Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5206 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5206 Anno 2025
Presidente: COGNOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 27/02/2025
Oggetto: cartella notifica pec non da pubblici registri
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 2225/2024 R.G. proposto da NOME COGNOME rappresentata e difesa in forza della procura in calce al ricorso per cassazione dall’ avv. NOME COGNOME (PEC: EMAIL
-ricorrente –
contro
AGENZIA DELLE ENTRATE -RISCOSSIONE in persona del Presidente pro tempore rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato (PEC: EMAILavvocaturastatoEMAIL)
– controricorrente –
per la cassazione della sentenza della Corte di giustizia tributaria di secondo grado del Lazio n. 3362/16/2023 depositata in data 06/06/2023;
Udita la relazione della causa svolta nell’adunanza camerale del 28/01/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
-l’Agente della riscossione notificava alla contribuente NOME, comunicazione di avvenuta iscrizione ipotecaria ex art. 77 del d.P.R. 602 del 1973 a tutela del credito derivante da svariate cartelle di pagamento;
la CTP rigettava il ricorso; appellava la contribuente;
con la sentenza qui impugnata, la CTR ha rigettato l’appello;
ricorre NOME COGNOME con atto affidato a tre motivi di ricorso che illustra con memoria;
resiste con controricorso il Riscossore;
-il Consigliere delegato ha depositato proposta di definizione accelerata del ricorso ex art. 380 bis c.p.c. a fronte della quale parte ricorrente ha chiesto la decisione collegiale;
Considerato che:
il primo motivo deduce la violazione o falsa applicazione degli artt. 77, comma 2 bis e 26 del d.P.R. 602 del 1973 e dell’art. 60 del d.P.R. 600 del 1973; violazione o falsa applicazione dell’art. 16-ter del d.L n. 179 del 2012, dell’art. 3-bis della L. n. 53 del 1994 e dell’art. 6-ter del d. Lgs. n. 82 del 2005; violazione dell’art. 44, co. 1, lett. b) Reg. UE n. 910 del 2014 in relazione all’artico lo 360, comma 1°, n. 3, c.p.c.;
secondo la parte ricorrente la Corte di Giustizia di secondo grado ha errato nell’affermare che la comunicazione del preavviso di iscrizione dell’ipoteca -preavviso contenuto nel Documento n.NUMERO_CARTA avvenuta con messaggio PEC dell’8 ottobre 2018 inoltrato alla contribuente dall’ignoto indirizzo telematico ‘notificaEMAIL‘, non risultante da pubblici elenchi e non incluso in IPA, e non dall’indirizzo presente nel registro IPA protocollo@pec.agenziariscossione.gov.it -sarebbe
idoneamente avvenuta tramite PEC, restando senza rilievo la circostanza che il messaggio di posta elettronica fosse stato inviato da un indirizzo non incluso nei pubblici registri;
il motivo è manifestamente infondato;
-in tema di notificazione di atti a mezzo PEC da parte dell’Amministrazione Finanziaria, la circostanza che l’indirizzo da cui proviene la comunicazione non sia presente nel registro INI-PEC non inficia la regolarità della stessa dal momento che è possibile ricavare il mittente dall’indirizzo dello stesso. E’ necessario invece che ‘… la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro.’ (Cass. Sez. V, sentenza 18684/2023, in questo senso anche Cass., SS.UU., sentenza n. 15979/2022). Nel caso concreto, la ricorrente non ha mai allegato i pregiudizi sofferti venendo meno all’onere probatorio su di lei gravante; comunque, l’utilizzo di un indirizzo di posta elettronica istituzionale, benché non risultante dai pubblici elenchi, non è nulla, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, proprio in quanto deve ritenersi che una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche dell’indirizzo del mittente (Cass., Sez. Un., 18 maggio 2022, n. 15979; Cass., Sez. V, 8 gennaio 2024, n. 564);
il secondo motivo lamenta la violazione o falsa applicazione dell’art. 77, comma 2 bis del d.P.R. 602 del 1973 e dell’art. 19, comma 1°, lettera e- bis) del d. Lgs. n. 546 del 1992 in relazione all’art. 360, comma 1°, n. 4 c.p.c., per avere il giudice del merito affermato che la contribuente avrebbe dovuto svolgere ogni doglianza impugnando
immediatamente il preavviso di iscrizione ipotecaria, nel quale si trovava esposta ed enunciata la pretesa;
il motivo è inammissibile in quanto censura una ratio decidendi che non risulta espressa dalla sentenza impugnata;
il terzo motivo censura la sentenza impugnata per violazione o falsa applicazione degli artt. 170 c.c., 2727 e 2729 c.c., in relazione all’articolo 360, comma 1°, n. 3 c.p.c. sia per nullità della sentenza per motivazione del tutto carente ed apparente; si ritiene pure violato l’art. 36, comma 2°, numero 4) del d.lgs. n. 546 del 1990 in relazione all’art . 360, comma 1°, n. 4 c.p.c.; deduce inoltre la violazione o falsa applicazione dell’art. 170 c.c. in relazione all’art . 360, comma 1°, n. 3 c.p.c.; secondo parte ricorrente la sentenza impugnata ha erroneamente affermato che l’onere della prova stabilito dall’art. 170 del c.c. e da assolversi al fine di poter opporre al creditore il vincolo derivante dal fondo patrimoniale non possa essere assolto mediante il ricorso alla prova presuntiva;
il motivo è manifestamente infondato;
in tema di riscossione coattiva, l’iscrizione ipotecaria è ammessa anche sui beni facenti parte del fondo patrimoniale ‘… alle condizioni indicate dall’art. 170 c.c. sicché è legittima solo se l’obbligazione tributaria sia strumentale ai bisogni della famiglia o se il titolare del credito non ne conosceva l’estraneità a tali bisogni ma grava sul debitore che intenda avvalersi del regime di impignorabilità dei beni costituiti nel fondo l’onere di provare l’estraneità del debito alle esigenze familiari e la consapevolezza del creditore.’ (Cass. Sez. V, sentenza 10166/2020);
nel caso di specie, come ha accertato in fatto la CTR con motivazione che si pone (altro profilo adombrato nel motivo di ricorso in oggetto) al di sopra del c.d. ‘minimo costituzionale’ (Cass. Sez. Un. Sent. n. 8053/2014) la ricorrente è venuta meno al soddisfacimento dell’onere
probatorio in quanto non ha dimostrato né l’estraneità dei bisogni e la consapevolezza del creditore, pertanto, il fondo patrimoniale non rappresenta un ostacolo al soddisfacimento dei crediti.
alla luce delle sopra esposte considerazioni, il ricorso va quindi rigettato;
le spese sono regolate dalla soccombenza;
infine, la trattazione del ricorso è stata chiesta ai sensi dell’art. 380 bis, ultimo comma, cod. proc. civ. a seguito di proposta di definizione accelerata, per cui la Corte, avendo definito il giudizio in conformità della proposta, deve applicare il terzo e il quarto comma dell’articolo 96 cod. proc. civ., come previsto dal citato art. 380 bis, ultimo comma, in continuità con quanto già affermato da queste Sezioni Unite con le recenti decisioni Sez. U., n. 27195 del 22/09/2023 e n. n. 27433 del 27/09/2023 (v. anche Cass. Sez.3, Ordinanza n. 31839 del 15/11/2023);
i citati precedenti hanno evidenziato che la novità normativa « contiene, nei casi di conformità tra proposta e decisione finale, una valutazione legale tipica, ad opera del legislatore delegato, della sussistenza dei presupposti per la condanna al pagamento di una somma equitativamente determinata a favore della controparte (art. 96 terzo comma) e di una ulteriore somma di denaro non inferiore ad euro 500,00 e non superiore ad euro 5.000,00 (art. 96 quarto comma, ove, appunto il legislatore usa la locuzione ‘altresì’ », sì da codificare « una ipotesi di abuso del processo, peraltro già immanente nel sistema processuale (da iscrivere nel generale istituto del divieto di lite temeraria nel sistema processuale). Non attenersi ad una valutazione del Presidente della Sezione che poi trovi conferma nella decisione finale lascia certamente presumere una responsabilità aggravata » ; – debbono quindi liquidarsi ex art. 96 terzo comma c.p.c. l’importo di euro 6.000,00 a carico di parte soccombente ed ex art. 96 quarto
comma c.p.c. l’ulteriore importo di euro 3.000,00 sempre a carico di parte soccombente da versarsi quest’ultimo alla cassa delle ammende;
p.q.m.
rigetta il ricorso; condanna parte ricorrente al pagamento in favore di parte controricorrente della somma di euro 12.000,00 oltre a spese prenotate a debito; condanna parte ricorrente al pagamento dell’ulteriore somma di euro 6.000,00 ex art. 96 c. 3 c.p.c. in favore di parte controricorrente e infine dell’ancora ulteriore somma di euro 3.000,00 ex art. 96 c. 4 c.p.c. in favore della cassa delle ammende.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 quater del d.p.r. n. 115 dei 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della i. n. 228 del 2012, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso a norma del comma 1-bis, dello stesso art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 28 gennaio 2025.