Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 5000 Anno 2025
Civile Ord. Sez. 5 Num. 5000 Anno 2025
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 26/02/2025
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 31800/2019 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME come da procura speciale in atti
-ricorrente-
contro
Agenzia delle entrate, in persona del Direttore pro tempore , rappresentata e difesa per legge dall’Avvocatura Generale dello Stato
-controricorrente-
nonché contro
RAGIONE_SOCIALE Agente della RAGIONE_SOCIALE la Provincia di Catania, rappresentata e difesa dall’Avv. NOME COGNOME
-controricorrente-
Avverso la sentenza n. 4976/06/2019 della Commissione tributaria regionale della Sicilia- sezione staccata di Catania, depositata il 06.08.2019.
FATTI DI CAUSA
1. La RAGIONE_SOCIALE ricorre, affidandosi a due motivi, per la cassazione della sentenza della Commissione tributaria regionale della Sicilia- sezione staccata di Catania, di cui all’epigrafe, che ha rigettato il suo appello avverso la sentenza della Commissione tributaria provinciale di Catania che, a sua volta, aveva dichiarato inammissibile il ricorso della medesima società contro la comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria e contro la presupposta cartella di pagamento relativa all’Ires, all’Iva ed al recupero di un credito d’imposta, di cui all’annualità 2012. La contribuente aveva sostenuto di non aver mai ricevuto la notifica, a mezzo p.e.c., della cartella in questione.
L’Agenzia delle entrate e RAGIONE_SOCIALE, Agente della Riscossione per la Provincia di Catania, si difendono con controricorso.
Il ricorso viene trattato in adunanza camerale a seguito di istanza di fissazione proposta dalla ricorrente dopo aver ricevuto la comunicazione della proposta di decisione accelerata di cui all’art. 380-bis c.p.c.
Agenzia delle entrate-riscossione ha prodotto memoria ed il P.G., con requisitoria scritta, ha chiesto rigettarsi l’impugnazione.
RAGIONI DELLA DECISIONE
Preliminarmente, deve darsi atto che la memoria è stata depositata in nome dell’ ‘Agenzia delle entrate-riscossione’ dallo stesso difensore della Riscossione Sicilia s.p.aRAGIONE_SOCIALE, sulla base della procura rilasciatagli da quest’ultima nel controricorso. Nella memoria viene quindi speso il nome dell’Agenzia delle entrate-riscossione, si invoca la successione del gruppo Equitalia ed in particolare di RAGIONE_SOCIALEaRAGIONE_SOCIALE, senza menzionare quale dante causa Riscossione RAGIONE_SOCIALE s.p.aRAGIONE_SOCIALE
Peraltro, è vero che Agenzia delle entrate-riscossione è comunque succeduta a Riscossione Sicilia s.p.a. (in forza dell’art. 76 del d.l. n. 73 del 2021, convertito dalla legge n. 106 del 2021, cfr. Cass. n. 1950 del 18/01/2024) e, per il principio di perpetuatio del mandato già conferitogli da quest’ultima ed esercitato, lo
stesso difensore potrebbe in ipotesi continuare a difendere la dante causa (cfr. Cass. n. 3312 del 03/02/2022), ma a nome della parte cessata. Invece, nel caso di specie, il difensore spende nella memoria esclusivamente il nome di una parte, il successore Agenzia delle entrate-riscossione, che non gli ha conferito mandato in atti.
La memoria prodotta in nome di successore Agenzia delle entrate-riscossione è quindi inammissibile, ferma restando la presenza rituale in giudizio, quale controricorrente, della Riscossione Sicilia s.p.a.
Con il primo motivo si denuncia «omessa e/o insufficiente motivazione: mancata valutazione degli elementi addotti dalla parte e/o emergenti dagli atti di causa che avrebbero ad altra diversa statuizione ai sensi e per gli effetti dell’art. 360 n. 5 c.p.c.».
Assume la ricorrente che la CTR avrebbe omesso di accertare l’insussistenza della «inequivoca riferibilità» all’Amministrazione finanziaria sia della notificazione della cartella, proveniente da un indirizzo di posta elettronica (EMAIL) diverso, secondo il ricorso, da quello «istituzionale dello stesso agente della riscossione»; sia della medesima cartella notificata, trasmessa in formato «.pdf non firmato digitalmente».
Con il secondo motivo si denuncia « violazione e falsa applicazione degli artt. 21, 22 e 24 del d. lgs n.82/2005 ( c.d. CAD), dell’art. 9 del D.P.R.N. 68/2005 e dell”art. 26 D.P .R n.702/73 in relazione all’art. 360 n. 3 c.p.c.». Il mezzo ripropone le medesime censure, in termini di pretesa violazione o falsa applicazione di legge.
I due motivi vanno trattati congiuntamente, per la loro connessione.
Il primo motivo, se inteso come denunzia di omesso esame di un fatto, è inammissibile, in quanto la censura di cui al n. 5 del primo comma dell’art. 360 c.p.c. non è ammissibile nelle fattispecie, quale quella sub iudice , nelle quali sia vigente ratione temporis il limite della c.d. ‘doppia conforme’ di cui all’art. 348 -ter , quinto comma, c p. c., posto dall’articolo 54, comma 1, lett. a), del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, convertito, con modificazioni, nella legge 7 agosto 2012, n. 134, ed applicabile ai giudizi d’appello introdotti da ll’11 settembre 2012,
trentesimo giorno successivo a quello di entrata in vigore della predetta legge di conversione e, a norma dell’art. 54, comma 2, dello stesso decreto, dies a quo per l’applicazione intertemporale del limite all’impugnabilità.
A sua volta, lo stesso art. 348ter cod. proc. civ. è stato sì abrogato dall’art. 3, comma 26, del d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ma – ai sensi dell’art. 35, commi 1 e 4 dello stesso d.lgs.- solo a decorrere dal 23 febbraio 2023 e relativamente alle impugnazioni proposte successivamente a tale data, ipotesi che non ricorre nel caso di specie. Inoltre, l’art. 3, comma 27, dello stesso d.lgs. 10 ottobre 2022, n. 149, ha inserito comunque nell’art. 360 c.p.c. il comma quarto, il quale prevede che « Quando la pronuncia di appello conferma la decisione di primo grado per le stesse ragioni, inerenti ai medesimi fatti, poste a base della decisione impugnata, il ricorso per cassazione può essere proposto esclusivamente per i motivi di cui al primo comma, numeri 1), 2), 3) e 4). Tale disposizione non si applica relativamente alle cause di cui all’articolo 70, primo comma», ed è applicabile, ai sensi dell’art. 35, comma 5 dello stesso d.lgs., solo ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dall’1 gennaio 2023 , ipotesi che a sua volta non ricorre nel caso sub iudice.
Tanto premesso, nell’ipotesi di ‘doppia conforme’, il ricorrente in cassazione per evitare l’inammissibilità del motivo di cui all’art. 360, n. 5, cod. proc. civ., (nel testo riformulato dall’art. 54, comma 3, del d.l. n. 83 cit. ed applicabile agli appelli introdotti dal giorno 11 settembre 2012) deve indicare le ragioni di fatto poste a base, rispettivamente, della decisione di primo grado e della sentenza di rigetto dell’appello, dimostrando che esse sono tra loro diverse (Cass. 22/12/2016, n. 26774), ciò che non è accaduto nel caso di specie.
Lo stesso primo motivo è inoltre inammissibile poiché l’«inequivoca riferibilità» all’Amministrazione finanziaria sia della provenienza della notificazione della cartella a mezzo p.e.c., sia della stessa cartella notificata, non integra un fatto inteso in senso storico-naturalistico, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., ma costituisce l’esito di un giudizio in fatto del giudice di merito, in quanto tale non sindacabile in questa sede.
Ancora, il primo motivo, ove inteso a censurare la motivazione della sentenza
impugnata perché ‘insufficiente’, è inammissibile, non essendo previsto il vizio dell’insufficienza dall’art. 360, primo comma, n. 5, c.p.c., applicabile ratione temporis .
Infine, il medesimo mezzo, ove inteso a censurare l’omissione della motivazione della sentenza impugnata, è infondato, poiché la riformulazione dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., disposta dall’art. 54 del d.l. 22 giugno 2012, n. 83, conv. in legge 7 agosto 2012, n. 134, deve essere interpretata, alla luce dei canoni ermeneutici dettati dall’art. 12 delle preleggi, come riduzione al “minimo costituzionale” del sindacato di legittimità sulla motivazione. Pertanto, è denunciabile in cassazione solo l’anomalia motivazionale che si tramuta in violazione di legge costituzionalmente rilevante, in quanto attinente all’esistenza della motivazione in sé, purché il vizio risulti dal testo della sentenza impugnata, a prescindere dal confronto con le risultanze processuali. Tale anomalia si esaurisce nella “mancanza assoluta di motivi sotto l’aspetto materiale e grafico”, nella “motivazione apparente”, nel “contrasto irriducibile tra affermazioni inconciliabili” e nella “motivazione perplessa ed obiettivamente incomprensibile”, esclusa qualunque rilevanza del semplice difetto di “sufficienza” della motivazione.» (Cass., Sez. U, Sentenza n. 8053 del 07/04/2014).
Nessuna di tali patologie si riscontra nel caso di specie, a fronte di una sentenza d’appello che contiene una diffusa motivazione, intelligibile e non illogica né contraddittoria.
Ambedue i motivi sono poi inammissibile anche perché, con riferimento alla notificazione ed alla cartella notificata, parte ricorrente non adempie l’onere di cui all’art. 366, primo comma, n. 6, c.p.c., di specifica indicazione, a pena d’inammissibilità del ricorso, degli atti processuali e dei documenti sui quali il ricorso si fonda, nonché dei dati necessari all’individuazione della loro collocazione quanto al momento della produzione nei gradi dei giudizi di merito. (Cass., 15/01/2019, n. 777; Cass., 18/11/2015, n. 23575; Cass., S.U., 03/11/2011, n. 22726).
Tale onere (ribadito ed aggravato, con l’inserimento altresì della necessaria illustrazione del contenuto rilevante degli stessi atti processuali e documenti, dall’
art. 3, comma 27, del d.lgs. 10 ottobre 2022 n. 149, applicabile tuttavia ai giudizi introdotti con ricorso notificato a decorrere dall’ 1 gennaio 2023, ex art. 35, comma 5, del medesimo d.lgs.), anche interpretato alla luce dei principi contenuti nella sentenza della Corte EDU, sez. I, 28 ottobre 2021, r.g. n. 55064/11, non può ritenersi rispettato qualora il motivo di ricorso non indichi specificamente i documenti o gli atti processuali sui quali si fondi; non ne riassuma il contenuto o ne trascriva i passaggi essenziali; né comunque fornisca un riferimento idoneo ad identificare la fase del processo di merito in cui essi siano stati prodotti o formati (cfr. Cass. Sez. U., 18/03/2022, n. 8950; Cass. 14/04/2022, n. 12259; Cass. 19/04/2022, n. 12481; Cass. 02/05/2023, n. 11325).
4. Ferme le rilevate ragioni di inammissibilità, ciascuna sufficiente alla relativa declaratoria, anche il secondo motivo è comunque infondato.
Infatti, deve premettersi che secondo la giurisprudenza di questa Corte, non è nulla la notifica a mezzo p.e.c. eseguita utilizzando un indirizzo di posta elettronica istituzionale, rinvenibile sul proprio sito “internet”, ma non risultante nei pubblici elenchi, ove la stessa abbia consentito, comunque, al destinatario di svolgere compiutamente le proprie difese, senza alcuna incertezza in ordine alla provenienza ed all’oggetto, tenuto conto che la più stringente regola, di cui all’art. 3bis , comma 1, della legge n. 53 del 1994, detta un principio generale riferito alle sole notifiche eseguite dagli avvocati, che, ai fini della notifica nei confronti della P.A., può essere utilizzato anche l’Indice di cui all’art. 6ter del d.lgs. n. 82 del 2005 e che, in ogni caso, una maggiore rigidità formale in tema di notifiche digitali è richiesta per l’individuazione dell’indirizzo del destinatario, cioè del soggetto passivo a cui è associato un onere di tenuta diligente del proprio casellario, ma non anche del mittente (Cass., S.U., n. 15979/2022).
Sulla base dei principi generali ricavabili da tale arresto – ed in particolare dall’insussistenza di un rigore formale per l’individuazione dell’indirizzo del mittente e dell’irrilevanza di violazioni formali che non incidano sostanzialmente sulle facoltà del destinatario- si è quindi ritenuto, in un caso analogo a quello ora sub iudice , la validità della notifica proveniente da un indirizzo p.e.c. (in quel
caso ‘notifica.EMAILagenziariscossione.gov.it’ ) dal quale era chiaramente evincibile il mittente, pur se diverso da quello risultante dai pubblici registri, essendo evidente ictu oculi la provenienza dall’agente della riscossione (Cass. n. 982/2023). Ancor più chiaramente, un successivo arresto (Cass. n. 18684/2023) ha messo in evidenza come, in tema di notificazione a mezzo p.e.c. della cartella esattoriale, da parte dell’agente della riscossione, l’estraneità dell’indirizzo del mittente dal registro INI-Pec non inficia ex se la presunzione di riferibilità della notifica al soggetto da cui essa risulta provenire, testualmente ricavabile dall’indirizzo del mittente, occorrendo invece che la parte contribuente evidenzi quali pregiudizi sostanziali al diritto di difesa siano dipesi dalla ricezione della notifica della cartella di pagamento da un indirizzo diverso da quello telematico presente in tale registro (da ultimo Cass. n. 564/2024).
Venendo quindi al caso di specie, l’indirizzo del mittente, così come riprodotto nello stesso ricorso, era quindi testualmente idoneo a consentire alla destinataria di identificarne la provenienza dall’agente della riscossione attuale controricorrente. Quanto poi al fatto che la mail in questione «non era stata ‘aperta’ a seguito di un attacco informatico che aveva corrotto e danneggiato il sistema informatico aziendale e, nello specifico, alcuni server destinati alla gestione degli account di posta elettronica, elidendo e/o cautelando la maggior parte dei messaggi di posta elettronica che non avevano percorsi di sicurezza interni codificati e schermati» (così la ricorrente nell’istanza di decisione e nel ricorso), si tratta innanzitutto di evento che non può integrare il pregiudizio che sarebbe, secondo la parte ricorrente, derivato dall’indirizzo p.e.c. utilizzato dall’agente della riscossione, non dipendendo eziologicamente da quest’ultimo. Inoltre, l’assunto impedimento all’ ‘apertura’ della mail , per come è descritto, si colloca successivamente alla ricezione della stessa p.e.c. (ovvero dopo l’avvenuta consegna della stessa, che determina il perfezionamento della notifica) e si è manifestato nell’area di controllo della stessa destinataria (il «sistema informatico aziendale»), non potendo pertanto la successiva gestione dell’atto notificato, da parte del destinatario, ridondare sulla corretta esecuzione degli adempimenti dovuti dal mittente e sulla validità del procedimento
notificatorio.
È inoltre infondata (oltre che inammissibile, per quanto già rilevato) anche la censura relativa alla circostanza che la cartella notificata sarebbe stata trasmessa in formato «.pdf non firmato digitalmente».
Giova innanzitutto premettere che tale critica non attiene alla notifica della cartella, ma alla validità del documento notificato.
Pertanto, una volta respinto il primo motivo, relativo alla validità della notifica della cartella, il secondo è destinato a rimanere assorbito, in ragione della mancata impugnazione tempestiva dell’atto presupposto notificato, ovvero della cartella, che la ricorrente stessa deduce di aver impugnato solo a seguito della notifica della comunicazione preventiva di iscrizione ipotecaria.
Va poi aggiunto che la censura relativa alla validità della cartella non si coniuga, nel caso concreto, né alla positiva e specifica negazione della effettiva provenienza della cartella notificata dall’agente della riscossione che ne figura emittente; né alla contestazione della difformità della copia in .pdf del documento notificato rispetto al contenuto originario dello stesso atto, sicché non evidenzia l’allegazione di una reale lesione alla difesa della contribuente.
Tanto premesso, questa Corte, valorizzando le disposizioni dettate dall’art. 1, primo comma, lett. c), f) ed i-ter) , del d.P.R. 11 febbraio 2005, n. 68 e dell’art. 20 del d.lgs. 7 marzo 2005, n. 82, ha ripetutamente affermato che « la notifica della cartella di pagamento può avvenire, indifferentemente, sia allegando al messaggio PEC un documento informatico, che sia duplicato informatico dell’atto originario (il c.d.’atto nativo digitale’), sia mediante una copia per immagini su supporto informatico di documento in originale cartaceo (la c.d. ‘copia informatica’) », ossia, appunto, un file in formato PDF ( portable document format ), con l’ulteriore precisazione, che « nessuna norma di legge impone che la copia su supporto informatico della cartella di pagamento in origine cartacea, notificata dall’agente della riscossione tramite PEC, venga poi sottoscritta con firma digitale » (così, ex plurimis , Cass. n. 28852/2023, che cita Cass. n. 30948/2019, n. 30948; Cass. n. 21328/2020; Cass. n. 14402/2020; conformi, ex multis, Cass. n. 39513/2021, Cass. n. 35541/2023; sulla irrilevanza
dell’assenza di attestazione della conformità della copia della cartella notificata, in assenza di un espresso disconoscimento, cfr. altresì, ex plurimis , Cass. n. 981/2023 e Cass. n. 21328/2020).
Pertanto, anche la deduzione che sia stata notificata una copia in .pdf della cartella priva di firma digitale non è comunque fondata.
6. Le spese di legittimità seguono la soccombenza.
Ai sensi dell’art. 380bis , comma 3, cod. proc. civ., la parte ricorrente e soccombente va condannata a pagare:
la somma di euro 3.500,00, equitativamente determinata, a favore di ciascuna delle controparti, ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.
la somma di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende, ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
P.Q.M.
Dichiara inammissibile il ricorso e condanna la ricorrente al pagamento:
a favore di ciascuna controricorrente, delle spese del giudizio di legittimità, che liquida in euro 7.800,00 per compensi, oltre alle spese prenotate a debito; nonché di euro 3.500,00 ex art. 96, terzo comma, cod. proc. civ.;
di euro 1.000,00 a favore della cassa delle ammende ex art. 96, quarto comma, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13 comma 1quater del d.P.R. n. 115 del 2002, inserito dall’art. 1, comma 17 della l. n. 228 del 2012, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, dell’ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello dovuto per il ricorso, a norma del comma 1bis , dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma, il 4 febbraio 2025.