancato perfezionamento va imputato al notificante, dovendosi dare continuità al principio per cui, in tema di notificazione della sentenza impugnata, nell’ipotesi in cui, nel corso del giudizio, si sia verificata una variazione del domicilio eletto, perché tale variazione possa avere effetto ai fini della decorrenza dei termini per il gravame, è necessario che sia “garantita alla controparte la legale conoscenza dell’atto”, non sussistendo infatti prescrizioni particolari di legge quanto all’osservanza di formalità per il mutamento nel corso del giudizio del domicilio eletto (Cass. n. 807 del 19/01/2016). E’ costante orientamento di questa Corte che la variazione del domicilio eletto in primo grado è validamente effettuata, ai fini RAGIONE_SOCIALE successive notificazioni, pur se contenuta in un atto indirizzato alla controparte, sebbene non diretto specificamente a far conoscere a quest’ultima detta variazione ( ex multis v. Cass. n. 18202 del 24/07/2017).
13.2. Difetta inoltre il requisito della tempestività del rinnovo della notificazione.
A seguito della comunicazione del mancato perfezionamento della notificazione, che l’RAGIONE_SOCIALE ricorrente afferma esserle stata inviata in data 5 giugno 2015, come d’altronde indicato nella distinta di restituzione trascritta in calce al ricorso rinotificato, la ricorrente ha richiesto una nuova notifica in data 10 giugno 2015, dunque superando il limite di tempo pari alla metà dei termini indicati dall’art. 325 c.p.c., senza allegare né tanto meno provare la sussistenza di circostanze eccezionali.
13.3. Quanto da ultimo rilevato, indipendentemente dalla correttezza della permanente indicazione del domicilio eletto presso il difensore del contribuente nel giudizio di appello, comporta il
rilievo della tardività della proposizione del ricorso.
14. Il ricorso deve essere pertanto dichiarato inammissibile, con conseguente condanna dell’Amministrazione ricorrente al rimborso, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità, che si liquidano come in dispositivo.
Rilevato che risulta soccombente l’RAGIONE_SOCIALE, ammessa alla prenotazione a debito del contributo unificato per essere amministrazione pubblica difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, non si applica il D.P.R. n. 30 maggio n. 115, art. 13 comma 1- quater, (Cass. 29/01/2016, n. 1778).
P.Q.M.
La Corte, riunito il ricorso n. 4667/2016 al ricorso n. 9666/2015, con riferimento al ricorso n. 4667/2016, dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Con riferimento al ricorso n. 9666/2015, dichiara il ricorso inammissibile.
Condanna la ricorrente al pagamento, in favore del controricorrente, RAGIONE_SOCIALE spese del giudizio di legittimità che liquida in euro 5.000,00 per compensi, oltre alle spese forfettarie nella misura del 15 per cento, agli esborsi, liquidati in euro 200,00, ed agli accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 11/01/2024.