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Notifica PEC cartella: la stampa non basta, serve il file

La Corte di Cassazione ha dichiarato inammissibile il ricorso di un agente della riscossione, stabilendo che la semplice stampa cartacea delle ricevute di accettazione e consegna non costituisce prova sufficiente per una notifica PEC cartella esattoriale. La Corte ha chiarito che, per dimostrare l’avvenuta ricezione, sono necessari i file digitali originali (in formato .eml o .msg), in quanto documenti informatici idonei a comprovare l’effettiva consegna nella casella del destinatario.

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Pubblicato il 4 novembre 2025 in Diritto Tributario, Giurisprudenza Tributaria

Notifica PEC Cartella Esattoriale: Perché la Semplice Stampa Non È Prova Valida

Una recente ordinanza della Corte di Cassazione ribadisce un principio fondamentale nel contenzioso tributario: la prova di una notifica PEC cartella esattoriale non può essere fornita con una semplice stampa cartacea delle ricevute. Questo caso sottolinea l’importanza della corretta gestione e produzione della prova digitale nei processi.

Il Contesto del Caso: La Controversia sulla Prova Digitale

La vicenda trae origine dall’impugnazione di un atto di pignoramento presso terzi e delle relative cartelle di pagamento per tributi (Irap, Ires e Iva). Un agente della riscossione aveva notificato tali atti tramite Posta Elettronica Certificata (PEC) a una società a responsabilità limitata. In sede di appello, la Commissione Tributaria Regionale aveva ritenuto che l’agente non avesse fornito una prova adeguata dell’avvenuta notifica.

L’agente della riscossione aveva infatti prodotto in giudizio unicamente le stampe cartacee delle ricevute di accettazione e consegna del messaggio PEC. La Commissione Tributaria, tuttavia, ha considerato tale documentazione inidonea a dimostrare l’effettiva consegna della cartella nella casella di posta elettronica del destinatario.

La Decisione della Cassazione e la notifica PEC cartella

L’agente della riscossione ha proposto ricorso in Cassazione, sostenendo la violazione di legge e argomentando che la normativa (in particolare l’art. 26 del d.P.R. 602/1973) consente esplicitamente la notifica delle cartelle via PEC. Tuttavia, la Suprema Corte ha dichiarato il ricorso inammissibile, non per un errore nel principio di diritto invocato, ma per un vizio fondamentale nell’impostazione del motivo di ricorso.

La Prova Corretta: File Digitale vs. Stampa Cartacea

Il punto cruciale, evidenziato sia dalla Commissione Tributaria Regionale che dalla Cassazione, riguarda la natura della prova. La ratio decidendi della sentenza d’appello era chiara: la stampa su carta di una ricevuta digitale è una mera riproduzione meccanica e non possiede lo stesso valore probatorio del documento informatico originale. I documenti idonei a comprovare la ricezione sono i file stessi delle ricevute, solitamente salvati in formati come .eml o .msg. Questi file contengono tutte le metadati e le firme digitali che ne attestano l’autenticità, l’integrità e la provenienza, elementi che una semplice stampa non può garantire.

L’Inammissibilità del Ricorso

Il ricorso è stato giudicato inammissibile perché non ha colto né contestato il nucleo della decisione impugnata. Invece di affrontare la questione specifica della forma della prova (file digitale contro stampa), il ricorrente si è limitato a difendere la legittimità generale dell’uso della PEC per le notifiche, un punto che non era mai stato messo in discussione dai giudici di merito. Non avendo attaccato la vera ratio decidendi, il motivo di ricorso è risultato sterile e non pertinente.

le motivazioni della Corte

La Corte di Cassazione ha motivato la sua decisione di inammissibilità evidenziando come il ricorrente non avesse censurato in alcun modo la specifica argomentazione dei giudici di secondo grado. La Commissione Tributaria Regionale aveva affermato che la prova della consegna di una cartella tramite PEC non può essere assolta dalla produzione di una stampa cartacea della ricevuta. Al contrario, sarebbe stato necessario produrre i file originali delle ricevute di accettazione e consegna (in formato .eml o .msg), che costituiscono i documenti informatici con piena valenza probatoria. Il ricorrente, nel suo motivo, ha invece insistito sulla legittimità astratta della notifica a mezzo PEC, senza contestare il punto dirimente relativo alla concreta modalità di prova richiesta dal giudice d’appello. Di conseguenza, il mezzo di impugnazione non ha intaccato il fondamento logico-giuridico della decisione impugnata, rendendolo inammissibile.

le conclusioni e le Implicazioni Pratiche

Questa ordinanza offre una lezione cruciale per tutti gli operatori del diritto, le aziende e gli enti pubblici: nel mondo digitale, la forma della prova è sostanza. Per dimostrare validamente una notifica PEC cartella o qualsiasi altra comunicazione legale inviata tramite posta certificata, è indispensabile conservare e, se necessario, produrre in giudizio i file digitali originali. Affidarsi a stampe cartacee espone al rischio concreto di vedersi disconoscere la prova, con conseguenze potenzialmente gravi come la nullità della notifica e degli atti successivi. La corretta archiviazione digitale non è più un’opzione, ma un requisito essenziale per garantire la validità delle proprie azioni legali e amministrative.

È sufficiente una stampa cartacea della ricevuta PEC per provare la notifica di una cartella esattoriale?
No, secondo l’ordinanza, la semplice stampa cartacea della ricevuta di accettazione e consegna del messaggio PEC è stata ritenuta non idonea a fornire la prova della consegna della cartella.

Quale tipo di prova è considerata idonea per la notifica di atti tramite PEC?
La sentenza chiarisce che i documenti informatici idonei a comprovare l’avvenuta ricezione sono i file originali della ricevuta di accettazione e consegna, solitamente salvati nei formati .eml o .msg, in quanto contengono i dati che ne attestano l’autenticità.

Perché il ricorso dell’agente della riscossione è stato dichiarato inammissibile?
Il ricorso è stato dichiarato inammissibile perché non ha contestato la specifica ragione (ratio decidendi) della decisione del giudice d’appello. Il ricorrente ha discusso la legittimità generale della notifica via PEC, mentre il punto cruciale era la forma della prova richiesta (file digitale vs. stampa cartacea).

La selezione delle sentenze e la raccolta delle massime di giurisprudenza è a cura di Carmine Paul Alexander TEDESCO, Avvocato a Milano, Pesaro e Benevento.

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