Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 20160 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 20160 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 18/07/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2908/2018 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, con sede in Roma, INDIRIZZO C/D, ed RAGIONE_SOCIALE rappresentate e difese dall’Avvocatura generale dello Stato, con domicilio legale in Roma, INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato,
-ricorrente –
nonché
AGENZIA DELLE ENTRATE RISCOSSIONE, in persona del legale rappresentante, rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale, dall’Avvocato NOME COGNOME ed elettivamente domiciliata presso il suo studio sito in Santa Maria Capua Vetere, INDIRIZZO pec: EMAIL
contro
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore, con sede in Coperchia di Pellezzano (Sa), rappresentata e difesa dall’Avvocato NOME COGNOME, elettivamente domiciliata presso lo studio dell’Avvocato NOME COGNOME in Roma, INDIRIZZO
Cartella di pagamento -IVA -IRES – 2011
Avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. CAMPANIA -SEZIONE DISTACCATA DI SALERNO n. 8827/2017, depositata in data 20 ottobre 2017, notificata in data 20 novembre 2017.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 6 giugno 2025 dal Consigliere dott.ssa NOME COGNOME
Rilevato che:
L’Agenzia delle Entrate -direzione provinciale di Salerno – a seguito di controllo automatizzato, ai sensi dell’art. 36 bis del d.P.R. 29 settembre 1973, n. 600 e dell’art. 54 bis del d.P.R. 26 ottobre 1972, n. 633, del modello di dichiarazione Unico RAGIONE_SOCIALE per l’anno d’imposta 2011, operava nei confronti della società RAGIONE_SOCIALE l’iscrizione a ruolo per l’importo totale di € 329.424,23, scaturente dall’omesso versamento a saldo IRES di € 192.914,00 e relativi interessi e sanzioni, oltre sanzioni per omessi acconti IRES e sanzioni per omesso versamento periodico IVA relativo alla liquidazione del mese di febbraio. Con la consegna del ruolo ordinario reso esecutivo dall’Ufficio in data 19/01/2015 e consegnato in data 25/02/2015 al Concessionario per la riscossione, veniva da quest’ultimo emessa la cartella di pagamento n. NUMERO_CARTA notificata alla controparte in data 10/06/2015.
Avverso la cartella di pagamento la società contribuente proponeva ricorso dinanzi alla C.t.p. di Salerno; si costituiva in giudizio anche l’Ufficio, chiedendo la conferma del proprio operato.
La C.t.p., con sentenza n. 4452/01/2016, dichiarava inammissibile il ricorso per intempestività.
Contro tale decisione proponeva appello la contribuente dinanzi alla C.t.r. della Campania; si costituiva anche l’Ufficio, chiedendo la conferma di quanto statuito in primo grado.
Con sentenza n. 8827/09/2017, depositata in data 20 ottobre 2017, la C.t.r. adita accoglieva il gravame della società contribuente, annullando l’atto impugnato.
Avverso la sentenza della C.t.r. della Campania, l’Agenzia delle Entrate e l’Agenzia delle Entrate riscossione hanno proposto ricorso per cassazione affidato a due motivi, in particolare, l’Avvocatura Generale dello Stato notificava il ricorso alla società contribuente via pec in data 12 gennaio 2018 e lo depositava presso la Corte in data 30 gennaio 2018. Senonché L’Agenzia delle Entrate riscossione, difesa dall’Avvocato del libero foro NOME COGNOME ha proposto ulteriore ricorso per cassazione affidato a due motivi notificandolo al contribuente a mani di un addetto alla ricezione degli atti in data 22 gennaio 2018 Tale ricorso è stato depositato presso la Corte in data 14 marzo 2018 dalla controricorrente.
La società contribuente ha resistito con controricorso, adiuvato da memoria.
Con ordinanza interlocutoria n. 3271 pubblicata in data 09/0/2/2025, la Corte disponeva che la Cancelleria procedesse alle prescritte comunicazioni della data dell’udienza in camera di consiglio all’Agenzia delle Entrate Riscossione sia quale difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato, sia quale difesa dall’Avvocato del libero foro.
La causa è stata trattata nella camera di consiglio del 6 giugno 2025, per le quali entrambe le parti hanno depositato memoria. Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione dell’art. 26 d.P.R. n. 602/1973, dell’art. 6 d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, dell’art. 2712 cod. civ. e dell’art. 7 D.Lgs. 31 dicembre 1992, n. 546, in relazione all’art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto non provata la validità della notifica perché non si era proceduto al deposito dei file informatici di posta elettronica inviati, mentre, in realtà, avrebbe dovuto ritenere sufficiente la produzione in giudizio (oltre che del messaggio di posta elettronica e della cartella) della
ricevuta di avvenuta consegna della PEC inviata all’indirizzo della società in questione.
1.2. Con il secondo motivo di ricorso, così rubricato: «Violazione e falsa applicazione degli artt. 25 e 26 d.P.R. n. 602/1973, del 4 di 4 Decreto del DGSIA del Ministero della Giustizia del 28/12/2015 e dell’art. 7 D.Lgs. 546/1992 in relazione in relazione all’art. 360, primo comma, п. 3, сod. proc. civ.» l’Ufficio lamenta l’error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto comunque invalida la notifica in quanto il file della cartella di pagamento sarebbe stato notificato con estensione ‘.pdf’ anziché ‘.p7m’, così applicando al processo tributario norma valevole esclusivamente per quello civile.
Preliminarmente va dichiarata l’improcedibilità del ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate riscossione, a mezzo dell’Avvocato del libero foro, notificato in data 22 gennaio 2018. Va, invero, rilevato che il deposito di tale ricorso, avvenuto il 14 marzo 2018, è stato effettuato dalla parte controricorrente, costituendo una produzione di quest’ultima, per cui non vi è prova del tempestivo deposito dello stesso ai sensi dell’art. 369 cod. proc.civ.
Il ricorso dell’Agenzia delle entrate e dell’Agenzia delle entrate -riscossione, proposto con il ministero dell’Avvocatura dello Stato, è tempestivo, rispetto alla notifica della sentenza impugnata, e procedibile.
In particolare, per quanto riguarda l’Agenzia delle entrate -riscossione, è vero che, secondo questa Corte, nel caso in cui una sentenza sia stata impugnata con due successivi ricorsi per cassazione, il primo dei quali non sia stato depositato o lo sia stato tardivamente dal ricorrente, è ammissibile la proposizione del secondo, anche quando contenga nuovi e diversi motivi di censura, purché la notificazione dello stesso abbia avuto luogo nel rispetto del termine breve decorrente dalla notificazione del primo, e
l’improcedibilità di quest’ultimo non sia stata ancora dichiarata, non comportando la mera notificazione del primo ricorso la consumazione del potere d’impugnazione (Cass. n. 21145 del 19/10/2016, ex plurimis ).
Nel caso di specie, tuttavia, il ricorso per primo notificato, unico depositato tempestivamente dalle ricorrenti, è proprio quello proposto con il ministero dell’Avvocatura dello Stato, la cui ammissibilità e procedibilità non è quindi condizionata dal successivo, proposto con il patrocinio del difensore del libero foro non depositato dalla parte ricorrente Agenzia delle entrateriscossione e quindi improcedibile.
3.1. Venendo al merito del ricorso delle Agenzie procedibile, il primo motivo è fondato, nei termini che seguono.
Con il mezzo in esame l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata , la C.t.r. ha ritenuto non provata la validità della notifica della cartella esattoriale effettuata dall’Agente della riscossione, perché non si era proceduto al deposito dei file informatici di posta elettronica inviati.
3.2. L’art. 26, comma 2, del DPR n. 602/73 (Notificazione della cartella di pagamento), come modificato dall’art. 38, comma 4, lett. b), D.L. 31 maggio 2010, n. 78, convertito, con modificazioni, dalla Legge 30 luglio 2010, n. 122, prescrive che “La notifica della cartella può essere eseguita, con le modalità di cui al decreto del Presidente della Repubblica 11 febbraio 2005, n. 68, a mezzo posta elettronica certificata, all’indirizzo risultante dagli elenchi a tal fine previsti dalla legge. Tali elenchi sono consultabili, anche in via telematica, dagli agenti della riscossione. Non si applica l’articolo 149-bis del codice di procedura civile”.
In base alle disposizioni per l’utilizzo della posta elettronica certificata contenute nell’art. 6, commi 2 e ss., del richiamato d.P.R. n. 68 del 2005, la prova della avvenuta consegna della pec,
è costituito dal messaggio di consegna che il gestore della pec del ricevente consegna al mittente:
” 1. Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal mittente fornisce al mittente stesso la ricevuta di accettazione nella quale sono contenuti i dati di certificazione che costituiscono prova dell’avvenuta spedizione di un messaggio di posta elettronica certificata.
Il gestore di posta elettronica certificata utilizzato dal destinatario fornisce al mittente, all’indirizzo elettronico del mittente, la ricevuta di avvenuta consegna.
La ricevuta di avvenuta consegna fornisce al mittente prova che il suo messaggio di posta elettronica certificata è effettivamente pervenuto all’indirizzo elettronico dichiarato dal destinatario e certifica il momento della consegna tramite un testo, leggibile dal mittente, contenente i dati di certificazione.
La ricevuta di avvenuta consegna può contenere anche la copia completa del messaggio di posta elettronica certificata consegnato secondo quanto specificato dalle regole tecniche di cui all’articolo.
La ricevuta di avvenuta consegna è rilasciata contestualmente alla consegna del messaggio di posta elettronica certificata nella casella di posta elettronica messa a disposizione del destinatario dal gestore, indipendentemente dall’avvenuta lettura da parte del soggetto destinatario.
La ricevuta di avvenuta consegna è emessa esclusivamente a fronte della ricezione di una busta di trasporto valida secondo le modalità previste dalle regole tecniche di cui all’articolo 17.” 3.3. In generale, la produzione della ricevuta di consegna è pertanto idonea a dimostrare l’avvenuto perfezionamento della notifica telematica nei confronti del destinatario e la data in cui tale evento si è realizzato, ovvero le due circostanze fattuali realmente controverse in questo giudizio (Cass. n. 16365 del 21/06/2018; Cass. n. 30532 del 26/11/2018).
Risulta nel caso di specie (cfr. anche controricorso, pag.4 e passi m), che l’Agenzia delle entrate ha prodotto, oltre al messaggio di posta elettronica ed alla cartella notificata, proprio la ricevuta della consegna della PEC prevista dal citato art. 6, avvenuta all’ indirizzo PEC della società destinataria, come risultante dai relativi elenchi, e dalla stessa ricevuta il giorno 10 giugno 2015 alle ore 16.49.
3.4. La ratio decidendi della sentenza impugnata si fonda tuttavia sull’affermazione che, per provare la validità della notificazione, sarebbe occorso necessariamente «il deposito dei files informatici del messaggio di posta elettronica inviato: “ricevuta di accettazione e ricevuta di avvenuta consegna che contiene anche la copia del messaggio inviato (postacert.eml) e gli allegati. Le ricevute sono caratterizzate dalla presenza di un certificato di firma del gestore di posta, vale a dire di un certificato che attesta che quel messaggio proviene dall’ente che ha gestito la consegna del messaggio PEC e tali certificati si distinguono, solitamente, per la presenza di una piccola coccarda, visibile quando il messaggio stesso viene letto con un client di posta. Cliccando su tale simbolo, infatti, vengono rilevati gli estremi della certificazione e, quindi, si ha certezza della genuinità del file: risulta evidente che al fine di fornire la prova della notificazione, quindi, deve procedersi alla produzione dei suddetti files, dopo averli salvati nel formato opportuno”.».
Tuttavia, nel caso di specie non si tratta della notifica di un atto in materia civile, amministrativa o stragiudiziale effettuata da un avvocato o da un procuratore legale, munito di procura alle liti a norma dell’articolo 83 c.p.c., di cui alla legge 21 gennaio 1994, n. 53, sicché non viene in rilievo la peculiare disciplina di cui agli art. 3 bis e 9, commi 1 bis e 1 ter, di tale fonte, in tema di prova con modalità telematiche o tramite materiale deposito in cancelleria delle copie su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, dei suoi allegati e delle relative ricevute di
accettazione e di avvenuta consegna accompagnato dall’attestazione.
Tanto premesso, deve peraltro darsi atto che, che anche nei casi in cui si applichi tale disciplina, questa Corte ha già chiarito che, nel caso di notifica di un atto a mezzo posta elettronica certificata, qualora la parte non sia in grado di fornirne la prova, ai sensi dell’art. 9 della legge n. 53 del 1994, la violazione delle forme digitali non integra l’inesistenza della notifica del medesimo bensì la sua nullità che, pertanto, può essere sanata dal raggiungimento dello scopo (Cass. 21/05/2024, n. 14063, che ha cassato la sentenza impugnata, che non aveva ritenuto sufficiente ad evitare l’improcedibilità dell’appello la produzione, in assenza di contestazioni da parte dell’appellato, delle ricevute, in formato pdf, di avvenuta accettazione e consegna del messaggio pec, accompagnate dalla copia cartacea dell’atto notificato).
La C.t.r. ha quindi errato nell’affermare che la mancata produzione dei ‘files informatici del messaggio inviato ‘ escludesse a priori la prova della notificazione della cartella di pagamento.
Piuttosto, il giudice a quo avrebbe dovuto verificare la produzione su supporto analogico del messaggio di posta elettronica certificata, ed in particolare della ricevuta di consegna della notifica telematica della cartella, ovvero sostanzialmente la relativa produzione cartacea, ai sensi dell’art. 23 del d.lgs. del 7 marzo 2005, n. 82, vigente ratione temporis, in materia di copie analogiche di documenti informatici. Ed in particolare, nel caso in cui la produzione in copia analogica o l’estratto su supporto analogico di siffatti documenti (geneticamente telematici) non fosse corredato da attestazione di conformità, applicando allora la disciplina di cui al secondo comma del ridetto art. 23, a mente del quale «le copie e gli estratti su supporto analogico del documento informatico, conformi alle vigenti regole tecniche, hanno la stessa efficacia probatoria dell’originale se la loro conformità non è
espressamente disconosciuta». Tenendo tuttavia ben presente che, secondo questa Corte, ai fini del disconoscimento della conformità all’originale di copia analogica di un documento informatico occorre una contestazione chiara, circostanziata ed esplicita, che si concreti nell’allegazione di elementi significanti la non corrispondenza tra la realtà fattuale e la realtà riprodotta (da ultimo Cass. n. 23213 del 28/08/2024).
Costituendo la notifica della cartella di pagamento un dato fattuale esterno al processo (per quanto possa determinare conseguenze di natura processuale), il relativo accertamento, da condurre in base ai principi normativi e giurisprudenziali appena illustrati, è di competenza del giudice del merito.
4. Anche il secondo motivo è fondato.
Con esso l’Ufficio lamenta l’ error in iudicando nella parte in cui, nella sentenza impugnata, la C.t.r. ha ritenuto comunque invalida la notifica, in quanto il file della cartella di pagamento sarebbe stato notificato con estensione ‘.pdf’ anziché ‘.p7m’, così applicando al processo tributario una norma valevole esclusivamente per quello civile.
4.1. Infatti, è pacifico che ‘In caso di notifica a mezzo PEC, la copia su supporto informatico della cartella di pagamento, in origine cartacea, non deve necessariamente essere sottoscritta con firma digitale, in assenza di prescrizioni normative di segno diverso (Cass. 27/11/2019, n. 30948; Cass. 03/07/2023, n. 18864; 19/12/2023, n. 35541).
In ogni caso poi, questa Corte ha già avuto modo di affermare, in tema di processo telematico, che le firme digitali di tipo “CAdES” e di tipo “PAdES” sono entrambe ammesse e equivalenti, sia pure con le differenti estensioni “.p7m” e “.pdf” (Cass., Sez. Un., n. 10266 del 27/04/2018; Cass. n. 23951 del 29/10/2020).
Nella fattispecie in esame, la C.t.r. ha fatto malgoverno dei principi illustrati allorquando ha ritenuto invalida la notifica della cartella
con estensione del file in ‘pdf’ anziché in ‘p7m’ in quanto la firma digitale e la paternità dell’atto è garantita solo attraverso un file con estensione ‘p7m’. Contrariamente con la notifica via PEC in formato pdf non viene prodotto l’originale della cartella ma solo una copia elettronica senza valore perché priva di un attestato di conformità da parte del pubblico ufficiale’
In conclusione, va dichiarato improcedibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrate riscossione con il ministero dell’Avvocato del libero foro NOME COGNOME.
Stante il disposto di cui all’art. 22 d.l. 20 marzo 2023, n. 34, convertito dalla legge 26 maggio 2023, n. 56, non sussistono i presupposti per l’assoggettamento della Agenzia delle Entrate Riscossione, al pagamento del doppio contributo unificato di cui all’art. 13, comma 1 -quater, d.P.R. n. 115 del 2002. (Cass. 03/09/2024, n. 23669).
Il ricorso proposto dalle Agenzie con il ministero dall’Avvocatura Generale dello Stato va accolto e la sentenza va cassata con rinvio del giudizio innanzi al giudice a quo affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame.
Al giudice del rinvio è rimesso altresì di provvedere in ordine alle spese, tutte, del giudizio di legittimità.
P.Q.M.
La Corte dichiara improcedibile il ricorso proposto dall’Agenzia delle Entrateriscossione con il ministero dell’Avvocato del libero foro ed accoglie il ricorso dell’Agenzia delle Entrate Riscossione e dell’Agenzia delle Entrate proposto con il ministero dell’Avvocatura Generale dello Stato; cassa la sentenza impugnata in relazione ai motivi accolti e rinvia il giudizio innanzi alla Corte di giustizia tributaria della Campania -sezione staccata di Salerno – affinché, in diversa composizione, proceda a nuovo e motivato esame, nonché provveda in ordine alle spese, tutte, del giudizio di legittimità.