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Notifica PEC: valida anche da indirizzo non in INI-PEC

La Corte di Cassazione ha stabilito che una notifica PEC inviata dall’Agente della Riscossione è valida anche se l’indirizzo del mittente non è inserito nel registro pubblico INI-PEC. L’elemento cruciale è che l’indirizzo del destinatario sia corretto e che l’identità del mittente sia inequivocabile, garantendo così il pieno diritto di difesa del contribuente.

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Pubblicato il 10 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica PEC: Valida Anche se l’Indirizzo del Mittente non è in INI-PEC

La digitalizzazione dei processi giudiziari e amministrativi ha reso la notifica PEC uno strumento quotidiano per cittadini, professionisti e Pubblica Amministrazione. Tuttavia, le regole tecniche che ne disciplinano l’uso possono generare dubbi interpretativi. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione chiarisce un punto fondamentale: la validità di una notifica proveniente da un indirizzo PEC dell’Agente della Riscossione non presente nei pubblici elenchi. Vediamo insieme cosa ha stabilito la Corte.

I Fatti del Caso: Una Notifica Contestata

Un contribuente impugnava una serie di atti di riscossione, lamentando, tra le altre cose, la nullità della notifica di alcune cartelle di pagamento. Secondo il contribuente, la notifica PEC era invalida perché l’indirizzo di posta elettronica certificata dell’Agente della Riscossione non risultava dall’Indice Nazionale degli Indirizzi (INI-PEC) e, inoltre, i file allegati a prova della notifica erano illeggibili.

La Commissione Tributaria Regionale aveva dato ragione al contribuente su questo punto, annullando gli atti. Secondo i giudici di secondo grado, la provenienza della PEC da un indirizzo non censito nei registri pubblici e l’impossibilità di verificare la prova della notifica rendevano l’atto nullo. L’Agenzia delle Entrate-Riscossione ha quindi presentato ricorso in Cassazione.

La Decisione della Cassazione sulla validità della Notifica PEC

La Corte di Cassazione ha ribaltato la decisione dei giudici di merito, accogliendo il ricorso dell’Agenzia. Il principio affermato è di estrema importanza: l’obbligo di utilizzare un indirizzo presente nei pubblici elenchi, come l’INI-PEC, si applica rigorosamente al destinatario della notifica, non al mittente.

La Distinzione tra Mittente e Destinatario

La Corte ha chiarito che le norme sulla notifica PEC sono pensate per tutelare il destinatario, garantendogli la certezza di ricevere atti importanti a un domicilio digitale eletto e registrato. Per questo motivo, la legge impone che la notifica avvenga all’indirizzo PEC del destinatario risultante dai pubblici elenchi (INI-PEC per imprese e professionisti, o altri registri specifici).

Per il mittente, invece, il requisito è meno stringente. Ciò che conta è che l’indirizzo utilizzato, pur non essendo in INI-PEC, sia univocamente riconducibile all’ente che sta effettuando la notifica (in questo caso, l’Agente della Riscossione). Questa riconducibilità può essere desunta dal dominio dell’indirizzo PEC e dai dati di certificazione presenti nelle ricevute di invio e consegna.

Il Principio dello Scopo Raggiunto

La Cassazione ha inoltre ribadito un principio fondamentale del diritto processuale: la sanatoria dei vizi per raggiungimento dello scopo. Se il destinatario, nonostante un’irregolarità formale nella notifica, si costituisce in giudizio e svolge pienamente le proprie difese, significa che l’atto ha raggiunto il suo obiettivo, ovvero portare a conoscenza del destinatario la pretesa dell’ente. In questo caso, lamentare il vizio formale sarebbe un’inutile difesa dell’astratta regolarità del processo, senza che vi sia stato un reale pregiudizio al diritto di difesa.

Le Motivazioni della Sentenza

Le motivazioni della Corte si basano su un’interpretazione sistematica delle norme e su consolidati orientamenti giurisprudenziali, incluse pronunce delle Sezioni Unite. La rigidità del sistema delle notifiche digitali è volta a proteggere chi riceve l’atto (soggetto passivo), imponendo oneri di diligenza nella tenuta del proprio casellario PEC. Non si pone, invece, la stessa incertezza quando il mittente è una Pubblica Amministrazione facilmente identificabile, il cui indirizzo, anche se non in INI-PEC, proviene da domini certificati e riconducibili all’ente stesso. La normativa speciale per le notifiche tributarie differisce da quella generale proprio su questo punto, focalizzandosi sulla certezza dell’indirizzo del destinatario.

Le Conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza consolida un principio di pragmatismo giuridico. Per i contribuenti, significa che non è sufficiente eccepire che la PEC dell’Agente della Riscossione non sia in INI-PEC per ottenere l’annullamento di un atto. Se la notifica è giunta all’indirizzo corretto e ha permesso di comprendere l’oggetto della pretesa e di difendersi in giudizio, l’eventuale vizio formale dell’indirizzo del mittente è da considerarsi sanato. La vera tutela risiede nella garanzia che il diritto di difesa non sia stato concretamente leso. La decisione, cassando la sentenza precedente, rinvia la causa alla Corte di giustizia tributaria per un nuovo esame alla luce di questi principi.

La notifica PEC da un indirizzo dell’Agente della Riscossione non presente nel registro INI-PEC è valida?
Sì, secondo la Cassazione è valida. L’obbligo di utilizzo di un indirizzo presente nei pubblici registri come INI-PEC si applica in modo stringente solo al destinatario della notifica, non al mittente.

Qual è il requisito fondamentale per la validità della PEC del mittente?
È fondamentale che l’indirizzo PEC del mittente sia univocamente riconducibile all’ente (ad esempio, tramite il dominio dell’email) e che l’atto notificato abbia raggiunto il suo scopo, permettendo al destinatario di esercitare il proprio diritto di difesa senza incertezze sulla provenienza e l’oggetto della comunicazione.

Quando un vizio formale della notifica si considera sanato?
Un vizio di notifica si considera sanato quando l’atto ha raggiunto il suo scopo. Ciò avviene se il destinatario si costituisce in giudizio e dimostra di aver potuto preparare ed esercitare pienamente le proprie difese, provando che non ha subito alcun concreto pregiudizio a causa dell’irregolarità formale.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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