Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 27351 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 27351 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME FILIPPO
Data pubblicazione: 22/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 22918/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE (C.F. P_IVA), in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall’AVV_NOTAIO (C.F. CODICE_FISCALE) in virtù di procura speciale allegata al ricorso, elettivamente domiciliata presso il domicilio PEC del difensore
-ricorrente – contro
RAGIONE_SOCIALE (C.F. CODICE_FISCALE), in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa ex lege dall’Avvocatura Generale dello Stato , presso la quale è domiciliata in Roma, INDIRIZZO
Oggetto: tributi
-controricorrente –
avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale della Campania, n. 1796/13/22 depositata in data 15 febbraio 2022 Udita la relazione svolta dal Consigliere NOME COGNOME nella camera di consiglio del l’8 ottobre 2024.
RILEVATO CHE
La società contribuente RAGIONE_SOCIALE ha impugnato una comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria, deducendo -per quanto qui ancora rileva – previa eccezione di nullità della notificazione degli atti presupposti (cartelle di pagamento) -l’insussistenza delle obbligazioni tributarie relative ai periodi di imposta 2010 -2015.
La CTP di Napoli ha rigettato il ricorso.
La CTR della Campania, con la sentenza qui impugnata, ha rigettato l’appello della società contribuente. Ha ritenuto il giudice di appello, per quanto qui ancora rileva, che le cartelle presupposto sono state correttamente notificate.
Propone ricorso per cassazione la società contribuente, affidato a due motivi; resiste con controricorso l’Agente della Riscossione.
CONSIDERATO CHE
Con il primo motivo si deduce « nullità della sentenza per violazione dell’art. 360, co.1, n.5, c.p.c. abuso di diritto per l’omesso reiterato diniego alla richiesta di ordine ex art.210 c.p.c. -errato esercizio del prudente apprezzamento della prova -nullità della notifica pec proveniente da un indirizzo non rientrante nel registro ipa -abuso di poteri istruttori -violazione art. 111 cost. ». Deduce, in particolare, parte ricorrente l’erroneità della statuizione relativa alla corretta notificazione degli atti presupposti (cartelle), essendo tali cartelle state notificate da un indirizzo PEC non iscritto in Pubblici Registri, con conseguente inesistenza della notificazione degli atti presupposti. Sotto tale profilo deduce sussistere un abuso di potere dell’Agente della
Riscossione, nonché afferma che non sarebbero stati prodotti gli originali degli atti notificati.
Con il secondo motivo si deduce, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., nella parte in cui il giudice di appello non ha pronunciato sul disconoscimento di « tutta la documentazione ex adverso esibita ». Deduce il ricorrente di avere specificamente contestato la conformità all’originale di tutta la documentazione prodotta dall’Agente della Riscossione, con particolare riferimento alle cartelle e alle relate di notificazione.
Il primo motivo -in disparte l’inammissibilità de l riferimento al disposto dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., stanti i presupposti della cd. «doppia conforme», è infondato nella parte in cui deduce la nullità o inesistenza delle notificazioni degli atti presupposti in quanto avvenuti a mezzo EMAIL da indirizzo di mittente non presente in Pubblici Registri, posto che l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale, benché non risultante dai pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza e all’oggetto, ritenendosi che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (Cass., Sez. U., 18 maggio 2022, n. 15979; Cass., Sez. V, 8 gennaio 2024, n. 564).
La restante parte del primo motivo va esaminata unitamente al secondo motivo, dichiarandosene l’inammissibilità in quanto -in disparte l’omessa indicazione di quali atti siano stati oggetto di disconoscimento, in quali parti e per quali aspetti (come dedotto dal controricorrente), il che avrebbe reso ugualmente il disconoscimento inammissibile -le questioni non risultano tracciate nella sentenza
impugnata, dovendosi conseguentemente ritenere questioni nuove. Qualora una questione giuridica – implicante un accertamento in fatto – non risulti trattata in alcun modo nella sentenza impugnata, il ricorrente che la proponga in sede di legittimità, onde non incorrere nell’inammissibilità per novità della censura, ha l’onere non solo di allegare l’avvenuta deduzione della questione dinanzi al giudice di merito, ma anche, per il principio di specificità del ricorso, di indicare in quale atto del giudizio precedente lo abbia fatto, per consentire alla Corte di controllare ex actis la veridicità di tale asserzione, prima di esaminare nel merito la censura stessa (Cass., Sez. VI, 13 dicembre 2019, n. 32804; Cass., Sez. II, 24 gennaio 2019, n. 2038).
Il ricorso va, pertanto, rigettato, con spese regolate dalla soccombenza e liquidate come da dispositivo, oltre al raddoppio del contributo unificato.
P. Q. M.
La Corte rigetta il ricorso, condanna il ricorrente al pagamento delle spese processuali in favore del controricorrente, che liquida in complessivi € 10.600,00, oltre spese prenotate a debito; dà atto che sussistono i presupposti processuali, a carico di parte ricorrente, ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. 24 dicembre 2012, n. 228, per il versamento di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1bis dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, in data 8 ottobre 2024