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Notifica PEC valida anche da indirizzo non INI-PEC

Una società ha impugnato un’intimazione di pagamento per quasi 400.000 euro, sostenendo l’invalidità della notifica PEC perché proveniente da un indirizzo non presente nei pubblici registri. La Corte di Cassazione ha respinto il ricorso, stabilendo un principio chiave: per la validità della notifica PEC, è sufficiente che l’indirizzo del destinatario sia iscritto in un registro pubblico (come INI-PEC), mentre non è necessario che lo sia quello del mittente. La Corte ha inoltre rigettato le doglianze relative alla prescrizione.

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Pubblicato il 25 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica PEC: Valida Anche da Indirizzo non Iscritto in Registri Pubblici

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha ribadito un principio fondamentale in materia di notificazioni telematiche, affermando che la validità di una notifica PEC non dipende dall’iscrizione dell’indirizzo del mittente nei pubblici registri. Ciò che conta è esclusivamente che l’indirizzo del destinatario sia regolarmente censito. Questa decisione chiarisce un punto spesso oggetto di contenzioso, specialmente in ambito tributario.

I Fatti: La Contestazione di un’Intimazione di Pagamento

Il caso nasce dall’impugnazione, da parte di una società a responsabilità limitata, di un’intimazione di pagamento notificata dall’Agenzia delle Entrate – Riscossione per un importo complessivo di circa 393.000 euro. Tale somma si riferiva a diverse cartelle di pagamento pregresse per tributi di varia natura (erariali, camerali, canone Rai, TARI, etc.).

La società contribuente aveva contestato la validità dell’atto, sostenendo che sia l’intimazione stessa sia le cartelle presupposte non erano state notificate correttamente. I giudizi di primo e secondo grado si erano conclusi sfavorevolmente per la società, che decideva quindi di ricorrere in Cassazione.

I Motivi del Ricorso: Notifica PEC e Prescrizione al Centro del Dibattito

Il ricorso per cassazione si fondava su quattro motivi principali:
1. Nullità per motivazione apparente: La società lamentava che la Corte di Giustizia Tributaria di secondo grado non avesse indicato gli elementi specifici che provavano l’avvenuta notifica delle cartelle via PEC.
2. Violazione delle norme sulla notifica PEC: Si contestava la validità giuridica della notifica perché l’indirizzo PEC del mittente (l’Ente di riscossione) non risultava iscritto nei pubblici registri come l’INI-PEC.
3. Prescrizione e ne bis in idem: La ricorrente denunciava che i giudici di merito non avessero correttamente valutato l’eccezione di prescrizione di alcune cartelle e la violazione del principio del ne bis in idem per altre, già oggetto di precedenti giudizi.
4. Violazione delle norme sulla decadenza e prescrizione: Infine, si sosteneva che il credito tributario fosse ormai inesigibile per il decorso dei termini.

La Decisione della Cassazione sulla validità della notifica PEC

La Corte di Cassazione ha esaminato congiuntamente i primi due motivi, ritenendoli infondati. Ha chiarito, richiamando la propria giurisprudenza consolidata (incluse le Sezioni Unite), un principio di diritto ormai pacifico: la necessità dell’inserimento dell’indirizzo PEC nei pubblici registri riguarda esclusivamente il destinatario della notifica, non il mittente. Se l’indirizzo PEC del contribuente è correttamente iscritto nell’INI-PEC, la notifica ricevuta è pienamente valida ed efficace, a prescindere dalla provenienza.

Le Motivazioni della Corte

La Suprema Corte ha rigettato integralmente il ricorso, fornendo chiare motivazioni per ciascuno dei punti sollevati.

Sulla validità della notifica PEC da indirizzo non registrato

La Corte ha specificato che la funzione dei pubblici registri come l’INI-PEC è quella di garantire la reperibilità del destinatario e di conferire certezza legale al suo domicilio digitale. Questa esigenza di certezza non si estende all’indirizzo del mittente. Pertanto, la notifica effettuata dall’Ente di riscossione da un indirizzo PEC non presente in tali registri è da considerarsi rituale e valida, avendo raggiunto il suo scopo legale nel momento in cui è pervenuta nella casella PEC del destinatario, regolarmente iscritta.

Sulla reiezione dei motivi di prescrizione e ne bis in idem

Anche il terzo e il quarto motivo sono stati giudicati infondati. Per quanto riguarda la prescrizione, i giudici hanno osservato che la declaratoria di inammissibilità del ricorso originale, confermata in appello, impediva un esame nel merito dell’eccezione. Per le poche cartelle non coperte dal principio del ne bis in idem, notificate tra il 2017 e il 2018, il termine di prescrizione non era ancora decorso al momento della notifica dell’intimazione di pagamento nel 2019.

Le Conclusioni

L’ordinanza in esame consolida un orientamento giurisprudenziale di grande importanza pratica. La decisione chiarisce che le imprese e i professionisti non possono eccepire l’invalidità di una notifica ricevuta sulla propria PEC regolarmente iscritta, solo perché l’indirizzo del mittente non figura nei registri pubblici. Questo principio semplifica l’attività degli enti impositori e degli agenti della riscossione, garantendo al contempo la certezza dei rapporti giuridici. Per i contribuenti, ne deriva un monito fondamentale: è essenziale mantenere attiva e monitorare costantemente la propria casella PEC, in quanto essa costituisce il domicilio digitale ufficiale per tutte le comunicazioni a valore legale, incluse quelle di natura fiscale.

È valida una notifica PEC inviata da un indirizzo email non presente nel registro pubblico INI-PEC?
Sì. Secondo la Corte di Cassazione, per la validità della notificazione è sufficiente che l’indirizzo PEC del destinatario sia inserito nei pubblici registri; non è necessario che lo sia anche quello del mittente.

Perché la Corte non ha esaminato l’eccezione di prescrizione dei tributi?
La Corte ha stabilito che la precedente declaratoria di inammissibilità del ricorso in primo grado, confermata in appello, preclude l’esame nel merito dell’eccezione di prescrizione per la maggior parte delle cartelle. Per le restanti, il termine non era decorso al momento dell’atto impugnato.

Cosa significa il principio “ne bis in idem” in questo contesto?
Significa che non si può essere giudicati due volte per la stessa questione. Nel caso specifico, la società ricorrente aveva già impugnato in passato alcune delle cartelle di pagamento presupposte, pertanto non poteva rimetterle in discussione nello stesso modo.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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