Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 18618 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 18618 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 08/07/2024
IRPEF ILOR RISCOSSIONE CARTELLE DI PAGAMENTO
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 01983/2022 R.G. proposto da:
RAGIONE_SOCIALE, in persona del Direttore p.t., rappresentata e difesa dall’Avvocatura Generale dello Stato presso i cui Uffici è domiciliata in Roma, INDIRIZZO;
-ricorrente –
Contro
COGNOME NOME, rappresentato e difeso dall’AVV_NOTAIO ed elettivamente domiciliato presso RAGIONE_SOCIALE, con sede in Roma, INDIRIZZO;
-controricorrente – avverso la sentenza della COMM.TRIB.REG. della LOMBARDIA n. 2212/01/2021 depositata l’11/06/2021;
udita la relazione della causa svolta nella camera di consiglio del 20 giugno 2024 dal consigliere NOME COGNOME.
Rilevato che:
1. L’RAGIONE_SOCIALE notificava in data 30/11/2019 a NOME COGNOME l’intimazione di pagamento n. 06820189028628125/000 fondata sulla cartella di pagamento n. 06820170033753256, emessa a seguito di controllo formale ai sensi dell’art. 36 -ter d.P.R. 29/09/1973, n. 600 sulla dichiarazione
730/2013 presentata dal contribuente per l’anno di imposta 2012 avente ad oggetto, previo disconoscimento di un credito di imposta, recupero Irpef, addizionali regionali e comunali, oltre interessi e sanzioni per la somma totale di euro 25.836,00.
NOME COGNOME proponeva ricorso avverso l’intimazione di pagamento innanzi alla CTP di Milano deducendo la mancata preventiva notifica della cartella di pagamento e la decadenza della amministrazione per decorso del termine previsto dall’art. 25 del d.P.R. 29/09/1973, n. 602. L’RAGIONE_SOCIALE, quale ente impositore, si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’impugnazione. Il giudice adito, con la sentenza n. 1068/12/2020 depositata in data 29/05/2020, accoglieva il ricorso ritenendo fondata la doglianza relativa alla violazione del termine previsto dall’art. 25 del d.P.R. 29/09/1973, n. 602.
L’RAGIONE_SOCIALE proponeva appello avverso la sentenza di primo grado. NOME COGNOME si costituiva in giudizio chiedendo il rigetto dell’appello. La CTR della Lombardia con la sentenza 2212/01/2021 dell’11/06/2021, dopo aver condiviso in astratto l’osservazione dell’Ufficio appellante circa l’inammissibilità quale motivo di impugnazione della intimazione di pagamento della violazione del termine quadriennale di decadenza previsto dall’art. 25 del d.P.R. 602/1973 nell’ipotesi di inerzia a seguito della notifica della cartella di pagamento e di intervenuta irretrattabilità del ruolo, rilevava come nella fattispecie non risultasse regolarmente notificata la cartella di pagamento, con conseguente illegittimità della pretesa erariale sicché, corretta in tal guisa la motivazione della sentenza della CTP, rigettava l’appello.
Contro tale sentenza propone ricorso l’RAGIONE_SOCIALE, in ragione di due diversi motivi. NOME COGNOME resiste con controricorso.
Il ricorso è stato fissato per l’adunanza in camera di consiglio del 20/06/2024.
Considerato che :
Con il primo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE deduce omesso esame di un fatto controverso e decisivo per il giudizio, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ. e tanto perché la CTR della Lombardia avrebbe errato nel ritenere invalida la notifica della cartella di pagamento e, per questa via, ammissibile l’impugnazione per vizi propri della cartella unitamente all’intimazione di pagamento. L’errore della sentenza impugnata sarebbe nato dal mancato esame di due fatti decisivi, oggetto di discussione tra le parti: il primo costituito dalla circostanza che la comunicazione dell’avviso di rettifica, notificata prima della cartella, non era stata ricevuta dal destinatario ma era avvenuta per compiuta giacenza e il secondo costituito dai tentativi di notifica pur effettuati dal messo notificatore e riportati sulla relata.
1.1. Il motivo è infondato. La sentenza impugnata, con motivazione che va esente da censure ha valutato la notifica della cartella di pagamento, effettuata secondo le forme del rito degli irreperibili assoluti disciplinato dall’art. 60, comma 1, lett. e), d.P.R. 600/1973 e ha ritenuto che, in ragione RAGIONE_SOCIALE circostanze emergenti dagli atti e rappresentate nella stessa relata, non ricorressero gli estremi per l’applicazione di quella forma di notifica (mancata conoscenza del domicilio o della dimora del destinatario, deposito di copia dell’atto nella casa comunale, affissione dell’avviso di deposito nell’albo comunale) ma dovessero adottarsi le formalità, maggiormente garantite, del rito previsto per i soggetti temporaneamente irreperibili (indirizzo del destinatario noto, effettiva reperibilità formale a quell’indirizzo, mancanza solo temporanea del destinatario e conseguente necessità di deposita alla casa comunale, affissione alla porta della abitazione, avviso con raccomandata del tentativo di notifica). La motivazione valorizza del tutto correttamente le circostanze: che il contribuente fosse stato sempre iscritto nell’anagrafe della popolazione residente
nell’indirizzo in questione; che l’indirizzo fosse noto alla RAGIONE_SOCIALE che, per la medesima pretesa, già aveva notificato allo stesso indirizzo l’avviso di irregolarità e che successivamente ha poi notificato nel medesimo luogo l’intimazione di pagamento; che la relata riferisse di un supporto anagrafico richiesto dal messo e risoltosi nella indicazione del medesimo e non di altro indirizzo. La motivazione della sentenza rileva come nella fattispecie il messo, dichiarando sconosciuto all’indirizzo il destinatario, abbia mancato di svolgere le ricerche e le indagini suggerite dalla diligenza ordinaria, esigibile e valutabile alla luce dei criteri di buona fede e correttezza. La circostanza che la notifica del precedente avviso di rettifica fosse avvenuta per compiuta giacenza non vale a confermare l’irreperibilità assoluta del destinatario all’indirizzo come dedotto nel ricorso, ma al contrario, ne conferma la reperibilità, atteso che la compiuta giacenza si perfeziona sul presupposto della attualità ed effettività della residenza anagrafica. La decisione impugnata ha fatto buon governo dei principi più volte affermati dalla giurisprudenza di questa Corte: in tema di notificazione degli atti impositivi, il messo notificatore o l’ufficiale giudiziario, prima di effettuare la notifica secondo le modalità previste, per gli «irreperibili assoluti», dall’art. 60, comma 1, lett. e), del d.P.R. n. 600 del 1973, in luogo di quella ex art. 140 c.p.c., deve svolgere le ricerche volte a verificare che il contribuente non abbia più né l’abitazione né l’ufficio o l’azienda nel Comune nel quale aveva il domicilio fiscale (Cass. civ., sez. V, 03/04/2024, n. 8823; Cass. civ., sez. VI-V, 08/03/2019, n. 6765; Cass. civ., sez. V, 27/07/2018, n. 19958; Cass. civ., sez. VI-V, 07/02/2018, n. 2877). Si consideri, poi, che nella giurisprudenza di questa Corte è stato più volte affermato il principio che preclude la notifica per il rito degli irreperibili assoluti nell’ipotesi in cui l’Ufficio sia a conoscenza del domicilio del destinatario per averlo utilizzato per la notifica di diversi atti: «la notificazione ai sensi dell’art. 60, comma
1, lett. e) del d.P.R. n. 600 del 1973 è ritualmente eseguita solo nell’ipotesi in cui, nonostante le ricerche che il messo notificatore deve svolgere nell’ambito del Comune di domicilio fiscale, in esso non rinvenga l’effettiva abitazione o l’ufficio o l’azienda del contribuente. Solo in questi casi la notificazione è ritualmente effettuata mediante deposito dell’atto nella casa comunale e affissione dell’avviso di deposito nell’albo del Comune senza necessità di comunicazione all’interessato a mezzo di raccomandata con ricevuta di ritorno, né di ulteriori ricerche al di fuori del detto Comune (fattispecie in tema di impugnazione di preavviso di fermo amministrativo in cui la S.C. ha confermato la decisione della C.T.R. che aveva ritenuto invalida la notifica di alcune cartelle di pagamento, in quanto eseguita ai sensi dell’art. 60, comma 1, lett. e, cit., nonostante l’agente della riscossione fosse a conoscenza del nuovo indirizzo effettivo del contribuente, diverso dal domicilio fiscale, per avere colà precedentemente notificato altre cartelle» (Cass. civ., sez. V, 12/02/2020, n. 3378).
Con il secondo motivo di ricorso l’RAGIONE_SOCIALE denuncia violazione e falsa applicazione degli articoli 25 d.P.R. 602/1973, 21 d.lgs. 546/1992, in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ.. Secondo l’Ufficio ricorrente la sentenza avrebbe errato nel ritenere ammissibile l’eccezione di decadenza sollevata dal contribuente ai sensi dell’art. 25 del d.P.R. 602/1973 per l’intervenuta irretrattabilità della cartella a seguito della rituale notifica.
2.1. Il motivo, stante la conclusione, incensurabile, raggiunta dalla CTR della Lombardia in ordine all’invalidità della notificazione della cartella, si rivela infondato atteso che il ricorrente ha avuto rituale comunicazione della cartella solo con l’intimazione di pagamento e, per questa ragione, poteva sollevare anche in quella sede giudiziale vizi propri della cartella.
Il ricorso va, allora, respinto. Le spese seguono la soccombenza e sono liquidate come in dispositivo.
3.1. Non vi è luogo a pronuncia sul raddoppio del contributo unificato, perché il provvedimento con cui il giudice dell’impugnazione disponga, a carico della parte che l’abbia proposta, l’obbligo di versare, ai sensi dell’art. 13, comma 1 quater, del d.P.R. 30 maggio 2002, n. 115, nel testo introdotto dall’art. 1, comma 17, della legge 24 dicembre 2012, n. 228, un ulteriore importo a titolo di contributo unificato, pari a quello dovuto ai sensi del comma 1 bis del medesimo art. 13, non può aver luogo nei confronti RAGIONE_SOCIALE Amministrazioni dello Stato, istituzionalmente esonerate, per valutazione normativa della loro qualità soggettiva, dal materiale versamento del contributo stesso, mediante il meccanismo della prenotazione a debito (Cass., Sez. U., 25 novembre 2013, n. 26280; Cass., 14 marzo 2014, n. 5955).
P.Q.M.
La Corte, rigetta il ricorso;
condanna l’RAGIONE_SOCIALE a corrispondere a NOME COGNOME le spese del giudizio di legittimità che liquida nella somma complessiva di euro 4.300,00 (quattromilatrecento) per compensi, oltre al 15% per rimborso spese forfettarie, euro 200,00 per esborsi e accessori di legge.
Così deciso in Roma, il 20 giugno 2024.