Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 34819 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 34819 Anno 2024
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/12/2024
Oggetto: notifica PEC -indirizzo in pubblici registri -esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 21271/2022 R.G. proposto da SIA DOMENICO, rappresentato e difeso dall’Avv. NOME COGNOME (PEC: EMAILpecEMAILgiuffreEMAIL ) ed elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avv. NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-controricorrente – avverso la sentenza n.443/2/2022 della Commissione Tributaria Regionale della Calabria depositata il 2.2.2022, non notificata. camerale del 7 novembre
Udita la relazione svolta nell’adunanza 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
Con sentenza della Commissione Tributaria Regionale della Calabria veniva parzialmente dichiarato il difetto di giurisdizione del giudice tributario in favore dell’AGO e, nel resto, veniva accolto l’appello proposto da ll’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza n. 4492/1/2019 della Commissione Tributaria Provinciale di Cosenza di accoglimento del ricorso introduttivo. Il ricorso era stato proposto contro l’ intimazione di pagamento notificata dall’agente della riscossione a NOME COGNOME via PEC e gli atti sottostanti, nello specifico le cartelle di pagamento e l’avviso di accertamento.
Il giudice di prime cure accoglieva il ricorso ed annullava l’intimazione di pagamento, le sottostanti cartelle di pagamento e l’avviso di accertamento, ritenendo irrituale la notificazione dell’intimazione di pagamento, effettuata a mezzo PEC e inesistente la notificazione degli atti sottostanti.
Il giudice d’appello declinava la giurisdizione in favore dell’AGO per quanto attinente ai crediti erariali portati dalle cartelle di pagamento per contravvenzioni al codice della strada.
Per quanto riguardava la notificazione degli atti prodromici, il giudice riteneva che l’Agenzia avesse dimostrato in appello che le cartelle di
pagamento presupposte all’intimazione erano state ritualmente notificate al contribuente. Inoltre, accertava che l’intimazione di pagamento notificata al contribuente era un documento informatico nativo digitale, convertito in formato PDF e poi notificato alla parte, non necessitante di attestazione di conformità stante la sua origine digitale.
Avverso tale sentenza ha proposto ricorso per Cassazione il contribuente, affidato ad un unico motivo, che illustra con memoria ex art.380-bis.1 cod. proc. civ., al quale l’agente della riscossione ha replicato con controricorso.
Considerato che:
Con l’unico motivo di ricorso, in relazione all’art.360, primo comma, n.3, cod. proc. civ., viene censurata la sentenza di appello, per violazione degli artt. 3 bis l. n. 53/1994 e dell’art. 16-ter del d.l. n. 179/2012, 26 d.P.R. n. 602/73 e 60 del d.P.R. n. 600/1973.
Il ricorrente prospetta l’assoluta inesistenza della notifica dell’intimazione di pagamento e di cinque sottostanti cartelle di pagamento e la conseguente nullità insanabile degli atti, per essere stati inviati dall’agente della riscossione tramite indirizzi PEC non presenti in alcuna banca dati di pubblici registri dei domicili digitali previsti dagli artt. 4, 16 e 16-ter del citato d.l. 179/2012, nonché l’inesistenza della notifica del sottostante avviso di accertamento per non aver depositato agli atti del presente giudizio l’avviso di ricevimento.
In via preliminare, va disattesa l’eccezione della controricorrente di pretesa novità della questione sulla ritualità delle notifiche eseguite a mezzo PEC dall’Agente della riscossione, a suo dire non specificamente menzionata nel ricorso introduttivo del giudizio, dal momento che la ritualità della notifica dell’intimazione di pagamento e degli atti sottostanti da parte dell’agente della riscossione è stata posta a base del ricorso introduttivo.
Il motivo è in parte infondato e in parte inammissibile.
3.1 Le Sezioni Unite di questa Corte con sentenza n. 15979 del 18/05/2022 hanno già esaminato la doglianza relativa alla notifica del ricorso proveniente da indirizzo di posta elettronica certificata del mittente che, non risultando dai registri PPAA del Ministero della Giustizia, renderebbe invalido l’atto cos ì spedito, a propria volta non corredato da relata di notifica su documento separato in firma digitale. La Corte ha dismesso la questione in applicazione del criterio di raggiungimento dello scopo (Cass. Sez. U 23620/2018, 7665/2016 e poi Cass. 2961/2021). È stato considerato, in primo luogo, rilevante che la relata di notifica del ricorso sia riferita ad atto, in formato integrale pdf, firmato digitalmente, allegato al messaggio di PEC, con attestazione di conformit à del documento analogico rispetto all’originale in versione informatica. Le Sezioni Unite hanno quindi ritenuto integrato il principio, già statuito da questa Corte (cfr. Cass. 20039/2020, Cass. 6912/2022) per cui vale la copia analogica della ricevuta di certificare l’avvenuto recapito del messaggio e degli allegati, salva la prova contraria, di cui è onerata la parte che sollevi la relativa eccezione, dell’esistenza di errori tecnici riferibili al sistema informatizzato, deduzione e prova non fornite.
3.2 Inoltre, la Sezione tributaria (v. Cass. Sez. 5, sentenza n. 18684 del 03/07/2023; cfr. anche 932/2023) ha specificamente esaminato la doglianza, con riferimento alla notifica di atto amministrativo da parte dell’agente della riscossione. E’ stato così affermato, in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella di pagamento da parte dell’agente della riscossione, che l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-PEC non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al
diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro.
3.2.1. Il Collegio prende atto di un pregresso orientamento della giurisprudenza di merito, richiamato anche nella memoria illustrativa (che, peraltro, evoca decisioni tutte anteriori all’arresto delle Sezioni Unite e alle specifiche pronunce della Corte sopra richiamate), che reputa giuridicamente inesistente la notifica a mezzo PEC delle cartelle da indirizzi diversi da quelli risultanti da un pubblico registro. Viene al proposito sovente richiamata la disciplina delle notifiche telematiche di cui all’articolo 3-bis, comma 1, della legge n.53/1994, che prevede che la notificazione con modalità telematica sia eseguita a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante dai pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione secondo la previsione ult. cit. può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi, ovvero da uno dei registri di cui all’articolo 16-ter del D.l. 18 ottobre 2012, n. 179 (INA, Reginde e INI-PEC).
Tale quadro normativo è preciso e chiaro, ma l’inosservanza di tale disciplina -contrariamente a quanto preteso dal ricorrente – non determina di per sé l’inesistenza della notificazione secondo il Collegio.
3.2.2. Già da tempo la Corte di cassazione (cfr. Sez. U. sentenze 20 luglio 2016, n. 14916 e 14917 con riferimento al ricorso per Cassazione, n.20659/2017 quanto alle impugnazioni in generale e poi quanto ai provvedimenti, tra le tante, n.23903/2018) ha chiarito che è necessario delimitare la categoria dell’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione ai soli casi in cui l’atto sia privo dei requisiti minimi previsti dalla legge per la sussistenza della
fattispecie. I requisiti indispensabili per l’esistenza della notificazione consistono nell’attività di trasmissione dell’atto svolta da un soggetto qualificato a compierla e nella fase di consegna in senso lato. Soltanto la notificazione priva di uno di tali elementi pu ò̀ considerarsi inesistente e improduttiva di effetti senza possibilit à̀ di sanatoria, a differenza di quanto desume il ricorrente nella memoria illustrativa. In applicazione di tale condiviso orientamento, allorquando la notifica PEC risulti essere stata regolarmente ricevuta, come ad esempio attestato dalla ricevuta di avvenuta consegna del messaggio, non risulta leso il diritto di difesa del ricorrente che abbia regolarmente instaurato il giudizio impugnando il provvedimento davanti al giudice.
3.2.3. In conclusione, alla luce dei consolidati e ripetuti principi di questa Corte, in caso di notificazione a mezzo PEC dell’intimazione di pagamento da parte dell’agente della riscossione, il mancato rispetto degli articoli 3-bis, comma 1, legge n.53/1994 e 16-ter, d.l. 18 ottobre 2012, n. 179 per estraneità dell’indirizzo del mittente dai pubblici registri (INA, Reginde e INI-Pec) non determina di per sé l’inesistenza della notificazione se l’identificazione del soggetto qualificato a compierla e la fase di consegna in senso lato emergono dalla ricevuta di avvenuta consegna del messaggio, occorrendo che l’interessato evidenzi quali eventuali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa abbia subito.
Orbene, nel caso in esame non è stata fornita dal ricorrente prova di pregiudizi all’esercizio del diritto di difesa, dipesi dalla ricezione della notifica dell’intimazione da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro, avendo tempestivamente e compiutamente impugnato il provvedimento davanti alla corretta autorità giudiziaria evocando in giudizio il mittente esattamente identificato.
3.3 Quanto poi alla contestazione relativa alla prova della notifica dell’avviso di ricevimento sottostante l’intimazione , la deduzione a riguardo contenuta in ricorso è inammissibile.
3.3.1. In primo luogo, la questione è eterogenea rispetto al resto del motivo, tutto costruito come violazione di legge in riferimento alla notifica PEC delle cartelle di pagamento. Neppure la memoria illustrativa del ricorrente fa più riferimento alla prospettazione iniziale circa questione, peraltro accennata, nel ricorso in cui in poche righe.
3.3.2. In secondo luogo, la deduzione è aspecifica, poiché la notifica dell’avviso non è neppure riprodotta in ricorso neppure nella parte che concerne la spedizione e non è affatto chiara la decisività della questione, ulteriore concorrente profilo di inammissibilità del profilo di doglianza.
Il ricorso è conclusivamente rigettato. Le spese di lite sono regolate come da dispositivo e seguono la soccombenza.
P.Q.M.
La Corte:
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente alla rifusione delle spese di lite, liquidate in euro 4.300,00 per compensi, oltre a spese prenotate a debito.
Si dà atto che, ai sensi del d.P.R. n. 115 del 2002, art. 13, comma 1-quater, sussistono i presupposti per il versamento dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma dello stesso articolo 13, comma 1-bis, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7.11.2024