Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 29100 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 29100 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 04/11/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 16164/2023 R.G. proposto da:
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dagli avv.ti NOME COGNOME e NOME COGNOME del foro di Civitavecchia, giusta procura speciale in atti ricorrente
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Presidente pro tempore ,
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore Generale pro tempore
-resistenti – avverso la sentenza della Corte di Giustizia Tributaria di Secondo Grado del Lazio, Sez. 14, n. 2475/2023 pubblicata il 26.04.2023, non notificata;
RAGIONE_SOCIALE -INTIMAZIONE DI PAGAMENTO
udita la relazione svolta all’adunanza camerale dell’8 ottobre 2025 dal consigliere NOME COGNOME;
FATTI DI CAUSA
COGNOME NOME impugnava l’intimazione di pagamento n. 09720209023408685 000 e le sottese cartelle di pagamento, oltre ad un avviso di accertamento esecutivo, chiedendone l’annullamento.
La C.T.P. di Roma accoglieva il ricorso.
La Commissione tributaria regionale del Lazio accoglieva il gravame dell’RAGIONE_SOCIALE e condannava il contribuente al pagamento RAGIONE_SOCIALE spese processuali.
Avverso la precitata sentenza COGNOME ha proposto ricorso per cassazione, affidato a tre motivi, limitatamente all’intimazione di pagamento n. 09720209023408685 000, nonché ai seguenti atti alla stessa sottesi: cartelle di pagamento nn. NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA, NUMERO_CARTA e avviso di accertamento n. NUMERO_DOCUMENTO.
L’RAGIONE_SOCIALE e l’RAGIONE_SOCIALE si sono costituite, al solo fine di partecipare alla eventuale discussione in pubblica udienza.
E’ stata fissata l’adunanza camerale dell’8.10.2025.
Il ricorrente ha depositato memoria ex art. 380 bis c.p.c..
RAGIONI DELLA DECISIONE
Con il primo motivo- rubricato «inesistenza giuridica della notifica dell’intimazione n. NUMERO_DOCUMENTO, RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento sottese nonche’ dei presunti atti interruttivi della prescrizione eseguita dal concessionario a mezzo pec non censita nei pubblici registri in violazione dell’art. 149 c.pc. e dell’art. 16 -ter del d.l. 179/12 modificato dalla legge 121/12 nonche’ degli artt. 21, 22 e 23 d.lgs. 82/2005 e d.lgs. 79/2020 -in relazione all’art. 360. comma i°, n. 3 c.p.c . e « violazione e omessa pronuncia
dell’art. 25 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 602 ess.mm, dell’art. 21 septies, comma 1 della legge 241 del 7 agosto 1990 e del DM 321/1999 in relazione all’art. 360. comma 1° n. 3 c.p.c.», il ricorrente lamenta che la C.T.R. ha errato a ritenere valida la notifica a mezzo pec dell’intimazione di pagamento e degli atti presupposti, inviata da un indirizzo non censito né nel Re.Ginde né nel Registro INI -PEC, in violazione l’art. 149 c.p.c. e dell’art. 16 -ter del D.L. 179/12 e successive modifiche, sia a ritenere suscettibile di sanatoria una notifica affetta da giuridica inesistenza. Errata sarebbe altresì l’affermazione del giudice del gravame secondo cui ‘ Nella specie, anche ad accedere alla versione della parte contribuente, quest’ultima non ha mai realmente evidenziato quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa sarebbero dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento non dall’indirizzo telematico corrispondente al domicilio digitale dell’RAGIONE_SOCIALE, come presente nei pubblici registri (EMAIL) ma da uno diverso (EMAIL), relativamente al quale però è evidente ictu oculi la provenienza dall’RAGIONE_SOCIALE RAGIONE_SOCIALE entrate (Cass. n. 982 del 16.01.2023)…omissis …’, posto che il pregiudizio subito dal contribuente è insito nella stessa domanda formulata con il ricorso nonché in tutti gli atti processuali che ne sono seguiti, atteso che riconoscere la validità di una pretesa creditoria sulla base di atti inesistenti o comunque gravemente viziati, significherebbe intaccare irrimediabilmente la consistenza patrimoniale del contribuente, che si vedrebbe soggetto ad azione esecutiva sulla scorta di titoli relativi a crediti che, per le ragioni esposte, risulterebbero inesigibili. Il motivo è infondato.
1.1.L’art. 26, comma 2, del D.P.R. 602/1973, prevede che ‘ la notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a
mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo del destinatario risultante dall’indice nazionale degli indirizzi di posta elettronica certificata (INI -PEC), ovvero, per i soggetti che ne fanno richiesta, diversi da quelli obbligati ad avere un indirizzo di posta elettronica certificata da inserire nell’INI -PEC, all’indirizzo dichiarato all’atto della richiesta. In tali casi, si applicano le disposizioni dell’articolo 60 del decreto del Presidente della Repubblica 29 settembre 1973, n. 600 ‘.
Il tenore letterale della disposizione è univoco nel prevedere che la necessaria inclusione nel pubblico registro INI -PEC sia riferita al solo indirizzo del destinatario e non anche a quello del mittente. Del tutto inconferente risulta, quindi, il richiamo, contenuto nel corpo dell’art. 3 -bis della l. 53/1994; norma, quest’ultima, che si riferisce, invece, alla ‘ facoltà di notificazioni di atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali ‘, laddove per la notifica degli atti impositivi tributari l’unico parametro normativo è costituito dalla disposizione di cui al citato art. 26, comma 2, del D.P.R. 602/1973, norma, quest’ultima, che nulla prevede con riferimento all’indirizzo pec dal quale l’Ufficio può effettuare la notifica. Non pertinenti sono inoltre i precedenti giurisprudenziali di legittimità citati, che si riferiscono all’indirizzo pec del destinatario dell’atto e non all’indirizzo pec del mittente. Nel caso di specie, peraltro, il ricorrente non ha sollevato alcuna contestazione in ordine alla effettiva ricezione dell’atto, di tal che ogni eventuale irregolarità della notifica – insussistente per quanto sopra detto -sarebbe da ritenersi in ogni caso sanata dalla tempestiva impugnazione della medesima, non vertendosi in ogni caso in ipotesi di inesistenza giuridica. La decisione è pertanto conforme all’ orientamento di questa Corte secondo cui in tema di notificazione a mezzo EMAIL della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro RAGIONE_SOCIALE non inficia “ex se” la
presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro. (cfr. Cass. 18684/2023, Cass. n. 32370 del 2024; Cass. n. 34819 del 2024, Cass. 24718/2025).
1.2.Il ricorrente non ha infine indicato in quale sede e momento processuale dei giudizi di merito avrebbe dedotto di aver subito un pregiudizio dall’aver ricevuto gli atti impugnati da un indirizzo pec del mittente non presente nei pubblici registri, pregiudizio che in ogni caso non può essere meramente potenziale, in vista di una possibile futura esecuzione forzata, ma deve incidere in concreto sul diritto di difesa nel giudizio nel quale l’atto in questione è stato impugnato.
Con il secondo motivo rubricato « violazione e falsa applicazione legge 212/2020 art. 7 dello statuto del contribuente e della legge n. 122/2010 in relazione all’art. 360, comma 1, n. 3 c.p.c .» , il ricorrente assume essere oltremodo incomprensibile o meglio non motivato il passo della sentenza impugnata nel quale il Collegio precisa che: ‘… 2. Vanno respinte le eccezioni del ricorrente sulla legittimità RAGIONE_SOCIALE intimazioni di pagamento, sia in ordine al difetto di motivazione, sia in ordine alle modalità di calcolo degli interessi della cartella e alla carenza di legittimazione passiva per quanto concerne gli interessi indicati nel ruolo e alla legittimità RAGIONE_SOCIALE indicazioni di calcolo fornite in cartella. Va premesso che la parte non formula eccezioni riferite a vizi afferenti all’atto d’intimazione impugnato, fatta eccezione all’asserita irritualità della notifica PEC. Sul difetto di motivazione, nessun vizio rilevabile d’ufficio è addebitabile all’Ente della RAGIONE_SOCIALE relativo al contenuto dell’atto impugnato essendo esso conforme ai criteri normativi previsti.
Sotto altro profilo, è opportuno evidenziare che le eccezioni sul merito della pretesa tributaria sono di competenza dell’avviso di accertamento, in precedenza impugnato e il cui esito, in entrambi i primi 2 gradi di giudizio, è sfavorevole al contribuente. Quanto all’eccezione sul calcolo degli interessi per mancata indicazione del tasso di interesse applicato e del metodo di calcolo utilizzato, questa deve essere respinta. L’atto contiene, per ciascuno importo intimato, la descrizione della natura della pretesa e la norma di riferimento dalla quale è possibile risalire per la verifica della procedura di applicazione e calcolo degli interessi. Peraltro, va anche opportunamente rilevato che il calcolo degli interessi non poteva essere riportato nella cartella di pagamento in quanto, ai sensi dell’art. 30 del D.P.R. n. 602 del 1973: “Decorso inutilmente il termine previsto dall’articolo 25, comma 2, sulle somme iscritte a ruolo, esclusi le sanzioni pecuniarie tributarie e gli interessi, si applicano, a partire dalla data della notifica della cartella e fino alla data del pagamento, gli interessi di mora al tasso determinato annualmente con decreto del Ministero RAGIONE_SOCIALE finanze con riguardo alla media dei tassi bancari attivi”. Tali interessi iniziano a decorrere solo una volta trascorsi infruttuosamente 60 giorni dalla notifica della cartella…omissis…’. Assume, al riguardo, che l a motivazione dell’atto deve sussistere ab origine e non è suscettibile di amplificazioni successive alla notifica dell’atto tributario. L’art. 7 della L.212/2000 pone la sanzione di nullità agli atti tributari non motivati. Pertanto, ammettere la motivazione in udienza equivale ad eludere la norma e rendere vana la sanzione. La motivazione riguarda tutti gli atti indistintamente della P.A., compresi quelli del concessionario della riscossione, come previsto dall’art. 17 della L.212/2000. Il Giudice Tributario, a fronte di un atto carente di motivazione deve pronunciarne la nullità (Cass., SS.UU., 2 aprile 1986, n. 2246) e non può disporre indagini, perché non solo eluderebbe la sanzione per la carenza di motivazione prevista dalla
norma, ma violerebbe il principio dispositivo del processo, in virtù del quale il giudice deve attenersi alle prove fornite dalle parti, altrimenti sarebbe un giudizio inquisitorio (Corte di Cass., SS.UU., n. 2246/1986 – Corte di Cass. Ord. n. 7649/2020 – Corte di Cass. Ord. n. 3414/2017 – Corte di Cass. Ord. n. 28655/2018).
Il motivo è infondato.
2.1. Premesso che il ricorrente non censura la sentenza nella parte in cui la C.T.R. ha affermato che l’intimazione di pagamento è stata impugnata solo per difetto di notifica, non si comprende se la doglianza riguardi l’intimazione di pagamento o anche gli atti presupposti, questi ultimi divenuti definitivi per mancata impugnazione, con conseguente preclusione di ogni questione relativa ad eventuali vizi formali, quali il difetto di motivazione.
Quanto all’intimazione di pagamento, poiché essa segue la notifica RAGIONE_SOCIALE cartelle di pagamento e dell’avviso di accertamento, atti nei quali è già indicata la somma richiesta a titolo di interessi, l’obbligo di motivazione è soddisfatto con il semplice richiamo dell’atto precedente e la quantificazione dell’importo per gli ulteriori accessori, indicazione che soddisfa l’obbligo di motivazione ex artt. 7 della legge n. 212/2000 e 3 della legge n. 241/1990 (cfr. Sezioni Unite n. 22281/2022).
Con il terzo mezzo il ricorrente censura la sentenza impugnata per «violazione dell’art. 112 c.p.c. e dell’art. 1 co. 9 e 10 legge 335/1995, per mancata pronuncia sulla nullita’ dell’intimazione di pagamento n. 09720209023408685 000 per tardivita’ della notifica del ruolo a mezzo cartelle, in violazione dell’art. 25 comma 1, lett. c) del dpr n. 602/73 – nel testo modificato dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a) n. 2) del d.l. n. 106/2005 conv. in legge n. 156/2005 -in relazione all’art. 360, co. 1, n. 4 c.p.c . » . Sostiene, al riguardo, che il collegio di appello non si sarebbe pronunciato sulla maturata decadenza cui erano incorsi gli Enti resistenti, eccezione già
sollevata con l’atto introduttivo del giudizio di primo grado e riproposta in appello. L’intimazione di pagamento può essere infatti impugnata per far valere anche fatti successivi all’invio della cartella o dell’atto di accertamento (come la prescrizione/decadenza, la pendenza di un ‘rateizzo’, il pagamento, ecc.). Pertanto, con riferimento ai termini di decadenza, l’intimazione di pagamento è irrimediabilmente nulla qualora i ruoli esattoriali ad esso presupposti siano stati notificati al concessionario oltre i termini decadenziali previsti dall’art. 25 comma 1, lett. c) del DPR n. 602/73, nel testo modificato dall’art. 1, comma 5 ter, lett. a) n. 2) del D.L. n. 106/2005 conv. in legge n. 156/2005. Poiché l’ente impositore aveva trasmesso i ruoli al Concessionario oltre il predetto termine, ne conseguiva la decadenza degli enti impositore e concessionario del servizio di riscossione di pretendere ogni e qualsiasi somma dal contribuente.
Il motivo è manifestamente infondato.
3.1. In primo luogo, il ricorrente non censura la sentenza nella parte in cui ha affermato: ‘ Va premesso che la parte non formula eccezioni riferite a vizi afferenti all’atto d’intimazione impugnato, fatta eccezione all’asserita irritualità della notifica PEC.’. Ne consegue che non può esservi stata alcuna omissione di pronuncia sulla questione oggetto di doglianza.
3.2. In ogni caso, va osservato che la decadenza, di cui all’art. 25 cit., a differenza della prescrizione, che è soggetta a sospensione ed interruzione, è evitata una volta per tutte con la notifica della cartella di pagamento al contribuente da parte del concessionario del servizio di riscossione e non è pertanto deducibile in sede di impugnazione dell’intimazione di pagamento quale ‘fatto successivo’ alla notifica degli atti presupposti.
3.3. Inoltre, laddove, come nel caso di specie, le cartelle di pagamento siano state regolarmente notificate e non impugnate e
dunque divenute definitive, con conseguente irretrattabilità del credito ( cfr. Sezioni Unite 23397/2016), la questione è preclusa e non può essere esaminata in sede di opposizione all’intimazione di pagamento, impugnabile solo per vizi propri, come si evince dall’art. 19 del decreto legislativo n. 546/1992.
4. Il ricorso va conclusivamente respinto.
5.Nulla per le spese.
6.Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
P.Q.M .
La Corte rigetta il ricorso; nulla per le spese;
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. 115/2002, la Corte dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento da parte del ricorrente dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso principale, a norma del comma 1 -bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio dell’ 8.10.2025
Il Presidente (NOME COGNOME)