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Notifica PEC indirizzi non pubblici: quando è valida?

Un ente locale ha contestato la validità di una notifica di cartella di pagamento ricevuta tramite PEC, sostenendo che sia l’indirizzo del mittente (Agente della Riscossione) sia quello del destinatario non fossero iscritti nei pubblici registri. La Corte di Cassazione ha rigettato il ricorso, stabilendo che la notifica PEC da indirizzi non pubblici è valida se raggiunge il suo scopo e non pregiudica il diritto di difesa del destinatario. La Corte ha sottolineato che la rigidità formale è richiesta principalmente per l’indirizzo del destinatario, non per quello del mittente.

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Pubblicato il 1 ottobre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica PEC da Indirizzi non Pubblici: la Cassazione fa Chiarezza

La validità di una notifica PEC da indirizzi non pubblici rappresenta una questione di grande attualità nel contenzioso tributario. Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ha fornito chiarimenti fondamentali, privilegiando il principio del raggiungimento dello scopo rispetto al formalismo eccessivo. Vediamo nel dettaglio il caso e le conclusioni a cui sono giunti i giudici.

I Fatti di Causa

Un ente locale si opponeva a due atti di pignoramento presso terzi, originati da due cartelle di pagamento che, a suo dire, erano state notificate in modo irregolare. La contestazione principale si basava sul fatto che la notifica era avvenuta tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) utilizzando un indirizzo del mittente (l’Agente della riscossione) e un indirizzo del destinatario (l’ente stesso) non presenti nei pubblici registri ufficiali (come INI-PEC, RegInde, IPA).

Inoltre, l’ente lamentava che la cartella fosse stata inviata in formato PDF anziché p7m (firmato digitalmente con standard CAdES) e che mancasse un’attestazione di conformità all’originale per la documentazione prodotta in giudizio dall’Agente della riscossione.

La Commissione Tributaria Regionale aveva respinto l’appello dell’ente, ritenendo la notifica rituale. Di conseguenza, l’ente ha proposto ricorso per cassazione.

La Decisione della Corte di Cassazione

La Corte di Cassazione, con l’ordinanza in esame, ha rigettato integralmente il ricorso dell’ente locale, confermando la validità della notifica e condannando il ricorrente al pagamento delle spese processuali. La decisione si fonda su principi consolidati che bilanciano le esigenze di formalità con quelle di effettività della tutela giurisdizionale.

Le Motivazioni: la validità della notifica PEC da indirizzi non pubblici

Il cuore della pronuncia riguarda la validità della notifica PEC da indirizzi non pubblici. La Corte ha ribadito un principio fondamentale: la notifica effettuata tramite un indirizzo PEC istituzionale, anche se non risultante dai pubblici elenchi, non è nulla se ha permesso al destinatario di esercitare pienamente il proprio diritto di difesa, senza incertezze sulla provenienza e sull’oggetto della comunicazione.

I giudici hanno specificato che le regole più stringenti sulla provenienza da pubblici registri si applicano principalmente all’indirizzo del destinatario, sul quale grava un onere di diligente tenuta del proprio casellario. Per il mittente, invece, l’assenza dell’indirizzo PEC dai registri non invalida di per sé la notifica, a meno che il contribuente non dimostri quali pregiudizi concreti al suo diritto di difesa siano derivati da tale circostanza.

Nel caso specifico, l’ente locale aveva ricevuto la comunicazione, compreso il suo contenuto e la sua provenienza, e aveva tempestivamente impugnato l’atto. Ciò dimostra che lo scopo della notifica – portare l’atto a conoscenza del destinatario – era stato pienamente raggiunto. Pertanto, l’eventuale vizio formale è stato sanato.

La Corte ha inoltre respinto le altre censure:

* Formato del file: È stato chiarito che i formati di firma digitale CAdES (con estensione .p7m) e PAdES (con estensione .pdf) sono entrambi ammessi ed equivalenti. L’invio di un file PDF firmato digitalmente è quindi perfettamente valido.
* Attestazione di conformità: Per gli atti nativi digitali, come le ricevute PEC e la cartella di pagamento inviata telematicamente, non è necessaria un’attestazione di conformità all’originale. Questo perché, a differenza di un documento cartaceo, un file digitale prodotto in giudizio non è una “copia”, ma un duplicato informatico che conserva le stesse caratteristiche dell’originale.

Le Conclusioni

Questa ordinanza consolida un orientamento giurisprudenziale pragmatico e attento alla sostanza degli atti processuali. Le conclusioni che possiamo trarre sono le seguenti:

1. Principio del raggiungimento dello scopo: Una notifica via PEC è valida se il destinatario è stato messo in condizione di conoscere l’atto e difendersi, anche in presenza di vizi formali come l’uso di un indirizzo mittente non presente nei pubblici registri.
2. Onere della prova a carico del destinatario: Spetta al destinatario che lamenta l’irregolarità dimostrare quale concreto pregiudizio al suo diritto di difesa sia derivato dal vizio formale.
3. Validità dei formati di firma digitale: Sia il formato p7m che il PDF firmato digitalmente sono validi per la notifica di atti giudiziari e tributari.
4. Inutilità dell’attestazione di conformità per i nativi digitali: La produzione in giudizio di documenti nati in formato digitale non richiede l’attestazione di conformità da parte di un pubblico ufficiale, poiché si tratta di duplicati informatici identici all’originale.

Una notifica PEC da un indirizzo del mittente non presente nei pubblici registri è valida?
Sì, è valida a condizione che abbia raggiunto il suo scopo, ovvero portare l’atto a conoscenza del destinatario, e che quest’ultimo non dimostri di aver subito un concreto pregiudizio al proprio diritto di difesa a causa di tale irregolarità.

È necessario che l’allegato a una PEC di notifica sia in formato “.p7m” per essere valido?
No. La giurisprudenza ha chiarito che le firme digitali di tipo CAdES (con estensione “.p7m”) e PAdES (con estensione “.pdf”) sono entrambe ammesse ed equivalenti. Pertanto, un file PDF firmato digitalmente è valido ai fini della notifica.

I documenti digitali nativi, come le ricevute PEC, prodotti in giudizio necessitano di un’attestazione di conformità all’originale?
No. Quando un documento nasce in formato digitale (atto nativo digitale), la sua produzione in giudizio avviene tramite un duplicato informatico identico all’originale. Non essendo una “copia” in senso tradizionale, non è necessaria alcuna attestazione di conformità da parte di un pubblico ufficiale o del difensore.

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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