Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 21593 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 21593 Anno 2025
Presidente: NOME COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/07/2025
Oggetto: notifica c.d. ‘avviso bonario’ a mezzo PEC
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. R.G. 9588/2024 proposto da:
AGENZIA DELLE ENTRATE in persona del Direttore pro tempore rappresentata e difesa come per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato (con indirizzo PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del suo legale rappresentante pro tempore rappresentata e difesa dalla prof. avv. NOME COGNOME in forza di procura speciale in atti ed ai fini del presente giudizio elettivamente
domiciliata presso il suo studio in Napoli alla INDIRIZZO (con indirizzo PEC: EMAIL
e nei confronti di
RAGIONE_SOCIALE ENTRATE-RISCOSSIONE in persona del Direttore pro tempore (PEC: EMAILcontenziosoEMAILpec.agenziariscossione.gov.it)
-intimata – per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia n. 4670/08/22 depositata in data 24/11/2022, non notificata;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 29/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-la società contribuente in data 20 novembre 2019 riceveva a mezzo PEC la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA dell’importo totale € 280.765,93 contenente la prodromica iscrizione a ruolo n. 2019/252359 ‘ reso esecutivo in data 12.09.2019 ‘. Trattavasi di ruolo formato sul presupposto dell” omesso versamento dell’IVA dovuta a saldo per l’anno 2016 ‘ di complessivi € 185.358,00, e di un presunto ‘ credito IVA non riconosciuto’ di € 7.711,00, oltre interessi di € 21.592,91 e sanzioni del 30% per € 57.920,66, oltre oneri di riscossione spettanti all”Agente delle entrate -Riscossione’ per € 8.177,48 ( entro le scadenze ) ed € 16.354,95 ( oltre le scadenze ) e ai diritti di notifica di € 5,88, per il totale di € 280.760,05. La cartella impugnata era scaturita dal ‘ controllo automatizzato ai sensi dell’art. 54 -bis del DPR n. 633/1972 ‘ operato sulla ‘ dichiarazione modello IVA/2017 presentata per il periodo d’imposta 2016 ‘ dall’Agenzia delle Entrate – Direzione Provinciale I di Milano -ufficio territoriale di Milano 4 il cui esito risultava esser stato comunicato alla odierna resistente con
‘atto n. 20075501716 dell’8.11.2018 e consegnato in data 09.11.2018’ (cd. avviso bonario);
-impugnato tale atto da parte di RAGIONE_SOCIALE, la CTP accoglieva il ricorso; appellava l’Ufficio;
-con la sentenza qui gravata il giudice dell’impugnazione ha confermato la decisione di primo grado;
-ricorre a questa Corte l’Agenzia delle Entrate con atto affidato a un solo motivo di doglianza; la società contribuente resiste con controricorso , mentre l’Agenzia delle Entrate Riscossione è rimasta intimata.
Considerato che:
-va preliminarmente disattesa l’eccezione di inammissibilità di cui al controricorso in quanto l’esposizione dei fatti di causa svolta dalla parte ricorrente, per quanto sintetica, risulta idonea a dar conto in modo adeguato dello svolgimento del processo per quanto concerne i profili rilevanti ai fini della comprensione, della trattazione e della decisione dei motivi di gravame da parte di questa Corte;
-venendo quindi all’esame dei motivi di impugnazione, la sola censura dedotta dall’Amministrazione lamenta la nullità della sentenza per violazione e falsa applicazione dell’art. 3 bis L. n. 53 del 1994, in combinato disposto con l’art. 156 c.p.c., in relazione all’art. 360 comma 1 n. 3 c.p.c.; secondo l’Amministrazione finanziaria ricorrente, erroneamente la Corte di secondo grado avrebbe ritenuto che laddove un atto impositivo sia inviato da un indirizzo PEC non presente in alcuna banca dati di pubblici registri dei domicili digitali delle amministrazioni pubbliche, lo stesso non debba ritenersi privo della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato
dell’Amministrazione; essa, sempre secondo parte ricorrente, sarebbe tenuta, invece, a dotarsi obbligatoriamente di una PEC inserita negli indici ufficiali nazionali, quali previsti dagli art. 4, 16 e 16-ter del citato DL 179/2012;
-ancora secondo la prospettazione di cui al ricorso, la inesistenza della notifica della comunicazione di irregolarità alla Tecno In comporterebbe la illegittimità della cartella di pagamento n. 06820190087224174 e del provvedimento di sgravio parziale di essa nella misura in cui ha lasciato in vita il corredo sanzionatorio per l’omesso versamento dell’IVA che è stato posto nel nulla nel ravvedimento da ritenere tempestivo;
-il motivo è fondato;
-in disparte il profilo, sul quale si esprime il controricorso, riguardante la mancata produzione in atti della PEC comprovante la notifica del c.d. ‘avviso bonario’, profilo non per vero non trattato dalla pronuncia di merito né aggredito dal ricorso per cassazione, rileva la Corte come la sentenza impugnata abbia in concreto fondato la sua motivazione sulla contrarietà a legge della notifica dell’avviso c.d. ‘bonario’ ( rectius preavviso di irregolarità) in questione a mezzo PEC;
-la censura va allora accolta poiché le Sezioni Unite di questa Corte hanno recentemente affermato che, in tema di notificazione a mezzo PEC, la notifica avvenuta utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, non risultante nei pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la maggiore rigidità del sistema delle notifiche digitali, imponendo la notifica esattamente agli indirizzi oggetto di elencazione accessibile e registrata, realizza
il principio di elettività della domiciliazione per chi ne sia destinatario, cioè soggetto passivo, associando tale esclusività ad ogni onere di tenuta diligente del proprio casellario, laddove nessuna incertezza si pone invece ove sia il mittente a promuovere la notifica da proprio valido indirizzo PEC e che la costituzione del destinatario della notificazione, che abbia dimostrato di essere in grado di svolgere compiutamente le proprie difese» sottrae rilevanza all’ipotizzata irregolarità, avendo pienamente la notifica raggiunto lo scopo senza alcuna incertezza in ordine alla sua provenienza e all’oggetto dell’impugnazione (Cass., Sez. Un., 18 maggio 2022, n. 15979; Cass., 28 settembre 2018, n. 23620);
-più di recente questa Corte ha ulteriormente precisato, confermando i principi di cui sopra si è riferito, che «in relazione alle modalità di notificazione a mezzo di posta elettronica delle cartelle esattoriali, la giurisprudenza elaborata da questa Corte prende le mosse dalla previsione di cui all’art. 3 -bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53, che consente tale forma di notificazione degli «atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali» e contiene previsioni specifiche concernenti il mittente e il destinatario dell’atto. Il primo comma della disposizione in parola, in particolare, stabilisce che «la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi»;
-ancora, come questa Corte ha più recentemente osservato (cfr. Cass. n. 2460/2021), sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23620/2018, l’entrata in vigore dall’art. 66, comma 5, del d. Lgs. n. 217 del 2017, ha previsto che, a decorrere dal 15 dicembre 2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6- quater e 62 del d. Lgs. n. 82 del 2005, nonché dall’art. 16, comma 12, dello stesso decreto, dall’articolo 16, comma 6, del D. L. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, nonché il Re.G.Ind.E, registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia» (cfr. Cass. 3 luglio 2023, n. 18684, in motivazione). Sicché tale essendo il tessuto normativo di riferimento, l’obbligo di utilizzo di un indirizzo presente nel registro INI-Pec appare testualmente riferito al destinatario della notifica, mentre con riguardo al notificante è previsto unicamente l’utilizzo «di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi», con il conseguente corollario che «la norma speciale prevista per le notifiche in ambito tributario degli atti dell’Agente della riscossione differisce dalla previsione generale di cui al citato art. 3 bis della L. n. 53 del 1994 solo con riferimento al soggetto che riceve la notificazione e siffatta diversità di trattamento normativo, non configura alcuna disparità di trattamento; le prescrizioni che ineriscono all’indirizzo del mittente non vanno, infatti, assoggettate alle stesse regole previste per il destinatario dell’atto, con riguardo al quale va fatta applicazione della disciplina propria dell’elezione di domicilio, cui dev’essere equiparato l’indirizzo di PEC inserito,
diversamente da quanto accade per il mittente»(cfr. Cass. , 3 luglio 2023, n. 18684, citata, in motivazione);
-ciò è, peraltro, coerente con le pronunce di legittimità secondo cui la possibilità di denuncia di vizi dell’attività del giudice fondati sulla pretesa violazione di norme processuali non tutela l’interesse all’astratta regolarità dell’attività giudiziaria, ma garantisce solo l’eliminazione del pregiudizio subito dal diritto di difesa della parte in conseguenza della denunciata violazione, ovvero il diritto al rispetto delle regole del processo è riconosciuto nella misura in cui la violazione di dette regole comporti un concreto pregiudizio alla sfera giuridica dell’interessato (Cass., 20 febbraio 2023 n. 523; Cass., 14 febbraio 2023, n. 4576; Cass., 24 gennaio 2023, n. 2130). Dai principi esposti deriva allora che la previsione della notifica delle cartelle di pagamento a mezzo PEC tutela il diritto di ciascun contribuente a ricevere la notificazione di atti impositivi a indirizzi PEC sicuramente a lui riconducibili, risultanti dal registro INI-PEC, in modo che possa essergli garantita la piena conoscenza dell’atto, diversamente dall’indirizzo dell’ente emittente, in assenza di norme specifiche che prevedano la nullità della notificazione da parte dell’Amministrazione finanziaria in quanto proveniente da indirizzo PEC non risultante dai pubblici registri;
-va quindi ritenuto principio del tutto consolidato nella giurisprudenza di questa Corte quello secondo cui (tra le più recenti, Cass. Sez. 5, Sentenza n. 18684 del 03/07/2023) in tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta
provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento -o di altri atti emessi dall’Amministrazione Finanziaria -da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro;
-alla luce delle considerazioni sopra svolte, risulta quindi erronea l’affermazione di fondo della sentenza di merito secondo la quale va ‘affermata la inesistenza della notifica della comunicazione di irregolarità alla Tecno In per stata inoltrata da un indirizzo di posta elettronica certificata non menzionato nei registri pubblici a tal uopo predisposti e previsti dalla legge’;
-infatti, nessuna rilevanza assume il fatto che l’atto veicolato a mezzo PEC sia un preavviso di irregolarità (c.d. ‘avviso bonario’) anziché un diverso atto della riscossione (quale la cartella di pagamento) o dell’accertamento (quale l’avviso di accertamento), dal momento che la certezza attribuita quanto al mittente e al destinatario dell’atto oggetto del procedimento notificatorio che vale per tali atti vale, anzi a maggio ragione stante la minor invasitività nella sfera giuridica del contribuente, per il preavviso di irregolarità;
-ne deriva che la sentenza di merito, previo accoglimento del ricorso, in quanto affetta da errore di diritto, va cassata con rinvio alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della riesaminerà il fatto alla luce dei sopra illustrati i principi;
p.q.m.
accoglie il ricorso; cassa la sentenza impugnata e rinvia alla Corte di giustizia tributaria di secondo grado della Lombardia, in diversa composizione, alla quale demanda di provvedere anche in ordine alla
liquidazione delle spese processuali del presente giudizio di Legittimità.
Così deciso in Roma, il 29 maggio 2025.