Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5324 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5324 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 28/02/2025
Oggetto: Notifica cartella di pagamento a mezzo p.e.c. – Indirizzo del mittente non compreso in pubblico elenco -Conseguenze -Nullità della notifica – Esclusione
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 30227/2021 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante pro tempore , rappresentata e difesa, in virtù di procura speciale in calce al ricorso, dall’Avv. NOME COGNOME, elettivamente domiciliata in Roma, INDIRIZZO
-ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore , domiciliata in Roma alla INDIRIZZO presso l’Avvocatura generale dello Stato dalla quale è rappresentata e difesa ope legis ;
-controricorrente – avverso la sentenza della Commissione tributaria regionale del Lazio, n. 2412/01/2021, depositata in data 7 maggio 2021.
Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025 dal Consigliere NOME COGNOME
Rilevato che:
La RAGIONE_SOCIALE impugnava innanzi alla Commissione tributaria provinciale di Roma 11 estratti di ruolo e le corrispondenti
11 cartelle di pagamento, aventi ad oggetto tributi erariali e diritti camerali per oltre Euro 110.000,00, assumendo la nullità delle notifiche delle cartelle effettuate a mezzo p.e.c., nonché la nullità del documento informatico e la prescrizione della pretesa erariale.
I giudici di prossimità rigettavano il ricorso.
La contribuente proponeva gravame innanzi alla Commissione tributaria regionale del Lazio, che confermava la decisione di primo grado. In particolare, riteneva che la mancata sottoscrizione in forma digitale della cartella di pagamento notificata a mezzo p.e.c. non comportasse la nullità della stessa nell’ipotesi in cui l’autore dell’atto fosse individuabile aliunde , e che le irritualità della notifica a mezzo p.e.c. fossero sanate dalla conoscenza dell’atto, comunque consegnato al destinatario.
Avverso la decisione della Commissione tributaria regionale ha proposto ricorso per cassazione la contribuente, affidandosi ad un unico motivo. L ‘ADER ha resistito con controricorso, eccependo preliminarmente l’in ammissibilità del ricorso sotto plurimi profili.
È stata, quindi, depositata una proposta di definizione accelerata del giudizio dal seguente tenore:
per orientamento di questa Corte, non è nulla la notifica a mezzo PEC eseguita utilizzando un indirizzo di posta istituzionale, benché non risultante dai pubblichi elenchi, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, ritenendosi che una maggiore rigidità formale sia richiesta per l’individuazione del destinatario e non anche del mittente (così Cass. SS.UU. n. 15979/22 e, da ultimo, Cass. sez. V, n. 564/2024);
con specifico riferimento alle notificazioni effettuate dall’agente di riscossione, poi, è stato precisato che, ‘In tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mitten te dal registro INIpec non inficia ‘ex se’ la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile
dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico present e in tale registro’ (Cass. n. 18684 del 3/07/2023), ciò che la ricorrente non ha, peraltro, fatto.
La ricorrente ha chiesto fissarsi l’udienza di discussione della causa con istanza depositata il 21/10/2024 (pervenuta 3 volte), avente il contenuto sostanziale di una memoria ex art. 380bis1 cod. proc. civ..
07/02/2025.
È stata, quindi, fissata l’adunanza camerale per il Considerato che:
Con l’unico strumento di impugnazione la contribuente denuncia, in relazione all’art. 360, primo comma, n n. 3 e 5, cod. proc. civ., la « violazione e falsa applicazione dell’art . 26, II comma, del D.P.R. 602/1973, in relazione all’attività di notifica da eseguirsi a mezzo di una comunicazione telematica di PEC». Afferma, in particolare, l’inesistenza delle notifiche delle cartelle di pagamento in quanto eseguite a mezzo p.e.c. e provenienti da un indirizzo di posta elettronica non presente nei pubblici registri.
1.1. Il motivo, come eccepito dalla controricorrente, è inammissibile perché avente ad oggetto una questione – sia di diritto sia in fatto ‘nuova’.
Per giurisprudenza pacifica di questa corte «nel giudizio di cassazione non è consentita la prospettazione di nuove questioni di diritto o contestazioni che modifichino il “thema decidendum” ed implichino indagini ed accertamenti di fatto non effettuati dal giudice di merito, anche ove si tratti di questioni rilevabili d’ufficio» ( ex multis , Cass. 06/06/2018, n. 14477).
Sotto altro profilo, si è costantemente affermato (Cass. 23/04/2024, n. 20927 e Cass. 28/11/2024, n. 30670) che «deve ritenersi inammissibile il motivo di impugnazione con cui la parte ricorrente sostenga un’alternativa ricostruzione della vicenda fattuale,
pur ove risultino allegati al ricorso gli atti processuali sui quali fonda la propria diversa interpretazione, essendo precluso nel giudizio di legittimità un vaglio che riporti a un nuovo apprezzamento del complesso istruttorio nel suo insieme»; in precedenza già le Sezioni Unite (sent. n. 34476 del 27/12/2019) avevano affermato esplicitamente che «è inammissibile il ricorso per cassazione che, sotto l’apparente deduzione del vizio di violazione o falsa applicazione di legge, di mancanza assoluta di motivazione e di omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio miri, in realtà, ad una rivalutazione dei fatti storici operata dal giudice di merito».
Nella specie la questione del vizio (inesistenza o nullità) della notifica eseguita dall’ADER a mezzo p.e.c. da un indirizzo non risultante nei pubblici registri non risulta posta nei gradi di merito. Invero, nessuna decisione viene presa dalla CTR al riguardo (né minimo riferimento viene fatto nella sentenza); nel ricorso per cassazione la questione viene posta a prescindere, infatti, da qualsiasi decisione della CTR e da qualsiasi riferimento al segmento processuale dei gradi di merito in cui sarebbe stata posta. Ora, secondo la giurisprudenza di questa Corte ( ex multis Cass. 18/09/2020, n. 19560) «in tema di ricorso per cassazione, qualora siano prospettate questioni di cui non vi sia cenno nella sentenza impugnata, il ricorrente deve, a pena di inammissibilità della censura, non solo allegarne l’avvenuta loro deduzione dinanzi al giudice di merito ma, in virtù del principio di autosufficienza, anche indicare in quale specifico atto del giudizio precedente ciò sia avvenuto, giacché i motivi di ricorso devono investire questioni già comprese nel “thema decidendum” del giudizio di appello, essendo preclusa alle parti, in sede di legittimità, la prospettazione di questioni o temi di contestazione nuovi, non trattati nella fase di merito né rilevabili di ufficio».
1.2. L’inammissibilità – per ragioni tipiche del giudizio di legittimità -del motivo comporta l’assorbimento , per effetto dell’irrilevanza della questione, della richiesta di rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE, avanzata dalla ricorrente nell’istanza di decisione
della causa dopo la comunicazione della p.d.a., per violazione dell’art. 44, n. 1, lett. b) del Regolamento Europeo n. 910/2014.
Infatti, la Corte di giustizia europea ha precisato che l’obbligo per il giudice di ultima istanza di operare il rinvio non determina la rinuncia ad una valutazione autonoma in ordine alla rilevanza della questione ed alla sua influenza sull’esito della controvers ia, da parte del giudice stesso, circa la necessità di rivolgersi alla Corte di Lussemburgo (C. giust., 6.10.1982, C-283/81, Cilfit; precedentemente, v. C. giust., 27.3.1963, cause riunite C-28-30/62, COGNOME Costa en Schaake NV, NOME COGNOME NV, RAGIONE_SOCIALE c. Amministrazione olandese delle imposte; in tal senso, v. anche C. giust., 18.7.2013, C-136/12, Consiglio Nazionale dei Geologi, §26).
Né in contrario potrebbe sostenersi che la questione comunitaria è rilevabile, comunque, d’ufficio atteso che, in ogni caso, la rilevabilità d’ufficio presupporrebbe anche dati fattuali che in questa sede non possono accertarsi e che la CTR non ha accertato, non risultando che sia mai stata oggetto di controversia la questione dell ‘effettuazione della notifica, da parte dell’ADER, a mezzo p.e.c. da un indirizzo non risultante nei pubblici registri.
Il ricorso deve, quindi, dichiarato inammissibile.
Le spese di lite seguono la soccombenza e si liquidano come da dispositivo.
Non va disposta la condanna della parte istante a norma dell’art. 96, comm i 3 e 4 cod. proc. civ.. Infatti, non deve farsi luogo alla sanzione processuale di cui all’ultimo comma dell’art. 380-bis c.p.c. laddove la definizione collegiale del ricorso prescinda del tutto dalla proposta di definizione anticipata, come nel caso in cui, a fronte d’una proposta di rigetto o d’inammissibilità nel merito, il ricorso venga dichiarato improcedibile o inammissibile ab origine oppure venga rigettato prendendo in esame motivi non vagliati in sede di proposta (Cass. 01/08/2024, n. 21668).
Nella specie, la proposta era di rigetto – nel merito – del ricorso.
Sussistono, infine, i presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
P.Q.M.
La Corte dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento, in favore di ADER-Agenzia delle entrate riscossione, delle spese processuali del giudizio di legittimità, che liquida in Euro 5.600,00, oltre spese prenotate a debito.
Dà atto della sussistenza dei presupposti, ai sensi dell’articolo 13 comma 1 quater del d.P.R. n. 115/2002, per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso a norma del comma 1 bis del citato art. 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, nella camera di consiglio del 7 febbraio 2025.