Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 28376 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 28376 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/10/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 25225/2023 R.G. proposto da
RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE)
: MONACO NOME
-ricorrente-
contro RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’ RAGIONE_SOCIALE DELLO STATO (P_IVA) -controricorrente-
nonchè contro RAGIONE_SOCIALE, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (CODICE_FISCALE)
avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado della Campania, Sezione n. 16, n. 2851/2023, depositata in data 2 maggio 2023, udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 17 ottobre 2025 dalla dott.ssa NOME COGNOME;
Fatti di causa
RAGIONE_SOCIALE adiva la Commissione Tributaria Provinciale di Napoli al fine di ottenere l’annullamento dell’avviso di accertamento TASI per l’anno 2015, n. 1 -063024-20-0043187-80, emesso dalla RAGIONE_SOCIALE, quale concessionario del Comune di Castellammare di Stabia, non preceduto dalla notifica dell’atto di rettifica di rendita catastale, come previsto dall’art. 74 della l. n. 342 del 2000. La RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE si costituivano, chiedendo il rigetto del ricorso.
La C.T.P. di Napoli, con sentenza n. 10514/2021 dichiarava il ricorso inammissibile, in quanto il mandato era conferito su foglio separato, spillato al ricorso e non contenente alcun riferimento all’atto impugnato.
La società contribuente proponeva appello e, con la sentenza impugnata, la Corte di Giustizia Tributaria della Campania accoglieva l’impugnazione, ritenendo idonea la procura alle liti ed affermando che la mancata notifica alla contribuente della variazione della rendita catastale costituiva un vizio insanabile ed assoluto.
La RAGIONE_SOCIALE ha proposto ricorso per Cassazione, affidato a due motivi.
RAGIONE_SOCIALERAGIONE_SOCIALE e la RAGIONE_SOCIALE hanno resistito con controricorso.
Parte ricorrente ha depositato una memoria ex art. 380-bis.1 c.p.c.
Ragioni della decisione
Con il primo motivo di ricorso, si lamenta, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 4, c.p.c., la violazione e falsa applicazione dell’art. 112 c.p.c., per avere il giudice regionale omesso di pronunciarsi su due specifiche eccezioni proposte dalla RAGIONE_SOCIALE, relative all’inammissibilità dell’appello in quanto notificato alla parte personalmente e non al procuratore costituito e alla inammissibilità dell’impugnazione per l’omessa attestazione di conformità, in violazione di quanto disposto dagli artt. 22 e 53 del d.lgs. 546 del 1992.
1.1. Il motivo è infondato.
Occorre premettere che non ricorre il vizio di omessa pronuncia quando la decisione adottata comporti una statuizione implicita di rigetto della domanda o eccezione formulata dalla parte, dovendo ravvisarsi una statuizione implicita di rigetto quando la pretesa avanzata col capo di domanda non espressamente esaminato risulti incompatibile con l’impostazione logico-giuridica della pronuncia (Sez. 2, n. 20718 del 13/08/2018, Rv. 650016 – 01; Sez. 5, n. 29191 del 06/12/2017, Rv. 646290 – 01; Sez. 1, n. 24155 del 13/10/2017, Rv. 645538 -01).
1.2. Posta tale premessa, la censura relativa all’inammissibilità dell’appello, in quanto notificato alla parte personalmente e non al difensore costituito, è comunque infondata, alla luce del principio affermato da questa Corte secondo il quale la notifica dell’impugnazione effettuata alla parte personalmente e non al suo procuratore nel domicilio dichiarato o eletto, produce non l’inesistenza ma la nullità della notifica. Conseguentemente, dev’essere disposta “ex officio” la rinnovazione ai sensi dell’art. 291 c.p.c., salvo che la parte intimata non si sia costituita in giudizio (così, tra le tante, Cass. n. 10500 del 03/05/2018). Ricorrendo tale ipotesi, come nella fattispecie di causa, la nullità deve ritenersi
sanata “ex tunc” secondo il principio generale dettato dall’art. 156, comma 2, c.p.c..
1.3. Del pari infondata la censura relativa all’omessa pronuncia sull’eccezione di inammissibilità per l’omessa attestazione di conformità.
L’art. 22 («Costituzione in giudizio del ricorrente») del d.lgs. 31 dicembre 1992, n. 546 (richiamato, per il giudizio di appello, dall’art. 53), dispone, al comma 3, che «in caso di consegna o spedizione a mezzo di servizio postale la conformità dell’atto depositato a quello consegnato o spedito è attestata conforme dallo stesso ricorrente. Se l’atto depositato nella segreteria della commissione non è conforme a quello consegnato o spedito alla parte nei cui confronti il ricorso è proposto, il ricorso è inammissibile e si applica il comma precedente», secondo il quale «l’inammissibilità del ricorso è rilevabile d’ufficio in ogni stato e grado del giudizio, anche se la parte resistente si costituisce a norma dell’articolo seguente». Va innanzitutto ribadito che l’art. 22, comma 3, cit. va interpretato nel senso che costituisce causa di inammissibilità del ricorso o dell’appello non la mancanza di attestazione, da parte del ricorrente, della conformità tra il documento depositato ed il documento notificato, ma solo la loro effettiva difformità, accertata d’ufficio dal giudice in caso di tale mancanza ( ex plurimis , Cass. sez. 5, 11/05/2017, n. 11637, Rv. 644122-01; Cass. sez. 5, 15/03/2017, n. 6677, Rv. 643462-01, oltre che, tra le altre, Cass. nn. 17180 del 2004, 21676 del 2006, 4615 del 2008, 6780 del 2009, 11760 del 2014).
Nell’ipotesi verificatasi nel caso di specie -di costituzione dell’appellato, la difformità tra i due esemplari di ricorso è suscettibile di essere contestata dalla parte costituita e, comunque, agevolmente rilevata dal giudice, attraverso il diretto raffronto del ricorso depositato con quello notificato, trattandosi di atti, entrambi, acquisiti in giudizio. La detta conformità, nella
costituzione della parte appellata, deve ritenersi implicitamente esaminata dal giudice di secondo grado e l’eccezione di inammissibilità relativa, di conseguenza, implicitamente rigettata.
Con il secondo motivo di appello, ai sensi dell’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c., si denuncia violazione e falsa applicazione dell’art art. 74, comma 1, della legge n. 342/2000, per avere la Corte di Giustizia Tributaria ritenuto necessaria la preventiva notifica, da parte della RAGIONE_SOCIALE, dell’atto di rettifica della rendita catastale.
2.1. Il motivo è infondato e deve essere disatteso.
2.2. L’art. 74 della l. n. 342 del 2000 prevede che ‘A decorrere dal 1° gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi RAGIONE_SOCIALE rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, a cura dell’ufficio del territorio competente, ai soggetti intestatari della partita. Dall’avvenuta notificazione decorre il termine di cui all’articolo 21 del decreto legislativo 31 dicembre 1992, n. 546, e successive modificazioni, per proporre il ricorso di cui all’articolo 2, comma 3, dello stesso decreto legislativo. Dell’avvenuta notificazione gli uffici competenti danno tempestiva comunicazione ai comuni interessati’.
2.3. Questa Corte, con due pronunce a Sezioni Unite (Cass., Sez. Un., 9/2/2011, n. 3160/2011 e Cass., Sez. Un., n. 3666/2011), seguite da una copiosa giurisprudenza RAGIONE_SOCIALE Sezioni Semplici ha affermato che «in tema di ICI, l’art. 74, comma 1, della legge 21 novembre 2000, n. 342, nel prevedere che, a decorrere dall’1 gennaio 2000, gli atti comunque attributivi o modificativi RAGIONE_SOCIALE rendite catastali per terreni e fabbricati sono efficaci solo a decorrere dalla loro notificazione, va interpretato nel senso dell’impossibilità giuridica di utilizzare una rendita prima della sua notifica al fine di individuare la base imponibile dell’ICI, ma non esclude affatto l’utilizzabilità della rendita medesima, una volta notificata, a fini impositivi anche per annualità d’imposta “sospese”, ovverosia suscettibili di accertamento e/o di liquidazione e/o di
rimborso, stante la natura dichiarativa e non costitutiva dell’atto attributivo o modificativo della rendita (tra le tante: Cass., Sez. Un., 9 febbraio 2011, n. 3160; Cass., Sez. 5^, 9 giugno 2017, n. 14402; Cass., Sez. 5^, 11 maggio 2018, n. 11472; Cass., Sez. 5^, 11 aprile 2019, n. 10126; Cass., Sez. 6^-5, 24 settembre 2020, n. 20126; Cass., Sez. 6^-5, 29 settembre 2020, n. 20665; Cass., Sez. 5^, 26 gennaio 2021, n. 1571; Cass., Sez. 5^, 15 marzo 2022, n. 8282; Cass., Sez. 5^, 2 dicembre 2022, n. 35579; Cass., Sez. 5^, 2 marzo 2023, n. 6360)».
2.4. In sintesi, secondo il Giudice di legittimità, l’utilizzazione a fini impositivi della rendita per annualità d’imposta anteriori ancora suscettibili di accertamento è necessario che la rendita, messa in atto successivamente al 1° gennaio 2000, sia stata comunque notificata. Tale principio è stato reiteratamente affermato anche in riferimento ad ipotesi di modifica dell’attribuzione di rendita catastale a seguito di variazione, richiesta con procedura DOCFA (cfr. Cass. 29/10/2021, n. 30870 in motiv., Cass. 16/6/2021, n. 17002, Cass. 11/4/2019, n. 10126; contra Cass. 30/10/2018, n. 27576, Cass. 20/10/2010, n. 21505).
2.5. Orbene, nel caso di specie, è incontestato che non sia stata notificata alla società ricorrente un atto di classamento che indicasse la nuova rendita catastale, non potendosi a tal fine reputare equipollente la notificazione dell’avviso di accertamento.
In conclusione, il ricorso deve essere rigettato.
Le spese di lite, nei rapporti tra la RAGIONE_SOCIALE e la società contribuente, seguono la soccombenza e si liquidano come in dispositivo, mentre le spese di lite nei rapporti tra la ricorrente e l’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE, stante la sostanziale coincidenza RAGIONE_SOCIALE posizioni (atteso che, nel controricorso, l’Ufficio ha precisato di aderire alle deduzioni di parte ricorrente), possono essere interamente compensate.
Considerato il tenore della pronuncia, va dato atto -ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002 -della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento di un ulteriore importo a titolo contributo unificato, pari a quello previsto per la proposizione dell’impugnazione, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte rigetta il ricorso.
Condanna la ricorrente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese del presente giudizio di legittimità, nei confronti della società contribuente, che liquida in € 1.486,00 per compensi, oltre ad € 200,00 per esborsi, alle spese forfettarie nella misura del 15% ed agli accessori di legge, inclusi iva e cassa avvocati.
Compensa le spese nei confronti dell’RAGIONE_SOCIALE.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del D.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 17/10/2025.
Il Presidente
NOME COGNOME