Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 13877 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 13877 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 25/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 23858/2023 proposto da
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente – contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILmailcertEMAILavvocaturastatoEMAIL)
-controricorrente – per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Veneto n. 375/02/23 depositata in data 18/04/2023, non notificata;
Oggetto: notifica cartella a mezzo PEC – richiesta ex art. 267 TFUE – Regolamento eIDAS – inammissibilità questione di legittimità costituzionale – infondatezza
udita la relazione della causa svolta dal Consigliere NOME COGNOME nell’adunanza camerale del 23/04/2025;
Rilevato che:
-la Contribuente impugnava -per mezzo dell’estratto di ruolo rilasciato ex art. 22 della L. 241/1990 dal rispettivo Ente interpellato -la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA afferente ad omesso e/o carente versamento del saldo anno 2015 di iva, ires ed irap, oltre sanzioni, interessi e compensi di riscossione, per € 144.930,75 ivi eccependo il difetto assoluto ed insanabile della notifica;
-la Commissione Tributaria Provinciale di Verona riteneva la notifica regolare e, di conseguenza, dichiarava il ricorso inammissibile perché tardivo, essendo stato proposto il 27 maggio 2020 e quindi oltre il termine di decadenza di sessanta giorni dalla notifica dell’atto impugnato, avvenuta per via telematica il 21 marzo 2019 all’indirizzo PEC del contribuente;
-appellava la società;
-con la sentenza gravata, il giudice di appello ha confermato la statuizione di primo grado;
-ricorre a questa Corte la RAGIONE_SOCIALE con un solo motivo di impugnazione;
-resiste il Riscossore con proprio controricorso;
-il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione anticipata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. a fronte del quale parte ricorrente ha chiesto la decisione del Collegio;
Considerato che:
-la sola censura proposta si incentra sulla violazione degli artt. 44, n. 1, lett. b) del Regolamento Europeo n. 910/2014 (…id est, anche detto ‘eIDAS’) e 26, II comma, del D.P.R. 602 del 1973, da leggersi coerentemente con gli artt. 4, VII comma, del
D.P.R. 68/2005, 14, I e II comma (‘Elenco dei gestori di posta elettronica certificata’) del D.P.R. 68/2005, 16, II comma, (‘Disposizioni per le pubbliche amministrazioni’) del D.P.R. 68/2005, 6bis del D.lgs. 82/2005, 6ter del D.lgs. 82/2005 e 16ter del D.L. 179/2012, in applicazione analogica dell’art. 3 -bis , I comma, della L. 53/1994; si formula anche istanza di previo rinvio pregiudiziale: alla Corte di Giustizia dell’Unione Europea ex art. 267 del TFUE delle questioni di interpretazione ed applicabilità dell’art. 44, n. 1, lett. b) del Regolamento Europeo n. 910/2014, anche detto Regolamento ‘eIDAS’, considerata la loro stringente rilevanza ai fini del decidere, poiché il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni stesse, e ritenuta la loro non manifesta infondatezza; e alla Corte Costituzionale ex art. 23 della L. 87/1953 delle questioni di costituzionalità, considerata la loro stringente rilevanza ai fini del decidere, poiché il giudizio non può essere definito indipendentemente dalla risoluzione delle questioni stesse, e ritenuta la loro non manifesta infondatezza;
-vanno in primo luogo affrontate e disattese sia l’istanza ex art. 267 TFUE sia l’eccezione di incostituzionalità proposte in ricorso;
-l’istanza di remissione alla Corte di giustizia dell’Unione risulta difettosa quanto alla rilevanza;
-l’invocato Reg. to UE n. 910/2014 del 23 luglio 2014, in materia di identificazione elettronica e servizi fiduciari per le transazioni elettroniche nel mercato interno e che abroga la direttiva 1999/93/CE, all’art. 1 fa riferimento, quanto all’oggetto di disciplina, ‘allo scopo di garantire il buon funzionamento del mercato interno perseguendo al contempo un adeguato livello
di sicurezza dei mezzi di identificazione elettronica e dei servizi fiduciari, il presente regolamento’; tale regolamento prosegue prefiggendosi di fissare ‘le condizioni a cui gli Stati membri riconoscono i mezzi di identificazione elettronica delle persone fisiche e giuridiche che rientrano in un regime notificato di identificazione elettronica di un altro Stato membro’; intende ‘stabilisce le norme relative ai servizi fiduciari, in particolare per le transazioni elettroniche’ e istituire ‘un quadro giuridico per le firme elettroniche, i sigilli elettronici, le validazioni temporali elettroniche, i documenti elettronici, i servizi elettronici di recapito certificato e i servizi relativi ai certificati di autenticazione di siti web’;
-ancora, all’art. 2 esso precisa al comma 1 l’applicabilità ai ‘ regimi di identificazione elettronica che sono stati notificati da uno Stato membro, nonché ai prestatori di servizi fiduciari che sono stabiliti nell’Unione’, senza applicarsi né ‘alla prestazione di servizi fiduciari che sono utilizzati esclusivamente nell’ambito di sistemi chiusi contemplati dal diritto nazionale o da accordi conclusi tra un insieme definito di partecipanti’ e senza pregiudicare ‘…iudica il diritto nazionale o unionale legato alla conclusione e alla validità di contratti o di altri vincoli giuridici o procedurali relativi alla forma’;
-le ridette previsioni, specialmente le ultime citate, consentono di escludere l’applicabilità alla notifica di cartella a mezzo PEC di tale regolamento, sia in forza della formulazione delle fattispecie alle quali è diretto, sia in forza del fatto che quello in argomento non è un regime di identificazione elettronica notificato dall’Italia all’Unione;
-l’Italia, infatti, risulta avere notificato all’Unione stessa solo i regimi di cui alla G.U. dell’Unione Europea del 5 luglio 2023, C –
237/6, diversi da quello relativo alla notifica degli atti tributari a mezzo PEC (si tratta dei mezzi di identificazione SPID e carta di identità elettronica);
-quanto alla questione di costituzionalità, sostiene il contribuente che la PEC del mittente – Concessionario debba essere iscritta negli indici nazionali dei domicili digitali pena la nullità stessa della notifica in quanto solo tale necessario inserimento dell’indirizzo PEC dell’ente che procede a notifica (… id est , nel registro pubblico IPA Indice dei domicili digitali della Pubblica Amministrazione e dei Gestori di Pubblici Servizi) rimane ex se et ab origine essenziale per consentire al destinatario di avere immediatamente e legalmente contezza dell’identità del mittente;
-detta questione è manifestamente infondata;
-la certezza che qui rileva è quella inerente il destinatario dal momento che va garantita la consegna dell’atto al soggetto che deve esserne attinto, perché l’atto veicolato a mezzo PEC possa produrre gli effetti che la legge gli attribuisce;
-ciò che conta in tale situazione non quindi è l’identità del mittente, ma l’analisi del contenuto del messaggio inviato, che si verifica con l’esame del contenuto di quanto è inviato, vale a dire con l’esame del documento veicolato dalla PEC, non con l’esame della PEC quale messaggio di posta elettronica, in sé neutro perché latore di nulla sino a che non si è presa contezza del suo contenuto;
-infine, ulteriore ragione che conduce a non accogliere le ridette questioni preliminari risiede nella circostanza, accertata dalla sentenza di merito, secondo la quale la conoscenza dell’atto che si assume in ricorso non notificato (la cartella di pagamento notificata a mezzo PEC) deriverebbe anche dall’avere il
Cons. Est. NOME COGNOME
riscossore agito in esecutivis con lo strumento del pignoramento presso terzi, che ulteriormente rende manifesta, sia pur in quella sede, l’effettiva conoscenza in capo al contribuente delle pretese oggetto del presente giudizio; ove infatti quell’atto di pignoramento costituisse il primo atto ricevuto regolarmente dal contribuente, questi ben potrebbe impugnarlo anche per vizi non propri;
-venendo ora al contenuto censorio del motivo con riguardo alla disciplina interna, lo stesso si rivela manifestamente infondato;
-questa Corte ha chiarito (sulla scia dei principi affermati a suo tempo, nella massima funzione della nomofilachia, da Cass., Sez. Un., Sentenza n. 15979 del 18/05/2022) con diverse recenti decisioni (si vedano in termini sia Cass, Sez. 5, Sentenza n. 18684 del 03/07/2023; sia Cass., Ord. n. 6015 del 28 /02/ 2023; in precedenza Cass., 28 settembre 2018, n. 23620) che, in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI -Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro;
-ebbene, ciò nel presente caso non è avvenuto, non potendo considerarsi circostanza analoga l’avere la parte mancato di aprire il messaggio avendo provveduto alla immediata cancellazione dello stesso senza leggerlo, come parte ricorrente deduce esser avvenuto nel presente caso;
-pertanto, il ricorso va rigettato;
Cons. Est. NOME COGNOME
-le spese seguono la soccombenza;
-poiché la presente decisione fa seguito ad istanza di decisione proposta al Collegio in seguito alla comunicazione di proposta di definizione accelerata del giudizio ex art. 380 bis c.p.c. va applicata la giurisprudenza di questa Corte (si vedano in termini le pronunce Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 28540 del 13 ottobre 2023; Cass. Sez. Un., Ordinanza n. 27195 del 22 settembre 2023; ancora, conforme alle precedenti risulta la recente Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15 novembre 2023) secondo la quale i n tema di procedimento per la decisione accelerata dei ricorsi inammissibili, improcedibili o manifestamente infondati, l’art. 380 – bis, comma 3, c.p.c. (come novellato dal d. Lgs. n. 149 del 2022) – che, nei casi di definizione del giudizio in conformità alla proposta, contiene una valutazione legale tipica della sussistenza dei presupposti per la condanna ai sensi del terzo e del quarto comma dell’art. 96 c.p.c. – codifica un’ipotesi normativa di abuso del processo, poiché il non attenersi ad una valutazione del proponente, poi confermata nella decisione definitiva, lascia presumere una responsabilità aggravata del ricorrente;
-debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 2.900,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto comma c.p.c. e ancora l’ulteriore importo di euro 1.450,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento delle spese processuali che liquida in euro 5.800,00, oltre a spese prenotate a
debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 2.900,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 1.450,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della L. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte dei contribuenti ricorrenti dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 23 aprile 2025.