Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 14407 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 14407 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME COGNOME
Relatore: COGNOME
Data pubblicazione: 29/05/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 27675/2022 R.G. proposto da :
RAGIONE_SOCIALE COGNOME RAGIONE_SOCIALE in persona del legale rappresentante, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO, presso lo studio dell’avvocato COGNOME (CODICE_FISCALE che lo rappresenta e difende
-ricorrente-
CONTRO
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore pro tempore, elettivamente domiciliato in ROMA INDIRIZZO presso l’AVVOCATURA GENERALE DELLO STATO . (NUMERO_DOCUMENTO) che lo rappresenta e difende
-controricorrente-
avverso SENTENZA della C.T.R. dell’UMBRIA n. 128/2022 depositata il 11/04/2022 Udita la relazione svolta nella camera di consiglio del 16/05/2025 dal Consigliere NOME COGNOME
FATTI DI CAUSA
La soc. RAGIONE_SOCIALE di COGNOME RAGIONE_SOCIALE impugna la sentenza della Commissione Tributaria Regionale dell’Umbria che ha accolto l’appello proposto dall’Agenzia delle Entrate Riscossione avverso la sentenza della C.T.P di Perugia, di accoglimento del ricorso per l’annullamento della cartella di pagamento relativa all’IMU per l’anno 2012 e del prodromico avviso di accertamento.
La C.T.R., accogliendo l’eccezione preliminare di inammissibilità dell’originario ricorso del contribuente per improcedibilità dell’azione e carenza di interesse ad agire, essendo l’avviso di accertamento sotteso alla cartella di pagamento impugnata stato ritualmente notificato, ha rigettato l’eccezione formulata dalla società contribuente di invalidità della notificazione telematica dell’atto impositivo proveniente da indirizzo p.e.c. non inserito in pubblici elenchi, stante l’obbligatorietà del ricorso a detti indirizzi per il solo destinatario dell’atto, a mente del disposto di cui all’art. 26 d.P.R. 602 del 1973.
L’Agenzia delle Entrate riscossione resiste con controricorso.
RAGIONI DELLA DECISIONE
La società ricorrente formula tre motivi di ricorso.
Con il primo deduce, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione degli artt. art. 26, comma 2 del d.P.R. 602 del 1973, 6 ter del d. lgs. 82 del 2005.
Ricostruita la disciplina applicabile, afferma che la notifica di atti tributari a mezzo p.e.c. deve essere eseguita con le modalità stabilite dalla legge per le notificazioni telematiche, che prevedono che gli indirizzi dai quali esse provengono debbano essere inseriti nei pubblici elenchi -tassativamente indicati dall’art. 16 ter del d.l. 179 del 2012, conv. con mod. in l. 221 del 2012- per garantire il destinatario circa la riferibilità certa all’Amministrazione finanziaria competente.
Con il secondo motivo fa valere, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione degli artt. 26, comma 2 d.P.R. 602 del 1973, 60, commi 6 e 7 d.P.R. 600 del 1973, 6 ter del d. lgs. 82 del 2005, nonché degli artt. 3 bis comma 1 della l. 53 del 1994 d 16 ter del d.l. d.l. 179 del 2012, conv. con mod. in l. 221 del 2012. Sostiene che dalla ricostruzione della normativa applicabile deve trarsi l’obbligo delle pubbliche amministrazioni di utilizzare indirizzi di posta elettronica inseriti nell’indice degli indirizzi di posta elettronica certificata da utilizzare per le comunicazioni, per lo scambio di informazioni e per l’invio di documenti, essendo essi gli unici ai quali può essere attribuita con certezza la provenienza del messaggio. Nel caso di specie, al contrario, l’indirizzo di posta elettronica certificata utilizzato dall’Agenzia delle Entrate Riscossione non risulta fra quelli inseriti nei pubblici elenchi alla medesima riferibili, dovendo, pertanto, i relativi messaggi ritenersi provenienti da indirizzi sconosciuti. Richiama la giurisprudenza di legittimità e del Consiglio di stato sulla notificazione proveniente da indirizzi non inseriti in detti elenchi.
Con il terzo motivo denuncia, ex art. 360, comma 1 n. 3 cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione dell’art. 156 cod. proc. civ., per avere la C.T.R. ritenuto raggiunto lo scopo della notifica. Sostiene che il difetto di notificazione non è sanabile laddove, come nel caso di specie, l’atto sia carente di
un elemento necessario per la sua efficacia, essendo privo dei requisiti stessi di esistenza.
Il primo ed il secondo motivo debbono essere trattati congiuntamente in quanto strettamente connessi.
Con le doglianze, infatti, si contesta, sostanzialmente, che il discostamento, da parte dell’Agente della riscossione, dallo schema tipico previsto dall’art. 26, secondo comma, del d.P.R. n. 602/1973, nella parte in cui disciplina la notificazione della cartella con le modalità di cui al d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68, avendo la pubblica amministrazione provveduto alla notifica delle cartelle sottostanti l’avviso di iscrizione di ipoteca utilizzando un indirizzo non presente nel registro INI-Pec, non consenta di verificarne la provenienza.
Questa Sezione con una recentissima pronuncia, che ha affrontato un caso del tutto analogo, ha ritenuto che ‘In tema di notificazione a mezzo PEC della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia “ex se” la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro. (Cass. Sez. 5, 03/07/2023, n. 18684). In particolare, la decisione ha precisato come: ‘in relazione alle modalità di notificazione a mezzo di posta elettronica delle cartelle esattoriali, la giurisprudenza elaborata da questa Corte prende le mosse dalla previsione di cui all’art. 3 -bis della l. 21 gennaio 1994, n. 53, che consente tale forma di notificazione degli «atti civili, amministrativi e stragiudiziali per gli avvocati e procuratori legali» e contiene previsioni specifiche concernenti il mittente e il destinatario
dell’atto. Il primo comma della disposizione in parola, in particolare, stabilisce che «la notificazione con modalità telematica si esegue a mezzo di posta elettronica certificata all’indirizzo risultante da pubblici elenchi, nel rispetto della normativa, anche regolamentare, concernente la sottoscrizione, la trasmissione e la ricezione dei documenti informatici. La notificazione può essere eseguita esclusivamente utilizzando un indirizzo di posta elettronica certificata del notificante risultante da pubblici elenchi». Come questa Corte ha poi recentemente osservato (cfr. Cass. n. 2460/2021), sulla scorta delle indicazioni provenienti dalla sentenza delle Sezioni Unite n. 23620/2018, l’entrata in vigore dall’art. 66, comma 5, del D. Lgs. n. 217 del 2017, ha previsto che, a decorrere dal 15.12.2013, ai fini della notificazione e comunicazione degli atti in materia civile, penale, amministrativa, contabile e stragiudiziale, si intendono per pubblici elenchi quelli previsti dagli articoli 6-bis, 6- quater e 62 del D. Lgs. n. 82 del 2005, nonché dall’articolo 16, comma 12, dello stesso decreto, dall’articolo 16, comma 6, del D. L. n. 185 del 2008, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 2 del 2009, nonché il Re. G.Ind.E, registro generale degli indirizzi elettronici, gestito dal Ministero della Giustizia. (…) osserva anzitutto il Collegio che l’obbligo di utilizzo di un indirizzo presente nel registro INI-Pec appare testualmente riferito solo al destinatario della notifica e non al notificante, in relazione al quale è previsto unicamente l’utilizzo «di un indirizzo di posta elettronica certificata risultante da pubblici elenchi». Pertanto, la norma speciale prevista per le notifiche in ambito tributario degli atti dell’Agente della riscossione differisce dalla previsione generale di cui al citato articolo 3-bis della legge n. 53/1994 solo con riferimento al soggetto che riceve la notificazione. D’altra parte, e con indicazione che si attaglia al caso di specie, questa Corte ha recentemente affermato che
laddove l’agente della riscossione abbia effettuato la notifica per mezzo di un indirizzo p.e.c. non risultante nei pubblici registri (RegInde, INI-Pec e Ipa) non si verifica alcuna nullità della notifica. Viene infatti in rilievo, in questo caso, il rispetto dei canoni di leale collaborazione e buona fede che informano il rapporto fra Amministrazione e contribuente; di conseguenza, poiché l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI -Pec non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorre che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro, del quale però, come nella specie, sia evidente ictu oculi la provenienza (Cass. n. 982/2023).’ (ibidem).
Da siffatto orientamento, che qui si intende ribadire, non vi è ragione di discostarsi, sottolineando che, neanche nel caso in esame, la società ricorrente ha dato conto dei pregiudizi sostanziali subiti, derivanti dalla notifica da indirizzo di posta elettronica diverso da quello risultante di pubblici elenchi solo ipotizzando la possibilità di incorrere in c.d. malware, all’apertura del messaggio, benché la ricorrente abbia certamente aperto il messaggio proveniente dall’indirizzo di posta elettronica EMAILpec.agenziariscossione.gov.it relativo all’avviso di avvenuta iscrizione di ipoteca, qui impugnato, così dimostrando di non avere temuto alcunché.
Il terzo motivo è assorbito.
Il ricorso deve, dunque, essere rigettato, con condanna della società ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidare in euro 2.410,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto
P.Q.M.
Rigetta il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento delle spese di lite di questo giudizio di legittimità, da liquidare in euro 2.410,00, oltre a spese prenotate a debito.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1 -quater d.P.R. n. 115 del 2002, si dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte del ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello previsto per il ricorso stesso, a norma del comma 1-bis dello stesso art. 13, se dovuto
Così deciso in Roma, il 16 maggio 2025