Ordinanza di Cassazione Civile Sez. 5 Num. 26224 Anno 2024
Civile Ord. Sez. 5 Num. 26224 Anno 2024
Presidente: COGNOME NOME
Relatore: COGNOME NOME
Data pubblicazione: 07/10/2024
ORDINANZA
sul ricorso iscritto al n. 12697 -20
21 R.G. proposto da:
COGNOME NOME , avvocato, in giudizio di persona ex art. 86 cod. proc. civ. (pec: EMAIL);
– ricorrente –
contro
RAGIONE_SOCIALE , in persona del presidente pro tempore ;
– intimata – avverso la sentenza n. 1426/10/2021 della Commissione tributaria regionale del LAZIO, depositata in data 11/03/2021; udita la relazione svolta nella camera di consiglio non partecipata del 13 settembre 2024 dal AVV_NOTAIO;
Oggetto:
Tributi – intimazione di pagamento – notifica
Rilevato che:
La controversia ha ad oggetto l’impugnazione di una intimazione di pagamento delle somme portate da nove cartelle di pagamento che il contribuente NOME COGNOME sosteneva non essergli mai stata notificata.
Con la sentenza impugnata la CTR (ora Corte di giustizia tributaria di secondo grado) del Lazio rigettava l’appello proposto dal contribuente avverso la sfavorevole sentenza di primo grado sostenendo che «l’eventuale nullità della originaria notifica dell’intimazione di pagamento può ritenersi sanata con la trasmissione al contribuente della stessa intimazione in data 25/10/2017, che consentiva allo stesso di avere piena conoscenza dell’att o e di approntare pienamente le difese, considerata, quanto alla tempestività del ricorso, come data di notifica dell’atto quella , appunto, del 25/10/2017».
Avverso tale statuizione il contribuente proponeva ricorso per cassazione affidato a due motivi, cui non replicava l’ intimata.
Formulata proposta di definizione anticipata del ricorso, ex art. 380 bis c.p.c., in data 05/03/2024, in considerazione della rilevata inammissibilità dei motivi di ricorso proposti, il ricorrente con atto del 04/04/2024 ha chiesto la decisione del ricorso e, quindi, ai sensi degli artt. 380 bis e 380 bis.1 c.p.c. è stata disposta la trattazione della causa per l’odierna camera di consiglio.
Considerato che:
Con il primo motivo di ricorso viene dedotta, ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 3, cod. proc. civ., la violazione e falsa applicazione della legge n. 241 del 1990, degli artt. 22 e 60 del d.P.R. n. 600 del 1973, dell’art. 26 del d.P.R. n. 602 del 1973, del d.P.R. n. 68 del 2005, «e di tutte le ulteriori norme relative alle notificazioni effettuate dall’esattore», sostenendo che la CTR aveva confuso tra notificazione dell’atto impugnato, mai effettuata, e consegna dello
stesso atto a conclusione della procedura di accesso agli atti da esso contribuente attivata una volta ricevuti, nel corso dell’anno 2016, «tre apodittici atti di pignoramento presso terzi nei quali era indicata l’intimazione di pagamento per cui è causa».
Con il secondo motivo di ricorso viene dedotta , ai sensi dell’art. 360, primo comma, n. 5, cod. proc. civ., l’«omesso esame circa un fatto decisivo per il giudizio che è stato oggetto di discussione tra le parti», ovvero «la domanda principale del ricorrente, diretta all’annullamento in toto dell’intimazione , per non essere mi avvenuta la pretesa notificazione dell’intimazione stessa con il rito degli irreperibili e per essere assolutamente carenti i presupposti necessari per tale declaratoria».
I motivi sono inammissibili, per le medesime ragioni già esternate nella proposta di definizione anticipata in cui si è correttamente rilevato «che la CTR, oltre a ritenere la regolarità della notifica avuto riguardo al secondo invio dell’intimazione in data 25/10/2017, ha altresì rilevato che ogni eventuale vizio, in ipotesi integrante solo una nullità e non una inesistenza, è rimasto sanato dalla proposizione del ricorso, ratio questa neppure contestata con il ricorso, da cui il definitivo consolidarsi della statuizione. Il secondo motivo è altresì inammissibile per carenza di specificità e localizzazione, neppure avendo il ricorrente riprodotto i pertinenti atti asseritamente viziati».
Sostiene al riguardo il ricorrente , nell’atto depositato ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., che tale prospettazione è frutto del medesimo errore in cui era incorso il giudice di appello nell’equiparare il rilascio di un atto (nella specie, l’intimazione di pagamento) a seguito della richiesta di accesso agli atti alla notificazione dello stesso, « solo perché avvenuto a mezzo pec », apparendo « evidente che, contrariamente a quanto sostiene l’esattore, la mera conoscenza dell’atto a seguito dell’accesso non
possa sanare alcunché, non trattandosi di nullità della notificazione, bensì di sua giuridica inesistenza» .
4.1. Un tale argomentare rende evidente che a cadere in confusione è proprio il ricorrente giacché nella proposta, che peraltro il Collegio condivide, non si fa alcuna equiparazione tra consegna dell’atto a seguito di accesso amministrativo e sua notificazione, ma si sostiene, in conformità al consolidato orientamento giurisprudenziale in materia, che «la notificazione è una mera condizione di efficacia e non un elemento costitutivo dell’atto amministrativo di imposizione tributaria, cosicché il vizio di nullità ovvero di inesistenza della stessa è irrilevante ove l’atto abbia raggiunto lo scopo (Cass. n. 654 del 2014). È il raggiungimento dello scopo, infatti, e cioè consentire al contribuente la piena conoscenza dell’atto impositivo, quel che realizza il nucleo forte di tutela dell’esercizio del diritto di difesa cui sono parametrare tutte le garanzie offerte dall’ordinamento perché tale effetto sia davvero conseguito, senza dar rilievo ad aspetti puramente formali che ostacolino la pronuncia sostanziale di giustizia alla quale tende l’ordinamento» (Cass. n. 21071 del 2018; v. anche Cass. n. 26310 del 2021 e Cass. n. 9395 del 2024).
4.2. In buona sostanza, nella specie non assume rilevanza l’irregolarità della notifica dell’intimazione di pagamento effettuata in data 9 giugno 2016, ma la circostanza, del tutto diversa, che il contribuente, successivamente a tale data, ha, per sua stessa ammissione, acquisito la conoscenza integrale del contenuto dell’atto – non importa con quali modalità – in relazione al quale ha potuto esercitare ed ha effettivamente esercitato con l’impugnazione dinanzi al giudice tributario, senza alcun pregiudizio, il proprio diritto di difesa, anche con riferimento agli atti a quello prodromici (nella specie, cartelle di pagamento).
4.3. Nel caso di specie, è circostanza pacifica che il contribuente sia venuto a conoscenza integrale del contenuto dell’atto con la ricezione della pec e che lo abbia impugnato con ricorso, che non è stato dichiarato inammissibile per tardività, avendo la CTR espressamente e correttamente ritenuto lo stesso decorrente dalla data di ricezione della pec, da intendersi non quale momento conclusivo di una rinnovata procedura notificatoria, ma momento in cui si è concretizzata la conoscenza del contenuto dell’a tto.
4.4. A quanto detto deve, altresì aggiungersi che, secondo un consolidato orientamento di legittimità in materia di notificazioni irregolari, (cfr., ex multis , Cass. n. 5556 del 2019), l’impugnazione dell’atto sana il vizio di nullità della notifica dello stesso con efficacia ex tunc . E che si trattasse di nullità e non di inesistenza, come invece erroneamente sostiene il ricorrente, lo si desume dal contenuto stesso del ricorso e dell’atto depos itato ai sensi dell’art. 380 bis cod. proc. civ., in cui si afferma che la notifica dell’intimazione del 9 giugno 2016 non era andata a buon fine perché esso contribuente, assente al momento della consegna dell’atto, era stato erroneamente ritenuto assolutamente irreperibile, come da annotazione effettuata dall’agente notificatore di « dest. irrep. assoluta art. 60 » (ricorso, pag. 11), mentre invece la notifica avrebbe dovuto effettuarsi con il rito previsto per i casi di irreperibilità relativa, stante la sua assenza soltanto momentanea dall’abitazione , con il successivo invio della cd. raccomandata informativa.
4.5. Al riguardo, questa Corte ha affermato che «L’inesistenza della notificazione del ricorso per cassazione è configurabile, in base ai principi di strumentalità delle forme degli atti processuali e del giusto processo, oltre che in caso di totale mancanza materiale dell’atto, nelle sole ipotesi in cui venga posta in essere un’attività priva degli elementi costitutivi essenziali idonei a rendere
riconoscibile un atto qualificabile come notificazione, ricadendo ogni altra ipotesi di difformità dal modello legale nella categoria della nullità. Tali elementi consistono: a) nell’attività di trasmissione, svolta da un soggetto qualificato, dotato, in base alla legge, della possibilità giuridica di compiere detta attività, in modo da poter ritenere esistente e individuabile il potere esercitato; b) nella fase di consegna, intesa in senso lato come raggiungimento di uno qualsiasi degli esiti positivi della notificazione previsti dall’ordinamento (in virtù dei quali, cioè, la stessa debba comunque considerarsi, “ex lege”, eseguita), restando, pertanto, esclusi soltanto i casi in cui l’atto venga restituito puramente e semplicemente al mittente, così da dover reputare la notificazione meramente tentata ma non compiuta, cioè, in definitiva, omessa» (Cass., Sez. U, n. 14916 del 2016).
4.6. Da quanto detto, consegue, da un lato, che la notificazione giammai poteva essere dichiarata inesistente, essendo al più nulla, e , dall’altro, che l’impugnazione dell’intimazione l’ha sanata con efficacia ex tunc .
Il secondo motivo è inammissibile per duplici concorrenti ragioni.
5.1. Innanzitutto, perché formulato in violazione del disposto di cui all’art. 348 -ter cod. proc. civ., ora 360, quarto comma, cod. proc. civ., vertendosi nella specie in ipotesi di doppia pronuncia di merito conforme in relazione al profilo del vizio di notificazione dell’intimazione di pagamento, peraltro senza che il ricorrente abbia assolto l’onere di indicare i profili di divergenza tra le ragioni di fatto a base della decisione di primo grado e quelle a base del rigetto dell’appello, com’era invece necessario per dar ingresso alla censura proposta (cfr. Cass. n. 26774 del 2016, n. 5528 del 2014 e, più recentemente, Cass. n. 5947 del 2023).
5.2. In secondo luogo, perché in contrasto con il principio giurisprudenziale secondo cui «L’art. 360, comma 1, n. 5, c.p.c., nella formulazione risultante dalle modifiche introdotte dal d.l. n. 83 del 2012, conv. dalla l. n. 143 del 2012, prevede l'”omesso esame” come riferito ad “un fatto decisivo per il giudizio” ossia ad un preciso accadimento o una precisa circostanza in senso storico -naturalistico, non assimilabile in alcun modo a “questioni” o “argomentazioni” che, pertanto, risultano irrilevanti, con conseguente inammissibilità delle censure irritualmente formulate» ( ex multis , Cass. n. 2268 del 2022). E tantomeno può essere riferito ad una domanda – come sostiene nella specie il ricorrente affermando che « la C.T.R. del Lazio non ha minimamente esaminato la domanda principale del ricorrente, diretta all’annullamento in toto dell’intimazione » (ricorso, pag. 11) -che è questione che avrebbe dovuto essere dedotta quale violazione dell’art. 112 cod. proc. civ. .
5.3. Il motivo è inammissibile anche ove l’omesso esame si dovesse intendere riferito alla certificazione anagrafica attestante la residenza del contribuente, stante l’irrilevanza di tale fatto nell’ottica della decisione assunta dai giudici di appello che non si sono affatto
occupati della irregolarità della notifica del 9 giugno 2016, la cui «eventuale nullità» (come si legge in sentenza) hanno comunque ritenuto sanata «con la trasmissione al contribuente della stessa intimazione in data 26/10/2017» e dalla successiva impugnazione dal medesimo proposta.
In estrema sintesi, il ricorso va rigettato senza necessità di provvedere sulle spese in mancanza di costituzione dell’intimata.
Ai sensi del terzo comma dell’art. 380 -bis cod. proc. civ. (disposizione immediatamente applicabile anche ai giudizi in corso alla data del 1° gennaio 2023 per i quali a tale data non era stata ancora fissata udienza o adunanza in camera di consiglio, come nella specie: cfr. Cass., Sez. U, ord. n. 27195 del 22/09/2023; Sez. U, ord. n. 27433 del 27/09/2023; Cass. n. 28318 del 2023), il ricorrente va condannato, ai sensi del comma quarto dell’art. 96 cod. proc. civ., al pagamento di un importo a favore della cassa delle ammende, liquidato come in dispositivo.
P.Q.M.
rigetta il ricorso e condanna il ricorrente al pagamento del l’ importo di euro 500,00 in favore della cassa delle ammende, ai sensi dell’art. 96, comma 4, cod. proc. civ.
Ai sensi dell’art. 13, comma 1 -quater, del d.P.R. n. 115 del 2002, dà atto della sussistenza dei presupposti processuali per il versamento, da parte della ricorrente, di un ulteriore importo a titolo di contributo unificato pari a quello previsto per il ricorso, a norma del comma 1-bis, dello stesso articolo 13, se dovuto.
Così deciso in Roma il 13 settembre 2024