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Notifica PEC: valida anche se il mittente non è in INI-PEC

Una società ha contestato una cartella di pagamento ricevuta tramite Posta Elettronica Certificata, sostenendo la nullità della notifica PEC perché l’indirizzo del mittente (Ente di Riscossione) non era presente nei pubblici registri. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo che l’assenza dell’indirizzo dal registro INI-PEC non invalida di per sé la notifica, a meno che il destinatario non dimostri un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa. Inoltre, la Corte ha escluso l’applicabilità del Regolamento europeo eIDAS a questo tipo di notifiche nazionali.

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Pubblicato il 4 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica PEC valida anche da indirizzo non in INI-PEC: la Cassazione fa chiarezza

La Corte di Cassazione, con una recente ordinanza, ha ribadito un principio fondamentale in materia di riscossione tributaria: la validità di una notifica PEC non dipende dall’iscrizione dell’indirizzo del mittente nei pubblici registri come l’INI-PEC. Questa decisione consolida un orientamento giurisprudenziale ormai stabile e offre importanti chiarimenti sull’inapplicabilità del Regolamento europeo eIDAS alle procedure di notifica nazionale, ponendo fine a dubbi e contestazioni frequenti da parte dei contribuenti.

I Fatti del Caso: La contestazione della cartella

Una società contribuente impugnava una cartella di pagamento per IVA, IRES e IRAP relative all’anno 2015, sostenendo un vizio insanabile nella notifica. Secondo la società, la notifica, avvenuta tramite Posta Elettronica Certificata il 21 marzo 2019, era nulla in quanto l’indirizzo PEC dell’Ente di Riscossione non risultava iscritto nei pubblici elenchi ufficiali. Di conseguenza, il ricorso, presentato il 27 maggio 2020, non sarebbe stato tardivo. Sia la Commissione Tributaria Provinciale che quella Regionale avevano respinto le ragioni della società, ritenendo la notifica regolare e il ricorso inammissibile perché presentato oltre il termine di 60 giorni.

La Decisione della Corte di Cassazione e la validità della notifica PEC

La Suprema Corte ha rigettato il ricorso della società, confermando la piena validità della notifica. I giudici hanno smontato punto per punto le argomentazioni della ricorrente, basando la loro decisione su tre pilastri fondamentali: l’irrilevanza dell’assenza dell’indirizzo del mittente dai pubblici registri, l’inapplicabilità del Regolamento eIDAS e l’infondatezza della questione di legittimità costituzionale.

L’inapplicabilità del Regolamento eIDAS alla procedura nazionale

La Corte ha chiarito che il Regolamento europeo n. 910/2014 (eIDAS) non è pertinente al caso di specie. Tale normativa, infatti, è stata creata per garantire il buon funzionamento del mercato interno, stabilendo regole per l’identificazione elettronica e i servizi fiduciari nelle transazioni transfrontaliere tra Stati membri. Non si applica, invece, a sistemi chiusi e puramente nazionali come quello della notifica degli atti tributari tramite PEC in Italia, che non è stato notificato all’Unione Europea secondo le procedure previste dallo stesso regolamento.

Le Motivazioni della Corte

Il cuore della motivazione risiede nel principio secondo cui la normativa sulla notifica mira a garantire la certezza della consegna dell’atto al destinatario. L’identità del mittente, sebbene importante, può essere verificata attraverso il contenuto del messaggio e dei documenti allegati. L’assenza dell’indirizzo PEC del mittente dal registro INI-PEC, secondo la Corte, non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire. Per ottenere una declaratoria di nullità, il contribuente deve fare di più: deve provare quale concreto e sostanziale pregiudizio al suo diritto di difesa sia derivato dalla ricezione da un indirizzo non presente in elenco. Nel caso specifico, la società si era limitata a dedurre di aver cancellato il messaggio senza leggerlo, un comportamento ritenuto insufficiente a dimostrare un reale danno.
Inoltre, la Corte ha sottolineato che la conoscenza dell’atto era comunque avvenuta, come dimostrato da un successivo atto di pignoramento presso terzi, che avrebbe costituito un’ulteriore occasione per impugnare le pretese erariali. Infine, la Corte ha condannato la società per abuso del processo, applicando l’art. 96 c.p.c., poiché aveva insistito nel ricorso nonostante la consolidata giurisprudenza contraria e la proposta di definizione accelerata.

Conclusioni: Implicazioni Pratiche della Sentenza

Questa ordinanza rafforza la stabilità e l’efficacia del sistema di notificazione a mezzo PEC. Le conclusioni pratiche per i contribuenti e i professionisti sono chiare:
1. Non basta l’assenza dal registro INI-PEC: Contestare una notifica solo perché l’indirizzo PEC del mittente non è in un pubblico registro è una strategia destinata al fallimento, se non si dimostra un danno concreto al diritto di difesa.
2. La prova del pregiudizio è cruciale: Il destinatario deve allegare e provare in che modo tale circostanza gli abbia impedito di difendersi adeguatamente.
3. Attenzione all’abuso del processo: Insistere in ricorsi basati su argomenti già ripetutamente respinti dalla giurisprudenza può portare a pesanti condanne per responsabilità aggravata, oltre al pagamento delle spese legali.

Una notifica PEC da un indirizzo dell’Agente di Riscossione non presente nel registro INI-PEC è valida?
Sì, la Corte di Cassazione ha stabilito che la notifica è valida. L’assenza dell’indirizzo del mittente dal registro INI-PEC non invalida automaticamente la notifica, a meno che il destinatario non dimostri che questa circostanza ha causato un concreto pregiudizio al suo diritto di difesa.

Il Regolamento europeo eIDAS si applica alle notifiche di atti tributari tramite PEC in Italia?
No. La Corte ha chiarito che il Regolamento eIDAS riguarda l’identificazione elettronica e i servizi fiduciari per le transazioni nel mercato interno dell’Unione Europea e non si applica a sistemi puramente nazionali e chiusi come quello italiano per la notifica degli atti tributari, che non è stato notificato all’UE.

Cosa deve fare il contribuente per contestare efficacemente una notifica PEC ricevuta da un indirizzo non ufficiale?
Il contribuente non può limitarsi a eccepire la mancata iscrizione dell’indirizzo del mittente nei pubblici registri. Deve invece evidenziare e provare quali specifici e sostanziali pregiudizi al proprio diritto di difesa siano derivati da tale circostanza (ad esempio, l’impossibilità di verificare con certezza la provenienza dell’atto).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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